Satana assomiglia a Obama e viene tagliato

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Quel Satana, interpretato dall’attore marocchino Mohamed Mehdi Ouazanni, quasi un sosia del presidente degli Usa – nella mini-serie sulla Bibbia andata in onda su History Channel – aveva sottratto popolarità anche a Gesù. Lo scandalo ci aveva messo poco a viaggiare sul web tanto che si è reso necessario tagliare tutte le scene con Satana. Il produttore Roma Downey nell’intervista rilasciata a Hollywood Reporter ha confermato di avere eliminato la parte sostenuta dall’attore marocchino:”Per il film Son of God ho voluto concentrare l’attenzione solo su Gesù, perciò, abbiamo eliminato la figura del diavolo che non ha più spazio nello schermo. Infatti dopo l’andata in onda della serie la cotroversia sulla comparsa di Satana somigliante al presidente Obama aveva messo in ombra il messaggio religioso. Tutti parlavano di Satana e non di Gesù”.

 

 

Gli hard disk con i file ricevuti da Snowden distrutti da The Guardian: il video

guardian-snowden-tuttacronacaEra il 20 luglio 2013 quando The Guardian, in accordo con il governo, distruggeva alcuni file ricevuti dalla talpa Edward Snowden, l’ex tecnico della Central Intelligence Agency che ha fatto scoppiare lo scandalo Datagate. Solo ora, tuttavia, la testata ha diffuso il video sul web. Il governo britannico non voleva sequestrarli d’autorità. I servizi segreti non potevano allo stesso tempo permettere che i dati consegnati da Snowden a The Guardian, rimanessero in custodia dei giornalisti. La distruzione fisica degli hard disk che contenevano i file è stata decisa per andare incontro sia alle necessità del governo, sia dello spionaggio britannico. Lo smantellamento ha avuto luogo davanti ad un gruppo di persone formato da autorità varie e giornalisti. Un dubbio, però, rimane: c’è la certezza che i giornalisti non abbiano prima fatto una copia dei file?

Datagate: gli 007 tenevano sotto controllo anche le app più scaricate

Angry_birds_tuttacronacaNuove informazioni arrivano sulle azioni della Nsa e dei loro colleghi britannici che, per spiare possibili obiettivi, tenevano sotto osservazione anche il videogioco Angry Birds. Simili apps, infatti, sono in grado di fornire all’intelligence informazioni contenute negli smartphone, che vanno dai codici di identificazione del telefono stesso alla sua posizione geografica in un dato momento. Edward Snowden, la talpa del Datagate, ha raccolto documenti secondo i quali già nel 2007 la Nsa e i servizi britannici erano al lavoro per stabilire come ottenere e conservare dati grazie a decine di app per smartphone. Il New York Times scrive che, da allora, le due intelligence si sono scambiate informazioni su come ottenere informazioni sui contatti o sulle agende contenute nei telefoni ottenibili, ad esempio, quando un ‘obiettivo’ usa Google Maps, o le versioni per telefonini di Facebook, Flickr, LinkedIn, Twitter e simili. Il quotidiano statunitense spiega che l’attenzione degli intercettatori per i telefonini è stata portata alla luce anche in documenti già diffusi nell’ambito del Datagate, ma queste nuove rivelazion mostrano in particolare le loro aspettative riguardo agli smartphone e alle relative app. Tale attenzione, inoltre, stando a quanto si legge in un documento britannico del 2011, ha trovato sbocco in un programma chiamato “the mobile surge”. La portata della raccolta dati non emerge però con chiarezza dai documenti, poichè, scrive il Nyt, non ci sono riferimenti espliciti che mostrino che le possibilità studiate siano poi state effettivamente utilizzate.

Snowden: “Nessun processo equo in Usa”

scandalo-datagate-tuttacronacaHa risposto ad alcune domante in chat la talpa Edward Snowden, ex contrattista Nsa che fece scoppiare lo scandalo del Datagate, e ha spiegato: “Negli Stati Uniti non ho alcuna chance di avere un processo equo. Tornare adesso non è quindi possibile”. Rifugiatosi in Russia, Snowden ha spiegato di essere “consapevole del fatto che ci sia una minaccia diretta alla sua vita”, ricordando come la Nsa “abbia violato la Costituzione americana milioni di volte”.

Der Spiegel: “La Germania aprirà procedimento penale sul presidente Usa”

Obama-Merkel-tuttacronacaE’ il settimanale tedesco Der Spiegel a scrivere che il governo tedesco starebbe pensando di avviare un procedimento giudiziario contro gli Usa, con l’accusa di aver spiato illegalmente il telefono della cancelliera Angela Merkel, come emerso dalle rivelazioni di Edward Snowden. Sempre il giornale rende noto che il ministro della Giustizia Heiko Maas avrebbe comunicato al ministro degli Esteri Frank- Walter Steinmeier, che il procuratore generale federale Harald Range, potrebbe avviare tali azioni penali. Al Wall Street Journal un portavoce del procuratore ha riferito che si sta ancora analizzando la vicenda e che “una decisione definitiva non è ancora stata presa”. Tuttavia, il tema sta sul tavolo, come conferma un altro portavoce, quello del ministero della giustizia, Anne Zimmermann, secondo cui il procuratore generale è pronto a decidere in modo “autonomo in merito all’opportunità di avviare un procedimento una volta che ha concluso il suo esame preliminare”.  Come scrive il Mattino:

Un’azione giudiziaria avrebbe del clamoroso e renderebbe ancora più difficili i già tesi rapporti diplomatici tra i due paesi dopo quanto è emerso l’anno scorso in seguito allo scoppio del datagate, e cioè che Angela Merkel, assieme a circa 35 leader mondiali sono stati monitorati dall’agenzia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Lo stesso Obama, dopo il suo discorso in cui ha annunciato la riforma della Nsa, ha cercato di rassicurare direttamente l’opinione pubblica tedesca, promettendo che la signora Merkel non sarà piu un obiettivo dello spionaggio degli Stati Uniti, almeno sino a quando lui è presidente.  «Io vorrei che un meccanismo di sorveglianza non rovinasse il rapporto che abbiamo nè ostacolasse il tipo di comunicazione e di fiducia che esiste tra di noi. Finchè io sono il presidente degli Stati Uniti – ha assicurato Obama alla tv pubblica Zdf – il cancelliere non dovrà preoccuparsi di tutto ciò»

Gli Obama a un passo dal divorzio, colpa di un selfie?

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Non è solo gossip o rumours, ma la crisi matrimoniale degli Obama e gli effetti che immancabilmente avrà un divorzio sulla politica americana e su quella internazionale sono già ampiamente prevedibili. Non è la prima volta che la famiglia presidenziale entra nell’occhio del ciclone e si parla di divorzio, ma questa volta più di altre sembra proprio che le voci non sono più chiacchiere. Non sono più le riviste di gossip estremo ma autorevoli  quotidiani americani e internazionali. Il divorzio irrompe alla vigilia del cinquantesimo compleanno della First Lady che vede Barack Obama assente. E se in un primo momento si era dettoche questo doveva essere il regalo del presidente Obama alla moglie subito è apparso lampante che l'”assenza” non è mai un regalo! Ecco come il  National Enquirer, ricostruisce la vicenda in un articolo uscito a inizio gennaio e che oggi è di attualità più che mai con Michelle furiosa e quel “selfie” di troppo.

…una Michelle così furiosa con il marito da decidere di starsene lontana da Washington per un pò di tempo. Il motivo? Il selfie con il primo ministro danese Helle Thorning- Schmidt durante la cerimonia di commemorazione di Nelson Mandela a Soweto.

Quelle risa giogionesche del marito accanto all’affascinante capo del governo di Copenhagen, quel parlare fitto fitto, quell’evidente empatia tra Barack e Helle, immortalato da decine di  fotografi e dall’autoscatto fatto anche con il premier britannico David Cameron, non sono proprio piaciute a Michelle. Non solo perché il marito (presidente degli Usa, è bene ricordarlo) non teneva un comportamento consono all’occasione, ma anche (e forse soprattutto) perchè Barack sembrava tranquillamente flirtare con un’altra.

L’espressione molto infastidita di Michelle, catturata dai teleobiettivi dei fotografi, è stata assunta a prova di questa sua fortissima contrarietà. Confermata anche dal fatto che si sia seduta lei accanto al primo ministro danese appena il marito si è alzato per andare a tenere il discorso commemorativo di Nelson Mandela e che da lì non si sia schiodata anche quando Barack è tornato, in modo da impedire che lui e Helle potesse riprendere la loro gioiosa conversazione.

Dopo questo siparietto, Michelle non avrebbe detto nulla in pubblico al marito, ma appena rimasti soli, sarebbero volate fortissime urla. Lo ha accusato di averla umiliata di fronte al mondo e gli avrebbe preannunciato la sua decisione di rimanere alle Hawaii, ospite della star televisiva Oprah Winfrey, ben oltre la prevista data di ritorno a Washington di Barack. Secondo National Enquirer, la First Lady avrebbe consultato (un’altra volta?) un avvocato specializzato in cause di divorzio per valutare le clausole di una separazione. La Casa Bianca, interpellata, ha parlato di un regalo del marito alla moglie in occasione del cinquantesimo compleanno di Michelle: due settimane di riposo e svago, lontana dai doveri di madre e di Prima Dama dell’America. Ma, questo periodo di distanza l’uno dall’altra non ha fatto altro che alimentare i dubbi sullo stato di salute della loro unione.

Il matrimonio però sarebbe in crisi da tempo. Già all’epoca della rielezione di Obama, il gossip li ritraeva come una coppia ormai al capolinea. Come afferma Panorama:

Il ruolo da First Lady non è mai stata una vera aspirazione di questa autonoma e forte donna, restia a rimanare a Washington per otto anni, desiderosa di una vita ordinaria per le sue figlie, sofferente rispetto alle scelte personali (e alle ricadute sulla vita privata degli errori politici) del marito. Stanca di questa situazione, logorata dall’impossibilità di avere una sua vita (era un brillante avvocato), Michelle – dicevano le cronache – avrebbe deciso già allora una separazione di fatto da Barack da consumarsi sotto lo stesso tetto (della Casa Bianca) fino alla fine del secondo mandato per evitare di rovinare la presidenza e il lascito politico del marito.

