I nostri 7 giorni: pulizie in casa Italia

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Una settimana di grandi pulizie in casa Italia, dove davvero sembra che tutto debba essere riordinato dal nuovo governo che arriva e poi è sempre tutto da ripulire appena un governo cade. Passaggio di testimone gelido, con campanella che ha suonato a lutto, tra Letta e Renzi che si sono avvicendati nella Premiership di questo Paese che ormai sembra essere l’ombra indipendente di uomini politici che cercano invece una luce mediatica. Si è deciso anche di dare un colpo di spugna agli Esteri, ma i marò restano in India. Per L’istruzione però sono in vista molte rivoluzioni, altro che pulizia e già si parla di colpire le pensioni per rimettere in sesto la scuola pubblica, lotta generazionale? Su questo nodo le proposte son tante, da Delrio che minaccia la tassa sui Bot a Renzi che preme l’acceleratore per andare a colpire coloro che dovrebbero godere solo i frutti di un meritato riposo. Ci si dovrà armare di stracci e detersivi anche a Sanremo, dove il flop non è mancato e neppure le polemiche. Per fortuna che poi cala il sipario con Mengoni che omaggia Tenco, così come si spegne anche la fiamma olimpica e rimane l’amarezza per quell’Italia che non ha certo brillato.

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Pulizie ne hanno fatte i ladri a casa di Cicciolina ripulendo il suo archivio di video hard, facendo scattare la denuncia. Coloro che ancora non sono denunciati, ma rischiano di esserlo a breve sono i giovani che hanno rapito il futuro sposo per portarlo all’addio al celibato. Ma se il rapimento è falso sembra invece che Balotelli, la scorsa notte, sia incappato in una rissa vera. Un fotografo insistente e Supermario che perde le staffe… salvo poi smentire e far piazza pulita! Un po’ come Alfano, che in questa confusione politica, non si accorge di usare lo slogan di Sel: #lastradagiusta. Chi invece la strada sembrerebbe averla persa sono i due giocatori scomparsi oggi a Roma, speriamo che facciano attenzione ai passi falsi. Basta poco a volte per esagerare e sollevare polemiche, lo sa bene il Trio della Gialappa’s al centro della bufera dopo i commenti feroci su Rocco Hunt e la Terra dei Fuochi. Di carne al fuoco questa settimana non ne è mancata e come al solito noi di Tuttacronaca vi abbiamo raccontato frammenti di vita che si susseguono velocemente, tra ribaltoni della politica e gossip sportivo, tra il totoministri e l’attesa di Renzi chiuso per ore nello studio del Presidente della Repubblica, tra chi arriva e chi va, tra la voglia di tornare e la voglia di scappare… ma non dimenticatevi un Escape!

GOOD NIGHT, AND GOOD LUCK!

Il tweet di Renzi “compito tosto, ma ce la faremo”

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Renzi come Fonzie ma forse anche un po’ Beverly Hills 90210. Tra l’Italia da salvare che sembra per il Premier diventato un tema “tosto” di esame di maturità e quel linguaggio “giovanilistico vintage anni ’90”. Quando affermerà “Scialla amico, facci sforare il 3%?” Per il momento però Matteo Renzi si gode l’Happy Day e il giuramento accompagnato dalla moglie Agnese e dai tre figli, proprio come un telefilm americano anni ’50. Dio, Famiglia e Patria?

 

L’Italia cambia verso? Ecco la lista dei ministri!

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Senza voce e quasi uscito da un incontro di boxe Matteo Renzi ha annunciato dopo tre ore di colloquio con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, la sua lista dei ministri:

Con il portafoglio:

Al ministero dell’Interno confermato Angelino Alfano (Ncd)
Al ministero dell’Economia Pier Carlo Padoan (Ocse, Fmi) al posto di Fabrizio Saccomanni
Al ministero della Giustizia Andrea Orlando (Pd) al posto di Anna Maria Cancellieri
Al ministero della Difesa Roberta Pinotti (Pd) al posto di Mario Mauro (Ncd)
Al ministero degli Esteri Federica Mogherini (Pd) al posto di Emma Bonino (Radicali)
Al ministero del Welfare Giuliano Poletti (Legacoop) al posto di Enrico Giovannini
Al ministero dell’Istruzione Stefania Giannini (Scelta civica) al posto di Maria Chiara Carrozza (Pd)
Al ministero della Salute confermata Beatrice Lorenzin (Ncd)
Al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti confermato Maurizio Lupi (Ncd)
Al ministero dell’Agricoltura Maurizio Martina. Nunzia De Girolamo (Ncd) si era dimessa il 26 gennaio.
Al ministero dell’Ambiente Gianluca Galletti (Udc) al posto Andrea Orlando (Pd)
Al ministero dello Sviluppo Economico Federica Guidi (giovani Confindustria) al posto di Flavio Zanonato (Pd)
Al ministero della Cultura e del Turismo Dario Franceschini (Pd) al posto di Massimo Bray (Pd)

Senza portafoglio:

Riforme costituzionali e rapporti con il Parlamento: Maria Elena Boschi

Pari opportunità: Marianna Mania

Pubblica Amministrazione: Valeria Fedeli

Ministri senza portafoglio
Al ministero delle Riforme Costituzionali e rapporti col Parlamento Maria Elena Boschi (Pd) al posto di Gaetano Quagliarello (Ncd)
Al ministero della Pubblica Amministrazione Marianna Madia al posto di Gianpiero D’Alia (Udc)
Al ministero degli Affari Regionali Maria Carmela Lanzetta al posto di Graziano Delrio (Pd)

Ministeri accorpati o soppressi:
Ministero dell’Integrazione. C’era Cécile Kyenge (Pd)
Ministero della Coesione Territoriale. C’era Carlo Trigilia
Ministero dei Rapporti col Parlamento. C’era Dario Franceschini (Pd)
Ministero degli Affari Europei. C’era Enzo Moavero Milanesi
Ministero delle Pari Opportunità e Sport. (Josefa Idem si era dimessa)

Il giuramento avverrà domani alle 11.30 al Salone delle Feste.

Un posto lo ha trovato anche Romano Prodi, che scalzato Giuliano Amato,  diventa il nuovo presidente dell’International advisory board (Iab) di Unicredit. Si tratta dell’organo che si occupa di offrire opportunità di scambio in campo politico, economico e sociale, e di riflettere sulle prospettive in Europa e nei mercati internazionali.

Intanto c’è anche chi dà l’addio su Twitter come Massimo Bray:

Arriva anche la clausola anti voto anticipato. Il premier incaricato avrebbe garantito che l’ok all’Italicum e, quindi, la sua entrata in vigore, è legata alle riforme istituzionali e, in particolare, alla riforma del Senato. Al momento non si è giunti a definire nel dettaglio lo strumento, potrebbe essere utilizzato l’emendamento presentato da Giuseppe Lauricella (Pd), che prevede l’entrata in vigore della riforma elettorale dopo il superamento del bicameralismo perfetto.

L’Italia cambia verso? Troppe conferme, molti limiti  e un governo blindato da una leggeanti voto anticipato!

Sgarbi ha ascoltato le telefonate Napolitano – Mancino!

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Vittorio Sgarbi afferma di aver ascoltato le telefonate tra Napolitano e Mancino, anche se non parla direttamente della presunta trattativa Stato- mafia, fa invece riferimento agli insulti che, secondo il critico d’arte, sarebbero piovuti addosso ad Antonio Ingroia. Sgarbi ha rilasciato un’intervista a Radio 24 nella trasmissione “La Zanzara” in cui ha affermato:

“Sono uno dei pochi che ha potuto ascoltare le telefonate tra Napolitano e Mancino. Mancino dice a Napolitano: ‘sai, vorrei che fosse Grasso ad occuparsi di me e non Ingroia’. A quel punto il Capo dello Stato risponde: ‘caro Nicola, Ingroia è una testa di ca**o, uno str***o’. Per questo non ha voluto che fossero rese note. Non c’entra niente con la trattativa”.

Come e quando le avrebbe sentite Sgarbi non lo dice. Sta di fatto che subito dopo aver spiattellato in radio il presunto contenuto il critico fa una mezza retromarcia:

“Il presidente della Repubblica  non può permettersi di essere come me, quelle telefonate non nascondono nulla ma non sono potabili dal punto di vista del galateo politico. E comunque Napolitano ha diritto alla riservatezza”.

Renzi: convocazione al Colle per lunedì mattina

renzi-quirinale-tuttacronacaMatteo Renzi, dopo aver trascorso la domenica nella sua casa di Pontassieve, è partito alla volta di Roma: è stato infatti convocato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per lunedì alle 10.30 al Quirinale. Nel frattempo, è scontro tra Angelino Alfano e Giovanni Toti. Il leader del Nuovo Centrodestra è stato accusato dall’ex giornalista ora in forza a FI durante la trasmissione In mezz’ora: “Hanno una responsabilità gigantesca. Hanno spaccato il fronte moderato aprendo la strada a provvedimenti che hanno nuociuto al Paese”. E ancora: “L’asse si era spostato a sinistra. Quando Berlusconi parla di utili idioti, al netto degli idioti, loro sono stati la stampella del governo di sinistra. Hanno fatto una scelta a nostro modo nociva anche dal punto di vista umano. Sono tutti nominati da Berlusconi e ancora oggi sono lì per quello. Oggi stanno volontariamente andando a sostenere un governo nato dal Comitato centrale di un partito”. “Berlusconi è circondato da troppi inutili idioti”, ha detto Angelino Alfano alla convention degli amministratori locali del partito. “Alfano si guardi quando lo dice”, ribatte il consigliere politico di FI, Giovanni Toti.

Al Colle pomodori contro Berlusconi

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Silvio Berlusconi è arrivato intorno alle 18.15 al Quirinale per essere ricevuto da Giorgio Napolitano per le consultazioni. Ad attenderlo una contestazione organizzata dal Popolo Viola con lancio di pomodori. Berlusconi salito dal Presidente a fine incontro ha dichiarato che Forza Italia sarà all’opposizione, ma rendendosi disponibile per le riforme e i provvedimenti che riterrano utili al Paese.

Terremoto su Renzi? Alfano alza il tiro: “il lieto fine non è sicuro”

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“Ci aspettiamo responsabilità dal Pd, che deve proseguire la strada di Enrico Letta”, dice. “Noi di Ncd vorremo proseguire un’esperienza di governo fin quando non sarà conclusa questa fase di crisi”, ha spiegato. Ma “collaboreremo con Renzi solo se la composizione della coalizione non si sposterà a sinistra. E solo se nei programmi si metta al centro la famiglia, le imprese, le tasse e il lavoro”. Sul programma sottolinea “che non si fa in 48 ore”, e insiste: “Se l’ambizione è grande, non deve esserci fretta. Non vi sono le condizioni per chiudere un accordo di governo in 48 ore. In quattro e quattr’otto non ce la si può fare se si vogliono fare cose grandi”. Occorre “mettere nero su bianco i punti programmatici per la nascita del nuovo governo. Abbiamo detto a Napolitano che siamo animati da buona volontà ma che l’esito è incerto: non siamo in grado di assicurare il lieto fine, vogliamo vederci chiaro su una coalizione che non deve virare a sinistra e che deve avere programmi chiari”.

Nesusna discontinuità quindi con il precedente governo Letta ma solo un mero passaggio di testimone? Renzi invece parla di un programma nuovo e di una discontinuità che possa rilanciare il Paese da mesi, secondo il segretario Pd, immobile.

Letta e la “sincera amicizia” di Barack Obama

letta-obama-amicizia-tuttacronacaEnrico Letta ha rassegnato le sue dimissioni da presidente del Consiglio e la notizia è rimbalzata in tutto il mondo. Lo stesso presidente americano Barack Obana, che ha sempre apprezzato il governo Letta specie in ambito internazionale, non ha mancato di far presente l’apprezzamento della Casa Bianca al premier uscente. Obama ha telefonato direttamente dall’Air Force One per comunicare a Letta “la sincera amicizia” degli Usa nei confronti del capo del governo, complimentandosi per il ruolo svolto dall’esecutivo nella politica estera.

E’ ufficiale: Enrico Letta si è dimesso!

Enrico-Letta-dimissioni-tuttacronacaEnrico Letta è salito alle 13 al Colle dove ha rassegnato le sue dimissioni irrevocabili da presidente del consiglio a Giorgio Napolitano. La situazione politica italiana già da ieri sera era “l’osservata speciale” dei media mondiali tanto che le previste dimissioni del primo ministro sono diventate la breaking news nel mondo: dalla agenzia France Presse al Financial Times, passando per El Pais e altri grandi media europei e mondiali.

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Il calvario di Letta: alle 13 al Colle per le dimissioni

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Il Colle oggi per Letta diventerà il Golgota nel quale il premier rimetterà nelle mani del presidente Napolitano il mandato e si darà quindi il via ad alcune consultazioni lampo, come richiesto dalla prassi, per poi affidare la formazione del Governo a Renzi che con molta probabilità già lunedì avrà pronto un nuovo esecutivo. Intanto Napolitano partecipando oggi alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti a quanti gli chiedevano una sua dichiarazione sul momento politico che l’Italia sta vivendo ha risposto con «Buona giornata, oggi c’è il sole…». Intanto Renzi era a Firenze per presenziare una cerimonia a Palazzo Vecchio a cui hanno partecipato, nel giorno di San Valentino, 600 coppie che festeggiavano le loro nozze d’oro!

