Continuano i problemi inerenti al processo a Oscar Pistorius, dopo l’interruzione di ieri quando la Corte ha saputo che la foto di una testimone era stata mostrata da una tv, Charl Johnson, vicino di casa dell’atleta accusato dell’omicidio della fidanzata Reeva Steenkamp, ha affermato di aver subito minacce telefoniche poco prima di deporre in aula, quando già era in tribunale per essere ascoltato. “Questa persona mi ha detto che il mio numero di telefono era stato dato nel corso dell’udienza. Gli ho risposto che non ero consapevole di questo fatto e che non avevo (ancora) testimoniato”, ha spiegato il testimone. L’uomo ha inoltre detto di aver scoperto solo allora che c’erano diverse chiamate senza risposta e un messaggio vocale registrato dall’estero. “Perchè mentire in tribunale, sappiamo che Oscar non ha ucciso Reeva”, queste le parole indirizzate “con tono minatorio” a Johnson nel messaggio. Ma l’accusa ha sferrato anche un altro colpo, facendo emergere un nuovo evento. Qualche settimana prima della morte di Reeva, infatti, Pistorius avrebbe maneggiato male un’arma da cui partì accidentalmente un colpo, e poi chiese a un amico compiacente di assumersene la colpa. Il fatto sarebbe avvenuto a gennaio 2013, in un ristorante alla moda della città dove la coppia risiedeva. Johannesburg. A passare la pistola all’alteta fu Darren Fresco, che lo avvertì che “c’era un colpo in canna”. Ma quando l’arma arrivò nelle mani dell’atleta, inspiegabilmente partì un colpo. Il pugile di professione Kevin Lerena, presente quella sera allo stesso tavolo, ha raccontato: “Ci fu un immediato silenzio”. E ancora: “Guardai a terra e proprio lì dove puntai lo sguardo, dove c’era il mio piede, c’era un foro sul pavimento. Avevo una sbucciatura sul dito, ma non ero ferito”. Pistorius chiese scusa accertandosi che non fossero feriti. Ma poi, voltatosi verso uno di loro, gli chiese di addossarsi la responsabilità dell’accaduto. “Per favore, dì che sei stato tu. C’è troppa attenzione dei media su di me”, ha raccontato Lerena, riportando le parole di Pistorius. “E quando arrivarono i proprietari del ristorante, Darren disse che era stato lui”.
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Processo Pistorius: il testimone dell’accusa minacciato e quel colpo partito…
Pubblicato da tdy22 in marzo 5, 2014
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La tv che fa sospendere il processo a Pistorius: la foto della testimone
Il giudice Thokozile Masipa ha sospeso per alcuni minuti il processo per omicidio a carico di Oscar Pistorius dopo aver scoperto che una tv sudafricana aveva mostrato una foto della prima testimone dell’accusa, contravvenendo alla regola imposte per le riprese del processo. Il giudice ha spiegato: “Prendo questa cosa molto sul serio”. Al momento della sospensione, l’udienza era iniziata da poco. La corte era stata avvertita che una foto della testimone, Michelle Burger, una economista dell’Università di Pretoria che abita a meno di 200 metri dalla casa dell’atleta e che aveva chiesto di non essere ripresa, era stata mostrata da una tv. La testimone ieri, nel primo giorno di processo, aveva raccontato di aver udito le urla di terrore di una donna che chiedeva aiuto prima dei colpi di arma da fuoco sparati da Pistorius. A trasmettere la foto della donna, trovata sul sito dell’università dove insegna, è stata la catena televisiva eNCA. “È abbastanza inquietante. I media erano stati avvertiti. Se non si comportano correttamente non li tratteremo con i guanti di velluto”, ha detto il giudice.
Pubblicato da tdy22 in marzo 4, 2014
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Schettino scrive una lettera ai gigliesi: “grazie per l’affetto”
Sono state innumerevoli le proteste e le critiche quando Francesco Schettino è approdato all’isola del Giglio per effettuare il sopralluogo sulla Costa Concordia. Eppure l’ex comandante Francesco Schettino ricorda una popolazione cordiale e ospitale e vuole ringraziare gli abitanti per l’accoglienza ricevuta. Schettino ha inviato una lettera al sito Giglionews: “Il riscontro ricevuto con la cordiale accoglienza e le manifestazioni di stima da coloro che per incontrarmi si sono fatti trovare sul traghetto, al momento della mia partenza, e anche da coloro che hanno intrapreso il breve viaggio fino a Porto Santo Stefano per incontrarmi, hanno rafforzato la mia convinzione di aver fatto la scelta giusta, una scelta comprensibilmente non priva di sforzi”. Prosegue quindi ringraziando gli abitanti per “l’affetto” e “la stima” manifestategli durante la visita per il sopralluogo tecnico a bordo della nave. Ancora scrive: “Con la presente rinnovo l’augurio che la vostra bella isola possa al più presto vivere la ripresa turistica da tutti noi auspicata e che possa essere esclusivamente apprezzata per la bellezza, l’unicità del posto e l’ospitalità che i gigliesi puntualmente non perdono occasione di manifestare. Un augurio spontaneamente e istintivamente da me già espresso a mezzo televisivo mentre lasciavo il pontile”. E prosegue: “Ho ricordato l’affetto e le attenzioni ricevute durante la mia breve permanenza sull’isola. La cordialità e il senso dell’ospitalità continua a contraddistinguere i cittadini del Giglio e non posso che ringraziare per le numerose manifestazioni di stima e di rispetto che ho avuto modo di raccogliere dalle persone da me incontrate. L’obiettivo del mio ritorno sull’isola è stato finalizzato prima di tutto alla mia partecipazione al sopralluogo tecnico, al fine di fornire supporto ai miei consulenti, e anche per comprensibili ragioni personali”.
Pubblicato da tdy22 in marzo 3, 2014
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Grillo condannato a 4 mesi: “Non mi arrendo”
Il 5 dicembre 2010 Grillo, accompagnando Perino e un gruppo di manifestanti contro la Tav, prese parte all’irruzione nella piccola baita costruita abusivamente come simbolo della protesta e poi sigillata, per ordine della procura. Il comandante dei carabinieri della compagnia di Susa lo aveva informato che se avesse varcato la soglia della casetta avrebbe commesso un reato. Dopo qualche minuto, tra flash di fotografi e telecamere, Grillo è entrato e poi è uscito trionfante mimando di avere i polsi ammanettati. Ora per Grillo è arrivata la condanna da parte del Tribunale di Torino a quattro mesi di carcere e cento euro di multa per la violazione dei sigilli della baita Clarea, in Valsusa. La reazione del leader del M5S è contenuta in un tweet apparso nel primo pomeriggio: “Oggi mi hanno condannato a 4 mesi in primo grado. Non mi arrendo. La vostra solidarietà è un grande aiuto. #Vinciamonoi”. Grillo pubblica sul suo blog un post di un sostenitore torinese: “C’è condanna e condanna: per me quei quattro mesi per la rottura ‘di quei sigilli violati dal vento’ sono una medaglia al valore civile. Perchè non sempre la ‘giustizia’ coincide con la ‘legalità’. Sarà dura!”
Pubblicato da tdy22 in marzo 3, 2014
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“Mi dichiaro non colpevole”: Pistorius in tribunale
Al via oggi il processo a Oscar Pistorius per l’omicidio della fidanzata Reeva Steenkamp. Le prime parole dell’atleta, accusato di aver ucciso la modella a colpi di pistola il giorno di San Valentino dell’anno scorso, sono state: “Mi dichiaro non colpevole. Ho ucciso per errore”. Nella prima udienza davanti alla Corte di Pretoria è stata ascoltata la testimonianza di una vicina, Michelle Burger, che ha raccontato di aver sentito quella notte “urla raccapriccianti”, seguite da quattro spari. La testimonianza della donna è stata però contestata dall’avvocato Barry Roux, a partire dal numero degli spari: “Ha ragione suo marito quando dice di averne sentiti cinque o sei?”, ha chiesto il legale nel corso della deposizione. “Sono certa di averne sentiti quattro, non parlo a nome di mio marito”, ha replicato la donna. “Come fa a sapere che suo marito sia stato onesto?”, ha incalzato l’avvocato. “Stiamo insieme da 20 anni e so che è una persona onesta”, ha risposto la testimone. Roux ha chiesto più volte alla donna se fosse convinta che Pistorius stesse mentendo. “Non capisco perché non abbia sentito le urla”, ha replicato la testimone, accusata più volte dall’avvocato di aver cambiato versione: “Lei non è sicura e che cosa fa, lei sta facendo speculazioni, sta cercando di colmare tutte le lacune” nella sua testimonianza.