Nessuno ha mai confermato questa situazione, ma per mesi le cronache rosa si sono arricchite di particolari sulle frequenti discussioni tra i due, con un’escalation di urla che attraversava le porte chiuse degli appartamenti presidenziali; di racconti di una Michelle particolarmente gelosa delle attenzioni del marito nei confronti di altre donne, come nel caso di una scenata per i sorrisi all’attrice Kerry Washington durante una serata di raccolta fondi; di un’epica litigata pochi giorni prima della disastrosa performance di Barack nel primo dibattito televisivo con Mitt Romney.

La Casa Bianca, come è ovvio, non rilascia commenti.

Ci sarà l’annuncio ufficiale o fino a fine mandato Michelle e Barack continueranno a farsi vedere in pubblico in un’immagine di famiglia perfetta, per poi voltarsi le spalle appena rientrati nelle mura della Casa Bianca?

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L’operato dell’Nsa è lecito: lo dice un giudice di New York

datagate-tuttacronacaWilliam Pauley, giudice della Corte distrettuale di Manhattan, ha stabilito che il programma di controllo delle telefonate private ad opera della Nsa sarebbe assolutamente lecito. In questo modo il giudice ha respinto il ricorso presentato dall’American Civil Liberties Union, organizzazione a difesa dei diritti civili, che ritiene non sia legale che un’agenzia federale possa sorvegliare milioni di telefonate di americani.

Babbo Natale? No, NSA! E “sta arrivando in città”…

nsa-spia-video-tuttacronacaQuest’anno si è parlato molto della NSA e del Datagate e per non scordarci neanche a Natale che siamo spiati un’organizzazione statunitense non governativa, orientata a difendere i diritti civili e le libertà individuali negli Stati Uniti, la ACLU, ha pensato di realizzare una parodia della canzone Santa Claus is coming to town. Il video è stato diffuso anche in Youtube e si vede una spia-Babbo Natale controllare tutto quanto accade: conversazioni, scambio di mail, contenuti del cellulare e via dicendo. Perchè se Santa Clause “sa quando dormi e quando sei sveglio”, anche la National Security Agency non si perde una mossa e compila la sua personale lista di buoni e cattivi…

Il sandwich italiano che si mangia alla Casa Bianca

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Il lunch settimanale tra Biden, vicepresidente degli Stati Uniti e Obama è a base di sandwich comperati nella nota catena Capriotti’s, nata nel Delaware, ma di chiara origine italiana.  Così anche ieri Joe Biden si è fermato a comprare i  sandwich da portare alla Casa Bianca, ma si è trovato a corto di dollari.  Allora si è rivolto a uno degli assistenti, Francis Person, e gli ha chiesto: “Hei Fran, non hai mica dieci dollari?”

Il manager del negozio si è subito affrettato a offrire uno dei sandwich gratis. Ma Biden è stato irremovibile. Ricordando che da decenni andava proprio da Capriotti, a Wilmington, a comprarsi un panino prima di salire sul treno per Washington, ha risposto ridendo: “No, no. Da 40 anni vado da Capriotti alla Union Station, e ho sempre pagato. Pago anche oggi”.

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Biden in America è noto per non essere ricco. Anzi, fra i politici di Washington è uno dei meno ricchi. E la sua storia di “pendolare” della politica è ben nota: dopo la morte della prima moglie, Neilia (uccisa con la figlioletta Naomi in un incidente automobilistico nel 1992) rimasto solo con due bambini, andava a Washington la mattina e tornava tutte le sere a casa per mettere i figli a letto. E si portava un sandwich da mangiare mentre lavorava al Congresso.

Non è la prima volta che vediamo il vicepresidente comprare un panino vicino alla Casa Bianca. Lo scorso 4 ottobre, nel mezzo della chiusura degli uffici federali e della lotta con i rivali repubblicani sul tema del bilancio, sia lui che Obama uscirono dalla Casa Bianca in maniche di camicia per andare a comprarsi il lunch.

Datagate: neanche le prenotazioni alberghiere sono al sicuro dagli 007

datagate-tuttacronaca“Royal Concierge”. Si chiama così il programma usato dai servizi segreti britannici per tenere sotto controllo i sistemi di prenotazione online di oltre 350 alberghi in tutto il mondo. Si tratta di hotel che, solitamente, vengono scelti da diplomatici o rappresentanti del governo. A rivelare questa pratica di controllo è stata la talpa della Nsa. Tramite tale programma, secondo quanto riferito dal settimanale tedesco “Der Spiegel”, riesceno ad ottenere email, numeri di telefono riservati o altri dati di rappresentanti di Paesi stranieri.

L’incredibile storia di Miles da malato a eroe

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L’incredibile storia di Miles Scott che a soli 5 anni ha dovuto lottare contro la leucemia e ora che la malattia sembra regredire di giorno in giorno e la famiglia è uscita fuori dall’incubo, il bambino ha potuto realizzare il suo sogno e l’intera San Francisco si è mobilitata affinché ciò si realizzasse: Miles è diventato Batman per un giorno. grazie alla mobilitazione di Make a Wish Fondaution, il bimbo si è trovato catapultato all’interno del mondo del suo supereroe e mentre andava a comprare un vestito da Batman è scattata la sorpresa. Il primo annuncio lo ha dato la polizia locale che ha lanciato la richiesta a “Batkid” e Miles ha dovuto salvare una “damigella in pericolo”, poi di corsa nella Batmobile, per sventare una rapina e confrontarsi con il nemico storico di Batman: L’Enigmista. Di missione in missione fino al ringraziamento da parte del Sindaco che gli ha consegnato le chiavi della città. Per ultimo un video spedito dalla casa Bianca con protagonista il presidente Barack Obama che si è rivolto direttamente al bambino: “Così si fa Miles, hai salvato Gotham City”.

L’ambasciare americano: mai spiati gli spagnoli

datagate-spagna-tuttacronacaIn seguito alla pubblicazione di alcuni articoli in cui si affermava che l’Nsa, la National Security Agency americana, aveva intercettato milioni di telefonate in Spagna, era scattata una convocazione per l’ambasciatore americano, James Costos, che si è incontrato con il ministro degli Esteri spagnolo, Josè Manuel Garcia-Margallo. L’ambasciatore ha assicurato che i servizi segreti degli Stati Uniti non hanno mai spiato i cittadini del Paese iberico.

Hakimullah Mehsud: capo talebano ucciso in Pakistan dai droni USA

talebani-drone-tuttacronacaSono stati i funzionari dell’intelligence del Pakistan a rendere nota la morte del leader dei talebani pakistani durante un sospetto attacco drone da parte degli Stati Uniti avvenuto nel Paese. Sempre secondo gli stessi funzionari, gli agenti inviati sul luogo dell’attacco nel Nord Waziristan avrebbero confermato la morte del leader, Hakimullah Mehsud. Nel corso dell’attacco, anche altri quattro sospetti militanti hanno perso la vita. Nè Cia nè Casa Bianca hanno commentato, mentre un alto ufficiale dell’intelligence degli Stati Uniti ha confermato l’attacco, affermando che gli Usa hanno ricevuto la conferma della morte dell’uomo. Una conferma arriva anche da due alti comandanti talebani, che hanno dichiarato di essersi recati nella zona dell’attacco, dove hanno visto i resti del corpo del comandante militante. Almeno quattro missili avrebbero colpito subito dopo che il veicolo che Mehsud stava guidando era entrato nel compound.

Parla il capo della NSA: “spiamo perchè ci viene richiesto”

datagate__tuttacronacaKeith Alexander, capo della National security agency, intervenuto a un evento a Baltimora in relazione alla bufera sulle intercettazioni statunitensi ha detto che l’agenzia di intelligence americana ha raccolto informazioni sui leader mondiali su richiesta dei responsabili politici. Ha così respinto le accuse di portare avanti programmi al di fuori del controllo dell’amministrazione, tesi invece sostenuta dal segretario di Stato, John Kerry. Alexander ha puntato il dito in particolare sul personale diplomatico. “Ci piacerebbe smettere con i nostri programmi di intelligence. Ma se lo facessimo la nostra paura è che si creerebbe un vuoto, che potrebbe provocare un altro 11 settembre. E così non avremmo fatto il nostro dovere”. Ha quindi sottolineato che ”Non solo le agenzie di intelligence ad avanzare le richieste ma i responsabili della politica, tra cui gli ambasciatori”. Nel frattempo John Kerry, intervenendo in videoconferenza da Londra, ha parlato di una intelligence “col pilota automatico”, andata oltre nei suoi compiti. ”La Nsa – ha insistito Alexander – ha raccolto le informazioni quando gli è stato chiesto da funzionari politici di scoprire le intenzioni delle leadership dei Paesi stranieri. E se tu vuoi conoscere queste intenzioni, questo è quello che devi fare”.

Tutta la verità? Snowden pronto a testimoniare in Germania

datagate-snowden-tuttacronacaSi è recato a Mosca, per incontrare la talpa del Datagate Edward Snowden, il deputato tedesco dei Verdi Hans-Christian Stroebele, dal quale aveva ricevuto una lettera indirizzata al governo e alla procura federale di Berlino. Nella giornata odierna, il politico svelerà i dettagli dell’incontro e si pensa possano esserci rivelazioni per quello che riguarda l’intercettazione del cellulare della cancelliera Merkel da parte dell’Nsa. Stando a quanto riferito alla tv da Stroeble, Snowden avrebbe intenzione di aiutare gli investigatori tedeschi: “Ha fatto capire chiaramente che lui sa molte cose e che finché la National Security Agency bloccherà le indagini, lui è pronto a venire in Germania per fornire la sua testimonianza, anche se bisogna verificarne le condizioni”. Attualmente, la Talpa è infatti ricercata dagli Usa. Bisognerà attendere il 18 novembre per vedere il parlamento tedesco riunito per discutere delle intercettazioni. Da parte dei Verdi e della sinistra della Linke sono giunte richieste per indagini approfondite, basandosi anche sulla testimonianza di Snowden.