Sbagliano anche i migliori! Der Spiegel ribattezza Renzi, che diventa Mario!

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Forse sarà stata una svista, o è ancora fresca in Germania la memoria di Mario Monti, tanto che oggi il Der Spiegel, uno dei principali quotidiani tedeschi, ha ribattezzato il segretario del PD come Mario Renzi e non Matteo. Il video mostra chiaramente l’errore in cui è incappato uno dei giornali più accreditati al mondo e che vanta quotidianamente un elevato numero di lettori anche fuori dai confini tedeschi.

E’di buon gusto? Letta annuncia le dimissioni e al Nazareno portano lo Spritz!

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E’ di buon gusto che mentre le testate giornalistiche battevano la notizia dell’annuncio delle dimissioni di Letta, al Nazareno si prendeva l’aperitivo? Il tutto è successo poco dopo le 19, dopo una giornata di tensioni e il plebiscito finale dato dal partito al sindaco di Firenze per formare un nuovo governo, ancor prima che il Presidente Napolitano abbia fatto il rituale giro di consultazioni. Al Nazareno sono arrivati gli spritz e gli snack…

Alfano salva Letta?

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Alfano potrebbe ancora salvare Letta? La frase arriva come un tegola su Matteo Renzi dopo la chiusura della Direzione Pd in cui il sindaco di Firenze era riuscito a far approvare la sua linea. Alfano dichiara in conferenza stampa “NON DIAMO NULLA PER SCONTATO E NON E’ CERTO LIETO FINE TENTATIVO RENZI”. C’è ancora incertezza quindi nel nuovo centro destra a dare fiducia a Matteo Renzi come nuovo Premier? L’avvicendamento della premiership, tutta decisa nel Pd, non è piaciuta a leader del Ncd? Alfano ha anche sottolineato che “Il governo è caduto per uno scontro interno al Pd” e poi ha aggiunto: “Io – ha aggiunto – mi sento di spendere parole più generose verso questo governo di quelle spese da direzione Pd” per poi chiedere a Matteo Renzi: “un governo con grande ambizione o al voto subito: Noi siamo pronti anche al voto, forti dei sondaggi”

Poi, sempre a destra, è Paolo Romani, capogruppo di Forza Italia al Senato, ad attaccare Renzi “Chiediamo al Presidente Napolitano di prendere atto che il segretario del partito maggiormente rappresentato in Parlamento ha confermato l’intenzione di non sostenere piu’ l’attuale compagine governativa e di invitare l’attuale Presidente del Consiglio a presentarsi alle Camere. Non può essere sufficiente la riunione della direzione di un partito per interrompere la vita di un governo della Repubblica e decretarne la fine” che poi ha aggiunto “E’ buona regola istituzionale che sia il Parlamento a dare o ritirare la fiducia a un governo. Inammissibile immaginare che questa vicenda si concluda tout court con le dimissioni di Letta e l’inizio delle consultazioni con il Presidente della Repubblica per la formazione del nuovo governo, senza passaggio parlamentare”, conclude Romani.

Ecco le parole più ricorrenti nel discorso di Renzi

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Un discorso misurato quello di Renzi che come al solito ha puntato su alcune parole chiavi, d’altra parte tutte le primarie del Pd avevano visto il sindaco di Firenze scegliere accuratamente le frasi ma soprattutto le parole che sarebbero rimaste impresse nella mente degli elettori, tanto che anche i suoi manifesti mostravano parole. La comunicazione come arma vincente, riassumere i contenuti in una sola parola che possa rimanere impressa e che poi inizi a lavorare nella mente di chi l’ascolta in modo da indurre il convincimento. Una tecnica collaudata nel marketing, che però può essere applicata, con le giuste variazioni, a qualsiasi settore. Ma quali sono le parole più ricorrenti usate oggi dal futuro premier? Questa la nuvola postata da La Stampa con le parole chiavi:

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Tempo di dimissioni… Sfiduciato da suo stesso partito Letta è rottamato!

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I dati schiaccianti che oggi hanno approvato la linea imposta dal Sindaco di Firenze con 136 sì, 16 no e due astenuti, il Pd rottama Letta. Una situazione davvero anomala visto che il Premier viene sfiduciato dal suo stesso partito e che lascerà il posto a Matteo Renzi, colui che aveva perso le primarie contro Bersani e che era poi diventato segretario dei dem assicurando la fiducia al governo Letta, ma poi, nei fatti, ponendosi come vero antagonsita di quelle larghe maggioranze che sarebbero dovute arrivare almeno a dare al Paese delle riforme che di fatto non ci sono state. Un ingranaggio che, anche se molti e lo stesso Renzi non amano più, sembra proprio annoverarsi sotto il nome di “rottamazione”. Quel meccanismo che fece lasciare Massimo D’Alema  e Walter Veltroni e che oggi fa sfiduciare Letta. Il Premier a seguito le decisioni assunte oggi dalla Direzione nazionale del Partito Democratico per poi informare il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, con il quale ha deciso che domani s’incontrerà per rimettere il suo mandato.

 

La scelta di Civati!

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“Personalmente sono molto a disagio. Una cosa che non accetto è che si parli di scelta obbligata: è una scelta politica fino in fondo quella di sfiduciare Enrico Letta”. Queste le parole di  Pippo Civati alla Direzione del pd dove poi ha aggiunto: “Non capisco perchè – aggiunge Civati – sostituendo il premier con la stessa maggioranza le cose dovrebbero cambiare. E poi, come diceva il grande poeta, ‘il modo ancor m’offendè. Potevamo farla in modo diverso. E’ invece è successa una via di mezzo tra la prima repubblica e shining”. Civati conclude: “io mi dichiaro contrario a questa scelta”.

Per chi suona la campana: attese le dimissioni di Letta prima di cena

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Un tweet inviato da Tommaso Labate subito dopo il discorso di Renzi alla Direzione Pd  a cui è seguito anche l’intervento di Cuperlo, sembra indicare che ormai la strada è segnata e che  l’avvicendamento Letta- Renzi sia ormai una formalità da ufficializzare.

Napolitano si fa lo yatch? Per la Marina è una bufala

Sanjir-yatch-tuttacronacaIl suo nome è russo, “Sanjir”, come l’uomo che lo ha fatto costruire prima di finire in mezzo a un mare di guai giudiziari per una presunta evasione fiscale di quasi 2,2 milioni di euro. Per questo l’Agenzia delle Dogane e la Finanza ha sequestrato l’imbarcazione: come spiega il Tirreno, oltre 38 metri di lusso galleggiante in vetroresina costata 12,5 milioni di euro.L’imbarcazione verrà quindi trasferita all’Arsenale di La Spezia, dove gli uomini della Marina Militare dovranno realizzare i lavori di trasformazione per renderla conforme alle esigenze alle quali dovrà fare fronte. L’imbarcazione, infatti, farà anche da indroambulanza, una barca soccorso per recuperare i feriti. Dopo di che, prenderà il posto dell’attuale yacht presidenziale, il 24 metri in legno “Argo”, l’ex nave spia sulla quale hanno viaggiato sia Carlo Azeglio Ciampi che Giorgio Napolitano. La vicenda, com’era prevedibile, ha sollevato molto clamore. Il Giornale scrive: “L’operazione andrà in porto una volta superate le ultime obiezioni sollevate davanti al tribunale di Livorno dai legali di Alexander Besputin, il milionario moscovita che nel 2006, attraverso una società con sede ai Caraibi, aveva incaricato i cantieri navali di Pisa di forgiare la regina del lusso”. Del resto, oltre alle 35 auto di rappresentanza, i 228 milioni l’anno per il funzionamento del Quirinale, i 240mila euro annui di stipendio, forse non si sentiva troppo la mancanza di uno yatch a disposizione del capo dello Stato. Il Giornale, inoltre, aveva sottolineato:

“Che se ne farà il presidente d’un Paese dilaniato da precarietà, disoccupazione e disperazione di un mini transatlantico il cui valore è stimato attorno ai 12 milioni di euro? Lo userà per assolvere funzioni pubbliche. Perché la Repubblica italiana possa continuare a essere degnamente rappresentata anche tra le onde, la vecchia Argo, ex spy boat riconvertita in nave presidenziale e utilizzata sia da Re Giorgio II sia dal suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi I, andrà in pensione: coi suoi 24 metri in legno, e il peso di un incendio che nel 2009 ne danneggiò la sala macchine, rischia di non riuscire più a reggere la forza dei mari”.

A stretto giro di posta però, stando a quanto riporta GrNet.it, è arrivata la smentita della Marina: «In merito a quanto riportato in data odierna dal quotidiano “IL GIORNALE”, relativamente al Motor Yacht “SANJIR”, si rappresenta quanto segue:

  • Il Motor Yacht in oggetto, con atto del Tribunale Penale di Livorno, è stato affidato in custodia giudiziale alla MM su proposta del Dipartimento Marittimo di La Spezia “con facoltà d’uso su tutto il territorio nazionale, acque territoriali ed alto mare, per il perseguimento della propria missione istituzionale, con particolare riferimento alla salvaguardia della vita umana in mare ed al controllo e tutela dei cetacei”;
  • Al momento lo SMM sta valutando l’opportunità di una sua eventuale acquisizione per gli scopi di cui sopra;
  • Attualmente non sono programmati, né finanziati, né in atto interventi lavorativi di alcun genere;
  • Eventuali proposte/comunicazioni in merito verso le Superiori Autorità saranno conseguenti alle determinazioni che verranno assunte;
  • Per quanto attiene Nave ARGO l’unità è classificata e normalmente impiegata come “unità servizi vari”, tra i quali rientra il compito di “idro ambulanza”.

Si precisa infine – conclude la nota dello stato maggiore Marina – che nessuna imbarcazione della Marina Militare è stata mai assegnata al Capo dello Stato, né adibita, né proposta come “nave presidenziale” e pertanto le affermazioni riportate nell’articolo, riconducibili alla persona del Presidente, sono destituite di ogni fondamento».

Napolitano bocciato da Berlusconi: “Non lo rivoterei”

berlusconi-napolitano-tuttacronacaPrimo comizio del 2014 oggi, alla Fiera di Cagliari, per Silvio Berlusconi che, nell’occasione, racconta di essersi pentito di aver votato Giorgio Napolitano come presidente della Repubblica lo scorso aprile. Rispondendo al direttore del telegiornale di Videolina, ha spiegato che “francamente no”, non darebbe nuovamente il suo voto.

“La storia giudicherà quella che è stata la parte del presidente della Repubblica in questo colpo di Stato del 2011, che è stato lungamente preparato a partire dal 2010 e anche per quanto riguarda l’ultimo, altrettanto negativo colpo di Stato, quello di condannare ingiustamente con una sentenza lontana dal vero e scandalosa, il leader del centrodestra”.

“Un leader a cui il centrodestra dà fiducia con milioni e milioni di voti e poi partendo da una sentenza così fatta si è dato corso a una procedura di decadenza che ha scombinato tutta la regolarità delle cose. Primo: in tutte le decadenze passate, il tempo era di 14 mesi. Con me il tempo si è ridotto a poco più di due mesi. Due: quando una norma nazionale contrasta con una norma europea sovraordinata, c’è l’obbligo per il giudice di rivolgersi per, diciamo così, l’interpretazione autentica della norma alla Corte di Strasburgo”.

“Tre, gravissimo, si è applicata retroattivamente una legge, la legge Severino condannandomi alla decadenza e alla ineleggibilità e incandidabilità per sei anni, violando, calpestando, il principio primo di ogni ordinamento giuridico, che è la non retroattività della legge”.

Legge elettorale in Aula entro il 30 gennaio?

camera_dei_deputati-tuttacronacaRoberto Speranza, presidente dei deputati Pd, al termine della conferenza dei capigruppo, riguardo l’esame della Camera della legge elettorale ha fatto sapere: “Il 30 gennaio è il termine massimo per andare in Aula”. E mentre diversi gruppi parlamentari hanno chiesto uno slittamento. Ignazio La Russa si chiede: “Tutta ora gli è venuta la fretta?” mentre Federico D’Incà di M5S ha rilevato che “ci vuole del tempo per esaminare il testo in commissione”. Ma Fi e Pdl chiudono la porta: “Non si può più aspettare. La commissione faccia la sua parte, non ci opporremo a qualche ora in più in commissione, ma non si può andare oltre il limite del 30 gennaio”, ha puntualizzato Roberto Speranza del Pd. Possibile quindi a un rinvio ma entro il 30 gennaio. Nel frattempo il segretario dem Matteo Renzi ha scritto su Facebook: “Tutto è migliorabile, ma l’accordo sulla legge elettorale dopo anni di immobilismo adesso c’è, corrisponde al dettato costituzionale, può far uscire l’Italia dalle sabbie mobili”. E ancora: “Rispetto le motivazioni di chi in queste ore sta disperatamente cercando di bloccare tutto qualcuno persino in buona fede. Ma fuori dalle stanze dei palazzi c’è un Paese che ha bisogno di gesti concreti di cambiamento. Ora, non tra qualche anno. E una politica che non decide neanche sulle regole del gioco, non è più credibile su niente”. E aggiunge: “Il PD ha fatto la sua parte coerente con le primarie e con il voto della direzione. Abbiamo dato la disponibilità a ridurre il premio di maggioranza per accogliere il rilievo di parlamentari e costituzionalisti. Ieri ho chiesto ai nostri deputati di ritirare gli emendamenti per evitare ogni alibi sulle divisioni interne”.Restano comunque tre emendamenti del Pd. Si tratta di proposte di modifica che riguardano la delega al governo per definire i collegi, l’innalzamento della soglia per il premio di maggioranza dal 35 al 38%, e le primarie facoltative ma definite per legge.