Pubblicato da tdy22 in marzo 3, 2014
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Tutto pronto in Sudafrica per “il processo del secolo”: Pistorius in Tribunale
Era il 14 febbraio 2013 e la modella Reeva Steenkamp, fidanzata di Oscar Pistorius, veniva uccisa. A impugnare l’arma, proprio l’atleta sudafricano. Oggi inizia, a Pretoria, quello che in molti definiscono “il processo del secolo”, durante il quale Pistorius rischia 25 anni. In aula è presente anche la madre di Reeva, che ha detto: “Qualsiasi cosa deciderà la corte sono pronta a perdonarlo prima però voglio obbligarlo a guardarmi, e vedere il dolore e l’angoscia che mi ha inflitto”. Intanto, il Sudafrica è diviso tra innocentisti e colpevolisti in un caso che ha una portata mediatica con pochi precedenti. E proprio ai media parla ancora June, la madre della modella: “Molte persone nella mia posizione vorrebbero vederlo morto o punito in modo esemplare. Ma credo nella fede e nella giustizia e non c’è odio o voglia di vendetta nel mio cuore”. Nella lunga intervista la donna ha ricordato di aver minacciato una volta Pistorius, quando Reeva le telefonò per dirle che lui stava guidando a velocità troppo alta: “Prenditi cura di mia figlia o ti distruggo”, aveva tuonato la madre. I media britannici ritengono che il processo avrà una durata di circa tre settimane mentre Sky News ritiene che saranno cruciali i rilevamenti fatti dalla polizia scientifica dopo la tragica notte in cui lui aprì il fuoco con la sua pistola da 9mm contro la ragazza attraverso la porta del bagno. Pistorius ha ammesso di aver sparato, ma per errore, pensando che nel bagno si nascondesse un ladro, entrato di soppiatto in casa in piena notte. Secondo l’accusa si trattò invece di omicidio volontario, avvenuto in seguito a un violento litigio. Pistorius è in libertà vigilata, ma se sarà giudicato colpevole di omicidio premeditato rischia il carcere a vita. La perizia balistica mostrerebbe che la mira fu precisa e i colpi non vennero sparati a caso, come quando si sentono rumori di un intruso o di un potenziale ladro. Secondo gli esperti, inoltre, le tracce di sangue lasciate dalla vittima potranno essere determinanti per far piena luce sulla vicenda. “Anche la traiettoria dei proiettili attraverso la porta del bagno fornirà una chiara indicazione di quello che è successo”, ha detto l’esperto di balistica J.C. de Klerk. Tutto questo servirà per capire se si è trattato di un tragico incidente o di un assassinio a sangue freddo.
Pubblicato da tdy22 in marzo 3, 2014
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L’indignazione che sale al veder Schettino tornare al Giglio… e mentire!
Il fatto che Schettino si sia recato all’Isola del Giglio, dove si è trattenuto oltre lo stretto tempo necessario per il sopralluogo sulla Costa Concordia, non è stato gradito nè dai residenti nè dai giornalisti. Lo sdegno degli abitanti è stato aumentato dal fatto che l’ex comandante abbia avuto un atteggiamento “da pubblico ministero” proprio davanti a coloro che il tragico naufragio lo hanno vissuto sulla propria pelle, accogliendo i naufraghi zuppi d’acqua mentre Schettino approdava asciutto a bordo di una delle non molte scialuppe di salvataggio. E’ stato lui infatti a spiegare di voler indagare per “accertare le concause” che provocarono la morte di 32 persone sulla Concordia. Per di più, Schettino ha avuto l’ardire di affermare: “Sono l’unico che ha scelto di farsi processare per arrivare alla verità”. Ma l’unico imputato al processo per il naufragio della Costa Concordia nel gennaio del 2012 non dice il vero. Come sottolinea Marco Imarisio dalle colonne del Corriere della Sera, che ricorda che Schettino ha chiesto un patteggiamento con una pena talmente bassa che gli è stato rifiutato. E di fatto l’ha costretto a farsi processare. Scrive il giornalista:
“Sul molo del Giglio abbiamo assistito a uno spettacolo sacrilego. E fa rabbia pensare che i media ne facevano parte. Schettino contava su di noi, sulla cassa di risonanza offerta a bugie che senza contraddittorio possono sembrare verità scolpite, comunque un balsamo per la sua immagine. “Io sono l’unico che ha scelto di farsi processare per arrivare alla verità…”. No, è una solenne balla, una delle tante. Tu hai chiesto un patteggiamento con pena così bassa che ti è stato rifiutato. C’è differenza”.
Se Schettino ha, come tutti, diritto a difendersi con ogni mezzo, dovrebbe farlo solo nel processo, non sul luogo della tragedia, dove il ricordo è ancora fresco.
“Non è giusto neppure fare del comandante della Costa Concordia l’archetipo del nostro peggio, anche se di elementi in tal senso ne ha forniti molti, non ultime le fotografie scattate dal suo avvocato e i selfie in posa sul ponte della Concordia, che speriamo vadano ascritti a una insensibilità patologica e non a ragioni commerciali.
“Nel gennaio 2012, non un secolo fa, su quel molo, nell’esatto punto dove abbiamo assistito alla sua spudorata esibizione, i sommozzatori allineavano i cadaveri delle vittime. Nessuno lo processerà mai per questo, ma ieri Francesco Schettino ha contribuito ad abbassare di qualche altro centimetro l’asticella della decenza”.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 28, 2014
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Schettino torna a bordo della Concordia
Sopralluogo a bordo del relitto della Costa Crociera oggi al quale prende parte anche il comandante Francesco Schettino, giunto sul luogo accompagnato dal legale Domenico Pepe. Al suo arrivo Schettino non ha rilasciato alcuna dichiarazione ai tanti cronisti presenti. Sul posto anche i pm di Grosseto e i giudici del processo. Assente il procuratore capo Francesco Verusio. Il sindaco dell’isola, Sergio Ortelli, tranquillizza i suoi concittadini per quel che riguarda il relitto: “Abbiamo imboccato il rettilineo finale perché sia rispettata la previsione di fine giugno per la rimozione della Concordia”. E ha aggiunto: “Quando avverrà la rimozione l’isola potrà ritornare pienamente alla sua vocazione per il turismo”.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 27, 2014
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Resta senza colpevoli il delitto di via Poma: Raniero Busco assolto
La Cassazione ha confermato la sentenza in Appello: Raniero Busco non ha ucciso l’ex fidanzata Simonetta Cesaroni 24 anni fa. Il delitto di via Poma, a Roma, resta così senza colpevoli. Busco, alla lettura della sentenza, è scoppiato in lacrime, sostenuto dai suoi familiari e dagli amici che hanno sempre creduto nella sua innocenza. Parole di delusione invece da parte della famiglia di Simonetta, uccisa negli uffici dell’Associazione Alberghi della gioventù a Roma in via Poma il 7 agosto del 1990: l’assassino infierì sul corpo della giovane segretaria con 29 coltellate. Fu la sorella Paola, assieme al datore di lavoro della vittima, a trovare il cadavere della giovane. In primo grado Busco era stato condannato a 24 anni di reclusione, salvo poi essere assolto in appello “per non aver commesso il fatto”. Quest’ultima sentenza era stata impugnata dalla Procura Generale di Roma ed anche il pg della Cassazione, al termine della requisitoria, aveva chiesto l’annullamento della sentenza di secondo grado e un nuovo processo. I Supremi giudici sono stati di diverso avviso ed hanno confermato l’assoluzione di Busco che diventa così irrevocabile. A seguito dell’assoluzione definitiva il legale dell’imputato, Franco Coppi, ha dichiarato: “Sono estremamente soddisfatto di questa decisione della Cassazione, e, del resto, non poteva che essere così, perché l’assoluzione era perfettamente motivata. Rimane il dispiacere per il barbaro omicidio di una giovane ragazza e spero che presto prendano il colpevole. Come cittadino, dopo verdetto, esprimo fiducia nella giustizia”. Delusione invece per i familiari di Simonetta, come spiega Federica Mondani, legale di parte civile dei Cesaroni: “Siamo ovviamente delusi da questo verdetto di assoluzione perché c’erano forti incongruenze. Adesso quello di Via Poma resta un delitto senza colpevoli. Rimaniamo convinti che c’erano elementi importanti contro Busco”. Roberta Milletarì, moglie di Busco, ha dichiarato: “Mio marito ed io siamo felicissimi, ci siamo liberati da un incubo. Adesso questa vicenda è finalmente sepolta”.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 26, 2014
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Schettino commosso all’Isola del Giglio: “Ci metto la faccia”
