Il fotoracconto dei rifugiati siriani!

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La tragedia di un intero popolo, quello siriano, costretto a lasciare la propria terra, ormai ridotta a territorio di guerra, è diventata per Greg Beals, fotogiornalista americano, uno scopo di vita e un progetto fotografico che vuole documentare l’esodo e i suoi protagonisti. Beals che lavora per l’Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, ha creato un profilo su Instagram, @therefugeeroad, dove racconta la vita dei  profughi nel campo di Zaatari, il secondo più grande del mondo. Come racconta lo stesso Beals:

L’obiettivo è concentrarmi sulle vite dei sopravvissuti ai conflitti – racconta a Wired – ho aperto il profilo un anno fa sia per ragioni personali che lavorative. Considero gli esseri umani come fiori, sono interessato a mostrare quanto siamo fragili e quanto ogni vita sia unica e bella. Quando sono arrivato in Giordania per seguire il conflitto siriano da un punto di vista regionale ho iniziato a combinare le idee in una sola, riassumibile in Dove vanno a finire i rifugiati”.

Il giornalista ha poi spiegato che:

A febbraio e marzo dello scorso anno 4.000 persone al giorno hanno iniziato ad attraversare la frontiera siriana approdando in Giordania – continua Beals – lo stesso numero verso il Libano. Più fotografavo per Instagram più gli scatti diventavano intimi. C’è qualcosa nelle persone che soffrono in massa che confonde lo sguardo di chi ne è fuori. Nel senso che ci sentiamo vicini ma spesso quest’empatia trasforma chi soffre in qualcosa di diverso da un essere umano. The refugee road tenta dunque di mostrare le persone che attraversano i confini per quel che sono: umani, complessi e belli”. Sotto questo punto di vista, uno strumento come Instagram si è rivelato fondamentale, un ponte verso una sensibilizzazione di tipo diverso: “Non sono un esperto di social media – racconta Beals – ma incontro persone che hanno storie interessanti da raccontare. Storie di sopravvivenza scritte sulle loro facce, specialmente quelle dei bambini. Mi piace collegarle, trovo s’inneschi una catena di riconoscimento tra gli utenti che apprezzano queste foto per quel che significano davvero. Questo, per me, è l’autentico valore dei social media: l’abilità delle persone dai percorsi più diversi e da varie parti del mondo di capire meglio l’esistenza di chi è meno fortunato”.

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Cie di Bari: la violenta notte di Natale

cie-bari-tuttacronacaMentre la notte di Natale scorreva serena in tutta Italia, al Cie di Bari, il Centro di identificazione ed espulsione degli immigrati, è stato teatro di duri scontri tra immigrati, nella quasi totalità siriana, e le forze dell’ordine. Come riporta Repubblica:

Atmosfera surreale dopo una notte di Natale di terrore al Cie di Bari, il Centro di identificazione ed espulsione degli immigrati. La struttura è blindata, non si può accedere. All’esterno è presidiata dalle forze dell’ordine e la direttiva è mantenere la calma. Si teme una recrudescenza degli incidenti dell’altra notte quando una trentina di ospiti della struttura ha allagato una sezione all’interno del centro che è alla sua massima capienza, 140 persone. Immediato l’intervento delle forze dell’ordine perchè i manifestanti stavano tentando un’evasione in massa dal centro all’interno del quale ci sono anche persone la cui posizione è da approfondire secondo le forze dell’ordine. Polizia, carabinieri e Guardia di finanza poco prima della mezzanotte sono stati allertati dai responsabili del Cie e si sono precipitati in massa.

Sono seguiti duri scontri con le forze dell’ordine anche perchè gli immigrati – nella quasi totalità siriani – si sono asserragliati all’interno di un reparto, dando fuoco a mobili, letti e altre suppellettili. E’ stato necessario anche l’intervento dei vigili del fuoco per impedire che si propagasse un incendio dalle conseguenze inimmaginabili.

La situazione fino al pomeriggio sembrava tornata alla normalità, anche se le forze dell’ordine stanno presidiando il centro che è blindato. Sul Cie di Bari è in corso un’inchiesta penale sul trattamento riservato agli ospiti dopo che il giudice

civile si è già espresso sull’inadeguatezza delle procedure che violerebbero i principi di assistenza nei confronti degli immigrati. Alcuni rappresentanti di forze politiche di centrosinistra hanno più volte chiesto la chiusura della struttura. La protesta di stanotte, secondo gli investigatori, s’inserisce nell’ambito delle manifestazioni sorte nel resto d’Italia. Gli immigrati reclamano diritto d’asilo e la libertà di poter circolare liberamente nelle città.

Centinaia di siriani in fuga da Catania, sognano il Nord Europa

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In Italia non ci vogliono stare ed ecco che scavalcano a centinaia la recinzione del Palaspedini,  l’impianto sportivo del rione Cibali di Catania dove sono stati ospitati e si danno alla fuga chiedendo informazioni ai passanti per raggiungere la stazione ferroviaria e salire sui treni. Sono i profughi siriani arrivati qui circa cinque giorni fa con un mercantile battente bandiera panamense, soccorso a 60 miglia dalle coste siracusane. I profughi sognano il Nord Europa e in particolare la Norvegia. 