“Serve l’indulto”: parla il Primo presidente della Cassazione

indulto-tuttacronacaIl Primo presidente della Cassazione, Giorgio Santacroce, nella sua relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario ha detto che, in attesa di “riforme di sistema”, non c’è “altra via che l’indulto” per ridurre il numero dei detenuti”. Per quel che riguarda la persistente tensione tra politica e magistratura, Santacroce ha lanciato un appello al Capo dello Sato Giorgio Napolitano, sottolineando come rappresenti “una vera e propria spina nel cuore per noi magistrati”.

Riina shock: “Meno male che si è messo Falcone alla guida o si salvava”

Capaci-intercettazioni-riina-tuttacronacaAncora intercettazioni delle conversazioni nel carcere di Opera tra Totò Riina e il boss Alberto Lorusso. I dialoghi captati riguardano la strage di Capaci, dove persero la vita il giudice Giovanni Falcone e gli uomini della sua scorta. “Meno male che lui si è voluto mettere là al posto dell’autista, se no si salvava, disgraziato. Una trovata migliore l’ha potuta trovare lui solo”. Quel giorno il giudice, tornato da Roma in aereo, aveva deciso di guidare l’auto blindata chiedendo al suo autista, Giuseppe Costanza di mettersi al volante. Falcone si mise così alla guida con accanto la moglie Francesca Morvillo. Prosegue Riina, parlando dei minuti successivi all’esplosione: “Mentre era al telegiornale… sono feriti lui e la moglie. Minc**a feriti! Poi nel mentre il telegiornale: è morto Falcone. Ti metti là minuto per minuto, no? Ci siamo! Ci siamo! Ci siamo!”. E prosegue: “Minc**a ho detto ma guarda che bordello.La moglie è viva, è viva. Dopo dieci minuti dice l’hanno ammazzata pure. Mia moglie dice: ma cosa è successo, ma che disgrazie, mischineddu, mischineddu… (poverino ndr) c’era una macchina, un aereo, lo hanno bombardato. Poi cercano l’aereo che non si è potuto trovare più…Poi subito allerta per la seconda”. “La seconda” per gli investigatori sarebbe la strage in cui morì Paolo Borsellino. Il boss parla anche del tritolo utilizzato: “Minc**a con quello ce ne sono voluti qualche 300 chili, con quello 500 chili. Non abbiamo risparmiato niente, devo dire la verità”. Poi raccontando di nuovo dell’attentato di Capaci. “Sembrava una zona di guerra appunto per questo loro non la possono digerire”. Ancora, durante l’ora d’aria Riina smentisce le parole del pentito Giovanni Brusca che ha raccontato agli inquirenti di avere saputo dal padrino di Corleone della consegna allo Stato del “papello”, l’elenco delle richieste della mafia per fare cessare le stragi. “Ma questo papello non si trova – dice – non c’è”. “Sono andati a fare le indagini sui miei figli, sulle mie sorelle, su mia moglie”, racconta alludendo alle indagini calligrafiche fatte dalla polizia per trovare l’autore del foglio consegnato ai pm da Massimo Ciancimino. Gli accertamenti fatti non hanno consentito agli investigatori di risalire alla paternità dello scritto. Insulti piovono anche su Massimo Ciancimino, “disonorato” e “folle di catene” (pazzo da legare ndr). Sollecitato da Lorusso dice che il figlio dell’ex sindaco mafioso collaborerebbe per riavere i soldi confiscati.

“Barbarella è potentosa come suo padre”: parla Riina

totò-riina-intercettazioni-tuttacronacaSi continua a parlare delle intercettazioni captate dalle cimici della Dia depositate agli atti del processo per la trattativa Stato-mafia. Il 18 settembre Totò Riina e Alberto Lorusso, boss della mafia pugliese, hanno discusso di Berlusconi e della figlia Barbara, di Nicole Minetti, Ruby, del governo passando anche per la candidatura di Martelli nel 1987. Riina e Lorusso, in quella data, si chiedono se Berlusconi, ancora leader del Pdl e alleato di Letta, voglia fare cadere l’esecutivo. “Stasera c’è la votazione – dice Lorusso – Il Governo lui non lo farà cadere, non gli conviene fare cadere il Governo”: E Riina:  “No, no. Cornuti sono chi sale al Governo. Lo sai com’è”.  A questo punto Lorusso parla della possibile candidatura di Berlusconi in Lettonia: “Forse si candida là”. E Riina: “Va là a ‘cafuddare'”. Gli inquirenti hanno tradotto questo termine «nel senso di fare sesso». È Lorusso a spiegare che “Berlusconi è conosciuto dappertutto, sono vent’anni che tutte le televisioni parlano di lui. In tutto il mondo parlano di lui”.  Poi i due citano anche Nicole Minetti: “L’ha fatta assessore a 12.000 euro al mese, perchè faceva l’assessore? Perché sapeva parlare la lingua inglese”. E Riina ride. Fino a parlare anche di Mubarak e di Ruby Rubacuori, definita “nipote di Mubarak”. “Che figlio di … – dice Riina – le vede che figlio…”. E continua a ridere.La candidatura di Claudio Martelli con il Psi nel 1987 è tra gli argomenti affrontati dal boss mafioso Totò Riina con il suo vicino di cella, il boss pugliese Alberto Lorusso. Sono stati diversi i pentiti, tra cui Francesco Onorato, ad avere raccontato che Martelli avrebbe ricevuto i voti della mafia. Una circostanza che l’ex ministro della Giustizia ha sempre smentito. Ma i due, in un’altra data, il 31 ottobre, parlano anche di Andretti: “quell è stato una persona seria, a livello mondiale. Figlio di put…, che persona seria, eh? Chiesa e casa, casa e chiesa. Questo qua era un burattinaio, che cavolo di burattinaio…”. E ancora parlano della figlia di Berlusconi e della sua love story con il milanista Pato: “Min… Barbarella, Barbaretta, sta Barbarella è potentosa come suo padre, perchè si è messa sotto quello lì… Lui era un potente giocatore e non ha potuto giocare più, lui dice che vuole venire di nuovo”.

Le intercettazioni del boss: Riina parla di Berlusconi

riina-tuttacronacaUna chiacchierata tra il boss mafioso Totò Riina e il suo vicino di cella Alberto Lo Russo intercettata dagli uomini della Dia. Oggi arrivano nuovi particolari. Dopo aver parlato del pm Di Matteo e della partecipazione al processo sulla trattativa Stato-Mafia di Napolitano, Riina ha parlato anche di Berlusconi. In una conversazione avvenuta il 20 settembre 2013 nel cortile del carcere milanese di Opera e captata dalle cimici della Direzione investigativa antimafia di Palermo, finita adesso agli atti del processo per la trattativa tra Stato e mafia, i due parlano dei “guai” dell’ex premier. Non si sa se guai giudiziari o di carattere politico. Lorusso aggiorna il boss sulle ultime notizie del leader di Forza Italia e il capomafia di Corleone risponde: “se lo merita, se lo merita. Gli direi io ‘ma perche’ ti sei andato a prendere lo stalliere? Perchè te lo sei messo dentro?'”. Secondo gli investigatori, Riina fa riferimento a Vittorio Mangano, lo stalliere di Arcore, condannato per mafia, morto qualche anno fa. Sempre parlando di Mangano, Riina in quella stessa conversazione, parte della quale omissata dai magistrati della Dda, aggiunge poi: “Era un bravo picciotto (uomo ndr. Mischino (poverino ndr), poi si è ammalato ed è morto”.

Lo sparatore di palazzo Chigi: Preiti condannato a 16 anni

preiti-tuttacronacaEra il 28 aprile, il giorno dell’insediamento del governo Letta, quando Luigi Preiti apriva il fuoco davanti Palazzo Chigi colpendo due carabinieri. Ora proprio ai militari dell’arma si è rivolto in una dichiarazione spontanea prima della sentenza arrivata oggi: “Chiedo scusa ai carabinieri feriti, ai loro familiari, alla mia famiglia. Se potessi ancora oggi mi sostituirei al carabiniere Giangrande e mi farei carico della sua sofferenza”. Luigi Preiti è stato condannato a 16 anni di reclusione per tentato omicidio plurimo, porto e detenzione di arma clandestina. La decisione è stata presa dal gup, Filippo Steidl, mentre i pm avevano chiesto 18 anni. Una perizia psichiatrica lo ha dichiarato capace di intendere e di volere al momento dell’accaduto. Martina Giangrande, figlia del brigadiere Giuseppe rimasto gravemente ferito in quell’occasione ha commentato: “Siamo davvero soddisfatti di questa sentenza, sono venuta qui a Roma a sentire con le mie orecchie cosa sarebbe accaduto. Tra poco lo dirò a mio padre, che è a Prato, visto che per il momento non sono riuscita a sentirlo”.

Depositate le intercettazioni su Riina. Su Napolitano “bene se non testimonia”

toto_riina-tuttacronacaSono state depositate dagli uomini della Dia parte delle intercettazioni effettuate il 16 novembre 2013 alle 9.30, mentre il boss mafioso Totò Riina parlava con il boss della Sacra Corona Unita Alberto Lo Russo, nel carcere milanese di Opera. E si sente: “E allora organizziamola questa cosa! Facciamola grossa e non ne parliamo più”. I due parlano del pm antimafia Antonino Di Matteo, che rappresenta l’accusa nel processo per la trattativa tra Stato e mafia che vede tra gli imputati proprio il boss corleonese. Stando agli appunti degli uomini della Dia, mentre Riina dice “organizziamola questa cosa”, tira fuori la mano dal cappotto e gesticolando mima il gesto di fare in fretta. Il boss mostra di non temere Di Matteo:  “Vedi, vedi si mette là davanti, mi guarda con gli occhi puntati ma a me non mi intimorisce…”. Poi sul progetto di attentato: “Questo Di Matteo non se ne va, gli hanno rinforzato la scorta e allora, se fosse possibile, ad ucciderlo… Una esecuzione come eravamo a quel tempo a Palermo con i militari”. “Ti farei diventare il primo tonno, il tonno buono”, continua Riina con Lorusso. “Questo pubblico ministero di questo processo che mi sta facendo uscire pazzo”. Ancora, Riina si mosta incontenibile: “Se io restavo fuori, io continuavo a fare un macello, continuavo, al massimo livello. Ormai c’era l’ingranaggio, questo sistema e basta. Minchia, eravamo tutti, tutti mafiosi”. Non solo, aggiornato in tempo (quasi reale) da Lorusso, apprende della richiesta di testimonianza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al processo sulla trattativa. Lorusso lo informa che le tv rilanciano le dichiarazioni del vice presidente del Csm (Vietti) e di altri politici che ritengono che il capo dello Stato non debba testimoniare. Riina approva: “fanno bene, fanno bene… ci danno una mazzata… ci vuole una mazzata nelle corna… a questo pubblico ministero di Palermo”. Al che Lorusso dice: “sono tutti con Napolitano dice che non ci deve andare. Lui è il presidente della Repubblica e non ci deve andare”. Riina afferma: “Io penso che qualcosa si è rotto…” Cronologicamente, i primi riferimenti conducibili al pm Di Meatteo: “Di più per questo, per questo signore che era a Caltanissetta, questo che non sa che cosa deve fare prima. E’ un disgraziato… minc**a è intrigante, minc**a, questo vorrebbe mettere a tutti, a tutti, vorrebbe mettere mani… ci mette la parola in bocca a tutti, ma non prende niente, non prende…”. Nel frattempo, in Procura, spiega Repubblica, cresce la preoccupazione perché i boss sarebbero a conoscenza di notizie mai pubblicate: il 14 novembre scorso gli inquirenti trascrivono l’ennesima intercettazione captata nel cortile di Opera. Quando la notizia delle minacce di Riina al pm Di Matteo era finita sui giornali, i magistrati decisero di presentarsi in massa in Tribunale per manifestare ai pm del processo per la trattativa tra Stato e mafia la loro solidarietà. Ma la decisione non era stata ancora ufficializzata nè era finita sui giornali o in tv e se n’era parlato soltanto via mail tra pm e poche persone. Così è Lorusso ad avvisare il 14 novembre scorso Riina: “…hanno detto che alla prossima udienza ci saranno tutti i pubblici ministeri all’udienza… saranno presenti tutti”. E Riina annuisce: “Ah tutti”. Una notizia circolata solo sulla mailing list interna al Palazzo di giustizia.
“Mi viene una rabbia – continua Riina – ma perchè questa popolazione non vuole ammazzare a nessun magistrato? A tutti… ammazzarli, proprio andarci armati e vedere…”. Si ingalluzziscono , proprio si ingalluzziscono… perchè c’è la popolazione che li difende, che li aiuta. Quelli però che devono andare a fare la propaganda là, sono quelli che devono andare a fare la propaganda. Hanno lo scopo in testa per uno strumentìo (strumentalizzazione ndr) completamente e le persone sono con loro…”.
“Quelli si meritavano questo e altro – continua Riina – questo è niente quello che gli feci io! Gli ho fatto, però meritavano. Se ci fosse stato qualche altro avrebbe continuato e non hanno continuato e non hanno intenzione di continuare, nessuno”. E il boss corleonese, sempre il 30 ottobre, rivendica le sue gesta e sembra che nessuno in Cosa nostra riesca a seguire le sue orme. Tanto che Lorusso dice: “E così subiscono sempre, così subiscono, subiscono, subiscono e continueranno a subire”
Nei dialoghi con Lo Russo c’è anche un accenno alla strage Chinnici: “Quello là salutava e se ne saliva nei palazzi. Ma che disgraziato sei, saluti e te ne sali nei palazzi. Minchia e poi è sceso, disgraziato, il procuratore generale di Palermo”. Chinnici fu ucciso da un’autobomba il 29 luglio del 1983.
Il capomafia si dice deluso da quello che è ritenuto l’attuale capo di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro: “A me dispiace dirlo, questo signor Messina Denaro, questo che fa il latitante, questo si sente di comandare, ma non si interessa di noi. Questo fa i pali della luce – aggiunge riferendosi al business dell’energia eolica in cui Messina Denaro è coinvolto – ci farebbe più figura se se la mettesse in c… la luce”.