E’ l’avvocato di Schettino a rendere noto che il comandante della Costa Concordia, vedendo dal traghetto il relitto della Costa Concordia sullo sfondo dell’isola del Giglio, “si è emozionato molto. Non ha detto parole precise ma è stato sicuramente provato sotto il piano emotivo”. L’imputato è giunto ieri in vista dei sopralluoghi che si terranno domani: “Schettino è uomo di principi, è sempre stato una persona leale, quindi si può comprendere quanto gli possa essere costato venire a fare questo sopralluogo”, ha continuato l’avvocato Pepe. “D’altra parte è necessario sotto il profilo difensivo accertare determinate realtà, per cui, diciamo, l’ho quasi costretto a fare questo sopralluogo”. E ha aggiunto: “È infatti importante che il comandante possa riferire ai consulenti e, se necessario, al tribunale cosa si è verificato al momento del naufragio”. Domani Schettino assisterà al sopralluogo al generatore d’emergenza, che la sera del naufragio non funzionò. L’apparato serve a gestire una serie di meccanismi della nave in caso di avaria fra cui i timoni, gli ascensori, i bracci meccanici per l’ammaino delle scialuppe, le pompe di sentina. La presenza di Schettino al sopralluogo, secondo l’avvocato Pepe “è un anticipazione di quello che dovrebbe essere il giusto processo in Italia riconoscendo a ciascuno il suo ruolo”. Dal canto suo il comandante ha detto all’Ansa: “Sono all’isola del Giglio per contribuire all’accertamento della verità, mettendoci la faccia, come ho sempre detto”. E ha aggiunto: “Sono qui per assistere i miei consulenti impegnati negli accertamenti necessari a comprendere le cause e le dinamiche del mancato funzionamento di alcune apparecchiature”.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 26, 2014
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Schettino e la richiesta di tornare sulla Costa Concordia
Il 27 febbraio avrà luogo il secondo sopralluogo sulla Costa Concordia per la perizia al generatore di emergenza, che già poco dopo l’urto della nave non funzionò, e il comandante Schettino, tramite ai suoi legali, ha chiesto al tribunale di Grosseto di poter prendervi parte. La richiesta è stata presentata alla cancelleria del processo ed è stato sottolineato come sia un diritto dell’imputato quello di poter recarsi sui luoghi dei reati. Il Collegio dei giudici, come comunicato in udienza dal presidente Giovanni Puliatti, ha accettato la richiesta autorizzando Schettino a salire a bordo della Concordia.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 25, 2014
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Chiesti 20 anni per Varani, che ordinò l’aggressione con l’acido a Lucia Annibali
Ha tenuto lo sguardo basso Luca Varani, mentre il pm Monica Garulli ha chiesto per lui 20 anni di carcere nel corso del processo in svolgimento a Pesaro. L’uomo era il mandante dell’aggressione con l’acido a Lucia Annibali. Per i presunti sicari albanesi, Rubin Talaban e Altistin Precetaj, sono invece stati chiesti invece 18 anni. L’avvocato di parte civile Francesco Coli, che ha riportato anche il pensiero dell’Annibali, ha commentato: “Una pena bassa, in Bangladesh 20 anni sono la pena minima. D’altra parte lo ha ammesso anche il pm, che non poteva chiederne una più alta”. Su base matematica, infatti, la pena, tenuto conto tra l’altro gli anni per ciascun reato e delle aggravanti, sarebbe stata per Varani di 37 anni, ma comunque il pm non avrebbe potuto chiederne più di 30, e con lo sconto di pena previsto dall’abbreviato si è arrivati così a 20 anni. Lo stesso vale per i presunti sicari, per i quali la pena sarebbe stata di 27 anni.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 22, 2014
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Si torna al processo per la strage di Brescia: annullate due assoluzioni
Il 28 maggio 1974 a piazza della Loggia, a Brescia, esplodeva una bomba nascosta in un cestino dei rifiuti uccidendo otto persone e ferendone oltre cento. Ora, quarant’anni più tardi, la Cassazione ha accolto il ricorso presentato dalla procura generale di Brescia contro le assoluzioni di Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte. Si dovrà quindi celebrare un nuovo processo. Per l’ex estremista Delfo Zorzi è stata al contrario confermata l’assoluzione dell’ex estremista di destra Delfo Zorzi. Nell’apprendere la notizia uno dei feriti di quel drammatico giorno, Redento Peroni, ha commentato: “Meglio di così non poteva andare”.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 22, 2014
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Grillo e il processo No Tav: “Nove mesi? Passano in fretta…”
La Procura di Torino ha chiesto che Beppe Grillo venga condannato a nove mesi di reclusione con riferimento alla costruzione abusiva costruita nel 2010 e poi diventata uno dei simboli del movimento No Tav. Ora il leader del Movimento 5 Stelle ha deciso di prendere la parola e risponde spiegando che “9 mesi passano presto”. Grillo, inoltre, si dice tranquillo, pronto a scontare la pena. E rilancia con un appello di solidarietà per i NoTav.
Questo è un appello di solidarietà alla Val di Susa. Sono più di 500 inquisiti, tutti sotto processo per delle cose che io non riesco assolutamente a capire. Comunque io confido nella Giustizia. Sono calmo, sono sereno. Sono molto sereno. Non ho grossi problemi. Il PM ha chiesto nove mesi di reclusione perché io avrei rotto un sigillo “già portato via dal vento”, come scritto nella notifica. Era un sigillo che non c’era, un sigillo “inconsapevole”. Mi hanno invitato in una baita dove mangiavano della polenta e io sono andato a mangiare la polentina. Però io sono tranquillo: nove mesi passano presto. Voglio dare la mia solidarietà a Alberto Perino e a tutti i ragazzi della Val di Susa che devono risarcire un danno ipotetico di 215.000 euro, ne hanno già raccolto circa 100.000 e ne mancano altrettanti. C’è poco tempo e dobbiamo dargli una mano a risolvere questo problema. La TAV è un problema che non riguarda solo la Val di Susa, ma tutta l’Italia e forse tutta l’Europa, ma noi siamo tranquilli! La Giustizia farà il suo corso e io sono calmo, perfetto e non mi agito assolutamente. Aiuta la Valle a resistere! I contributi devono essere versati esclusivamente sul Conto Corrente postale per le spese legali NO TAV n.1004906838 IBAN: IT22L0760101000001004906838 intestato a Pietro Davy e Maria Chiara Cebrari.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 8, 2014
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Grasso si costituisce parte civile: rivoluzione?
Il presidente del Senato, Pietro Grasso, dopo aver ascoltato i diversi orientamenti espressi dai componenti del Consiglio di presidenza, ha dato incarico all’Avvocatura dello Stato di rappresentare il Senato della Repubblica quale parte civile nel processo sulla «compravendita di senatori» che inizierà il prossimo 11 febbraio presso il Tribunale di Napoli. “Il presidente – si legge in una nota – ha ritenuto che l’identificazione, prima da parte del Pubblico Ministero poi del Giudice, del Senato della Repubblica italiana quale ‘persona offesa’ di fatti asseritamente avvenuti all’interno del Senato, e comunque relativi alla dignità dell’Istituzione, ponga un ineludibile dovere morale di partecipazione all’accertamento della verità, in base alle regole processuali e seguendo il naturale andamento del dibattimento”.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 5, 2014
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Si può chiamare la suocera “vipera”: la Cassazione non la ritiene un’ingiuria
Michele D.A. era stato condannato in primo e secondo grado per ingiuria ma ora la Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna inflitta nel 2012 dal Tribunale di Nicosia (Enna) all’uomo che aveva definito “vipera” la suocera, ribadendo tre volte il ‘concetto’ agli agenti intervenuti a sedare il clima di litigiosità familiare. Per la Suprema Corte, infatti, le espressioni che si risolvono “in dichiarazioni di insofferenza” che non possono portare a processare chi le ha pronunciate. L’uomo era stato inizialmente giudicato colpevole per aver spiegato ai poliziotti che la suocera Santina era “scesa” nel suo appartamento “come una vipera, come una vipera, come una vipera!” dopo averlo sentito litigare con la moglie. Come spiega Blitz Quotidiano, ad avviso del Tribunale, l’espressione era senz’altro offensiva e per questo, su denuncia della ‘vipera’ Santina, il genero era stato condannato a una pena (la cui entità non è nota) e anche al risarcimento dei danni morali. In Cassazione, il difensore di Michele ha sostenuto la tesi della inoffensività della parola ‘vipera’, pronunciata dopo “un’aspra discussione, in un contesto litigioso ed ostile” e “comunque non indirizzata all’interessata, ma agli agenti intervenuti al fine di descrivere la scena”. I supremi giudici hanno ritenuto l’obiezione “fondata”. “Se è vero che il reato di ingiuria si perfeziona per il sol fatto che l’offesa al decoro o all’onore della persona avvenga alla sua presenza, è altrettanto vero – scrive l’alta Corte – che non integrano la condotta di ingiuria le espressioni che si risolvano in dichiarazioni di insofferenza rispetto all’azione del soggetto nei cui confronti sono dirette e sono prive di contenuto offensivo nei riguardi dell’altrui onore e decoro, persino se formulate con terminologia scomposta ed ineducata”. Da tali premesse, conclude il verdetto, “discende che la frase sopra riportata, pronunciata dopo un contrasto che aveva determinato l’intervento delle forze dell’ordine e per descrivere, nella concitazione del momento, le modalità dell’azione di Santina, non si connota in termini di offensività idonei a giustificare l’attivazione della tutela penale”. Condanna cancellata: “Il fatto “non sussiste”.
