E’ stata la Cnn a mostrare il filmato che ritrae l’esecuzione, in Siria e per mano dell’Isis, di 14 uomini in Siria. Vi si vedono i prigionieri, bendati, legati e portati sul bordo di un pozzo, mentre l’assassino, pistola puntata contro le loro nuche, li uccide in successione. L’emittente televisiva ha ricevuto il video dagli attivisti che tentano di mostrare al mondo le atrocità commesse in Iraq e Siria dall’Isis, il gruppo terroristico islamico che all’inizio combatteva sia il Presidente Bashar Al-Assad sia altre forze ribelli e L’Esercito Siriano Libero.
+++ATTENZIONE, VIDEO ADATTO A UN PUBBLICO ADULTO+++
Barack Obama è politicamente finito? Già vedendolo arrivare davanti ai microfoni si poteva capire che il presidente quel discorso alla nazione preparato da giorni lo avrebbe cancellato volentieri, ma sarebbe stato l’ultimo colpo di grazia per la sua credibilità. Quello che doveva essere l’annuncio di un attacco militare alla Siria si è trasformato in un incerto, contraddittorio e vaneggiante discorso che ha puntualizzato gli ultimi avvenimenti. Obama non è più il protagonista, si è trasformato, come molti presidenti prima di lui, in uno strumento suonato da altre menti. Il presidente-comparsa ha così dovuto mantenere il punto: Bashar al-Assad ha usato le armi chimiche, l’opzione militare resta una possibilità. Poi però che fare con la proposta russa? Ed ecco il presidente arrancare e dover ammettere di puntare sulla via diplomatica attraverso il controllo internazionale dell’arsenale chimico del regime di Damasco.
Ma tra queste mille contraddizioni c’è una verità che è sotto gli occhi di tutti: il presidente è un politico sconfitto. Sconfitto da un Congresso che era pronto a opporsi al raid militare, sconfitto dall’opinione pubblica che a gran voce ha fatto sentire chiaro il suo “no” all’ennesima guerra che, nonostante le rassicurazioni di Obama, sarebbe diventato un nuovo Vietnam e un nuovo Iraq, sconfitto dal suo rivale Putin che ha saputo mettere a segno una via d’uscita e ha messo in evidenza l’inadeguatezza di Obama nella questione siriana.
Da uomo vincente, da politico del cambiamento, da incarnazione del sogno afroamericano, Obama si avvia ad essere un “imbarazzante presenza”. Cosa è successo al presidente? Quello che negli Usa succede sempre quando, a scadenze regolari, viene sottratto il potere ai presidenti attraverso le minacce della sicurezza nazionale e, le eminenze grigie, stritolano il presidente di turno fino a fargli commettere il passo falso. Obama non ce l’ha fatta, non è riuscito a restare lucido al punto di ascoltare il suo popolo che gli chiedeva una soluzione diplomatica e invece a dato ascolto agli interessi di lobby di potere e di strateghi militari senza scrupoli.
E’ diventato negli ultimi tempi il “poliziotto del mondo”, e nel suo discorso ha dovuto negare anche di esserlo, così si è immediatamente degradato ad agente corrotto e strumentalizzato da chi gli prometteva gloria eterna. Sicuramente il discorso di Obama entrerà nella storia perché quel discorso alla nazione, a cui hanno assistito gli americani e il mondo, era quasi un bollettino meteorologico.
“E’ un dovere morale dirlo. Non è il governo di Bashar al-Assad ad avere utilizzato il gas sarin o un altro gas nella periferia di Damasco”. Queste le parole del compagno di prigionia di Domenico Quirico in un’intervista alla radio RTL-TVi, riferendo di una conversazione, ascoltata a sorpresa, tra i ribelli. Piccinin ha aggiunto che ammetterlo “mi costa perché da maggio 2012 sostengo con decisione l’esercito libero siriano nella sua giusta lotta per la democrazia. Per il momento, però, per una questione di etica Domenico ed io siamo determinati a non fare uscire i dettagli di questa informazione. Quando la ‘Stampa’ riterrà che è venuto il momento di dare dettagli su questa informazione, lo farò anch’io in Belgio”, ha spiegato l’insegnante belga.
Piccinin ha raccontato quindi che, quando il 30 agosto, lui e il giornalista italiano hanno appreso dell’intenzione degli Usa di agire in seguito all’uso, attribuito al regime, delle armi chimiche “avevamo la testa in fiamme: eravamo prigionieri laggiù, bloccati con questa informazione e per noi era impossibile darla”.
Secondo l’Unhcr (l’agenzia Onu per i rifugiati), i fondi per il 2013 sono insufficienti per coprire tutto il bilancio, vanno quindi ridotti drasticamente gli aiuti alimentari ai campi profughi in Libano. Qui vengono ospitati molti profughi siriani rifugiatisi a causa della guerra fra Bashar al-Assad e i ribelli. Da ottobre l’Unhcr offrirà una “assistenza mirata”: il 70% dei profughi riceverà aiuti alimentari; quelli più vulnerabili riceveranno anche aiuti medici e scolastici.