“Chiamatelo Italicum”: la proposta di legge elettorale di Renzi

italicum-tuttacronacaQuello che propone Matteo Renzi, nel testo di legge elettorale, è il doppio turno di coalizione. “È arrivato il momento di far vedere che la politica non è solo discussione” perché se la politica smette di fare politica a si mette a “discutere, discutere e discutere smette di essere politica e diventa bar sport. Dobbiamo decidere se essere politica o bar dello sport”, ha esordito il segretario del Pd lanciando poi la sua proposta di legge elettorale. “Chiamatelo ‘Italicum’ senza problemi”, ha sottolienato, aggiungendo: “L’Italicum consente al Pd di potersi giocare la partita per il governo. E non esclude le alleanze ma che siano alleanze per governare, non servano solo vincere per vincere”. Quello che prevede la proposta presentata al Pd è “l’assegnazione di un premio di maggioranza” a chi abbia preso “almeno il 35%” dei voti “che porti al 53% minimo e al 55% al massimo”. Il premio dunque sarà “al massimo del 18%”, in modo da evitare profili di incostituzionalità. Il tutto per evitare il ritorno a un governo delle larghe intese. Se nessuno ottiene il 35% “c’è la possibilità di un doppio turno, più precisamente un ballottaggio non tra due candidati premier ma tra due coalizioni, simboli o agglomerati di simboli che senza apparentamento rigiochino la partita di fronte elettori”.  Stando a quanto anticipato, resterebbero le mini liste bloccate di sei candidati per circoscrizione e gli sbarramenti: al 5% per i partiti in coalizione e quello dell’8% per le forze che si presentano da sole. Inoltre, proponendo il ballottaggio Renzi punta a fare in modo che non si ripeta ciò che è accaduto a febbraio scorso: un Parlamento senza maggioranza e l’obbligo di ricorrere alle larghe intese. Il premio di maggioranza non sarà del 15% secco, ma “graduato” in modo da permettere che il vincitore raggiunga sempre una maggioranza di almeno il 53-55% dei seggi per governare senza dover stringere alleanze.  “Chi oggi immagina, non sempre forte di un bagaglio di preferenze, le preferenze per avere eco mediatica significativa lo può fare ma nell’accordo le preferenze non ci sono. Se toccherà a me due sono gli impegni: le primarie e il vincolo assoluto della rappresentanza di genere”, spiega ancora il sindaco fiorentino. Il segretario del Pd aggiunge che nel modello ci saranno “120 circoscrizioni, 4 volte più grandi del Porcellum, di fatto sono collegi plurinominali di circa 500mila persone con il nome che si può mettere sulla scheda. Ci sono diverse ipotesi su questo punto e ne discuteremo, ma se nella circoscrizione ci sono 4 candidati, 4 posti da assegnare, il Pd presenterà 4 candidati’”. Il segretario del Pd parla anche dei tempi della riforma: “Il 15 febbraio la segreteria andrà a chiudere il pacchetto della proposta sul superamento del Senato e avremo 20 giorni per discutere con altri partiti. Nella seconda meta di febbraio presenteremo il ddl costituzionale per arrivare all’ok in prima lettura al Senato entro il 25 maggio”. E spiega: “Sul Senato mettiamo paletti condivisi con il principale partito dell’opposizione, Fi, e sono il superamento del bicameralismo perfetto, ovvero la fiducia spetta solo ad una Camera e c’è l’eliminazione dell’elezione diretta dei membri e l’indennità. E questo ha ricadute evidenti nel numero dei parlamentari ed è un segnale nella battaglia contro l’antipolitica perché Grillo non lo asciughi con gli algoritmi ma con la politica. Potremo dire agli italiani che la prossima volta non voteranno più per il Senato”.  Renzi ha spiegato alla Direzione del Pd i motivi dell’incontro con Berlusconi. “Esprimo a Silvio Berlusconi gratitudine per aver accettato di venire alla sede del Pd. Quelli che mi dicono dovevi parlare con Fi ma non con lui dico che è una contraddizione in termini” perché parlare con Fi significa parlare con lui, “con chi dovevo parlare con Dudu’?” E sottolinea: “Pensare che io ho resuscitato Berlusconi fa a cozzi con la teologia e con la realtà perché lui è il capo del centrodestra, riconosciuto da chi sta in alleanza con lui in tutte le città. Posso non pensarla come Berlusconi ma quando lui condivide le mie idee io non ho paura, non sono subalterno al punto da cambiare le mie idee”.  

Il braccio di ferro tra Letta e Renzi

braccio_di_ferro_tuttacronacaAcque agitate in casa Pd con il premier Letta che ieri non si è presentato in direzione e il gesto non è stato gradito al segretario Renzi che ha voluto sottolineare i “Dieci mesi di fellimenti”. Solo in serata il faccia a faccia tra i due, con il premier che ha voluto avvertire il sindaco di Firenze sul fatto di avere un incontro con Berlusconi per parlare della legge elettorare: “Attento, così aiuti Berlusconi”. Ma l’incontro di sabato, nel frattempo, è stato confermato. In poche parole: Renzi vuole le urne per vincere e Letta teme che così facendo rinforzi gli avversari. Il premier ha avvertito il sindaco: “La legge elettorale va fatta a partire dalla maggioranza di governo e bisogna ragionare sul doppio turno. Altrimenti vai a sbattere. Al Senato non hai numeri e si va a votare col proporzionale”. Che significa che o il sindaco accetterà il consiglio o sarà guerra aperta.L’incontro tra i due leader delle principali forze in campo sta davvero alimentando la tensione, soprattutto nel Pd. Renzi intende andare fino in fondo. “Faccio sul serio e lo dovete capire. Su questo mi gioco tutto” ha detto il sindaco a Letta durante il loro incontro. Su che basi sarà l’accordo? O il sistema spagnolo o il Mattarellum. No al doppio turno, il sistema preferito di Alfano e, appunto, Letta.

Il dietro le quinte della politica, cambiare tutto… per un Letta-bis?

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Il Premier Letta è in volo verso il Messico con l’obiettivo di promuovere il “made in Italy”, ma ha ancora sulle spalle il fardello del duro confronto avuto con il segretario Matteo Renzi che si è già sfogato con il suo staffa affermando «Non ci siamo, il governo deve cambiare marcia. La sua azione è ancora del tutto insoddisfacente». Ma come nell’ottica che ha distinto questo governo di larghe intese  fortemente voluto dal Presidente Napolitano, l’ottimismo di Enrico Letta ancora una volta sembra non sbriciolarsi contro l’ennesimo muro.

Tant’è che in bella vista, nella cartellina stampa portata in aereo, secondo alcune fonti vicino al Premier, ci sarebbe l’intervista di Graziano Delrio a “Il Messaggero”, in cui il ministro renziano ha escluso le elezioni anticipate se il governo sarà in grado di compire «un vero cambio di passo». «Se questa è la linea, c’è piena sintonia. Anche per Letta serve una svolta ambiziosa, un nuovo inizio», spiegano i collaboratori del premier, «ed è consapevole di avere davanti un’occasione irripetibile: realizzare in 14 mesi le riforme ferme da vent’anni». Così il premier in queste ore sta mettendo nero su bianco «un cronoprogramma da togliere in fiato». «Con date stringenti e certe e con l’impegno ad arrivare alle elezioni europee di maggio con in tasca l’approvazione della legge elettorale e i primi due sì al nuovo Senato delle autonomie. Più il job act e nuove misure per il rilancio dell’economia».

Insomma si sta muovendo su più fronti l’azione di Letta in queste ultime ore, da una parte si parla di rimpasto e di levare alcune persone dall’esecutivo che negli ultimi giorni sono diventate veri e propri “boomerang”, dall’altra c’è di accontentare le richieste di Matteo Renzi. Sia il premier che il segretario sono sempre più convinti che se entro il 27 gennaio verrà siglato un “contratto di coalizione” ambizioso e «rivoluzionario», per forza di cose la compagine di governo dovrà essere adeguata «alla nuova sfida». «Con un programma diverso servono anche uomini diversi», commenta Bruno Tabacci che venerdì ha incontrato Letta. Se il contratto di coalizione soddisferà Renzi allora Letta andrà al Quirinale per dimettersi e il Capo dello Stato lo rispedirà alle Camere per formare un nuovo esecutivo. In particolare saranno i ministeri chiave a “cambiar faccia”, soprattutto quelli dedicati all’economia e allo sviluppo. Chi sicuramente avrà difficoltà a mantenere il suo posto è anche Giovannini le cui idee sul lavoro non sono conciliabili con il jobs act di Renzi. Ma nel mirino ci sono naturalmente anche altri nomi a iniziare dal ministro De Girolamo alla Cancellieri, ma anche Emma Bonino, accusata di non avere gestito al meglio la vicenda dei marò carcerati in India.

Il dietro le quinte è comunque turbolento nonostante Letta mantenga la sua calma e la sua serenità vede che il suo futuro stretto a destra da Alfano per le unioni civili e a sinistra da Renzi sul lavoro è ormai un viottolo di montagna accidentato. Potrà quindi riuscire ancora una volta a mediare?

E se si dimettessero tutti i pentastellati..?

legge-elettorale-dimissione-grillini-tuttacronacaSi continua a parlare della Legge Elettorale, con Renzi che cerca accordi e Grillo che indice le consultazioni sul web, ma ancora si attendono le motivazioni della sentenza con cui la Corte Costituzionale ha bocciato il Porcellum. E’ il Corriere della Sera a scrivere che, quando saranno rese pubbliche, tra una decina di giorni, il M5S potrebbe decidere di protestare con le dimissioni di massa dei parlamentari.

Tra le righe del messaggio serpeggia l’idea che serva un gesto di rottura estremo una volta che saranno rese note le motivazioni della Consulta. Si fa largo anche l’ipotesi di dimissioni di massa da parte dei parlamentari del Movimento — «una suggestione più che un’intenzione », dicono alcuni Cinque Stelle —, uno spunto che però viene preso in considerazione. «Nel caso in cui dalle motivazioni della Corte dovesse trasparire che il Parlamento è illegittimo, le dimissioni di tutti i deputati e senatori del Movimento sarebbero a mio avviso un atto radicale e coerente», dice Paolo Becchi.

Emanuele Buzzi, autore dell’articolo, spiega che a questo punto potrebbe arrivare la sorpresa:

Il professore, indicato più volte come ideologo dei Cinque Stelle, vede nel post di Grillo «una risposta implicita » alle sollecitazioni di Renzi («Come è possibile fare riforme con un’Aula delegittimata? », si chiede) e lamenta il fatto che «la Consulta la stia tirando alla lunga per le motivazioni: la situazione è già insostenibile ». Ecco, quindi, «la necessità » di una prova di forza, che però non convincerebbe tutti i vertici del Movimento. A partire proprio da Gianroberto Casaleggio. La conseguenza di un atto simile «sarebbe solo quella di far subentrare i primi non eletti alle Politiche», afferma un pentastellato. «Meglio puntare sull’impeachment nei confronti di Giorgio Napolitano », ripetono alcuni esponenti. E anche Becchi condivide la linea: «Nel caso si arrivasse al voto in Aula, per il capo dello Stato sarebbe già una sconfitta: non rappresenterebbe più l’unità del Paese, a maggior ragione se la nostra proposta venisse appoggiata da qualche altra forza politica».