Pubblicato da tdy22 in febbraio 4, 2014
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Kabobo: rigettata l’istanza per il trasferimento in ospedale psichiatrico
Il Tribunale del Riesame di Milano ha rigettato l’istanza della difesa di Adam Kabobo, il ghanese che lo scorso maggio ha ucciso tre passanti a colpi di piccone, di trasferimento in un ospedale psichiatrico giudiziario e malgrado una perizia avesse parlato della necessità del trasferimento in Opg. Una perizia richiesta dalla difesa e depositata dal medico legale Marco Scaglione, nominato dai giudici del Riesame, sosteneva che la situazione di Kabobo non era compatibile con il carcere. Il perito aveva accertato che per curare adeguatamente la forma di psicosi schizofrenica di cui soffre in ghanese sarebbe stato necessario un trasferimento in un ospedale psichiatrico giudiziario, sempre in regime di custodia cautelare, e come misura di sicurezza per la sua pericolosità sociale. In un’udienza svoltasi lo scorso lunedì, e alla quale era presente lo stesso Kabobo, si era discusso della perizia e oggi è arrivata la risposta dei giudici del Riesame che, con un provvedimento di sette pagine, hanno respinto l’istanza della Difesa e deciso che il ghanese deve restare in carcere a San Vittore. I legali di Kabobo hanno già preannunciato che faranno ricorso in Cassazione. Un’istanza analoga era stata respinta nei mesi scorsi dal gip e da qui il ricorso al Riesame. Il processo con rito abbreviato a carico del ghanese per il triplice omicidio, avvenuto lo scorso 11 maggio, è fissato per il prossimo 6 febbraio davanti al gup Manuela Scudieri. A rappresentare l’accusa ci sarà il pm Isidoro Palma.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 31, 2014
https://tuttacronaca.wordpress.com/2014/01/31/kabobo-rigettata-listanza-per-il-trasferimento-in-ospedale-psichiatrico/
La difesa di Briatore: “Non sono un evasore, pensavo di essere in regola”
Flavio Briatore è indagato per reati fiscali legati al noleggio dello yacht Force Blue ma l’imprenditore, nel corso dell’interrogatorio davanti al gup Nadia Magrini, si è difeso affermando: “Non sono un evasore, pensavo di essere in regola. Se la guardia di finanza mi avesse detto che dovevo pagare lo avrei fatto senza problemi”. A Briatore i sostituti procuratori Walter Cotugno e Patrizia Petruzziello contestano di aver ‘simulato’ il noleggio del Force Blue per godere di tariffe agevolate in particolare sul carburante, quando lo yacht era invece solo nella sua disponibilità. L’imprenditore ha ripercorso la sua scalata nel mondo del lavoro, parlando di tutti i suoi affari dalla Formula Uno al Billionaire fino all’uso dello yacht. “Ho usato il mio nome per fare pubblicità all’imbarcazione, che ha sempre e solo fatto attività di noleggio. Ho messo i soldi per ristrutturarlo, come ho fatto anche in altre mie attività imprenditoriali”.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 28, 2014
https://tuttacronaca.wordpress.com/2014/01/28/la-difesa-di-briatore-non-sono-un-evasore-pensavo-di-essere-in-regola/
Uccise un ladro: assolto perchè “non ci sono prove della colpa”
Era il 25 novembre 2012 e Angelo Cerioli, proprietario di un negozio di giardinaggio nel Bergamasco, a Caravaggio, sparava a un ladro che stava infrangendo con una mazza una vetrina della sua attività. In seguito, ha sempre dichiarato di aver sparato a caso, dalla finestra della sua abitazione, al cui piano terra vi è il negozio, al solo fine di intimidire i ladri ma la vittima, il romeno Dumitru Baciu, morì sul colpo. In un primo momento, Cerioli venne accusato di omicidio volontario. Il pm, successivamente, derubricò il reato a eccesso colposo di legittima difesa. Ora, secondo i giudici, “non ci sono le prove della colpa” e hanno così deciso di assolverlo.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 23, 2014
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Kabobo uccise tre persone con l’accetta: per lui l’ospedale psichiatrico
Era l’11 maggio quando, a Milano, Adam Kabobo seminò il panico per le strade del capoluogo lombardo uccidendo tre passanti a colpi di piccone. Il ghanese però non resterà in carcere: sarà trasferito in ospedale psichiatrico perchè le sue condizioni di salute mentale sono incompatibili con il carcere. Ad accertarlo una perizia disposta dal tribunale del Riesame di Milano, che sulla base della perizia dovrà decidere. Erano stati i difensori di Kabobo a presentare un’istanza con cui chiedevano il trasferimento dell’uomo in un luogo di cura, sempre in regime di custodia cautelare e oggi è stata depositata l’integrazione della perizi. La relazione del medico sarà discussa in un’udienza fissata per il 27 gennaio. Quindi i giudici del riesame prenderanno una decisione sull’eventuale trasferimento dell’imputato per il quale il procedimento con rito abbreviato comincerà il 6 febbraio davanti al gup Manuela Scudieri.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 20, 2014
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La morte di Jacko: confermata la condanna a 4 anni al medico
Era stato rimesso in libertà lo scorso ottobre Conrad Murray, il medico di Michael Jacksn, condannato a quattro anni per omicidio involontario dell’icona musicale nel novembre 2011 e uscito anticipatamente. Il medico aveva sempre professato la propria innocenza, sostenendo che le prove contro di lui erano insufficienti. Ora, però, la Corte d’appello del secondo distretto della California ha confermato la condanna a 4 anni. Come spiega SkyTg24:
La Corte d’appello ha giudicato invece che le “false dichiarazioni” del medico e i suoi “sforzi per ripulire la camera” di Jackson prima dell’arrivo della polizia, “sono la prova di un sentimento di colpevolezza”.
Il cantante morì a Los Angeles il 25 giugno 2009, all’età di 50 anni, per una overdose di propofol, un anestetico chirurgico che gli veniva somministrato regolarmente dal suo medico per farlo dormire.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 16, 2014
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Irvine e Moratti: condanna a sei mesi dopo la rissa all’Hollywood
Nel dicembre 2008 l’ex pilota di Formula Uno Eddie Irvine era stato protagonista, con Gabriele Moratti, il figlio dell’ex sindaco di Milano, di una rissa nel privè di una nota discoteca milanese, l’Hollywood. I due si erano denunciati a vicenda con l’accusa di lesioni. Il loro scontro, ora, è finito in parità: entrambi sono stati condannati a sei mesi al termine di un processo durato quasi tre anni. Il giudice ha trasmesso gli atti alla Procura per una serie di false testimonianze.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 9, 2014
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17 capi d’accusa per l’uomo che investì e uccise la neosposa Alice Gruppioni
Era l’agosto 2013 quando, a Venice Beach, in California, un uomo investì, uccidendola, la 32enne Alice Gruppioni, turista bolognese in luna di miele. Ora Nathan Louis Campbell, 38 anni, verrà processato con l’accusa di omicidio. Lo ha stabilito il giudice della contea di Los Angeles, che nei confronti dell’uomo ha emesso 17 capi di accusa, compresa l’omissione di soccorso. Campbell, che ferì anche altre 17 persone, dopo essere fuggito, si costituì poche ore dopo presso una stazione di polizia di Santa Monica. La famiglia di Alice Gruppioni, contattata per un commento sulla decisione del giudice di Los Angeles, ha fatto sapere che preferisce non rilasciare dichiarazioni. Una persona vicina alla famiglia di imprenditori di Pianoro ha detto che il rinvio a giudizio per Nathan Campbell viene ritenuto un atto dovuto e scontato. E che è intenzione della famiglia andare avanti nei processi, civile e penale.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 9, 2014
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Grana per Parolisi: indagato per le notti in caserma. E non è solo
E’ il Corriere della Sera a rendere noto che alla caserma Clementi di Ascoli Piceno, la magistratura ha raccolto testimonianze delle vittime che avrebbero ricevuto inviti espliciti a fare sesso. Al momento, ci sono dodici indagati fra cui lo stesso Parolisi ch esi sarebbe intrattenuto con le allieve a “bere” dopo la mezzanotte…
Emerge lo spaccato di un mondo militare pruriginoso, dove il rigore della disciplina di caserma vacilla sull’incontro dei due sessi. Da una parte i soldati che addestrano e comandano, dall’altra le allieve che ascoltano e obbediscono. In mezzo, qualche tentazione. Il soldato Enza, per esempio, l’ha raccontata così al comandante della Clementi chiamato dalla procura a una relazione informativa: «Un giorno il caporal maggiore mi si è rivolto chiedendomi cosa gli potevo dare per sapere la mia destinazione. Dissi “nulla, aspetto altri due giorni e lo saprò”». E l’altro, sempre secondo l’allieva: «Devi offrire te stessa a me e poi agli altri istruttori. Mi devi dire se sei vergine o meno, perché se lo sei devo prendere delle precauzioni, altrimenti devo prenderne altre, ad esempio frustini…». Ma non scherzava? «Forse ma a me non piaceva». Di giorno in mensa , di sera negli uffici del plotone.