Datagate: chi spia chi?

datagate__tuttacronacaMentre il presidente americano Barack Obama, nel tentativo di porre un freno allo scandalo del Datagate, ha chiesto venga ridotto lo spionaggio ai danni delle Nazioni Unite, ordinando alla Nsa anche di limitare le intercettazioni nella sede Onu a New York, ieri nel corso di un’audizione al Congresso un alto responsabile dello spionaggio Usa ha detto: “Anche i nostri alleati europei spiano i leader e i servizi d’intelligence americani”. James Clapper, capo della  National Intelligence ha poi aggiunto: “Quando sento parlare dell’attività di sorveglianza sugli alleati mi ricorda quella scena di Casablanca, quando il Commissario chiude il locale di Bogart, dicendo ‘qui si gioca illegalmente’, e nel frattempo si mette i soldi in tasca”. Per questo motivo, considerato che tutti ne erano a conoscenza, Clapper ha insistito che ogni raccolta dati è stata perfettamente “legale”. Per quel che riguarda l’Italia, dove si parla di 46 milioni di intercettazioni, il capo della Nsa, Keith Alexander, aveva in precedenza spiegato: “Non abbiamo raccolto noi le informazioni sui cittadini europei ma questi dati erano forniti dai nostri partner europei”. Fonti dei servizi italiani, al riguardo, hanno precisato che l’intelligence italiana non ha mai scambiato dati relativi a cittadini italiani con gli 007 americani.

Il twitter di Gasparri che fa rischiare l’incidente diplomatico

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Via Twitter Maurizio Gasparri scrive a Barack Obama: “Go home” e poi aggiunge: “Obama ha spiato il mondo, se lo avesse fatto George W. Bush tutti direbbero: dimissioni”. Gasparri conclude: “Negli Usa gridano a @BarackObama : yes we scan . Spia il mondo. Vergogna”.

Datagate: la Nsa pone fine al monitoraggio dei leader Ue

datagate-nsa-tuttacronacaE’ il Wall Street Journal a riportare la notizia che, secondo alcune fonti, la Nsa, National Security Agency, ha messo fine al programma usato per “spiare” 35 leader mondiali, fra i quali la cancelliera Angela Merkel. Sempre secondo il quotidiano, la fine del programma è stata decisa dopo che un esame avviato l’estate scorsa ha rivelato alla Casa Bianca l’esistenza delle attività. Le spie americane, quindi, avrebbero monitorato i leader mondiale per cinque anni senza che Obama sapesse nulla. Nel frattempo, era stato il sito Cryptome, considerato l’antenato di Wikileaks, a lasciar trapelare che in un mese, dal 10 dicembre 2012 al 13 gennaio 2013, l’agenzia avrebbe “spiato” 124,8 miliardi di telefonate nel mondo, di cui 46 milioni in Italia. Secondo quanto riporta, in Germania sono state intercettate 361 milioni di telefonate, in Spagna 62 milioni e ancora in Francia 70,2 milioni. I più intercettati sono comunque Pakistan e Afghanistan, con rispettivamente 12,76 e 21,98 miliardi di telefonate. Poco chiari, invece, i numeri riguardanti gli Stati Uniti: sembrerebbe trattarsi di 3 miliardi di telefonate. Il quotidiano spagnolo El Mundo, che ha raggiunto un accordo con il giornalista Glenn Greenwald, per i documenti di Snowden che riguardano la Spagna riporta dati in linea con questi. A Washington intanto è arrivata una delegazione formata da nove componenti del Parlamento europeo, giunta negli Stati Uniti per chiedere spiegazioni alle autorità Usa circa i presunti abusi della loro intelligence. La missione era stata programmata da tempo, tuttavia in queste ore ha assunto un particolare significato politico. Il capo della Nsa, Keith Alexander si è rifiutato di incontrarli.

Obama, sapeva eccome!

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Secondo la Bild am Sontag, che citerebbe fonti dei servizi Usa, Barack Obama sapeva fin dal 2010 che la Nsa stava ascoltando le telefonate della cancelliera tedesca Angela Merkel. Il giornale, basandosi sulle fonti citate, afferma che  Keith Alexander, capo della National Security,

aveva informato il presidente dell’operazione di ascolto delle comunicazioni di Angela Merkel nel 2010. Documenti della Nsa pubblicati sabato dallo Spiegel indicavano che la cancelliera sarebbe stata spiata sin dal 2002 e fino a metà 2013. “Obama non ha messo fine a questa operazione e ha anzi lasciato che proseguisse”, ha indicato un alto responsabile della Nsa al quotidiano.

Ieri il Frankfurter Allgemeine scriveva – senza però citare fonti – che Obama avrebbe detto alla Merkel, di non essere stato informato dell’operazione di spionaggio, aggiungendo che, se lo avesse saputo, l’avrebbe immediatamente bloccata.

 

All’insaputa di Obama: non sapeva che la Merkel era spiata!

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All’insaputa dell’uomo più importante del mondo! Può essere assurdo eppure Barack Obama ignorava che la cancelliera Angela Merkel era intercettata dai servizi Usa. Secondo Der Spiegel, Obama avrebbe dato questa versione alla Merkel dicendo che se avesse saputo avrebbe immediatamente dato l’ordine di interrompere l’operazione. Sempre secondo il settimanale i contatti recenti tra Usa e Germania non avrebbero escluso che la cancelliera sarebbe stata intercettata in un recente passato.

inoltre sarebbe emersa la notizia che nel 2010 gli Usa possedevano circa 80 centri di spionaggio in Europa, di cui uno a Roma. Le informazioni del Der Spiegel deriverebbero da alcuni documenti di Edward Snowden. Secondo tali documenti la cancelliera tedesca Angela Merkel fu spiata dalla Nsa dal 2002 e fino a poco prima del suo incontro con il presidente Usa Barack Obama nel giugno scorso. Lo spionaggio sarebbe avvenuto dall’ambasciata americana a Berlino, sulla Pariser Platz. Per Spiegel, il suo nome (indicato come ‘GE Cancelliera Merkel’) compare in una lista di obiettivi del Dipartimento S2C32 ‘Ufficio Unione Europea’ lista ancora valida poco prima della visita di Obama in Germania nel giugno 2013.

KO per il sito dell’Nsa: black-out rivendicato da Anonymous

nsa-anonymous-tuttacronacaBlack-out venerdì per il sito della Nsa, la National Security Agency, con gli hacker di Anonymous che hanno rivendicato il gesto anche se a stretto giro di posta è giunta la replica dell’agenzia di intelligence Usa secondo la quale si è trattato di “un errore tecnico”. Vanee Vines, portavoce dell’Nsa, ha confemato dopo alcune ore la presenza di problemi spiegando che erano in corso verifiche: “Ci stiamo lavorando”, si è limitata ad affermare. Allo stesso tempo, altre fonti hanno fatto sapere che non c’erano indicazioni di un’intrusione di pirati informatici né tanto meno di una sottrazione di dati. Ma nel frattempo su Twitter hanno fatto la loro apparizione cinguettii da account riconducibili ad Anonymous, più o meno attendibili, che lasciavano intuire che si fosse trattato di una loro azione di rappresaglia per l’attività di sorveglianza elettronica globale condotta dalla Nsa. La tecnica utilizzata per compiere tale azione sarebbe il “disributed denial of service”(DDoS), un sovraccarico di traffico, di contatti convogliati dai pirati informatici per mandare in tilt i siti presi di mira. Tutto negato dall’agenzia che in una nota ha scritto: “Nsa.gov è rimasto inaccessibile questa sera per diverse ore a causa di un errore interno verificatosi durante una programmata operazione di aggiornamento. Le affermazioni secondo cui l’interruzione è stata causata da un attacco “disributed denial of service”(DDoS) non sono vere”.

Ancora Datagate: la Nsa spiava le conversazioni di 35 leader mondiali!

datagate-tuttacronacaRivelazione shock quella fatta dal Guardian che ha pubblicato un memo riservato dall’archivio di Edward Snowden. Stando a quanto scritto dalla “talpa” e reso noto dal quotidiano, la Nsa ha spiato le conversazioni telefoniche di 35 leader politici e militari mondiali dopo aver “incoraggiato i funzionari di altre istituzioni Usa, come la Casa Bianca, il dipartimento di Stato e il Pentagono, a condividere i numeri delle utenze telefoniche” da intercettare. Resta la domanda di chi siano i 35 leader di cui si parla, visto che il documento non li cita.

“Bella presa”… Presidente!

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Una ragazza, Karmel Allison, in stato interessante che stava sul palco, nel giardino delle rose alla Casa Bianca, proprio accanto al Presidente Obama che parlava della sua riforma sanitaria, cioè l’Obamacare, ha quasi perso i sensi. Il Presidente si è accorto di quanto stava accadendo alle sue spalle e ha prontamente sorretto la ragazza. Vedendo che la giovane si stava riprendendo ha poi esclamato ‘‘Questo capita quando parlo troppo…” e poi ancora giocando sull’ironia ha commentato  ”Comunque bella presa…”. La Allison poi è stata in grado di lasciare il palco sulle sue gambe con l’aiuto di una persona dello staff presidenziale.