La legge elettorale per Grillo passa attraverso la consultazione online

beppe-grillo-legge-elettorale-tuttacronacaBeppe Grillo scende in campo e affronta di pieno petto il tema della legge elettorale annunciando: “La legge elettorale del Movimento 5 Stelle sarà sviluppata on line a partire dalla prossima settimana insieme agli iscritti certificati (ad oggi circa 100.000)”. Quello che rifiuta a priori è la proposta del segretario del Pd di elaborare un sistema di voto condiviso da tutte le forze politiche. Del resto già ieri i parlamentari Cinquestelle, con un post pubblicato sul blog ufficiale del partito, avevano invitato eletti e sostenitori a non rispondere a quella che definiscono una ‘provocazione’, per non prestare il fianco al Pd e ai suoi alleati. Per Grillo, del resto, l’attuale Parlamento non è degno di discutere di riforme in quanto “incostituzionale”. E sottolinea: “In parlamento siedono 150 abusivi eletti grazie al premio di maggioranza del Porcellum. Gli abusivi sono di Pd, Sel, Centro democratico e Svp. I suoi eletti sono stati nominati, il premio di maggioranza è abnorme. La loro elezione non è neppure stata convalidata. E questa gente, responsabile e fruitrice del Porcellum, dovrebbe occuparsi di legge elettorale e magari di riforma della Costituzione? Al massimo può andare a casa”. E per questo motivo lancia un appello a Giorgio Napolitano, affinchè la decisione della Corte costituzionale, con cui ha dichiarato illegittimo l’attuale legge elettorale, venga applicata: “Napolitano dopo la pubblicazione delle motivazioni della Consulta, attesa per fine gennaio, deve sciogliere le Camere”. Si prevede che la legge elettorale dei pentastellati dovrebbe essere completata per il mese di febbraio e sarà la posizione ufficiale del Movimento quando si tratterà di discutere la riforma in Parlamento, “quando un Parlamento legittimo sarà insediato”. La risposta della maggioranza non si è fatta attendere. Francesco Nicodemo, nuovo responsabile comunicazione della segreteria Pdha twittato: “Via Beppe Grillo scopriamo che il M5S si farà da sè una legge elettorale diciamo fatta in casa, come le tagliatelle di nonna Pina”. Mentre per il parlamentare ‘democratico’ Danilo Leva “Grillo non vuole riformare la legge elettorale ma solo tirarla alle lunghe per poi accusare la politica di immobilismo. E’ sempre più un grillo parlante e soprattutto nulla facente sulle riforme che servono al Paese”.

Napolitano: “Resterò quel che serve ma non a lungo”

napolitano-fineanno-tuttacronacaConsueto discorso di fine anno per il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che si rivolge alla Nazione sottolineando che “L’anno che sta per terminare è stato tra i più pesanti e inquieti che l’Italia ha vissuto da quando è diventata Repubblica”. È stato un anno “tra i più inquieti sul piano politico e istituzionale. l’anno che sta per iniziare deve essere diverso e migliore, per il paese e specialmente per quanti hanno sofferto duramente le conseguenze della crisi”, ha aggiunto parlando di una crisi dalla quale in Europa si comincia ad uscire. Il Capo dello Stato ha anche fatto notare che i sacrifici vanno fatti insieme ed è giusto che li facciano anche i politici, che ha anche ricordato come siano necessari “forti cambiamenti” nella politica, nelle istituzioni e nei rapporti sociali. “Il coraggio degli italiani è in questo momento l’ingrediente decisivo per far scattare nel 2014 quella ripresa di cui l’Italia ha così acuto bisogno. Coraggio di rialzarsi, di risalire la china”. Napolitano ha elencato alcune forme di coraggio di cui ora l’Italia ha bisogno: “Coraggio di praticare la solidarietà: come già si pratica in tante occasioni, attraverso una fitta rete di associazioni e iniziative benefiche, o attraverso gesti, azioni eloquenti ed efficaci -dinanzi alle emergenze- da parte di operatori pubblici, di volontari, di comuni cittadini, basti citare l’esempio di Lampedusa. Coraggio infine di intraprendere ed innovare: quello che mostrano creando imprese più donne, più giovani, più immigrati che nel passato”. E ancora ha affermato: Sarebbe dissennato disperdere i benefici del difficile cammino compiuto. I rischi già corsi si potrebbero riprodurre nel prossimo futuro: è interesse comune scongiurarli ancora”. “Penso ai pericoli, nel corso del 2013, di un vuoto di governo e di un vuoto al vertice dello Stato: pericoli che non erano immaginari e potevano tradursi in un fatale colpo per la credibilità dell’Italia e per la tenuta non solo della sua finanza ma del suo sistema democratico”, spiega Napolitano. “Quei pericoli sono stati scongiurati nel 2013, sul piano finanziario con risultati come il risparmio di oltre 5 miliardi sugli interessi da pagare sul nostro debito pubblico”, conclude il Capo dello Stato. Un pensiero anche per i due marò ancora in India: “Voglio ricordare ancora una volta l’impegno dei nostri militari nelle missioni internazionali tra le quali quella contro la nuova pirateria a cui partecipavano i nostri marò Salvatore Girone e Massimiliano La Torre, ai quali confermo la nostra vicinanza. E rivolgo un commosso pensiero a tutti i nostri caduti”. Il Presidente ha anche invitato a mantenere viva la speranza: “Care ascoltatrici, cari ascoltatori, ho voluto esprimervi la mia vicinanza a realtà sociali dolorose, che molti di voi vivono in prima persona, ed evocare valori e principi, necessità e speranze di cambiamento da coltivare tenacemente”. “Sono attento a considerare ogni critica o riserva, obiettiva e rispettosa, circa il mio operato” ma “non mi lascerò condizionare da campagne calunniose, da ingiurie e minacce”. Ha inoltre sottolineato che “nessuno può credere alla ridicola storia delle pretese di strapotere personale”.

Napolitano e le possibili dimissioni nel discorso di fine anno

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Il Presidente della Repubblica, secondo Affari Italiani, che riporta il pensiero di quanti lo hanno incontrato nelle ultime ore, potrebbe dimettersi durante il discorso di fine anno. D’altra parte il Capo dello Stato l’aveva anche lasciato intendere nell’udienza al Quirinale del 16 dicembre “con i rappresentanti delle istituzioni, delle forze politiche e della società civile”: se si continuerà a “pestare l’acqua nel mortaio”, ne trarrà le conseguenze. Tradizionalmente il discorso è un messaggio rivolto alle famiglie e il Presidente traccerà un bilancio amaro del passato 2013. Con un richiamo, l’ennesimo, alla responsabilità dei partiti nella fase «eccezionale» che attraversiamo.

Sicuramente la notizia che è trapelata nelle ultime ore ha fatto innalzare l’attenzione sul discorso di fine anno.

Grillo vs Napolitano: il comico si vuole appropriare anche del discorso del 31

grillo-napolitano-tuttacronacaL’annuncio lo si legge nella pagina Facebook di Grillo, che avvisa che “Il messaggio di fine anno 2013 di Beppe Grillo sarà trasmesso sul blog alle ore 20.30 di martedì 31 dicembre. Non perdere questo appuntamento. Avvisa tutti i tuoi amici e parenti. In alto i cuori!” Il comico interverrà quindi in contemporanea con il messaggio di fine anno del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. L’evento conta già circa 8mila iscritti, anche se bisognerà comunque attende lo scoccare dell’ora x per sapere quanti effettivamente vi prenderanno parte. Nel frattempo prosegue, come spiega l’Huffington Post, un linciaggio virtuale ai danni di due deputati, Titti di Salvo (Sel) e Andrea Romano (Scelta Civica), che nei giorni predenti il Natale erano intervenuti in aula per chiedere l’accelerazione dei lavori della Camera, così da permettere a tutti i deputati di poter raggiungere le famiglie durante le festività. Grillo ha pubblicato sul social network il video che mostra l’intervento dei due deputati, che sono stati così ricoperti di insulti e minacce. “Avevano paura che il Movimento 5 Stelle li facesse lavorare durante le feste”, ha commentato su Facebook lo stesso Grillo. In poco più di un’ora, centinaia di persone hanno commentato – a modo loro – il post del leader. I soliti “Fannulloni”, “Bast***i” e “Vergognatevi”, ma non solo. C’è chi passa direttamente alle minacce. “Attaccate la corrente a 3000 volt sotto le loro poltrone”, scrive Chicca. “Ma quali famiglie, direttamente al crematorio, assassini statali siete”, è la voce di Michele. “Andate a casa dalle vostre famiglie, ci penso io a mettervi del tritolo in tutte le poltrone”, il commento di Stella. E c’è chi chiede l’intervento delle forze della natura: “Mi chiedo spesso perché l’epicentro di un terremoto devastante non è mai a Montecitorio”.

Napolitano e la lettera contro i decreti legge con dentro qualsiasi cosa

Boldrini,_Napolitano_and_Grasso_tuttacronacaIl Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato oggi venerdì 27 settembre una lettera al presidente del Senato Pietro Grasso e al presidente della Camera Laura Boldrini, con la quale invita il Parlamento a “verificare con il massimo rigore l’ammissibilità degli emendamenti ai disegni di legge di conversione” rispettando criteri di attinenza e omogeneità dei provvedimenti. Napolitano fa riferimento al decreto cosiddetto “salva Roma” e, in genere, agli esiti dell’ingolfamento parlamentare. Come quello che si èverificato in questi ultimi giorni,  durante i quali il Parlamento ha introdotto nei decreti una serie di emendamenti che non c’entravano più nulla con lo scopo originale dei provvedimenti. Ecco il testo della lettera come riportato dal Post:

Le modalità di svolgimento dell’iter parlamentare di conversione in legge del decreto legge 31 ottobre 2013, n. 126 recante misure finanziarie urgenti in favore di Regioni ed Enti locali ed interventi localizzati nel territorio – nel corso del quale sono stati aggiunti al testo originario del decreto 10 articoli, per complessivi 90 commi – mi inducono a riproporre alla vostra attenzione la necessità di verificare con il massimo rigore l’ammissibilità degli emendamenti ai disegni di legge di conversione.

Numerosi sono stati i richiami formulati nelle scorse legislature da me – in presenza di diversi Governi e nel rapporto con diversi Presidenti delle Camere – e già dal Presidente Ciampi alla necessità di rispettare i principi relativi alle caratteristiche e ai contenuti dei provvedimenti di urgenza stabiliti dall’articolo 77 della Costituzione e dalla legge di attuazione costituzionale n. 400 del 1988.

Come è noto questi principi sono stati ribaditi in diverse pronunce della Corte Costituzionale. In particolare nella sentenza n. 22 del 2012 la Corte ha osservato che “l’inserimento di norme eterogenee rispetto all’oggetto o alle finalità del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell’urgenza del provvedere e i provvedimenti provvisori con forza di legge”, valutazione fatta sotto la propria responsabilità e sottoposta a giudizio del Capo dello Stato in sede di emanazione. Conclude la Corte affermando che “la necessaria omogeneità del decreto legge deve essere osservata anche dalla legge di conversione”, riservandosi la facoltà di annullare le disposizioni introdotte dal Parlamento in violazione dei suindicati criteri.

Proprio a seguito di questa sentenza il 22 febbraio 2012 ho inviato ai Presidenti pro-tempore delle Camere una lettera nella quale avvertivo che di fronte all’abnormità dell’esito del procedimento di conversione non avrei più potuto rinunciare ad avvalermi della facoltà di rinvio, pur nella consapevolezza che ciò avrebbe potuto comportare la decadenza dell’intero decreto legge, non disponendo della facoltà di rinvio parziale. Esprimevo inoltre l’avviso che in tal caso fosse possibile una parziale reiterazione che tenesse conto dei motivi posti alla base della richiesta di riesame. La stessa Corte Costituzionale, del resto, fin dalla sentenza n. 360 del 1996, ha posto come limite al divieto di reiterazione la individuazione di nuovi motivi di necessità ed urgenza.

Rinnovo pertanto nello stesso spirito di collaborazione istituzionale l’invito contenuto in quella lettera ad attenersi, nel valutare l’ammissibilità degli emendamenti riferiti ai decreti legge, a criteri di stretta attinenza allo specifico oggetto degli stessi e alle relative finalità, anche adottando – se ritenuto necessario – le opportune modifiche dei regolamenti parlamentari.