La procura ha stilato l’elenco:
«Il caporal maggiore dopo il contrappello riceveva alcune allieve con cui si intratteneva per bere e scambiarsi effusioni… G.M. dopo la mezzanotte contattava via sms l’allieva Simona invitandola a raggiungerlo in ufficio per chiacchierare e avere un rapporto sessuale… ». E avanti così, tratteggiando la caserma di Ascoli come qualcosa di boccaccesco. Naturalmente la stragrande maggioranza delle allieve non partecipava agli incontri proibiti, molte ne ignoravano pure l’esistenza, altre li rifiutavano. Come Monica: «Il sottufficiale si è avvicinato a me e mi ha abbassato leggermente la cerniera della giacca della tuta. Io mi sono allontanata riordinando l’uniforme — ha messo a verbale — Vedendomi infastidita mi ha detto che l’aveva fatto perché faceva molto caldo». Nonostante la mimetica, un argomento forte era il décolléte di Gaia. «Lui era entrato nella camerata e diceva di essere intervenuto per un problema tecnico — ha raccontato — Poi ha iniziato a dire che avrebbe preferito entrare nelle diverse camerette a trovare le volontarie in biancheria intima invece che in uniforme, infine mi ha espresso apprezzamenti sulla mia scollatura… ».
Ma non è tutto:
Poi c’è il capitolo «violenza contro inferiore, minacce e ingiurie», dove a farla da padrone è sempre il caporale G. M., rispetto al quale, in questo caso, sfigurerebbe anche il duro sergente Hartman di Full Metal Jacket, quello che chiamava l’allievo «palla di lardo». Ecco il suo vellutato sistema di addestramento: «Vi faccio sputare sangue, mi sembrate delle pecore, lo sapete cosa fa il pastore con le pecore… mi fate schifo… Tu sei una casalinga non idonea alla vita militare, hai i prosciutti al posto delle gambe, chiatta, balena… Siete delle galline, delle pappe molli, siete tutte z…», e avanti così, edulcorando e rimanendo alle espressioni più gentili.
Pubblicato da tdy22 in gennaio 4, 2014
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Moggi: “Galliani uno dei principali attori di calciopoli”
L’ex dg della Juve attacca l’ad del Milan in occasione dell’inaugurazione del nuovo “Juventus Club Prato”: “Adriano Galliani è uno dei principali attori di un sistema che non è ancora davvero venuto fuori”. Moggi, dopo esser stato condannato anche in appello, continua a professarsi innocente: “Il secondo grado di giudizio è valso una riduzione della pena, tutto cadrà in terzo grado e allora qualcuno si farà male”. Non scorda però il comportamento del club bianconero tenuto nei suoi confronti: “Io sono anni che faccio le mie accuse ma nessuno mi ha mai querelato, è per questo che sono innocente-. A mettere nei guai me e Giraudo è stato l’avvocato della Juventus, Zaccone, non so se si vergognerà ma dovrebbe fare almeno pubblica ammenda. La faccenda di Paparesta chiuso nello spogliatoio? Era solo una battuta”. Infine una frecciata a Franco Baldini, suo grande accusatore: “Quando ha lasciato la Roma la squadra ha iniziato a vincere, ora che è andato al Tottenham la squadra ha iniziato a perdere”.
Pubblicato da tdy22 in dicembre 29, 2013
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Peggio che mai: la Minetti bastonata dai tabloid americani
I giornali esteri Tmz e NyDailyNews hanno preso di mira Nicole Minetti che si gode le vacanze sotto il sole di Miami, chiedendosi come faccia l’ex consigliera regionale ad essere così rilassata essendo stata recentemente condannata a cinque anni di reclusione per favoreggiamento alla prostituzione. La Minetti si è trasferita da qualche mese in America, tra Miami e New York, dove abita il suo fidanzato ristoratore milionario Cipriani, per sfuggire ai giornali italiani. E invece è finita nelle maglie dei tabloid anglosassoni, molto più crudeli. Come sottolinea Dagospia, se in Italia si possono trovare titoli simili a “Nicole si rilassa al sole di Miami”, “TMZ” usa l’epiteto di
“Silvio Berlusconi’s hooker wrangler hanging out in Miami…Before prison” (tradotto con licenza poetica: “La domatrice di mignotte si diverte a Miami…prima della prigione”), e si chiede come mai una condannata a 5 anni di prigione in primo grado possa lasciare il proprio Paese e svacanzare oltreoceano (la risposta? “Basta guardare il suo c**o”). Poi passa l’inglese “Daily Mail” e ingioiella i bikini della nostra Nicole con la seguente didascalia: “Miami vice: Anglo-Italian woman sentenced to five years for pimping prostitutes for Berlusconi enjoys herself on Florida beach as jail term is delayed. Showgirl is not behind bars because she is appealing her conviction” (“Miami Vice: donna anglo-italiana condannata a 5 anni di prigione per aver fatto la pappona delle prostitute di Berlusconi si gode le spiagge della Florida mentre la sua pena viene rimandata. Non si trova dietro le sbarre perché ha appellato la sua condanna”).
Il tutto è corredato da gallery fotografiche che mostrano la Minetti intenta a godersi le sue vacanze con un bikini che non passa inosservato.
Pubblicato da tdy22 in dicembre 29, 2013
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La condanna di Parolisi: “Gravi gli indizi consistenti”
Il 30 settembre Salvatore Parolisi veniva condannato, in secondo grado, a 30 anni di reclusione per l’omicidio della moglie, Melania Rea, scomparsa il 18 aprile 2011. Ieri sono state rese note le motivazioni e la Corte d’assise d’appello dell’Aquila che così spiega la sentenza: “Gravi sono gli indizi consistenti, cioè resistenti alle obiezioni e quindi attendibili e convincenti”. I difensori dell’ex caporalmaggiore hanno annunciato che ricorreranno in Cassazione. Secondo la Corte, inoltre, il risalto mediatico della vicenda potrebbe “avere inevitabilmente influito sulla genuinità dei ricordi delle persone informate sui fatti”, ricordi “inconsapevolmente contaminati dalle notizie e dalle immagini ripetutamente diffuse dai mass media”. Tuttavia, “ciò che nella specie conforta l’attendibilità delle dichiarazioni testimoniali è il riscontrarsi reciproco dei riferimenti anche tra persone che non hanno avuto modo di confrontare le rispettive percezioni, perché non facenti parte dello stesso gruppo di amici o dello stesso nucleo familiare”. La Corte fa inoltre notare che “tutte le persone presenti hanno avuto modo di vedersi e ricordare di essersi viste reciprocamente, ma nessuno ha visto Parolisi e la figlia nei pressi delle altalene e ciò conduce alla logica conclusione che non ci fossero, e che l’imputato abbia sul punto, già solo per la concludenza di siffatti riferimenti testimoniali, evidentemente mentito”. Melania, continuano le motivazioni, “non può essere scomparsa dal luogo e nell’orario indicati dal Parolisi”, mentre Salvatore “non è rimasto con la figlia nella zona delle altalene dopo l’asserito allontanamento e fino ai primi tentativi di chiamata all’utenza cellulare della moglie”.