 

La Nsa ascoltava le telefonate dei francesi: il nuovo capitolo del Datagate

intercettazioni-francia-tuttacronacaLe comunicazioni telefoniche dei cittadini francesi intercettate dalla Nsa, National Security Agency. La notizia arriva dal quotidiano d’Oltralpe Le Monde, in un articolo che presenta la doppia firma del francese Jacques Follorou e di Glenn Greenwald, l’ex columnist del Guardian che per primo ha pubblicato le rivelazioni di Edward Snowden. E proprio dell’ex consulente dell’intelligence Usa sono i documenti citati nel pezzo che spiega come in un periodo di 30 giorni, dal 10 dicembre 2012 all’8 gennaio 2013, sono stati effettuati 70,3 milioni di registrazioni di telefonate francesi. Non solo, rende anche noto che la Nsa dispone di differenti modi per raccogliere i dati. Ad esempio, quando alcuni numeri telefonici vengono utilizzati in Francia, attivano un segnale che fa scattare automaticamente la registrazione delle conversazioni. Questi controlli recuperano ugualmente gli sms e il loro contenuto in funzione di parole-chiave. Infine, sistematicamente, la Nsa conserva il tabulato storico delle connessioni di ciascun ‘bersaglio’ nel suo mirino. Si legge nell’articolo: “Il futuro spiegherà forse, un giorno, perché Parigi è rimasta così discreta, rispetto a Berlino o Rio, dopo le rivelazioni sui programmi di spionaggio elettronico americano nel mondo. Perché la Francia è stata altrettanto coinvolta e dispone oggi di prove tangibili del fatto che i suoi interessi sono quotidianamente presi di mira”. I documenti in possesso del quotidiano francese “forniscono sufficienti spiegazioni da far pensare che gli obiettivi della Nsa riguardano sia persone sospettate di legami con il terrorismo che individui presi di mira per la loro semplice appartenenza al mondo degli affari, della politica o dell’amministrazione francese”. Il ministro degli Interni francese, Manuel Valls, ha commentato a Europe 1 le rivelazioni spiegando che quello che si è appreso è “scioccante” e “richiederà delle spiegazioni”. E ha sottolineato: “Con le nuove tecnologie della comunicazione servono regole, questo riguarda tutti i paesi. Se un paese amico, un alleato, spia la Francia o spia altri paesi europei, è del tutto inaccettabile”.

Elogi nella crisi: Obama e Letta, vittorie personali sulle macerie dei Paesi

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Ieri il confronto, oggi la riflessione. Obama e Letta si sono ricoperti di elogi e si stima reciproca, la loro “complicità” è emersa anche durante l’incontro con la stampa. D’altra parte sono due premier che hanno appena superato due grandi ostacoli nei loro rispettivi Paesi. Lo shutdown negli Usa e la crisi politica italiana. Nel primo caso a cedere sono stati i Repubblicani che hanno abbassato la testa per non far cadere il default come una mannaia sulla testa di milioni di americani, dall’altra Berlusconi che ha dato la fiducia al Governo Letta in una giornata storica in cui davvero il mondo si è fermato a osservare ciò che accadeva nel nostro Parlamento e del triplo salto mortale di cui si è reso protagonista il Cavaliere.

Ma se questi sono i dati positivi purtroppo la situazione non è rosea e c’è un parallelismo anche negli aspetti negativi che ancora attanagliano Usa e Italia. Mai stelle e strisce sono state così vicine al tricolore. Entrambe soffrono la Cina e la crescita impressionante che sta facendo volare l’Oriente a scapito di un Occidente stretto nella fase della stagnazione, costretto a fare i conti sulla disoccupazione e che spera in una ripresa che invece sembra allontanarsi sempre più. Intanto è notizia di questa mattina che la Cina nell’ultimo trimestre (il terzo) ha fatto registrare un Pil a +7,8 ancora superiore a quel dato di aprile-giugno che aveva lasciato il mondo a bocca aperta con quel +7,5. Valori irraggiungibili se si pensa che in Italia ci si auspica solo di poter mettere un segno + e uscire da quel Pil negativo che continua a frenare l’economia nel nostro Paese. Ha ancora senso parlare in questo panorama di una ripresa economica? Sicuramente serve rialzare le sorti dell’Italia, ma è troppo triste leggere una legge di Stabilità che impone l’Iva sui funerali, sui quotidiani e sulla benzina per cercare di trovare le risorse per tagliare il meno possibile i servizi ai cittadini. E’ triste vedere Fassina pronto a dimettersi dopo essere stato estromesso dai lavori preliminari per la legge di Stabilità, Monti che entra nel gruppo misto e Scelta Civica si spezza. E’ troppo doloroso ancora aprire la tv e dover assistere all’ennesimo presunto scandalo del Cavaliere. Fa male quella decandenza che slitta e ci fa apparire come il “popolo della barzeletta” agli occhi dell’Europa che invece è capace di emarginare i leader che “sbagliano”. Ma se l’Italia non festeggia, l’America si trova a fronteggiare la spaccatura repubblicana, come se la destra fosse entrata in crisi nello stesso periodo. L’economia che impazzisce e i valori dei conservatori che vacillano. Una disgregazione che colpisce il Pdl, ma anche Grand Old Party. Ecco perché quei sorrisi, quegli scambi di complimenti, quella pacatezza sui volti di Obama e Letta sembra essere una forzatura… alle loro spalle ci sono i giovani disoccupati, due servizi sanitari che stanno soffrendo (anche se per motivi diversi), la scuola che si sgretola, l’industria in crisi e le famiglie (statunitensi e italiane) che non riescono sempre a far fronte ai mutui.

Complimenti quindi… ma anche buona crisi a tutti!

Quel default che non ci sarà!

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Il 17 ottobre è vicino, ma il rischio di default sembra scongiurato, anche se continua il braccio di ferro tra democratici e repubblicani. Stop, tensioni, tattiche, ma soprattutto un’altalena che sta mettendo a dura prova i cittadini statunitensi che vedono i posti di lavoro a rischio e l’assicurazione sanitaria in aumento.  Al Senato il leader democratico Harry Reid e quello repubblicano Mitch McConnell hanno ripreso le trattative. C’è un certo ottimismo sulle possibilità di raggiungere un accordo. “Alla luce degli eventi” delle ultime ore, i due leader “hanno deciso di lavorare a una soluzione per riaprire le attività federali e prevenire il default. Sono ottimisti sul fatto che un’intesa possa essere raggiunta”. E stando alle indiscrezioni, la svolta potrebbe essere imminente.

Quel default non ci sarà!

Ma se questa crisi americana fosse successa in Europa? Se fosse stata in Italia? Quel default molto probabilmente sarebbe già scattato da tempo.

Donna con bimba in auto sfonda le barriere della Casa Bianca. Uccisa

 

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Una donna ieri ha tentato di sfondare in macchina una delle barriere di protezione della Casa Bianca. A bordo dell’auto, un’Infiniti nera, c’era anche una bimba di 18 mesi. La sua corsa folle ad alta velocità è avvenuta lungo Constitution Avenue, verso Capitol Hill. Qui ha ignorato ogni esortazione a fermarsi. E dopo aver sfondato un posto di blocco, ferendo un agente, è stata freddata dai colpi della polizia. La tragedia è stata frutto della follia di un’igienista dentale afroamericana di 34 anni, Miriam Carey,  di Stanford, in Connecticut, con gravi problemi mentali.

L’America è rimasta con il fiato sospeso e con lo spettro del terrorismo anche se immediatamente fonti dell’intelligence avevano escluso la pista terroristica. La mente è andata immediatamente alla strage nella base della Marina americana del 16 settembre dove persero la vita 12 persone.

Subito si era diffusa la notizia di un killer che stava sparando sulle forze dell’ordine, ma poi è stata sconfessata. Sono stati solo i poliziotti ad aprire il fuoco contro la donna uccidendola. La bambina miracolosamente è rimasta incolume.

 

 

Spari intorno al Campidoglio di Washington

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Alcuni spari si sono uditi intorno al Campidoglio di Washington. Chiuso il Congresso. Alcune persone sono state ferite tra cui un poliziotto.  Le persone che si trovavano fuori dalla Corte suprema, dall’altra parte della strada rispetto al Congresso, sono state spinte dalle autorità a entrare nell’edificio della Corte. A dare notizia dei colpi di arma da fuoco e del ferimento dell’agente è stata la polizia di Capitol Hill. La polizia ha chiuso l’intera zona al traffico. 

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La polizia di Washington ha reso noto di aver in corso una operazione che riguarda un “tiratore attivo”, un killer che ha esploso alcuni colpi di arma da fuoco.  Secondo fonti della stampa alcuni agenti stavano inseguendo un’auto nera e sono riusciti a bloccarla nei pressi di Capitol Hill e a quel punto sarebbe nata una sparatoria. La persona che ha sparato è stata poi arrestata.

Le paure del presidente Obama… Michelle!

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Non gli avrebbe messo paura compiere un attacco militare in Siria, ma il presidente Obama entra nel panico con la moglie. A microfoni aperti a “sua insaputa”  ha ammesso di aver smesso di fumare per paura della moglie. Se gli equilibri mondiali sono difficili da decifrare in questo moemnto storico di forti cambiamenti, sembrano invece essere cristallini quelli all’interno della Casa Bianca dopo la dichiarazione del Presidente Obama.

11 settembre: Cile e Usa legati a una data.

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Una data che ha segnato profondamente due nazioni. Era il 2001 quando si rimaneva attoniti davanti agli schermi televisivi a vedere l’attacco alle Torri Gemelle. Poi fiumi d’inchiostro sono stati scritti, immagini di dolore sono entrate nell’immaginario collettivo e ogni anno si è celebrato il giorno che ha cambiato gli equilibri del mondo e ha messo in ginocchio gli Usa. Quella potenza invalicabile era stata annientata dagli aerei di linea utilizzati come strumenti di morte dagli attentatori islamici. New York che si sbriciolava, la Big Apple che morsa al cuore da un parassita capace di radere al suolo i simboli della potenza economica statunitense, mentre il mondo s’interrogava su cosa sarebbe accaduto e vacillava intorno a quello sradicamento a cui stava assistendo. A distanza di 12 anni tutto quello che si poteva dire si è detto, ogni analisi è stata fatta, ma per il mondo occidentale quella ferita resta aperta. Per quelle generazioni cresciute tra fast food, film americani e il sogno del self made man quell’11 settembre continua a essere vissuto come una data in cui si è rimasti orfani. Si è capito improvvisamente che gli Usa erano vulnerabili anche loro, che l’eroe aveva un lato debole, una fragilità profonda per non essersi accorto che dall’altra parte del mondo c’era chi odiava McDonald’s e non tifava per i Giants. L’ignorare le altre culture e l’egocentrismo nazionale aveva portato gli Usa a non farsi domande e per questo erano poi esplose le Torri Gemelle, condannate dall’ottusità di un imperialismo a senso unico. Chi ci ha rimesso poi, come sempre accade, è stata la popolazione inerme, quei newyorkesi costretti in palazzi di vetro e in monolocali, con l’ansia di un lavoro snervante e di una vita per molti versi stretta e programmata. A New York sono già stati accesi i fasci di luce al World Trade Center, dove ormai spicca la Freedom Tower, e diverse manifestazioni di ricordo si terranno in città. Fra queste la “Table of Silence Project”, durante il quale 100 ballerini vestiti di bianco si esibiranno al Lincoln Center sulle note del flauto di Andrea Ceccoromi.