Come regalo di Natale… Grillo vuol far trovare l’impeachment a Napolitano

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Beppe Grillo pubblica un nuovo post sul suo blog con il quale, anche il giorno di Natale, attacca Giorgio Napolitano. “Ogni anno a Capodanno, da tempo immemore, il presidente faceva un discorso al popolo. Questa tradizione si ripete forse l’ultima volta. A gennaio lo aspetta una richiesta di impeachment per la sua decadenza”. E ne parla come  “un atto spiacevole verso chi aveva dedicato la sua intera esistenza alla patria”.  “Un atto – spiega Grillo – da parte di una forza politica a lui forse ignota, della cui presenza non si era accorto, il presidente non sentiva infatti i boom. L’impeachment è un atto d’amore per consentirgli di godere un meritato riposo con la sua famiglia e di trascorrere serene giornate sulle panchine del Pincio con dei vecchi amici. Chissà se ringrazierà. Merry Christmas – conclude Grillo – mister President».  «Oggi è Natale, tempo di favole”. Il gioco, è quello del “c’era una volta”. “Un re, direte voi. No, c’era un presidente della Repubblica. In quel Paese la monarchia non esisteva da tempo. Questo presidente – attacca – era un uomo molto anziano, con le fattezze di un re scomparso. Il suo portamento, nonostante l’incedere dell’età, era regale, altero. Pur non essendo un re, regnava come un re”. “Viveva – racconta Grillo – in una reggia che superava per sfarzo i palazzi dei reali d’Europa. Come un regnante nominava i suoi primi ministri, sempre però con il massimo rispetto delle istituzioni repubblicane, da lui perfettamente incarnate. La vita del presidente si era svolta da sempre nei palazzi del regno, pardon della Repubblica, sin dalla sua giovinezza. La sua presenza in quei luoghi – prosegue – datava ad anni lontani quando la maggior parte dei suoi sudditi, pardon cittadini, non erano ancora nati e regnava su tutte le Russie un tiranno di nome Stalin che, per alcuni, era un sincero democratico. Il vecchio signore era una presenza intramontabile. Rassicurante. La parola del presidente era sacra, inviolabile, non poteva essere udita dai magistrati. Quando ciò accadeva e una sua conversazione con un indagato veniva registrata, il presidente faceva cancellare i nastri. Il suo nome, come quello di Dio, non poteva essere nominato invano neppure nelle assise parlamentari. Il presidente – ironizza – non aveva data di scadenza, pur prevista nella Costituzione, e si faceva rieleggere, per il bene del Paese”. E ancora aggiunge: “Alla sua seconda rielezione contribuì un signore pluri indagato, pluri processato, che venne condannato in via definitiva e poi allontanato dal Senato. Ma il vecchio presidente come poteva saperlo? Era quasi immortale, da lui però non si poteva pretendere anche l’onniscienza. Che sapesse ciò che tutti sapevano. Il presidente si credeva indispensabile, unico baluardo prima dello sfascio della nazione, argine insostituibile. Si circondava, come un vero re, di corti di saggi scelti con estrema oculatezza che avrebbero dovuto riscrivere le regole. Dettava le condizioni del suo permanere ai primi ministri, ridotti alla stregua di gran ciambellani. Più invecchiava, più capiva che lui, solo lui, poteva invertire un percorso che si annunciava autodistruttivo. Non capiva perciò la contrarietà e perfino l’astio – conclude Grillo – che molti dei cittadini gli rivolgevano. È vero che non si era opposto energicamente ad alcune leggi vergogna, come il lodo Alfano che persino un bimbo avrebbe bocciato come incostituzionale e che si era preso libertà che sconfinavano dal suo ruolo, ma era per il bene supremo del Paese”.

Taglio di 50 milioni in 3 anni: il bilancio approvato alla Camera

aula-camera-tagli-tuttacronacaTaglio alle spese di circa 50 milioni. E’ quanto approvato con il Bilancio previsionale per il 2014 per il triennio 2014-2016 dalla Camera. Entusiasta la reazione della Presidente Laura Boldrini:

“La Camera prosegue nella linea dei risparmi e della sobrietà. Misura dopo misura, dobbiamo continuare a dare risposte che siano rispettose del diffuso malessere sociale”.

Per quel che riguarda il taglio delle risorse, si è mirato un po’ ovunque, dal costo delle spese di funzionamento, fino agli stipendi dei funzionari. Ufficio di Presidenza, su proposta del Collegio dei Questori, ha approvato oggi il bilancio di previsione per il 2014, unitamente al bilancio triennale 2014-2016. Questi i dati più significativi:

Si conferma anche per l’anno 2016 la riduzione di 50 milioni di euro della dotazione rispetto al 2012. Nel triennio 2014-2016, il bilancio dello Stato risparmierà dunque complessivamente, per il funzionamento della Camera, 150 milioni di euro.

Per il terzo anno consecutivo la spesa di funzionamento della Camera diminuisce. In particolare, nel 2014 si registra una riduzione rispetto al 2013 di 17,4 milioni (l’1,65 %). Nel 2013 la spesa era diminuita di 32,7 milioni di euro rispetto al 2012 (3,01%). Rispetto al 2012, dunque, la spesa prevista per il 2014, grazie alle significative e consistenti misure di risparmio adottate in questa legislatura, si riduce di 50,1 milioni di euro (4,61%).

In particolare, confrontando il 2014 con il 2013:
– la spesa per i deputati diminuisce di 1,9 milioni di euro, pari all’1,3 per cento;
– la spesa per le retribuzioni del personale in servizio si riduce di oltre 14 milioni di euro, dunque del 5,3 % (nel 2013 si era già ridotta di 16,4 milioni di euro, segnando un – 5,79 %).
– la spesa per beni e servizi diminuisce di 8,4 milioni di euro (il 5,5 % in meno). Nel 2013 la spesa per beni e servizi era diminuita di 8,9 milioni di euro rispetto al 2012 (il 5,47% in meno).

L’Ufficio di Presidenza ha inoltre prorogato sino a tutto il 2016 le misure di contenimento oggi vigenti in tema di indennità parlamentare e di rimborsi ai deputati, che sarebbero venute a scadenza nel 2015. L’effetto di risparmio di tali misure, unitamente a quelle operative già dal 2014, è pari a 50 milioni di euro.

In particolare, anche per il 2016 non si procederà all’adeguamento dell’indennità parlamentare – corrisposto per l’ultima volta nel 2006 – e continueranno ad applicarsi le misure di riduzione già adottate dall’ottobre 2011; parimenti, sarà applicato sino a tutto il 2016 il taglio di 500 euro degli importi mensili della diaria e del rimborso delle spese per l’esercizio del mandato.

Per altro, i documenti approvati oggi costituiscono solo una prima tappa dell’azione di contenimento degli oneri per il triennio 2014-2016. Entro il prossimo mese di marzo – prima di sottoporre il progetto di bilancio all’esame dell’Assemblea – gli organi di direzione politica intendono individuare nuove misure di razionalizzazione della spesa, con l’ambizioso obiettivo di realizzare un’ulteriore restituzione di somme al bilancio dello Stato grazie agli sforzi compiuti nella revisione e nel contenimento dei costi della Camera nel corso del 2013.

Austerity versione natalizia: i dipendenti possono accettare solo doni economici

regali_natale-tuttacronacaI dipendenti di Palazzo Chigi avranno a che fare con l’Austerity anche per quel che riguarda i regali: si potranno accettare solo quelli non costosi. A chiederlo è stato Roberto Garofoli, Segretario Generale della Presidenza del Consiglio, tramite una circolare che richiama la necessità che i dipendenti della Presidenza si attengano scrupolosamente al “Codice di comportamento” in cui si vieta ai funzionari pubblici di ricevere doni se non di modico valore.

 “Il Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri Roberto Garofoli – si legge nella nota – ha firmato una circolare volta a richiamare la necessità che i dipendenti della Presidenza si attengano scrupolosamente al ‘Codice di comportamento’ di recente approvato nella parte in cui vieta ai funzionari pubblici di rivedere doni”. “Nello specifico – si prosegue – in occasione dell’avvicinarsi delle festività natalizie, la Presidenza ha ritenuto di sottolineare quanto stabilito dall’articolo 4 dello stesso ‘codice’ che vieta ai funzionari pubblici di ricevere regali o altre utilità eccettuati quelli di modico valore”. “Lo stesso articolo – si legge ancora – precisa inoltre che i regali e le utilità comunque ricevuti fuori dai casi consentiti dovranno essere, a cura dello stesso dipendente cui siano pervenuti, messi immediatamente a disposizione dell’Amministrazione per la restituzione o per essere devoluti ai fini istituzionali. In particolare essi dovranno essere consegnati al Dipartimento per le politiche di gestione, promozione e sviluppo risorse umane e strumentali che, in base alla tipologia, provvederà alla successiva destinazione. Un richiamo che – come evoca la nota del Segretario Generale – è “quanto mai necessario interpretare ed applicare in senso particolarmente restrittivo con tutto il rigore imposto dalla delicatezza e difficoltà del momento”.

Legge elettorale: “La maggioranza farà una proposta unica”

LEGGE-ELETTORALE-tuttacronacaE’ il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi a tentare di mettere un limite all’impegno di Renzi sul fronte della riforma elettorale spiegando che “E’ giusto il dialogo con tutti, ma la maggioranza, sulla legge elettorale farà una proposta unica”. “Proposta di maggioranza”, dice Lupi. Ma il neosegretario Democrati rilancia: “Per cambiare le regole parliamo con tutti” e propone a Fi e a Ncd un Mattarellum corretto con un doppio turno. Ancora Lupi: “Vedo tante ipotesi: il ‘Mattarellum’ non mi sembra che abbia funzionato, come non ha funzionato il ‘Porcellum’. I paracadutati c’erano anche lì. Con un tripolarismo, come quello che si sta presentando, anche il ‘mattarellum’ non funziona”. E continua l’alfaniano: “non mi sembra che le posizioni di Ncd e di Renzi siano lontane. Noi siamo per il bipolarismo e per un modello tipo quello per l’elezione del sindaco. E’ giusto il dialogo con tutti, ma la maggioranza, sulla legge elettorale, farà una proposta unica”. Nei “tutti” è compresa anche Forza Italia e al riguardo afferma Denis Verdini, che segue la riforma della legge elettorale su incarico di Belrusconi, “Vince chi prende un voto in più indipendentemente da quanti elettori votano, un premio di maggioranza e una legge che sia chiaramente bipolare o meglio ancora che punti al bipartitismo”. Verdini ha ribadito che le modifiche istituzionali allo studio “sono tutte utili ma che l’unica capace di cambiare veramente il Paese è la riforma elettorale, una legge che faccia sì che il giorno in cui si vota si sappia chi vince e chi governa, perché le coalizioni – ha aggiunto lanciando un messaggio anche al Nuovo Centro Destra – nel nostro Paese non funzionano”. Nel dibattito s’inserisce anche Sandro Bondi, che non manca di attaccare il Capo dello Stato: “Non voglio credere – dice l’ex coordinatore del Pdl – che il presidente della Repubblica intervenga nel dibattito interno alle forze politiche per assecondare la richiesta di Alfano, il quale, secondo quanto riferisce la stessa Repubblica, avrebbe chiesto al Pd di ‘non arrivare all’approvazione definitiva della riforma fino ad aprile, in modo da avere la garanzia che si arrivi al 2015′”.

Renzi centra il primo bersaglio: la legge elettorale passa alla Camera

legge-elettorale-tuttacronacaIl neo segretario del Pd, Matteo Renzi, giorni fa aveva affermato sulla riforma: “Basta lasciarla a Palazzo Madama a lievitare manco fosse una pizza. Siamo d’accordo tutti che si porti a Montecitorio”. Non è passato molto tempo e oggi i presidenti Laura Boldrini e Pietro Grasso hanno annunciato che la legge elettorale dal Senato passa alla Camera mentre il primo si occuperà, invece, della riforma costituzionale sul bicameralismo. Serve “una chiara assunzione di responsabilità da parte dei gruppi politici”, hanno spiegato Boldrini e Grasso, promettendo che vigileranno “affinché le due Commissioni Affari costituzionali procedano parallelamente per assicurare un più spedito iter”. Pronte le reazioni dei principali esponenti degli altri partiti, come Mara Carfagna che, su Twitter, ha scritto: “La legge elettorale è passata alla Camera. Il peso specifico dei cespugli del Pd al Senato è quindi pari a zero. Adesso, noi di Forza Italia, siamo pronti a un confronto franco e decisivo con Matteo Renzi”. Chi non c’è andato leggero è stato il ministro delle Riforme, Gaetano Quagliarello, in forza al Nuovo Centrodestra: “Ma cosa può interessare al cittadino se la legge elettorale va alla Camera o al Senato? La riforma si può fare solo se diventa parte di un accordo di governo: nessuno può fare le riforme prescindendo dal governo”. L’intesa, aveva sottolineato a più riprese il ministro delle Riforme, va cercata innanzitutto tra chi sostiene il governo: “Dopo quello che è accaduto e che abbiamo fatto, con una scissione dolorosa di percorsi nel centrodestra, dovremmo partire dalla maggioranza e dire ai cittadini che in un anno diminuiamo i parlamentari, facciamo in modo che abbiamo una sola camera politica e facciamo una buona legge elettorale”. La mossa di Palazzo Madama arriva dopo che Renzi, fresco di colloquio con il Colle, aveva fatto capire chiaramente al vicepremier Angelino Alfano che era necessario accellerare i lavori parlamentari per superare il cosiddetto ‘Consultellum’, quello che rimane della legge Calderoli dopo la sentenza della Corte Costituzionale. La posizione ‘dilatoria’ di Ncd, però, ha spinto il segretario del Pd a lanciare oggi un pesante avvertimento: “Temo che Alfano voglia perder tempo e menare il can per l’aia” ma “io non mi lascerò incantare e nemmeno rallentare: ho una mia exit strategy, un canale aperto anche con Berlusconi e Grillo, che la riforma adesso la vogliono davvero. E se il Nuovo centrodestra divaga, vuol dire che lavoreremo con qualcun altro”.