Pubblicato da tdy22 in dicembre 24, 2013
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La verità di Schettino: “Mi fu ordinato di restare a terra”
“Eravamo al Giglio, verso le 3 di notte, quando il comandante Schettino mi passò il telefono. Parlaci te, mi disse. Dall’altra parte chiedevano da terra chi fosse disponibile a risalire sulla nave per verificare la situazione. Alla fine ci tornai io”. E’ quanto ha raccontato il safety officer della Costa Concordia, Martino Pellegrini, nella sua testimonianza al processo di Grosseto sul naufragio della nave da crociera. Sulla quella testimonianza è tornato lo stesso Schettino, in occasione di un’intervista al quotidiano “La Nazione”, durante la quale racconta la sua versione dei fatti. Schettino ha raccontato che, mentre era sul porto del Giglio, gli fu ordinato di “rimanere a terra a disposizione. Anche perché il giorno dopo sarebbero arrivati i responsabili della Compagnia. Solo deluso dal comportamento di Pellegrini, poco etico per un primo ufficiale. E’ stato reticente. Solo dopo che mi fu detto di rimanere a terra, passai il telefono a Pellegrini”. Per quel che riguarda i fatti di quella notte, riassume: “Pellegrini aveva gli occhi lucidi, aveva paura. Credeva che la nave non fosse stabile dopo il ribaltamento. Voleva parlare con sua moglie, gli detti il mio telefonino. E’ la verità, basta chiedere agli inquirenti e controllare le telefonate. Poi arrivò un gommone dei vigili del fuoco, caricò Pellegrini, e si diresse verso la nave. Salì la biscaggina di sinistra, illuminata dalla motovedetta. Quando lo rividi dopo neanche un’ora mi disse testualmente: era inutile che salissi”. Nega quindi la versione secondo la quale sarebbe rimasto defilato e in balia degli eventi. “Tutti gli ordini impartiti al comandante in seconda, Roberto Bosio, uscirono dalla mia bocca. Lui ripeteva soltanto quello che gli dicevo alla radio di bordo. Invece sembra che io sia rimasto in silenzio in balia degli eventi. Anche gli ordini delle emergenze sono stati impartiti da me e divulgati attraverso la catena di comando di bordo. Tutto registrato dal vdr. Anche se qualcuno vuol far credere il contrario”.
Pubblicato da tdy22 in dicembre 15, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/12/15/la-verita-di-schettino-mi-fu-ordinato-di-restare-a-terra/
Costa Concordia: al processo parla l’uomo che ordinò “Schettino, torni a bordo, ca**o”
Prosegue il processo di Grosseto dove oggi è stato sentito come teste Gregorio De Falco, della capitaneria di porto di Livorno, salito agli onori della cronaca per la telefonata con Schettino al quale dava il perentorio ordine: “torni a bordo, ca**o”. E’ lui stesso a spiegare che dalla Costa Concordia ammisero la falla solo venendo contattati più volte da terra, in particolare dalla capitaneria di Livorno. De Falco ha ricordato che “alle 22.38 (l’urto è delle 21.45, ndr) la nave dava il segnale di distress. Chiamo io la nave perchè non convince la situazione di apparente tranquillità che loro dichiaravano. A seguito di questo ammettono che c’è una falla e non un semplice black out, così possiamo inviare motovedette ed elicotteri” di soccorso. E ancora: “Mentre dalla nave ci davano rassicurazioni sulla situazione a bordo, i carabinieri di Prato ci avevano avvisato della telefonata di una parente di una passeggera secondo cui la nave era al buio, erano stati fatti indossare i giubbotti di salvataggio, erano caduti oggetti e suppellettili: circostanze non coerenti con quanto dichiarato dalla nave”. Ricordando la sera del 13 gennaio 2012 alla sala operativa della capitaneria di Livorno, ha spiegato ancora: “Questo ci fece pensare che la situazione era più grave” e “nessuno dalla Concordia aveva ancora chiamato per chiedere soccorso”. Quel 13 gennaio, quando poco dopo le 22 vennero effettuati i primi contatti via radio, dalla nave non parlarono della falla, riferendo alla capitaneria di avere un black out e che sarebbero rimasti al Giglio per verificare l’avaria.
Pubblicato da tdy22 in dicembre 9, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/12/09/costa-concordia-al-processo-parla-luomo-che-ordino-schettino-torni-a-bordo-cao/
Fermato per droga! I nuovi guai di Justin Bieber
Marijuana in un quantitativo illegale nel bagaglio di un suo collaboratore e Justin Bieber torna alla ribalta. La popstar più chiacchierata del momento ha infatti trascroso due ore all’aeroporto di Brisbane in compagnia del suo entourage dopo che sono stati fermati per possesso di droga. Liberati, sono stati denunciati e dovranno affrontare un processo. Ma non solo il fermo, Bieber è stato protagonista anche di una reazione isterica durante la quale ha pesantemente insultato l’agente di polizia donna che ha effettuato i controlli. “Sei solo una femmina”, avrebbe detto il cantante prossimo a diverse date in calendario valide per il suo tour. Solo la minaccia di un arresto immediato ha fermato la sua ira.
Pubblicato da tdy22 in dicembre 7, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/12/07/fermato-per-droga-i-nuovi-guai-di-justin-bieber/
“La Juve dovrebbe riavere i due scudetti”: ecco perchè
E’ prevista per il 17 dicembre la sentenza definitiva per Luciano Moggi nell’ambito del processo su Calciopoli e due giorni fa Maurilio Prioreschi, il suo avvocato, ha tenuto l’arriga difensiva per smontare tutti i capi d’accusa a carico del suo assistito. In seguito, nel corso della trasmissione Stile Juventus in onda su Radio Manà Sport, il legale è stato intervistato da Nicola De Bonis. Parlando ai microfoni, ha così avuto l’occasione di fare il punto della situazione ed ha spiegato che, nel suo discorso alla Corte, ha tentato di far comprendere come i campionati non fossero stati alterati e non vi sia prova del contrario. Per quel che riguarda i capi d’imputazione relativi ai match Udinese-Brescia e Milan-Juventus, in particolare, i conti sembrerebbero non tornare: secondo la sentenza di primo grado, ci sarebbero stati dei contatti tra le schede svizzere attribuite agli arbitri Dattilo e Bertini, ma dai tabulati emerge in realtà che il primo presunto contatto è avvenuto a novembre del 2004 ossia due mesi dopo la partita giocata a settembre dello stesso anno: come potrebbe dunque aver ricevuto indicazioni sui giocatori da ammonire come viene affermato nella sentenza? Parlando inoltre del processo di Napoli, sempre Prioreschi ha sottolineato che quando la giudice Casoria è stata processata davanti al Consiglio Superiore della Magistratura ha ammesso di aver subito delle pressioni da parte della Procura affinché si astenesse.
Certamente il clima napoletano dopo un’indagine di 2-3 anni fatta in quella maniera non era il posto ideale per tenere un processo, e poi Napoli non è il giudice competente, se si fosse fatto in un altro ambiente ci sarebbe stato un clima più sereno.
Il legale ha precisato anche che non ritiene impossibile che la Juventus torni in possesso dei due scudetti cancellati: se Moggi venisse assolto allora si potrebbe chiedere la revisione dei processi sportivi. E spiega:
La federazione avrebbe dovuto ridare gli scudetti dopo il primo grado della sentenza di Napoli e dopo l’archiviazione per prescrizione chiesta da Palazzi, ma abbiamo a che fare con una federazione che è una specie di setta, però la battaglia si potrebbe fare.