In Cile invece quell’11 settembre va ricondotto al 1973 e coincide con il golpe che instaurò la dittature di Pinochet. Per ricordare la fine della democrazia e l’inizio del periodo più drammatico del Cile un migliaio di persone si sono stesi per terra lungo le strade di Santiago in memoria dei ‘desaparecidos’. A 40 anni di distanza si resta solo con i dubbi senza la possibilità di fare chiarezza. Una storia di violazione dei diritti umani che fece una strage paragonabile solo a quella delle grandi tragedie mondiali.

Un presidente, un discorso e mille contraddizioni: Barack Obama

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Barack Obama è politicamente finito?  Già vedendolo arrivare davanti ai microfoni si poteva capire che il presidente quel discorso alla nazione preparato da giorni lo avrebbe cancellato volentieri, ma sarebbe stato l’ultimo colpo di grazia per la sua credibilità. Quello che doveva essere l’annuncio di un attacco militare alla Siria si è trasformato in un incerto, contraddittorio e vaneggiante discorso che ha puntualizzato gli ultimi avvenimenti. Obama non è più il protagonista, si è trasformato, come molti presidenti prima di lui, in uno strumento suonato da altre menti. Il presidente-comparsa ha così dovuto mantenere il punto: Bashar al-Assad ha usato le armi chimiche, l’opzione militare resta una possibilità. Poi però che fare con la proposta russa? Ed ecco il presidente arrancare e dover ammettere di puntare sulla via diplomatica attraverso il controllo internazionale dell’arsenale chimico del regime di Damasco.

Ma tra queste mille contraddizioni c’è una verità che è sotto gli occhi di tutti: il presidente è un politico sconfitto. Sconfitto da un Congresso che era pronto a opporsi al raid militare, sconfitto dall’opinione pubblica che a gran voce ha fatto sentire chiaro il suo “no” all’ennesima guerra che, nonostante le rassicurazioni di Obama, sarebbe diventato un nuovo Vietnam e un nuovo Iraq, sconfitto dal suo rivale Putin che ha saputo mettere a segno una via d’uscita e ha messo in evidenza l’inadeguatezza di Obama nella questione siriana.

Da uomo vincente, da politico del cambiamento, da incarnazione del sogno afroamericano, Obama si avvia ad essere un “imbarazzante presenza”. Cosa è successo al presidente? Quello che negli Usa succede sempre quando, a scadenze regolari, viene sottratto il potere ai presidenti attraverso le minacce della sicurezza nazionale e, le eminenze grigie, stritolano il presidente di turno fino a fargli commettere il passo falso. Obama non ce l’ha fatta, non è riuscito a restare lucido al punto di ascoltare il suo popolo che gli chiedeva una soluzione diplomatica e invece a dato ascolto agli interessi di lobby di potere e di strateghi militari senza scrupoli.

E’ diventato negli ultimi tempi il “poliziotto del mondo”, e nel suo discorso ha dovuto negare anche di esserlo, così si è immediatamente degradato ad agente corrotto e strumentalizzato da chi gli prometteva gloria eterna. Sicuramente il discorso di Obama entrerà nella storia perché quel discorso alla nazione, a cui hanno assistito gli americani e il mondo,  era quasi un bollettino meteorologico.

 

Quello scacco matto ad Obama che lo fa venire allo scoperto

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Barack Obama spiazzato dalla soluzione di Putin. Assad pronto a consegnare le armi chimiche e porle sotto il controllo internazionale. In questo nuovo scenario il perdente è l’uomo “più potente del mondo” trasformatosi di colpo da premio Nobel per la pace a guerrafondaio che neppure appagato dalla consegna vuole a tutti i costi un raid contro la Siria. A questo punto Obama è stato costretto a uscire allo scoperto, quasi un’ammissione che in fondo le armi chimiche erano un pretesto per un operazione che serviva a far risollevare l’economia americana e a liberare i magazzini da armi inutilizzate da tempo. Così Barack Obama è stato costretto ad affermare che c’è stato “uno sviluppo potenzialmente positivo, se reale”, ma la Casa Bianca dovrà “verificare la loro validità. Capire se fanno sul serio”. E naturalmente in questo modo il presidente degli Usa si è lasciato aperto uno spiraglio di guerra anche se non si capisce se ormai sia una partita a risiko o a scacchi quella che vuole giocare il presidente Usa.

La Siria accetta la proposta russa: unirsi all’Opac. Obama in difficoltà

obama-siria-tuttacronacaIl ministro degli Esteri siriano, Walid Mouallem, a Mosca accanto all’omologo russo Serghei Lavrov, ha annunciato che il regime siriano ha accolto con favore la proposta russa di unirsi all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) e mettere le sue armi chimiche in impianti di stoccaggio sotto il controllo internazionale. L’annuncio della proposta russa era arrivato dopo che il segretario di Stato Usa John Kerry a Londra ha detto che il presidente Bashar Assad potrebbe avere una possibilità di evitare l’azione militare voluta dalla Casa Bianca: dare alla comunità internazionale accesso alle sue armi chimiche. Nel frattempo il quotidiano Bild ha pubblicato nuove rivelazioni che arrivano dall’intelligence tedesca (la BND) secondo cui non sarebbe stato il Presidente Bashar Assad ad ordinare l’attacco chimico del 21 agosto vicino Damasco. Dalle intercettazioni – merito di una nave spia, la Okerel, che si trovava sulla costa siriana – si deduce che alcuni comandanti del regime avrebbero chiesto ad Assad di utilizzare armi chimiche per almeno quattro mesi, senza mai ottenere risposta positiva dal leader. Tali informazioni sono destinate a pesare ulteriorimente sull’indecisione del Congresso americano se appoggiare o meno l’offensiva proposta dal Presidente Obama che nel frattempo stava proseguendo la sua campagna in Twitter:

obama-guerra-tuttacronacaParimenti, Papa Francesco continua a lanciare appelli per la pace:

papa-pace-tuttacronacaMa come vivono gli americani l’ipotesi di un attacco? Secondo un nuovo sondaggio pubblicato dalla Cnn conferma una forte opposizione a un’azione militare contro il regime di Damasco. Ben il 59% non è favorevole all’eventuale approvazione della risoluzione proposta da Obama al Congresso. Il 69% non ritiene che l’attacco rientri negli interessi nazionali e il 72% considera un attacco aereo insufficiente a centrare “obiettivi importanti” per gli Usa. Il fatto che il regime siriano abbia infine accettato la proposta russa sembra quindi mettere ancora più in difficoltà il presidente americano mentre appare sempre più evidente che i due protagonisti assoluti di questo conflitto in fieri sono proprio Putin (che ha avanzato la proposta) e Obama: si torna a respirare un clima da Guerra Fredda? Del resto è significativo il fatto che gli altri leader mondiali siano rimasti pressochè in silenzio. Si è dovuto attendere la sera per i commenti della cancelliera tedesca Merkel, per la quale è “interessante” la proposta di Mosca, e del ministro degli Esteri francese Laurent Fabius, secondo il quale l’ipotesi “merita di essere esaminata scrupolosamente” e deve comunque soddisfare alcune condizioni: Assad deve impegnarsi senza ritardo a mettere sotto controllo internazionale e a far distruggere il suo arsenale chimico. Del resto era stato proprio il segretario di Stato Usa John Kerry a chiedere al regime di Assad di “consegnare alla comunità internazionale ogni arma chimica di cui dispone entro la prossima settimana”. Dopo la proposta di Mosca Kerry si è però affrettato, tramite la sua portavoce Jen Psaki, a precisare che il suo era “un argomento retorico sull’impossibilità e l’improbabilità che Assad consegnasse le armi chimiche, dopo aver negato di averle usate”. Un funzionario della Casa Bianca, dopo gli annunci di Russia e Siria, ha dovuto però dire: “Gli Stati Uniti intendono “approfondire” con la Russia la questione relativa al passaggio delle armi chimiche attualmente in mano al regime del presidente siriano sotto il controllo internazionale”. In questi giorni, infine, è apparso in Youtube il recente attacco perpetuato dall’aviazione siriana fedele a Bashar al Assad su alcuni obiettivi molto vicini alla diga sull’Eufrate, nel nord del Paese. Gli abitanti si sono immediatamente preoccupati, temendo un cedimento della struttura e di una mega-inondazione dell’intera provincia di Raqqa, da mesi sotto il controllo delle truppe ribelli.

“Dacci le armi chimiche”, la chance degli USA ad Assad

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Gli Usa, isolati nel panorama internazionale per l’attacco alla Siria, tentano una strada di mediazione che consentirebbe di non “far perdere la faccia” al presidente e allo stesso tempo di evitare un’azione militare che sembra non aver avuto approvazione dalla gran parte della popolazione statunitense. D’altra parte i rischi di generare una guerra mondiale sarebbero altissimi dopo le dichairazioni della Russia e in particolare del ministro degli esteri Sergei Lavrov che sta incontrando il suo omologo siriano, Al-Muallim, proprio per mettere tutte le varie opzioni sul tavolo secondo gli scenari che oggi si prospettano.

Lavrov ha dichiarato che “uno scenario di uso della forza porterebbe a un’orgia di terrorismo in siria e nei paesi confinanti”. La Russia ribadisce che promuoverà un’iniziativa per organizzare una conferenza sulla Siria con un chiaro riferimento alla possibilità di aprire una conferenza di pace ‘Ginevra 2’.

Oggi, intanto, verrà trasmessa l’intervista rilasciata da Assad alla tv statunitense Cbs, in cui avvertiva che “in caso di attacco gli amici della Siria sono pronti a ritorsioni”.