Quella fiducia nell’inverno caldo… con i Forconi alle porte di Roma!

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“Sono qui a chiedere la fiducia per un nuovo inizio”, con queste parole, ben scandite, inizia il discorso di fiducia al Parlamento di Enrico Letta, a Roma. A Torino invece, qualche ora prima, grazie a un blitz della polizia, i trasportatori avevano consegnato la merce, i Forconi erano stati aggirati. Come in uno split screen da una parte scorrono le parole del Premier e dall’altra ci sono gli scontri in piazza. C’è chi s’interroga e si chiede come possa un governo “tecnico”, fortemente voluto da Napolitano e un Parlamento votato con una legge riconosciuta incostituzionale dalla Consulta chiedere la fiducia… Come fanno gli atti emanati da un organo eletto con una modalità incostituzionale essere legittimi?  I giuristi l’hanno spiegato… Distruggere gli effetti prodotti da una  norma, di qualunque rango essa sia, dichiarata illegittima o incostituzionale,  sarebbe pericoloso per l’intero ordine sociale e  potrebbe ledere diritti acquisiti  mentre era in vigore… Eppure basta andare in giro o aprire un social per vedere in quanti pensano che la fiducia si debba chiedere se c’è un “nuovo inizio”. Ma se è un inizio, sarebbe anche insito nel termine che è nuovo… ma in Italia occorre far chiarezza!

“E’ vero l’Italia è oggi una società fragile, stordita dalla crisi. E’ però nello stesso tempo una società pronta, dopo tanti sacrifici, a ripartire. E’ un dovere anche generazionale aiutarla a ripartire”, parole di speranza da parte del Premier che parla di ripartenza… ma le industrie chiudono, il cuneo fiscale è quasi inesistente ed è pronta la stangata nel prossimo anno della Iuc (altro modo di chiamare l’Imu). Ma non bisogna essere pessimisti e pensare a un nuovo inizio!

Questo il video per spiegare il nuovo inizio?

D’altra parte come dice Letta “le istituzioni esigono sempre rispetto e a maggior ragione in un tempo amaro in cui si tenta di immiserire questa aula con azioni e parole illegittime che avallano la violenza, mette all’indice i giornalisti e vuole fare macerie della democrazia rappresentativa”. Un attacco quindi duro e diretto a Grillo e al suo Movimento, che tuttavia basa le sue rivendicazioni su una sentenza della Consulta.

Altra questione spinosa dopo quella della legge elettorale, è sicuramente quella della decadenza su cui il Presidente del Consiglio non ha dubbi “nella questione giudiziaria di Berlusconi non sono entrato e non entro oggi” e poi nasce un nuovo Patto con gli Italiani… ” impegno 2014″, una nuova agenda, forse dettata e copiata a tratti da quella di Renzi, un block notes di appuntamenti e tappe che dovrebbero portare alle riforme, “Per le riforme dobbiamo muoverci nella procedura della revisione dell’articolo 138, e dobbiamo porci quattro obiettivi: riduzione del numero dei parlamentari; abolizione delle Province dalla Costituzione; fine del bicameralismo perfetto, con un’unica Camera che dia la fiducia e faccia le leggi, e l’altra che esprima le autonomie; una riforma del titolo V della Costituzione, chiarendo al massimo le responsabilità di governo”… anche se per il momento l’unica legge a cui si tende è quella dell’amnistia e dell’indulto: “siamo la patria di cesare Beccaria e Dobbiamo dimostrarlo”. Poi un esempio davanti agli occhi ora Letta lo ha L’anno prossimo studieremo “la Partecipazione dei lavoratori all’azionariato con una rappresentanza negli organi societari, ne parleremo insieme” con azienda e sindacati, ed “è il tentativo” di “sperimentare” quanto fatto in Germania. Ma mentre sperimentiamo, tanto il tempo ce lo abbiamo, Letta fa anche il “buon padre di famiglia” e ridurrà le bollette dell’energia elettrica “venerdì nel piano destinazione Italia che avrà il via libera del Consiglio dei ministri “interverremo sul costo dell’energia” con “una riduzione di 600 milioni sulle bollette”, una riduzione “che si somma a quella già prevista dal decreto Fare”.

Naturalmente arriva il bastone e la carota anche sull’Europa perché Letta sottolinea “vorrei tracciassimo una linea, di qua chi ama l’Europa e sa che senza l’Ue ripiombiamo nel medioevo. Di là chi vuole bloccare l’Europa e si scaglia contro i suoi limiti” e poi aggiunge “L’italia deve avere conti in ordine, come oggi accade. E lo ricordiamo a tutti anche ad alcuni tecnocrati di Bruxelles”.

Intanto i Forconi preparano la loro azione eclatante, mentre la politica parla d’Europa e la nuova agenda, spinta dal segretario Renzi, si ridisegna per cercare di creare una nuova, l’ennesima, larga intesa che sostenga un governo “tecnico-politico-presidenziale”

Lucia Annibali e l’abbraccio della folla in tribunale

lucia_annibali_tuttacronacaApplausi e un coro di “Brava Lucia!” E’ stata accolta così l’avvocatessa Annibali alla sua uscita dal tribunale di Pesaro. Sfigurata dall’acido per una vendetta dell’ex fidanzato, lei continua a metterci la faccia e oggi, con il volto in parte coperto da occhiali da sole e da un cappello, ha accennato a un saluto. Per quel che riguarda il processo ai due sicari albanesi ingaggiati dal suo ex Luca Varani, il gip ha accolto la richiesta di giudizio abbreviato, ma non condizionato, fatta dai legali degli imputati. Il prossimo appuntamento è per il 21 febbraio, quando si svolgerà il processo che si giocherà solo sulle carte finora acquisite, e non su altre perizie o consulenze. La sentenza dovrebbe essere emessa già il 22 febbraio. Francesco Coli, l’avvocato che assiste la Annibali, ha commentato ai giornalisti presenti, che la presenza della donna “testimonia che è più forte del male che le hanno fatto”, e che sicuramente la sua assistita sarà presente al processo. Durante l’udienza l’avvocato di Varani ha ribadito che l’uomo aveva solo ordinato ai due albanesi di danneggiare con l’acido l’auto della ex.

Perizia di Preiti: capace d’intendere e di volere e con l’abitudine a droga e alcool

luigi-preiti-tuttacronacaEra il 28 aprile, il governo prestava giuramento e, all’esterno di Palazzo Chigi, Luigi Preiti apriva il fuoco con la sua Beretta 7,65. Dalla perizia psichiatrica, quello che risulta è che era in grado d’intendere e di volere, nonchè in cerca di un palcoscenico. Ma anche che consumava cocaina, assumeva alcool e frequentava “seratine” con amici. E’ quanto emerge dalla perizia psichiatrica disposta dal gup Filippo Steidl, lo scorso ottobre, che traccia un quadro diverso da quello che questo cinquantenne di Rosarno, ha cercato di dare ai pm Pierfilippo Laviani e Antonella Nespola. “Volevo fare un gesto eclatante.Volevo colpire i politici. Sono disoccupato, ho una figlia, e mi vergognavo perché non potevo offrirle niente di buono”. Nelle conclusioni dello psichiatra Piero Rocchini si legge che “al momento del fattol’imputato presentava un modesto disturbo depressivo. Tali componenti non avevano rilevanza psichiatrica forense e dunque per le loro caratteristiche e intensità non incidevano in modo significativo sulla sua capacità di intendere e di volere. Non vi è nulla che possa far dubitare della sua piena capacità di intendere e volere al momento dei fatti”. Preiti cosciente, dunque, mentre impugnava la Beretta e faceva fuoco contro tre carabinieri. Per di più, Preiti non avrebbe avuto intenzione di suicidarsi, come da lui sostenuto: “La spinta suicidaria sembra essersi fermata a livello di pensiero senza alcun reale tentativo di messa in pratica. L’uomo mostra caratteristiche di personalità con larvata costante conflittualità nei confronti dell’ambiente (soprattutto “classe politica”, “Stato” e i suoi rappresentanti). Anziché un autentico desiderio di morte, si rileva una “aggressiva ricerca” di riconoscimento pubblico, con l’immaturo desiderio di trasformarsi in una sorta di eroe vendicatore, pubblicamente riconosciuto”. Inoltre, la sua abitudine al consumo di alcol e cocaina, lo predisponevano a passare belle serate. È lui stesso a raccontarlo allo psichiatra: “La cocaina mi faceva parlare, stare bene, pensavo a divertirmi per partecipare al meglio alle mie “seratine”. Anche se la decisione di venire a Roma l’avevo presa prima di prendere la cocaina”. Quello che gli investigatori sospettano, ora, è che qualcuno lo abbia incitato a compiere quel gesto, e lo abbia anche armato. “Pur se in condizioni di difficoltà e frustrazione – sottolinea il perito – egli ha sempre mantenuto dall’arrivo in Calabria un buon funzionamento sociale (breve relazione con una donna del luogo, frequentazione pressoché quotidiana di un circolo di biliardo con partecipazione a una gara, costanti ‘seratine’ con gli amici fino a poco prima della partenza per Roma) e lavorativo”. L’imputato sembra non avere “alcun senso di colpa per quanto commesso”. “L’aver scritto alle vittime dichiarando di ‘non avercela con i carabinieri’ colpiti – è ancora la conclusione dello psichiatra – soprattutto se affiancato al desiderio espresso (‘dovevo fare qualcosa di eclatante, la gente ne doveva parlare’) sembra dare a tutto questo una diversa valorizzazione: la volontà di conquistare e mantenere il centro del palcoscenico. Le lettere inviate a Giangrande (il carabiniere che ha lottato tra la vita e la morte, ndr) appaiono ‘strumentali'”.

La Traviata alla Scala: tra applausi e fischi alla regia. All’esterno, la Contro Traviata

scala_contro_traviata_tuttacronacaSi è aperta oggi la stagione lirica alla Scala di Milano e il direttore d’orchestra, Daniele Gatti, ha annunciato prima dell’inizio: “La città di Milano e il Teatro alla Scala desiderano ricordare Nelson Mandela, uomo straordinario”. Il direttore non è andato oltre: è scoppiato infatti un fragoroso applauso con tutto il pubblico in piedi. Anche nel palco reale, dove si trovavano il presidente Napolitano e il presidente della Commissione europea Barroso. Entrambi erano stati accolti, al loro arrivo,  dal sindaco Giuliano Pisapia. Presenti anche il presidente del Senato Pietro Grasso, il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, il commissario del Padiglione Italia di Expo 2015 Diana Bracco. Sono arrivati anche Piergaetano Marchetti e il presidente del Tribunale di Milano Livia Pomodoro, il ministro alla Cultura Massimiliano Bray, l’ex premier Mario Monti, lo stilista Giorgio Armani, l’amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni, il Commissario Unico di Expo 2015 Giuseppe Sala e il magistrato Francesco Saverio Borrelli e l’ex ministro allo Sviluppo Economico Corrado Passera. Al termine dell’esibizione, ci sono stati undici minuti di applausi ma anche fischi per la regia di Dmitri Tcherniakov. E mentre nel teatro si levavano le note, in piazza il sindacato di base Cub ha messo in scena la sua contro-opera: “La Traviata Italia”. Il senso dell’iniziativa è stato spiegato da un finto Giuseppe Verdi che ha illustrato l’intenzione di “mettere in scena i depredati dalla Finanza, dagli industriali e dai politici collusi”. Quindi una cantante, con indosso una felpa della Electrolux, azienda in crisi, ha iniziato la reinterpretazione dell’opera di Verdi. Presenti anche il comitato inquilini “antisfratto” San Siro e gli iscritti del sindacato di base Cub. Davanti a Palazzo Marino erano presenti anche alcuni esponenti della “Banda degli Ottoni” che hanno intonato l’opera per “partecipare alla contestazione di una manifestazione eccessiva in tempi di crisi e che vede la partecipazione di politici e banchieri che si fanno proteggere fin troppo bene”.