Il problema, tuttavia, risiede nel fatto che l’idea che la Juve abbia “rubato” i due scudetti sia ormai largamente diffusa dopo quanto riportato dalla stampa e che quindi non sarebbe facile ribaltare la situazione. Le critiche dell’avvocato, in particolare, si concentrano sul modo in cui sono state utilizzate le intercettazioni:
“Ci sono 8 telefonate intercettate che vanno dai 12 ai 66 secondi, ma non abbiamo trovato alcuna trascrizione, nonostante ci siano 170 mila telefonate registrate nel database con tanto di orario, data e numero”
Pubblicato da tdy22 in dicembre 5, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/12/05/la-juve-dovrebbe-riavere-i-due-scudetti-ecco-perche/
Il padre l’abbandona in fasce: a 18 anni, gli fa causa e vince
Abbandonata dal padre subito dopo la sua nascita, diciotto anni fa. Da quello stesso genitore che l’aveva riconosciuta come frutto del suo seme ma che preferì andarsene a Modena dove si creò una nuova vita e un’altra famiglia . Lei però non si è mai arresa e, appena diventata maggiorenne, gli ha fatto causa, vicendo. Il padre che se ne andò dovrà risarcirla di mille euro per ogni anno trascorso senza di lui fino ai 18 anni e 500 per quelli a venire. Lei, di Arezzo, in questi anni ha tentato con tutte le sue forze di instaurare un rapporto con l’uomo, ma lui non si è mai avvicinato: due brevi incontri in un bar, nulla di più. Diciotto anni sono sufficienti per rincorrere chi ti ha dato la vita e la giovane ha così deciso di far causa a quel padre che non ha mai voluto sostenerla né economicamente, né moralmente. Lei aveva chiesto un risarcimento di oltre centomila euro ma il giudice, che pure le ha dato ragione, le ha riconosciuto una somma forfettaria di 1000 euro all’anno fino al raggiungimento della maggiore età, e di 500 dopo averla superata. “Il giudice ha ritenuto superfluo persino sentire i numerosi testimoni indicati dalla querelante, dato che il padre non ha mai negato la circostanza di non averle prestato assistenza, morale oltre che materiale”, spiega l’avvocato aretino Iacopo Gori, legale della ragazza, che prosegue: “L’importanza della sentenza sta proprio nel riconoscimento di un danno esistenziale per effetto della lesione di un diritto costituzionalmente tutelato, ossia quello alla famiglia e ad un normale rapporto con entrambi i genitori, in termini di accompagnamento alla crescita, e non soltanto in senso classico patrimoniale come siamo abituati a pensare”.
Pubblicato da tdy22 in novembre 27, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/11/27/il-padre-labbandona-in-fasce-a-18-anni-gli-fa-causa-e-vince/
Insulta la suocera via sms: dovrà sborsare 2mila euro
Un Giudice di pace di Treviso ha inflitto a un 24enne marocchino residente a Conegliano, nel Trevisano, la sanzione di 500 euro condannandolo anche a pagare le spese processuali, a risarcire la 45enne con 350 euro e a rimborsarle le spese legali per 1.200 euro. Questo a seguito del dibattimento nato dalla querela presentata da una 45enne nata in città e ora residente in Calabria, costituita parte civile nei confronti di Walid Ouai, accusato di ingiurie. Il giovane, nel giugno dell’anno scorso e ripetutamente, avrebbe offeso la madre della sua compagna. Tali ingiurie, spiega il Gazzettino, si sarebbero succedute prima via messaggio sul telefono cellulare («falsa di m…, p…»), sia nel corso di incontri ai quali avrebbero assistito anche altre persone. Le frasi contestate al 24enne appaiono minacciose («ti spezzo le gambe, ti mando alla tomba, non ho mai conosciuto una p… come te, se eravamo in un altro Paese ti avrei già sistemata»), ma ad Ouai erano contestate solo le ingiurie. Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna dell’imputato a 600 euro di multa.
Pubblicato da tdy22 in novembre 24, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/11/24/insulta-la-suocera-via-sms-dovra-sborsare-2mila-euro/
Yara Gambirasio e l’imprenditore che forse conosce l’assassino
Ci potrebbero essere novità sul caso Yara. Ieri, in Procura a Bergamo, gli inquirenti hanno sentito per oltre due ore un giovane bergamasco. L’uomo, secondo Quarto Grado, è un albergatore originario di un paese che dista cinque chilometri da Brembate di Sopra e non era mai stato sentito dagli investigatori nè era mai stato sottoposto al prelievo del Dna. Per la trasmissione, che andrà in onda questa sera su Retequattro, il giovane, che non è formalmente indagato, ma sul quale sono in corso ulteriori accertamenti, ha dichiarato ai microfoni di Quarto Grado di avere alcuni amici il cui Dna è stato confrontato con quello dell’assassino di Yara (‘Ignoto 1’). Il ragazzo, inoltre, avrebbe risposto anche a domande su suoi conoscenti impiegati – ai tempi della scomparsa di Yara – nei lavori di costruzione del centro commerciale di Mapello. La trasmissione svelerà, inoltre, che tra i numerosi capelli, peli e tessuti epiteliali repertati sul corpo di Yara Gambirasio nel campo di Chignolo d’Isola, alcuni non appartengono alla giovane nè sono di origine animale. La notizia è stata data questa mattina, in un incontro di tre ore, alla titolare delle indagini, il pm Letizia Ruggeri, dal dottor Carlo Previderè, ricercatore del Dipartimento Medicina Legale e Scienze Forensi dell’Università di Pavia, nominato consulente della Procura di Bergamo. I reperti saranno ora ulteriormente analizzati per tentare di risalire ai gruppi etnici di appartenenza e, se lo stato di conservazione lo permetterà, all’individuazione di precisi profili genetici.
Pubblicato da tdy22 in novembre 22, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/11/22/yara-gambirasio-e-limprenditore-che-forse-conosce-lassassino/
Violenta una coetanea a 10 anni: dipendenza dalla pornografia
Ha 13 anni e a Mold, in Galles, deve recarsi ogni giorno a firmare il registro della Corte dopo che, tre anni fa, aveva violentato una sua coetanea. Il ragazzino aveva ammesso di aver compiuto la violenza dopo esser diventato dipendente dalla pornografia online: il desiderio di agire in questo modo, infatti, sarebbe stato provocato dalla visione di scene viste in filmini trovati sul web. Il giudice che si è occupato del caso l’ha definito “Un caso molto triste”. “Il piccolo è stato trascurato dalla madre per molti anni, che lui passava a guardare porno sul computer”. Non solo, in aula è anche emerso che il ragazzo avrebbe assistito ai rapporti sessuali della madre, senza che la donna glielo proibisse. “Se non fosse stato praticamente un bambino, sarebbe stato condannato a 10 anni di carcere – ha detto il giudice Niclas Parry – è cresciuto in una casa senza confini sessuali”.
Pubblicato da tdy22 in novembre 20, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/11/20/violenta-una-coetanea-a-10-anni-dipendenza-dalla-pornografia/
Disastro ecologico senza responsabili, tutti assolti per la Prestige
Dopo 9 mesi di processo, la maggiore catastrofe ambientale mai avvenuta in Europa non ha responsabili. Sono infatti tutti assolti dall’accusa di reato contro l’ambiente il capitano della petroliera, il capo macchine e l’allora direttore generale della Marina Mercantile. Il naufragio della petroliera Prestige, avvenuto il 13 novembre del 2002, salpata da San Pietroburgo e diretta a Gibilterra, che si rovesciò al largo delle coste spagnole resta impunito. La sentenza ha riconosciuto come responsabile dei danni civili la compagnia assicuratrice della Prestige.
Pubblicato da tdy22 in novembre 13, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/11/13/disastro-ecologico-senza-responsabili-tutti-assolti-per-la-prestige/
Sentenza prima di sentire la difesa: processo per pedofilia da rifare
Davide Zago è un 37enne di Limena, in provincia di Padova, docente di Educazione fisica e allenatore con la tessera Figc (Federazione italiana gioco calcio), accusato di violenza sessuale continuata e aggravata su tre bambini di 10, 5 e 4 anni. Il procedimento nei suoi confronti era iniziato il 5 ottobre 2010, alla presenza del gup Sonia Bello. Prima vari rinvii e poi, il 13 novembre 2012, si conclude la discussione delle parti. Come spiega il Mattino di Padova, “alla vigilia della sentenza, Sonia Bello si è assentata dal lavoro per gravi e giustificati motivi. Al suo posto, dopo alcuni mesi, viene applicato il giudice Chiara Bitozzi che, la scorsa estate, eredita una valanga di fascicoli da smaltire. Tra cui quello sul caso di Davide Zago”. A questo punto, nonostante il giudizio abbreviato sia quasi concluso e manchi solo la sentenza, vista la presenza di un nuovo gup “si impone di rifare la discussione e si fissano due udienze. Il 25 ottobre il pm Benedetto Roberti pronuncia la sua (seconda) requisitoria, reclamando di nuovo la condanna a 4 anni e otto mesi. Ieri la parola doveva passare ai legali della parte civile (gli avvocati Roberto De Nicolao e Fabio Greggio) e al difensore (l’avvocato Paolo Marson), poi si attendeva la sentenza del gup Chiara Bitozzi, chiamata a pronunciarsi nell’ambito di un giudizio abbreviato che si svolge ‘allo stato degli atti’ in camera di consiglio (non è pubblico) e consente di ottenere lo sconto di un terzo della pena per legge.” Ma ieri mattina, appena entrata in aula, il giudice ha fatto l’appello, si è alzata in piedi e ha iniziato a leggere la sentenza. Gli avvocati hanno fatto in tempo ad ascoltare l’articolo del codice di procedura che annunciava il verdetto di colpevolezza. Poi l’hanno interrotta. Sia i legali di parte civile, gli avvocati Roberto De Nicolao e Fabio Greggio, che il difensore dell’imputato, il penalista Paolo Marson, le hanno fatto notare di non aver ancora avuto la parola. “Signor giudice, si fermi… Non è ancora stata data la parola alla parte civile e ai difensori”. Il gup si blocca. “Mi scuso. Mi sono sbagliata ero convinta fosse stata completata la discussione… Diamo atto nel verbale che è stata iniziata erroneamente la lettura del dispositivo…” ammette e subito dichiara la propria astensione. Spetterà a un altro gup pronunciarsi perché lei, avendo anticipato la sentenza (di colpevolezza), non ha più la veste d’imparzialità. L’avvocato Marson non nasconde l’amarezza: “È mortificante… Indica la considerazione che può avere l’intervento della difesa tra i giudici. Non vale proprio la pena di pensare a quanto dicono i difensori? Mi spiace che sia accaduto con un giudice che è sempre molto attenta e scrupolosa”. Da parte loro, i genitori di una delle vittime: “Siamo devastati. Sono anni che attendiamo la sentenza e giustizia”. La svista è stata colossale e ora è tutto da rifare.