Il segretario di Stato americano John Kerry ha risposto poco più tardi alla posizione espressa da Mosca: “La soluzione politica resta la soluzione ultima ed è stata perseguita per anni”, ha dichiarato Kerry a Londra, dove si trova per incontrare il ministro degli esteri britannico William Hague. Kerry ha poi precisato che il voto con il quale il parlamento britannico ha escluso una partecipazione all’intervento in Siria, “non ha creato problemi nel rapporto speciale che unisce Stati Uniti e Gran Bretagna”. Ed ha aggiunto: “Assad potrebbe evitare un attacco consegnando le sue armi chimiche alla comunità internazionale entro la settimana prossima”. Ma il presidente siriano, ha detto Kerry, “non sembra sul punto di farlo”. Gli Usa, comunque “non stanno dicendo di volere una guerra”, ma pensano a un attacco militare “incredibilmente ristretto e limitato”, volto a soffocare la capacità bellica di Assad.

L’avvertimento di Assad: in caso di attacco, ci saranno ritorsioni

charlie-rose-assad-intervista-tuttacronacaBashar Assad, presidente siriano, dopo l’intervista rilasciata a Le Figarò torna a parlare ai media occidentali concedendone una all’emittente americana Cbs. E’ stato il giornalista Charlie Rose, recatosi nel palazzo presidenziale di Damasco, a interloquire con leader siriano che, in quest’occasione, ha minacciato una ritorsione in caso di attacco americano. L’avvertimento è chiaro: qualora Usa e Francia optassero per un intervento armato le rappresaglie non tarderebbero ad arrivare per opera degli amici della Siria: le milizie libanesi di Hezbollah e l’Iran. Assad è anche tornato a ripetere di non esser dietro l’attacco del 21 agosto, quando sono state utilizzate armi chimiche. Al riguardo, ha sottolineato come non ci siano prove. Tuttavia non ha nè confermato nè smentito che il regime disponga di tali armi. Assad ha sottolineato che se la Siria fosse in possesso di armi chimiche, “queste sarebbero sotto controllo centralizzato e nessuno vi potrebbe accedere” suggerendo invece che casomai sono i ribelli ad avere qualcosa a che fare con questa storia. Il giornalista Rose ha riferito che secondo il presidente siriano un attacco potrebbe sì diminuire le capacità delle sue truppe, ma concederebbe anche un un vantaggio alle frange qaediste dell’opposizione. Per seguire l’intera intervista bisognerà attendere domani sera, quando la rete Pbs la trasmetterà in versione integrale. Nello stesso giorno Barack Obama, presidente americano, concederà interviste a sei reti americane. Obiettivo: convincere il Congresso e gli americani a sostenere l’azione militare in Siria.

Ad Assad ha poi risposto, a distanza, il capo dello staff della Casa Bianca, Denis McDonough, lo stesso che ha convinto Obama a prendere tempo e non dare il via al raid passando per l’accidentata strada del voto al Congresso americano. Assad sta guardando da vicino cosa accade a Washington – dice ora il capo dello staff McDonough -. È importante inviare un messaggio chiaro.

Il video della Cnn che dovrebbe convincere il Congresso all’attacco in Siria

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Video e foto che arrivano come colpi nello stomaco. La decisione di attaccare la Siria da parte del Presidente Obama, contrastata da gran parte del mondo, ora sta sul tavolo del Congresso e occorre che tale scelta venga assecondata. Ed ecco quindi che la Cnn mostra uomini e bambini distesi su un pavimento di piastrelle, a torso nudo e in preda a le convulsioni. Scene di panico e urla strazianti, che sono risuonate nelle orecchie di un selezionato gruppo di senatori che hanno partecipato a un briefing a porte chiuse per discutere sull’opportunità di sferrare un attacco militare nei confronti della Siria. La Cnn è stata la prima emittente televisiva ad ottenere 13 diversi video che dovrebbero raccontare l’orrore dell’attacco di armi chimiche avvenuto il 21 agosto in Siria. Molti di questi video testimonierebbero l’utilizzo del Sarin, un gas nervino della famiglia degli organofosfati classificato come arma chimica di distruzione di massa, e sarebbero stati confermati dall’Intelligence che ne avrebbe dichiarato l’autenticità. Tuttavia non ci sono certezze su chi abbia usato le armi chimiche e sembra proprio che il Sarin oltre a uccidere la popolazione siriana abbia anche intossicato l’informazione cercando, attraverso le scene strazianti, di strappare un “sì” ai senatori chiamati a dover autorizzare un attacco militare che potrebbe far scoppiare la terza guerra mondiale.

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“Questo video dovrà sensibilizzare il popolo americano che questo non è solo un intervento, ma che si tratta di un attacco militare per fermare questo tipo di atrocità”, ha dichiarato un ex membro del Congresso alla CNN.

Le atrocità si possono fermare con altre atrocità? La guerra si può fermare facendo una attacco militare? O forse ci sono dietro a  questo attacco motivi di ordine strategico-economico?

Ancora una volta, come era successo per il Vietnam e per l’Iraq gli Stati Uniti d’America cercano il consenso con un “lavaggio del cervello” dei propri cittadini? Cercano di strumentalizzare  le immagini di corpi straziati per sensibilizzare l’opinione pubblica che grida contro questo attacco di cui nessuno sente l’esigenza se non chi ha interesse a disfarsi di un arsenale militare che sta diventando troppo obsoleto e costoso da mantenere? Perché si rifiuta una soluzione politica? c’è forse qualche nuova arma da sperimentare? C’è qualche nuova strategia militare da provare sul campo? C’è una ripresa economica che stenta a riattivare i meccanismi occupazionali statunitensi? C’è forse la stessa voglia di sempre sa parte degli Usa di voler diventare i giustizieri del mondo a casa di altri, ma di essere incapaci di poter fare una riforma che vieti le armi nelle case degli americani!

+++ Video per un pubblico adulto e consapevole +++

Le vittime innocenti senza futuro: i bambini siriani

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Ogni guerra ha le sue vittime e nella tragedia siriana sembra che i più esposti siano i bambini. Uccisi dai gas, giustiziati a sangue freddo o costretti a imbracciare un fucile. A quasi tre anni dallo scoppio della crisi siriana, a un passo dall’attacco statunitense e forse da un imminente crisi internazionale, guardare i volti di questi bambini dovrebbe farci riflettere.

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Strumentalizzati spesso per suscitare emozioni, esposti a scudo a difesa di obiettivi sensibili, i bambini siriani non hanno più un futuro da guardare, ma solo l’istinto di sopravvivenza che li deve guidare di minuto in minuto all’interno di un conflitto di cui spesso ignorano le ragioni.

Eppure sono bambini, come lo erano quelli che hanno circondato il presidente Obama quando ha firmato il suo impegno davanti alla nazione per mettere un freno alle armi che avevano consentito a uno squilibrato di fare una strage dentro una scuola elementare.

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Come può oggi il Presidente Obama pensare a un raid che inevitabilmente andrà a colpire anche queste vittime innocenti colpevoli solo di essere stati armati da chi li ha voluti strumentalizzare?

 

Il senatore McCain e la sua partita a poker durante il dibattito sulla Siria

MCCAIN-POKER-tuttacronacaSe quasi un mese fa Rosy Bindi era stata “pizzicata” a giocare a solitario con il suo tablet durante l’esame del decreto lavoro, non dobbiamo pensare che siano solo i politici italiani ad annoiarsi durante un dibattito o una votazione: succede anche all’estero. Come dimostra una foto apparsa sul The Washington Post, durante il dibattito nella Commissione del Senato riguardante il possibile intervento militare degli Stati Uniti in Siria, il senatore John McCain era molto concentrato… su una partita a poker in internet.

mccain-poker-twitter-tuttacronacaIl senatore ha poi ironizzato via Twitter: “Scandalo! Beccato mentre giocavo con l’iPhone durante un dibattito di più di tre ore al Senato – la cosa peggiore, ho perso!”

Kerry a cena con Assad, quindi anche con Hitler e Hussein?

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La foto pubblicata da Ali Mohtadi  e oggi ripresa dal Daily mail non lascia dubbi. Una cena tra John Kerry e Bashar al-Assad svoltasi nel febbraio del 2009. Oggi però le cose sono cambiate e Kerry ha paragonato Assad a  Saddam Hussein e Adolph Hitler. Come mai allora appena 4 anni fa Kerry metteva a repentaglio la sua vita andando a tavola con un dittatore? Ancora più perfido è il tabloid inglese

Ecco “l’immagine che Kerry non vorrebbe mai veder pubblicata”

La cena – a cui parteciparono anche le rispettive consorti – si svolse in occasione di una visita in Siria da parte di Kerry. L’attuale capo della diplomazia Usa era allora senatore del Massachusetts e guidava una delegazione americana incaricata di discutere le prospettive di pace nella regione.

 

Pericolo guerra mondiale? Il Vaticano lancia l’allarme sull’attacco alla Siria

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Un no deciso all’attacco arriva dal Vaticano che teme l’estensione della guerra ad altri Paesi: “La via di soluzione dei problemi della Siria non può essere l’intervento armato. La violenza non ne verrebbe diminuita. C’è, anzi, il rischio che deflagri e si estenda ad altri Paesi. Il conflitto in Siria contiene tutti gli ingredienti per esplodere in una guerra di dimensioni mondiali”, ha detto Mario Toso, del dicastero vaticano Giustizia e Pace. Già questa mattina erano state sollevati molti dubbi, da diversi organi di stampa, circa le prove dell’utilizzo di armi chimiche, esibite dagli Usa, per motivare un possibile attacco alla Siria. 

 

Barack Obama e le foto dei cadaveri dei bimbi con il ghiaccio

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L’asso per convincere l’opinione pubblica, gli Usa lo hanno gettato sul tavolo mostrando quelle che, secondo il governo statunitense, sarebbero le prove che inchioderebbero il governo della Siria sull’atroce responsabilità dell’uso dei gas contro la sua popolazione civile.  Sono quattro pagine che riportano foto scattate dai satelliti che mostrano le location da cui sono partiti i missili con le bombe caricate con il micidiale gas sarin o affini come il tabun. Per rendere ancora più credibile l’uso di queste armi di sterminio di massa, ci sarebbero anche le intercettazioni telefoniche di ufficiali siriani man mano impegnati a dare l’ordine del lancio, quello di indossare le maschere antigas e a dirsi preoccupati che gli ispettori dell’Onu scoprano le loro orribili responsabilità. Obama, come fece anni fa George H. Bush, figlio di George W. Bush, ha deciso di ignorare completamente il rapporto che sarà stilato nei prossimi 10-14 giorni dalle Nazioni Unite. L’America non ha tempo di attendere per conoscere la verità sulle armi chimiche, salvo poi, come nel caso di George Bush, accorgersi a guerra ultimata che quelle armi davvero non erano mai esistite.