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Una guerra? No prima all’opera di Milano, blindata la Scala

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L’appuntamento è tra meno di 30 minuti con la prima della Scala a cui sarà presente anche Giorgio Napolitano. Una sfilata di istituzioni – dal presidente della Commissione europea,  José Manuel Barroso,  al presidente del Togo, Faure Gnassingbé, ai presidenti di Camera e Senato Laura Boldrini e Pietro Grasso – e di banchieri, manager, industriali, da Giorgio Squinzi a Giovanni Bazoli a Paolo Scaroni, a Giuseppe Guzzetti.  La Milano che conta a teatro. Gli assessori nei vari spazi messi a disposizione dal Comune per seguire la diretta con i milanesi. Le proteste, come da copione, in piazza Scala. Alle 14 la Cub metterà in scena la «contro-opera flash» intitolata «La Traviata Italia» per raccontare «un Paese in ginocchio». Davanti al Piermarini ci saranno sia i giovani di Forza Italia pronti a contestate Laura Boldrini e il sindaco Giuliano Pisapia – sia gli antagonisti con il comitato San Siro e il «mercatino del libero scambio». Altra voce «contro»: «I ministri che tartassano Milano – dice l’ex vicesindaco Riccardo De Corato – stiano a casa». La presenza di Fabrizio Saccomanni, titolare dell’Economia, è confermata.

Napolitano spinge sull’acceleratore della giustizia, chiede amnistia e indulto

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Con l’avvicinarsi delle feste natalizie arriva anche il nuovo intervento di Giorgio Napolitano sull’amnistia e l’indulto, visto che il precedente appello era rimasto del tutto inascoltato. Così oggi il Capo dello Stato parlando al convegno “La clemenza necessaria. Amnistia indulto e riforma della giustizia”  svoltosi alla Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, presso il Senato della Repubblica – alla presenza anche del senatore Luigi Manconi, Presidente Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, erano presenti anche il deputato del PD Sandro Gozi, Presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa,Pietro Grasso, Presidente del Senato, Laura Boldrini, Presidente della Camera, ed ha registrato gli interventi del costituzionalista Vladimiro Zagrebelsky, della segretario di Radicali Italiani Rita Bernardini, Andrea Pugiotto, professore di diritto costituzionale nell’Università di Ferrara, ed Annamaria Cancellieri, Ministro della Giustizia – ha ribadito il suo richiamo forte e deciso:

“Il Parlamento deve avere il senso di responsabilità necessario per dire che vuol fare innanzitutto un provvedimento di indulto necessario per ottemperare alla decisione della Corte di Strasburgo. Oppure prendersi la responsabilità di considerarlo non necessario sapendo che c’è la scadenza del maggio 2014. […] Il mio messaggio indicava l’esigenza di misure strutturali per evitare un ulteriore, nuovo sovraffollamento e anche la possibilità di un indulto, seguito anche da un’amnistia, ma di un indulto. Stamattina abbiamo ascoltato una relazione molto forte di Zagrebelsky che ha sostenuto che l’indulto è la sola misura capace di ottemperare alle fortissime raccomandazioni, per non dire intimazioni, della Corte di Strasburgo.”

Subito gli ha fatto eco Grasso, presidente del Senato:

“Amnistia e indulto sono provvedimenti rispetto ai quali il Parlamento italiano è sovrano in quanto si tratta di scelte che, per il loro rilievo istituzionale e il loro impatto sulla tutela dei diritti umani, devono sfuggire alle logiche maggioritarie che accompagnano l’ordinario procedimento legislativo. […] Sono provvedimenti di clemenza, concessi dallo Stato ai soggetti condannati per determinate tipologie di reati, rispetto ai quali la Costituzione prevede specifiche garanzie: mi riferisco non solo all’approvazione con legge, ma anche ai quorum elevati richiesti per le relative deliberazioni. Non vi è dubbio che il Parlamento italiano sia sovrano rispetto a queste decisioni che per il loro rilievo istituzionale e il loro impatto sulla tutela dei diritti umani devono sfuggire alle logiche maggioritarie che accompagnano l’ordinario procedimento legislativo”

Sulla stessa linea anche il Ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri:

“Amnistia e indulto sono materie che spettano al Parlamento: serve un accordo che superi la maggioranza politica contingente. Come ministro posso solo auspicare un’ampia convergenza tra le forze politiche su un provvedimento di clemenza che avverto come un’ulteriore e importante spinta per far decollare le riforme del sistema di giustizia penale che abbiamo messo in cantiere. […] La competenza istituzionale ad adottare provvedimenti di amnistia e indulto è chiaramente riservata dalla Costituzione al Parlamento quel quorum richiesto, così elevato e superiore a quello stesso previsto per la revisione costituzionale, impone un accordo che superi la maggioranza politica contingente.”

C’è anche chi però ha espresso alcune perplessità e precisazioni su l’aministia e l’indulto. Ecco l’intervento di Marco Travaglio andato in onda il 10 ottobre proprio su questo tema:

Forza Italia e la guerra ai senatori a vita

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Forza Italia tuona contro i senatori a vita Renzo Piano, Elena Cattaneo, Carlo Rubbia e Claudio Abbado: “Non hanno gli altissimi meriti richiesti dalla Costituzione”. La polemica contro i nuovi senatori a vita erano inizate dopo la decadenza di Silvio Berlusconi, ora però nella giunta delle elezioni i senatori Elisabetta Casellati e Lucio Malan hanno posto la questione sulla sussistenza dei requisiti previsti per la convalida dei senatori a vita, chiedendo un rinvio per l’acquisizione della documentazione necessaria.

“Pur rispettando il Capo dello stato e i quattro nominati dalle carte trasmesse alla Giunta non sono emersi elementi sufficienti ad identificare gli ‘altissimi’ meriti scientifici della prof. Cattaneo né gli ‘altissimi meriti sociali’ attribuiti a tutti e quattro”.

 

 

Quell’inaugurazione della Scala alla quale non parteciperà Letta…

letta-inaugurazione-scala-tuttacronacaIl prossimo sabato sera si terrà l’inaugurazione della Scala di Milano ma da Palazzo Chigi rendono noto che Enrico Letta non vi prenderà parte per motivi familiari, anche se non mancheranno le istituzioni visto che sarà presente Giorgio Napolitano. Nessun tentativo di non sovraesporsi mediaticamente alla vigilia delle primarie, anche perché, spiegano ancora gli uomini del premier, domenica Letta si recherà regolarmente alle urne. A Montecitorio, tuttavia, diverse sono le interpretazioni che circolano sull’assenza. Come spiega l’Huffington Post:

c’è chi indica l’insofferenza del presidente del Consiglio nei confronti del sindaco di Milano come uno degli argomenti che hanno pesato nella scelta. Non è un mistero che Giuliano Pisapia guardi con simpatia al sindaco di Firenze, che con le sue dure prese di posizione sta mettendo e non poco in difficoltà l’esecutivo. Ma il terreno su cui lo scontro è più acceso è quello dell’Imu. Già, perché il primo cittadino meneghino si è sempre posto in prima linea nella battaglia dei sindaci per garantire le coperture del mancato introito della tassa sulla casa, arrivando a dire prima del Consiglio dei ministri che ha sbloccato la situazione che era pronto “a sfiduciare l’esecutivo”, perché “se il governo non manterrà gli impegni sull’Imu ci troveremo di fronte a una rottura istituzionale estremamente grave”. Una polemica mai sopita che ha portato il primo cittadino milanese ad affermare proprio questa mattina che l’Imu è un pasticcio fatto dal governo, quindi: “La via d’uscita la deve trovare il governo soprattutto se è un governo che ha un presidente del consiglio del centrosinistra”.

Un fronte di frizione si è poi aperto nei giorni scorsi proprio intorno al principale teatro milanese. Perché un codicillo della decreto cultura che equiparava tutte le fondazioni lirico-sinfoniche avrebbe imposto alla Scala la riduzione del Cda da 11 a 7 membri, obbligato il teatro a ridurre il numero di soci privati e, di conseguenza, tagliare finanziamenti e introiti. Una questione su cui Letta è intervenuto personalmente, promettendo di risolverla nell’ambito della legge di stabilità.

Tuttavia, dallo staff minimizzano e ci tengono piuttosto a sottolineare che Letta si troverà a Milano lunedì, per un incontro con il presidente della Commissione Ue José Barroso. Ma tra le ipotesi c’è anche il timore delle proteste. Ancora l’Huffpost ricorda:

Autonomi e centri sociali stanno preparando una dura contestazione al ministro Fabrizio Saccomanni, che, al contrario, avrebbe confermato la sua presenza. E un bagno di fischi alla vigilia delle primarie non sarebbe un buon viatico per i gazebo democratici. Senza contare che anche l’opposizione è sul piede di guerra, con l’ex vicesindaco Riccardo De Corato a scagliarsi contro il ministro dell’Economia: “Ma come, i milanesi rischiano di pagare 44 milioni di “mini-Imu“ e lo vedremo in smoking sul tappeto rosso come se niente fosse? E gli regaliamo pure il biglietto”.

Camera al lavoro: tra i temi trattati pensioni e mini-Imu

commissione-bilancio-tuttacronacaLa commissione Bilancio della Camera è al lavoro da oggi per rimodellare il testo della legge di Stabilità arrivato in Senato. Con tutta probabilità si tratterà anche il tema delle modifiche al decreto Imu appena varato dal Governo, ma non solo. Serve infatti concentrarsi sulla nascita di un fondo taglia-cuneo che venga finanziato con i risparmi della spending review e, in parte, con le risorse recuperate dalla lotta all’evasione, senza dimenticare quelle collegate all’eventuale decollo della web tax. Ma la commissione dovrà anche discutere sulle pensioni, come chiede il Pd, al fine di rendere più soft il blocco dell’indicizzazione sugli assegni al minimo. E ancora, come da richiesta del Nuovo centrodestra, prendere in considerazione di alzare la soglia da 90mila 100-120mila euro sopra la quale far scattare il contributo di solidarietà sui trattamenti più elevati. Per quanto riguarda l’Imu, spiega il Sole 24 Ore che “Con tutta probabilità la questione rimborsi per evitare il pagamento della mini-quota della seconda rata prevista nei Comuni che nel 2012 e 2013 hanno ritoccato le aliquote d’imposta sarà affrontata proprio durante l’esame della “stabilità” a Montecitorio. Anche perché il decreto varato la scorsa settimana potrebbe avere tempi di conversione in legge lunghi e comunque tali da non consentire di rendere operativi i ritocchi prima della data del 16 gennaio 2014 fissata per il pagamento della mini-Imu.” Ma la commissione Bilancio non si limiterà solo a questi temi, visto che altri nodi dovranno essere sciolti. Spiega ancora il quotidiano: “A cominciare da quelli sull’intervento da far scattare sulle concessioni balneari, e complessivamente sulle spiagge, e sulle procedure accelerate per favorire la costruzione di stadi da parte dei privati ma senza il rischio di speculazioni edilizie. La Camera si dovrà pronunciare anche sull’introduzione della cosiddetta web tax, lanciata nelle scorse settimane dal presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, Francesco Boccia (Pd).”

Renzi e i suoi 3 punti, o cade la maggioranza

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Renzi parla da giorni già da segretario del Pd e detta le condizioni per mantenere il Governo in piedi ”Letta deve sapere che il suo esecutivo ora è incentrato sul Pd. Ha cambiato forma, le larghe intese originarie non ci sono più. Il Pd ha 300 deputati e Alfano ne ha 30. Il governo sta in piedi grazie a noi. Alfano dice che può far cadere Letta. Bene, così si va subito al voto. Io non ho paura. Lui sì. Perché sa che Berlusconi lo asfalta”. Per Matteo Renzi, chi vince le primarie del Pd ”impone la linea. Saremo leali ma conseguenti”.

Al premier Enrico Letta, spiega in un’intervista a La Repubblica, ”offro una disponibilità vera, un patto di un anno. E quindi proporremo tre punti che noi consideriamo ineludibili”, e cioè riforme, lavoro ed Europa. E se l’esecutivo non realizzerà questi obiettivi, il Pd ”separerà il suo destino da quello della maggioranza”.

”Il primo punto che porremo saranno le regole del gioco. Si mandino in pensione i saggi che vanno in ritiro a Francavilla e la proposta di modifica dell’articolo 138”, afferma Renzi, che rilancia la Camera delle autonomie locali e sostiene l’ abolizione di ”enti inutili come il Cnel” e la riforma del Titolo V della Costituzione. Quanto alla legge elettorale, ”va bene qualsiasi riforma, purché si faccia e purché garantisca il bipolarismo e la governabilità”.

Il secondo punto è l’economia, partendo dal ”Job act: semplificazione delle regole nel lavoro, garanzie a chi non ne ha”, dichiara Renzi, secondo cui la patrimoniale ”ora sarebbe un errore politico”.

Il terzo punto è ”l’anima del Paese. Letta vuole gestire il semestre europeo, allora si diano contenuti. Spendiamo meglio i fondi comunitari. Investiamo anche su scuola, immigrazione e diritti”, prosegue il sindaco di Firenze. Sulla fedeltà dei democratici in Parlamento alla linea del Pd, ”le cose da fare le decideranno gli italiani che parteciperanno alle primarie. Difficilmente qualcuno si tirerà indietro. Ma se c’è chi punta a spaccare il gruppo – avverte Renzi – sappia che la conseguenza saranno le elezioni anticipate”, per le quali serve ”un Pd forte”. Quanto al Presidente Giorgio Napolitano, ”il capo dello Stato fa bene il suo ruolo. Ma nel rispetto dei ruoli, mi limito a far presente che un Pd forte fa bene anche alle istituzioni”.

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