Pubblicato da tdy22 in novembre 13, 2013
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Processo Concordia: “Un forte boato. E subito arrivò un’ondata”
Mentre prosegue il processo per il naufragio della Concordia, a testimoniare oggi sono gli ufficiali di macchina. Il primo ad essere stato ascoltato è stato il terzo ufficiale, Hugo Di Piazza, che ha ricostruito così il tragico momento dell’impatto: “Ispezionavo il ponte inferiore, zona cambusa, sentii un forte boato. E subito arrivò un’ondata. In breve ebbi il mare alle ginocchia. Tornai indietro, verso poppa, salii ai ponti superiori da una scala a pioli, mi salvai. Andai in centrale macchine, c’era tanta paura», le sue parole sul momento del drammatico urto contro gli scogli”. L’ufficiale tentò subito di raggiungere un telefono per avvisare la centrale macchine ma “un getto di una decina di metri mi travolse di spalle, dalla parte sinistra”. E ricorda: “Tornai indietro e chiusi una porta stagna, ma l’acqua filtrava anche da qui. Allora andai a una sfuggita, una scala a pioli che porta al ponte superiore ma la porta d’accesso era bloccata, forse per le deformazioni causate dall’urto alla nave”. “Ho aperto altre porte e c’era acqua che zampillava”, allora “mi sono diretto a poppavia, ho raggiunto un’altra ‘sfuggita’, da qui presi l’uscita che portava al ponte superiore dove sono riuscito a salire di sopra, quindi raggiunsi la sala macchine”. Per Di Piazza, presente nella ‘pancia’ della nave, si trattava delle “prima volta di guardia”. “Che vuol dire avere panico? Quando sei in centrale macchina e hai l’acqua ai piedi, vuol dire che sei lì per lì per… “. “Lì per lì cosa? Cioè che stavate per rischiare la vita?”, “Sì”. E in mezzo alla concitazione di quei momenti, “Nonostante cercassimo di aiutarli, i passeggeri ci hanno preso a male parole, ci insultavano. Non era facile gestire l’emergenza a bordo”. In quei momenti, il direttore della centrale macchine Giuseppe Pillon rispondeva alla domanda “Ma dove abbiamo toccato?” rivoltagli da Schettino alle 22.09 via telefono: “Ma comandante, qui è tutto perso, i generatori 4, 5, 6 non ce li abbiamo, e anche l’1, 2 e 3. E il quadro elettrico principale pieno d’acqua. C’è uno squarcio laterale, evidentemente, ma non l’ho visto”. La telefonata è stata fatta ascoltare oggi dai pm in udienza. Di questa chiamata e di altre, Di Piazza aveva colto alcune frasi dopo aver raggiunto la centrale macchine, essendo riuscito a scappare dai reparti già allagati. Ricorda l’ufficiale: “Sentivo Pillon e l’ufficiale Alberto Fiorito parlare, col telefono della centrale, con il ponte di comando. Sì, parlavano col comandante”.
Pubblicato da tdy22 in novembre 12, 2013
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La scottante verità? “Schettino saltò sul tetto della scialuppa”
“Il comandante Schettino saltò, poco prima di me, sul tetto di una scialuppa al ponte 4”, lo ha affermato in Aula, al processo di Grosseto, l’allievo ufficiale della Concordia, Stefano Iannelli, che il 13 gennaio 2012 faceva parte dell’equipaggio e poi ha aggiunto “Sul ponte 4, su lato di dritta era stata formata una catena umana, per non scivolare, io facevo parte del team di soccorso Tango India e intervenimmo su almeno cinque infortuni”. Iannelli ha anche raccontato sulle fasi concitate dell’evacuazione della nave “quando non vedevo più nessun passeggero, insieme a Schettino, Garrone, un elettricista, un’infermiera della Concordia e Salvatore Ursino, arrivammo dove c’era una scialuppa. Io saltai sul tetto, il comandante Schettino vi era saltato poco prima” e poi ha concluso “Appena la lancia partì, la nave si ribaltò di lato e il ponte dove eravamo andò sott’acqua”. Ha quindi riferito di aver raccolto dei passeggeri in acqua “durante il tragitto verso la riva del Giglio, recuperammo dei passeggeri in acqua”.
Pubblicato da tdy22 in novembre 11, 2013
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“Tra Cosa nostra e i politici c’è sempre stata connivenza”: il pentito al processo
Durante la sua deposizione al processo sulla trattativa Stato-mafia, il pentito Francesco Onorato ha raccontato che “Dopo il maxi-processo una serie di politici vennero contattati da Cosa nostra: tra loro anche Salvo Lima che non si presentò all’appuntamento”. A Riina, non piacque l’atteggiamento dell’eurodeputato Dc che era nella lista dei politici da eliminare. Ha poi spiegato: “I politici a Riina prima gli hanno fatto fare le cose, poi l’hanno mollato. Prima ci hanno fatto ammazzare Dalla Chiesa i signori Craxi e Andreotti che si sentivano il fiato addosso. Poi nel momento in cui l’opinione pubblica è scesa in piazza i politici si sono andati a nascondere. Per questo Riina ha ragione ad accusare lo Stato”. E ha aggiunto: “Riina per questo comportamento era arrabbiato e avrebbe ucciso tutti i politici”. Il pentito ha parlato di una vera e propria lista con personaggi delle istituzioni che, dopo il maxiprocesso, Riina avrebbe voluto eliminare. “C’erano Vizzini e Mannino, di cui prima in Cosa nostra si parlava bene, i cugini Salvo, Salvo Lima – ha proseguito – Per Vizzini avevamo cominciato i pedinamenti”. E ha concluso: “Riina ha ragione a dire che lo Stato manovrava Cosa nostra. Lui sta pagando il conto, lo Stato no. Tra Cosa nostra e i politici c’è stata sempre connivenza”. Il pentito ha anche raccontato in maniera dettagliata l’omicidio dell’eurodeputato Salvo Lima, avvenuto il 12 marzo 1992, per il quale è condannato con sentenza definitiva. Ha anche spiegato che, dopo che l’attentato al giudice Falcone all’Addura era fallito, loro stessi hanno “messo in giro la voce che la bomba se l’era messa lui per indebolirlo, per farlo passare per bugiardo”. E ha quindi aggiunto: “Salvatore Biondino mi disse che si trattava di una pressione fatta dai politici per fare passare Falcone per uno di poco conto”. Il collaboratore ha anche descritto la sua militanza in Cosa nostra: “Fare parte del gruppo di fuoco della commissione di Cosa nostra era come fare parte della Nazionale di calcio. Ci entravano persone con capacità particolari. Da componente del gruppo di fuoco ho fatto tra l’altro l’omicidio dell’eurodeputato Salvo Lima, quello del collaboratore del Sisde Emanuele Piazza, ho partecipato al fallito attentato dell’Addaura”. Onorato, che all’inizio della deposizione ha detto di sentirsi “abbandonato e lasciato solo dallo Stato”, dovrà testimoniare proprio sull’omicidio Lima ritenuto dai pm l’atto iniziale della minaccia mafiosa che avrebbe indotto lo Stato a trattare.
Pubblicato da tdy22 in novembre 7, 2013
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Poesie e racconti: i colori della fantasia
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