Ma chi può davvero credere che quelle foto siano uno specchio reale della verità? Chi senza ombra di dubbio può affermare che quelle foto non siano strumentali? Forse gli Usa potrebbero essere anche in buona fede, ma può accadere che un’immagine venga “manipolata” per sensibilizzare le coscienze e non a caso sono stati scelti i corpi dei bambini dilaniati per gridare all’orrore e inneggiare alla guerra.

Se queste sono 4 pagine vanno poi confrontate con le 80 che poco tempo fa furono presentate all’Onu da  Cina, Francia, Usa e Regno Unito per dimostrare l’uso di gas Sarin da parte dei ribelli a Khan al-Assal.

Non dimentichiamo che già il 6 maggio a parlare di prove sull’uso di gas Sarin da parte dei ribelli era stato il magistrato svizzero Carla Del Ponte, ex procuratore capo del Tribunale Penale Internazionale per i delitti contro l’umanità compiuti nell’ex-Jugoslavia. Certo Del Ponte non è sospettabile di simpatie pro Assad.

Le prove di Obama poi non sarebbero così schiaccianti se venissero analizzate nei dettagli.

Le foto e le riprese satellitari per essere credibili dovrebbero mostrare i singoli lanci come se fossero stati visti da pochi metri di distanza, permettendo di capire bene di che tipo di missili si tratta e che divisa indossa chi li lancia. Da oltre 10 anni è provato che i satelliti e gli aerei spia Usa sono in grado di leggere perfino le targhe dei camion.

Ma quello che convince meno sono le intercettazioni telefoniche. Non c’è bisogno di avere lavorato in certi uffici militari per sapere che gli ordini più compromettenti non si danno per telefono, strumento che per certe comunicazioni è anzi vietato usare. E non c’è bisogno di essere esperti per sapere che i reparti che lanciano bombe caricate a gas non hanno nessun bisogno di sentirsi dare l’ordine – per telefono! – di indossare le maschere a gas. Per il semplice motivo che per poter metter mano a quel tipo di arsenale devono munirsi prima di maschere antigas e non solo: devono indossare infatti anche le speciali tute antigas. Sembra davvero una dichiarazione ingenua, per far colpo sull’opinione pubblica americana. Purtroppo molte informazioni negli Usa non riescono a essere veicolate. Pur essendo un paese dove le libertà sono sempre state un cardine della società e della democrazia, è pur vero che l’informazione ha sempre dovuto seguire i governi e cercare di fare presa sulla popolazione. Gli americani (salvaguardando poi le eccezioni) inoltre, sono abituati a credere alle loro istituzioni, non dubitano come gli europei o ancor peggio, gli italiani, che un’istituzione possa strumentalizzare delle prove per agire con il consenso dei cittadini e arrivare a obiettivi economici, piuttosto che umanitari. Sicuramente non sarà questo il caso, ma come dimenticare Il massacro di Timisoara? Era il dicembre 1989, e la Romania era sotto l’egemonia del comunista Nicolae Ceausescu. Nella “città martire” vennero mostrati a giornalisti e operatori televisivi accorsi come mosche decine di corpi sventrati, ricuciti alla meglio, bruciati, “torturati dal servizio segreto rumeno”, la famigerata Securitate. L’indignazione del mondo intero fu enorme. Si scoprirà in seguito che la strage in realtà non c’era mai stata: quei morti gettati in faccia al mondo erano gente comune deceduta negli ospedali e gli squarci sui loro cadaveri erano dovuti alle autopsie. Il regime finì pochi giorni dopo con la fucilazione di Ceausescu, il cui posto è stato preso dai suoi ex amici autori della messinscena.

 Ci sono poi le dichiarazioni di due esperti, uno americano e l’altro inglese, rilasciate a un noto quotidiano israeliano, Haaretz. Uno è Dan Kaszeta, ex ufficiale del Chemical Corp dell’esercito Usa nonché consulente della Casa Bianca per la Sicurezza, l’altro è l’inglese Steve Johnson, un ricercatore della Cranfield University leader nello studio degli effetti dell’esposizione a sostanze tossiche che ha lavorato con il Ministero della Difesa della Gran Bretagna nel campo della guerra chimica.

I due esperti hanno raccontato:

Dan Kaszeta: “Nessuna delle persone che trattano le vittime o le fotografa indossa un qualche tipo di protezione verso i prodotti chimici denunciati. E nonostante questo, nessuno di loro sembra essere stato danneggiato” . Ciò porterebbe ad escludere l’uso della maggior parte dei tipi di armi chimiche di tipo militare, compresa la stragrande maggioranza dei gas nervini, perché tali sostanze non evaporano immediatamente, soprattutto se sono state utilizzate in quantità sufficiente per uccidere centinaia di persone (355, secondo alcune dichiarazioni di Médecins sans frontières accreditate dalla stampa ocidentale), ma lasciano un livello di contaminazione anche sui vestiti e sui corpi di chi, come i soccorritori, viene in contatto con loro nelle ore successive un attacco non adeguatamente protetto”.

Kaszeta aggiunge che ”non c’è nessuno degli altri segni che ci si aspetta di vedere in seguito di un attacco chimico, come ad esempio i livelli intermedi di vittime, gravi disturbi della vista, vomito e perdita di controllo dell’intestino”.

Steve Johnson: “Dai dati che abbiamo visto finora , un gran numero di vittime in un’ampia zona significherebbe un uso dei gas dalla dispersione molto invasiva. Con un tale livello di agente chimico ci si aspetterebbe di vedere un sacco di casi di contaminazione sulle vittime in arrivo e tra i soccorritori e coloro che li curano senza essere adeguatamente protetti . Noi qui non stiamo vedendo nulla di simile”.

Haaretz aggiunge che non ci sono risposte neppure alle domande se gli ordigni chimici siano stati usati altre volte, perfino quando gli ispettori dell’Onu erano già in Siria per indagare.

E chi ha sparato sul convoglio degli ispettori dell’Onu? A dire che può essere stato chiunque, modo elegante per dire che sono stati i ribelli mercenari, è in primis il New York Times.

Uno scenario complesso e difficile da decifrare, ma proprio per questo bisognerebbe agire con prudenza per poi non ritrovarsi con errori impossibili da riparare. Poniamo anche per un istante che sia tutto vero, che Assad abbia usato le armi chimiche, che quelle foto siano prove inconfutabili e che la popolazione abbia subito dalle forze governative un attacco chimico, combattiamo contro Assad? Lo uccidiamo mettendo a repentaglio ancora una volta la popolazione vittima di una guerra senza fine? Una nuova ondata di violenza? Bombardamenti senza sosta dalle forze ribelli, da Assad e dagli americani e i loro alleati? Uccidiamo Assad e poi diamo lo stato in mano ai ribelli che sono ideologicamente affini ai Fratelli Musulmani? Scateniamo nuovi attentati nel mondo e mettiamoa  repentaglio l’Europa geograficamente più vicina alla Siria?

Perché invece non si è tentata la mediazione? Perché Obama non ha incontrato Putin?  Perché rinnovare ancora una volta la guerra tra Usa e Russia? Forse c’è anche la volontà di far dimenticare il Datagate e mostrare che i nemici sono altrove, non sono dentro casa pronti a spiare ogni mail che riceviamo? 

Da “Yes we can” a “Yes, the war”: la parabola di Obama

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Obama ha preso le sue decisioni e, secondo il Presidente americano, gli Stati Uniti dovrebbero condurre un’ azione militare contro il governo siriano. Ombre, dubbi e sospetti di convenienza si sommano  su una figura che per l’Europa aveva incarnato il simbolo del cambiamento. E  oggi le parole del presidente americano sono risuonate come macigni nelle orecchie di chi aveva creduto non più nel sogno americano, ma in Barack Obama, prima che come presidente, come uomo. Oggi forse ha prevalso il politico quando ha dichiarato: ”Sono pronto a dare l’ordine di attacco” e poi ha aggiunto “Le atrocità di Damasco non vanno solo indagate, ma affrontate” e  ancora  ”Ho deciso di punire la Siria militarmente per l’uso dei gas, ma oltre che Commander in Chief sono anche il presidente della più antica democrazia parlamentare”. Quindi ora vuole l’autorizzazione del Congresso e se arriverà esporrà la popolazione civile siriana a ulteriori bombardamenti e pericoli. Stasera forse abbiamo un sogno in meno e un presidente che improvvisamente è ombra di se stesso, in rotta su quegli aerei di distruzione e morte, in viaggio sulla stessa traiettoria dei suoi predecessori. Che Dio salvi l’Europa e la Siria!

Attentato vicino la sede degli 007 a Damasco!

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Come riferisce la v panaraba Al Jazira, citando alcuni testimoni, un attentato oggi è avvenuto a Damasco nei pressi di una sede dei servizi segreti. In attesa dell’attacco degli Usa, la tensione in Siria è alle stelle. Già questa mattina fonti di Damasco dicevano di aspettarsi «un’aggressione in qualunque momento». Ora sembra che il momento sia sempre più vicino e se l’Italia si è chiamata fuori se non c’è un’autorizzazione specifica dell’Onu, la Francia e gli Usa sferreranno l’attacco nelle prossime ore.

Intanto per il presidente russo Vladimir Putin le accuse statunitensi al regime siriano riguardo l’uso di armi chimiche sono «sciocchezze assolute»: il presidente russo ha chiesto agli Usa presentare al Consiglio di Sicurezza dell’Onu le eventuali prove di un attacco chimico in Siria.

 

Erano davvero bombe al napalm quelle lanciate contro una scuola in Siria?