 

Lampedusa e la storia della 15enne incinta

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Sono salpate per andare a recuperare i naufraghi, in una tragedia seguita da tutto il mondo, ma le vedette 322 e 304 non avevano a bordo la strumentazione necessaria per il pronto soccorso, neppure per quella ragazzina di 15 anni tirata su dalle acque, magrissima in preda a crisi di nausea che non riusciva più a reggersi in piedi. Una profuga siriana che era insieme ad altre tre persone di cui uno ferito da arma da fuoco. Il capitano si è reso immediatamente conto della situazione critica e ha chiamato il Cirm,  il Centro internazionale radio medico, la fondazione che da quasi ottant’anni, h24, presta soccorso medico gratuito a tutte le navi, le imbarcazioni, i natanti del mondo.

«Abbiamo prestato soccorso come sempre facciamo, nonostante le difficoltà rappresentate dalla quasi totale mancanza di presidi medici o farmaci a bordo delle motovedette che stavano cercando di salvare i migranti di Lampedusa», così spiegano i medici del Cirm che aggiungono  «Il naufrago a bordo della Cp 304 soffriva di difficoltà respiratorie che si sarebbero risolvere in fretta grazie alla somministrazione di ossigeno che, purtroppo, non era disponibile sull’imbarcazione.»

Sempre i medici del Cirm spiegano: «Stavano davvero male. E quindi l’allarme era alto sia a bordo, che presso la nostra centrale operativa. Poi grazie all’esperienza maturata sul campo, ce la siamo cavata tutti. Un po’ di acqua e zucchero per il primo dei 3 superstiti del disastro, una fasciatura per il secondo e un semplice cucchiaio di acqua e sale per la ragazza disidratata hanno consentito agli sventurati di proseguire il viaggio verso la terra ferma in maniera migliore. Gli episodi – continuano dal Centro Internazionale Radio Medico che ha sede a Roma – pongono l’accento sulla necessità, stante la frequenza di operazioni in favore di profughi e naufraghi, di dotare i mezzi di soccorso di adeguate scorte di medicinali e di addestrare il personale a fare fronte ad emergenze mediche, magari sotto la guida del Cirm, da sempre custode della salute dei naviganti».

Così anche la 15enne probabilmente incinta è riuscita ad arrivare a riva grazie all’intervento dei “medici del mare”.

«Alcuni cittadini stranieri alle prese con queste traversate terribili e dolorose ci conoscono. Hanno il nostro numero e, se necessario, lo usano. Noi, pur essendo poco conosciuti dal grande pubblico e tanto scarsamente supportati da chi dovrebbe, continuiamo ad essere una eccellenza italiana e uno dei Centri di soccorso in mare più noti al mondo. Si potrebbe fare tanto di più», concludono dal Cirm.

Le vittime innocenti senza futuro: i bambini siriani

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Ogni guerra ha le sue vittime e nella tragedia siriana sembra che i più esposti siano i bambini. Uccisi dai gas, giustiziati a sangue freddo o costretti a imbracciare un fucile. A quasi tre anni dallo scoppio della crisi siriana, a un passo dall’attacco statunitense e forse da un imminente crisi internazionale, guardare i volti di questi bambini dovrebbe farci riflettere.

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Strumentalizzati spesso per suscitare emozioni, esposti a scudo a difesa di obiettivi sensibili, i bambini siriani non hanno più un futuro da guardare, ma solo l’istinto di sopravvivenza che li deve guidare di minuto in minuto all’interno di un conflitto di cui spesso ignorano le ragioni.

Eppure sono bambini, come lo erano quelli che hanno circondato il presidente Obama quando ha firmato il suo impegno davanti alla nazione per mettere un freno alle armi che avevano consentito a uno squilibrato di fare una strage dentro una scuola elementare.

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Come può oggi il Presidente Obama pensare a un raid che inevitabilmente andrà a colpire anche queste vittime innocenti colpevoli solo di essere stati armati da chi li ha voluti strumentalizzare?

 

Niente cibo per i profughi siriani, l’Onu è in crisi!

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Secondo l’Unhcr (l’agenzia Onu per i rifugiati), i fondi per il 2013 sono insufficienti per coprire tutto il bilancio, vanno quindi ridotti drasticamente gli aiuti alimentari ai campi profughi in Libano. Qui vengono ospitati molti profughi siriani rifugiatisi a causa della guerra fra  Bashar al-Assad e i ribelli. Da ottobre l’Unhcr offrirà una “assistenza mirata”: il 70% dei profughi riceverà aiuti alimentari; quelli più vulnerabili riceveranno anche aiuti medici e scolastici.

“A causa della carenza di fondi – ha affermato la portavoce Roberta Russo – siamo costretti a tagliare alcuni dei nostri finanziamenti diretti”. “Se non vi sarà un aumento dei finanziamenti – ha continuato – presto non potremmo più aiutare le famiglie bisognose di cui ci siamo occupati finora, per non parlare delle nuove ondate di profughi che potrebbero arrivare se la lotta si intensifica.” Nel caso di un’azione militare Usa, la situazione rischia di peggiorare. Fonti di AsiaNews affermano che il ventilato attacco militare contro la Siria, ha subito generato un aumento del flusso dei profughi in Libano: in pochi giorni esso è salito da alcune migliaia al giorno a oltre 12mila al giorno.

L’approdo! Siriani, afghani e iracheni nella notte sbarcano nel Salento

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