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La certezza non c’è, ma le tragiche immagini del video lasciano attoniti Secondo i testimoni, un aereo avrebbe sorvolato più volte una scuola e poi avrebbe lanciato delle bombe al napalm, o comunque armi chimiche. Tra uomini feriti, donne dal volto sfigurato e bambini dilaniati l’orrore della guerra si mostra in tutta la sua brutalità. La BBC lo h filmato e poi messo in rete proprio nelle ore antecedenti un possibile e sempre più probabile attacco militare da parte degli Usa. Chiunque di noi davanti a tali immagini vorrebbe giustizia, ma sembra davvero che la BBC abbia scelto il momento opportuno per diffondere il materiale che possa farci giustificare un attacco militare statunitense. Ma si può combattere l’orrore generando l’inferno a livello internazionale? Si può mettere a rischio la sicurezza europea con un escalation militare in territori già provati dalla guerra? Quando mai si è fermata una guerra iniziando una nuova guerra?

+++ VIDEO CONSIGLIATO A UN PUBBLICO ADULTO +++

Siria… solo questione di ore? La guerra per la guerra

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Ci ha riflettuto a lungo Obama, ma poi ha tratto le sue conclusioni e ora sembra che voglia cedere alle pressioni dei repubblicani e della Gran Bretagna che da giorni invocano l’intervento. A questo punto è già tutto pianificato e l’attacco sembrerebbe essere solo questione di giorni o di ore.

Ma c’è, chi, invece, in queste ore afferma che Obama non sembra intenzionato all’attacco, ma sta cercando di muoversi sulla diplomazia in una corsa contro il tempo. Sarebbe il portavoce della Casa Bianca Jim Carey a puntare sull’attacco in Siria insieme al ministro per la Difesa Chuck Hagel che ha annunciato che Forze armate americane sono pronte.

«Non c’è dubbio» che il regime abbia usato i gas. Lo ha detto ieri anche il vice-presidente degli Usa Joe Biden: «Sono state usate armi chimiche, e il regime di Damasco è il solo che le ha». L’uso del gas è provato dai rapporti di Medicine Sans Frontieres, dagli esami forensi di parte condotti subito dopo l’attacco e dalle testimonianze dei sopravvissuti. Prove ulteriori, come l’intercettazione dei segnali di comando per il lancio dell’attacco, saranno mostrate in un rapporto dell’intelligence americana, la cui pubblicazione è imminente, e potrebbe coincidere con la partenza dei missili Cruise alla volta di Damasco.

Ma chi ha dato le armi chimiche? Chi può affermare senza ombra di dubbio che solo il regime di Damasco le abbia? Chi può escludere che i ribelli, in vista degli ispettori Onu, non possono aver deciso di lanciare le armi chimiche per cercare l’appoggio di Gran Bretagna e Usa? Purtroppo negli occhi di tutto il mondo bruciano ancora gli errori di valutazione fatti in passato e che ancora oggi hanno lasciato alcuni Paesi di quell’area in condizioni inaccettabili.

Al momento sembra che ci sia una guerra in atto tra sostenitori dell’attacco e contrari, una guerra in cui il presidente Obama è centro nevralgico di ogni tensione. Una guerra per la guerra che avere esisti ancora più distruttivi per la popolazione siriana.

 

New York Times oscurato dagli hackers siriani

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Dalle 22 (ora italiana) il sito del New York Times, il più cliccato media del mondo, non è raggiungibile «Abbiamo difficoltà tecniche, stiamo lavorando per ripristinare la pagina», scrive il sito di informazione sul proprio account Twitter. Subito viene indicato un nuovo indirizzo di una versione molto più «minimalista» del giornale: «Qui continuiamo a pubblicare», twittano.

Già due settimane fa c’era stato un altro blackout (dovuto però a un disguido tecnico interno) e oggi è stato nuovamente oscurato, stavolta da un attacco esterno di hacker. Lo riferisce su Twitter Eileen Murphy, portavoce della testata.

Questa volta è un attacco di tipo Dns e sarebbe stato rivendicato dalla Syrian Electronic Army, quindi sarebbero stati secondo le prime ipotesi, hackers siriani a mettere ko il sito.  Infatti andando sul sito del giornale appare una pagina bianca con la scritta «hacked by SEA». Si tratta di un gruppo di pirati informatici pro Assad, che già in passato aveva rivendicato l’attacco al Washington Post, Al Jazeera, Human Rights Watch, Telegraph e Independent.

Per l’attacco militare Usa c’è ancora tempo, ma la guerra virtuale è già iniziata?

E’ da sottolineare che l’attacco al sito web del New York Times è avvenuto dopo che Gli Usa avevano frenato su un possibile attacco militare in Siria. Soprattutto sono i media a premere e ha prevedere un attacco lampo da giovedì a sabato, mentre il presidente Obama starebbe ancora vagliando altre possibilità.

Esplosiva la situazione in Siria: Obama preme per l’intervento, la Merkel frena

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Secondo MSF (Medici senza frontiere) sono 355 i morti in Siria che presentano “sintomi  neurotossici”, precisando anche che dal 21 agosto nelle strutture sono state ricoverate 3.600 persone.

«La sintomatologia, le caratteristiche epidemiologiche, l’afflusso di un numero così alto di pazienti in un lasso di tempo così breve, fanno pensare fortemente all’esposizione massiccia ad un agente tossico», scrive Medici senza frontiere, prima fonte indipendente a confermare l’uso di armi chimiche nella regione di Damasco.

La conferma sembrerebbe anche arrivare dal ministro degli Esteri francese Laurent Fabius, in visita a Ramallah, in Cisgiordania che ha affermato: «Tutto indica che il regime di Bashar al-Assad abbia condotto un “attacco chimico” questa settimana nei pressi di Damasco».

Barack Obama intanto ha incontrato i suoi consiglieri alla sicurezza per discutere sulle opzioni americane, inclusa un’azione militare, contro il governo siriano, accusato di aver usato armi chimiche contro i civili.

Ma se Obama accelera, la cancelliera Angela Merkel frena e si dichiara contraria a un intervento militare in Siria: «Non seguiamo la strada di una soluzione militare», ha dichiarato a Berlino il portavoce governativo, Steffen Seibert. «Non crediamo che sia possibile risolvere (il conflitto) dall’esterno, crediamo invece che debba essere trovata una soluzione politica», ha detto.

Intanto è avvenuta l’ennesima esplosione. Questa volta a essere colpita è stata piazza Burj al-Ros, nel centro di Damasco. Al momento non si conosce il bilancio di morti e feriti avvenuto nella deflagrazione dell’ordigno.

Dopo la condanna Manning vuole diventare donna!

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Si farà chiamare Chelsea e diventerà donna questo è il desiderio di Bradley Manning, condannato a 35 anni di carcere per aver passato documenti segreti a Wikileaks. Lo ha scritto in una dichiarazione inviata al programma Today della Nbc. “Sono Chelsea Manning. Sono una donna. Considerando come mi sento, e come mi sono sentita sin dall’infanzia, voglio iniziare al più presto la terapia ormonale. Spero che mi appoggerete in questo passaggio. Chiedo che a partire da oggi mi chiamiate con il mio nome femminile, Chelsea”.

 Il suo avvocato, David Coombs, ha detto anche che il suo assistito si aspetta la grazia dal presidente Barak Obama.

Durante il processo la difesa di Manning ha messo in evidenza le forti pressioni psicologiche sul ragazzo durante l’era del “don’t ask don’t tell”, la politica in base alla quale nelle forze armate Usa non si chiedeva e non si diceva nulla riguardo agli orientamenti sessuali dei militari.

Manning condannato a 35 anni. Uscirà a 60 anni.

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Bradley Manning, il soldato americano di 25 anni reo confesso di essere la ‘talpa’ di Wikileaks, è stato condannato a 35 anni di carcere. La sentenza è stata emessa dalla Corte Marziale di Fort Meade, che ha ridotto la richiesta del Procuratore di 60 anni. Questo significa che Manning uscirà dal carcere quando avrà ormai 60 anni.

 

Arrestato il capo dei Fratelli Musulmani. Obama sospende aiuti

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Mohamed Badia, capo dei Fratelli Musulmani sarebbe stato arrestato in un appartamento nei pressi di Rabaa, sul viale Tayaran, nella capitale egiziana. Nel blitz è finito in manette anche il portavoce dell’Alleanza delle formazioni pro-Morsi, Youssef Talaat. Ad annunciarlo è stata la tv di Stato egiziana. La guida spirituale della Confraternita appare in buone condizioni, seduto su un divano con un paio di uomini armati di Ak47 al fianco.
Stando alle notizie diffuse dalle tv locali Badia sarebbe stato portato nel carcere Torah, lo stesso dove si trova l’ex rais Hosni Mubarak , che, dopo l’ordine di scarcerazione della giustizia egiziana, potrebbe essere liberato in giornata.

Intanto, secondo quanto trapelato da fonti interne al gruppo, i Fratelli musulmani hanno nominato Mahmud Ezzat guida provvisoria della Confraternita. Ezzat è soprannominato “la volpe della Confraternita”: la nuova guida dei Fratelli, per ora carica “provvisoria”, è stato arrestato più volte per adesione a una formazione illegale ai tempi di Hosni Mubarak. Ezzat, nato nel 1944 e padre di 5 figli, segretario generale della Confraternita, è stato in passato responsabile dei “servizi segreti” della formazione.
Intanto l’amministrazione Obama sembrerebbe decisa a sospendere temporaneamente la  consegna di armi all’esercito egiziano e alcune forme di aiuti economici. Lo rivela il “Daily Beast”, malgrado solo lunedì il Dipartimento di Stato americano abbia sostenuto pubblicamente che non si era ancora decisa alcuna sospensione del flusso di denaro, circa 585 milioni di dollari, tra Washington e il Cairo. E’ stato il senatore democratico Patrick Leathy, attraverso il suo portavoce, a rivelare al sito di Tina Brown che “gli aiuti sono stati bloccati”. Il punto cruciale di questi aiuti sospesi riguarda la fornitura degli elicotteri Apache, già pagati dal governo egiziano, oltre a ingenti sostegni economici a favore di programmi che aiutano l’esecutivo del Cairo.
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