“A causa della carenza di fondi – ha affermato la portavoce Roberta Russo – siamo costretti a tagliare alcuni dei nostri finanziamenti diretti”. “Se non vi sarà un aumento dei finanziamenti – ha continuato – presto non potremmo più aiutare le famiglie bisognose di cui ci siamo occupati finora, per non parlare delle nuove ondate di profughi che potrebbero arrivare se la lotta si intensifica.” Nel caso di un’azione militare Usa, la situazione rischia di peggiorare. Fonti di AsiaNews affermanoche il ventilato attacco militare contro la Siria, ha subito generato un aumento del flusso dei profughi in Libano: in pochi giorni esso è salito da alcune migliaia al giorno a oltre 12mila al giorno.
Dopo l’appello alla pace di domenica scorsa all’Angelus e il Tweet di lunedì “mai più la guerra, mai più la guerra“, sembra Papa Francesco abbia fatto un ulteriore passo alla ricerca di una soluzione al conflitto siriano. Secondo quanto riporta il quotidiano argentino Clarìn nella sua versione online, il Pontefice avrebbe parlato con con il presidente siriano Bashar al Assad. Scopo della conversazione, chiedere che vengano ridotti gli attacchi contro i ribelli e ci sia un atteggiamento conciliatorio. A riferirlo, fonti del Vaticano, anche se ancora non ci sono conferme ufficiali da parte della Santa Sede. Papa Francesco, nel frattempo, ha anche organizzato, per questo sabato, una giornata di digiuno e preghiera per la pace in Siria. Ma il Pontefice non si ferma a questo: la sua “offensiva diplomatica” includerebbe anche gli sforzi dei suoi collaboratori per persuadere il presidente USA a non attaccare. Sempre secondo il quotidiano argentino, alcuni riterrebbero infatti che il capo di Gabinetto di Obama, il cattolico Denis McDonough, abbia influito sul presidente affinché posticipasse l’attacco subordinandolo all’approvazione del Congresso statunitense. Ma sembra che il Vaticano cerchi anche di convincere la Francia, unico Paese disposto ad unirsi all’eventuale bombardamento americano, e su altre nazioni per evitare che l’offensiva “punitiva” in Siria contro il suo uso di armi chimiche sulla popolazione sia l’inizio di una terza guerra mondiale. La presunta chiamata del Papa ad Assad non solo confermerebbe il maggior coinvolgimento del Pontefice rispetto a Benedetto XVI nei conflitti internazionali ma anche la sua enorme preoccupazione per le possibili conseguenze. Le sue azioni stanno comunque ottenendo un effetto concreto: non solo i cristiani, ma anche islamici moderati ed ebrei del Medio Oriente si stanno unendo alla giornata di preghiera in Siria e stanno organizzando incontri interreligiosi a favore della pace attraverso il dialogo.
Aggiornamento ore 12:21
La notizia riportata sul quotidiano argentino Clarin, secondo il quale Papa Francesco avrebbe parlato al telefono con il presidente siriano, è stata direttamente smentita da padre Federico Lombardi che ha affermato: “Non c’è mai stata alcuna conversazione telefonica tra i due”.
La foto pubblicata da Ali Mohtadi e oggi ripresa dal Daily mail non lascia dubbi. Una cena tra John Kerry e Bashar al-Assad svoltasi nel febbraio del 2009. Oggi però le cose sono cambiate e Kerry ha paragonato Assad a Saddam Hussein e Adolph Hitler. Come mai allora appena 4 anni fa Kerry metteva a repentaglio la sua vita andando a tavola con un dittatore? Ancora più perfido è il tabloid inglese
Ecco “l’immagine che Kerry non vorrebbe mai veder pubblicata”
La cena – a cui parteciparono anche le rispettive consorti – si svolse in occasione di una visita in Siria da parte di Kerry. L’attuale capo della diplomazia Usa era allora senatore del Massachusetts e guidava una delegazione americana incaricata di discutere le prospettive di pace nella regione.
E’ stato rimosso il post che su Facebook aveva scritto Hafez Assad, il figlio 11enne del presidente siriano Bashar al Assad che ha provocato molti commenti e polemiche. Hazef aveva scritto un messaggio con il quale sfidava gli Usa: “Voglio che gli americani attacchino, così gliela faremo vedere noi” e poi aveva aggiunto: “Voglio così tanto che attacchino perché così faranno il più grosso errore: cominciare qualcosa che non sanno come andrà a finire”. E ancora “Nessuno ha soldati come i nostri. L’America non ha soldati, ha solo codardi con nuove tecnologie”.
Naturalmente poi sono anche sorti i dubbi poiché sembrerebbe che il profilo riporti la descrizione di una persona più grande del figlio di Assad, e, prima che fosse cancellato, riportava chiaramente alcuni dati che avrebbero indotto molti a pensare a un falso: il suo proprietario e’ laureato a Oxford e tifa per il Barcellona.
Ma il New York Times, ad esempio, ha notato che il ‘post’ ha ricevuto i “mi piace” da altri “account” che apparterrebbero a figli e nipoti di altri alti esponenti del regime: tra questi due figli del vicepresidente Mohammed Nassif Khierbek e tre figli di Assef Shawkat, l’ex vice ministro della difesa ucciso in un bombardamento nel luglio 2012. Gli account dei figli di Shawkat – uno dei maschi, Bassel, e due delle femmine Anisseh and Boushra — sarebbero autentici secondo un giornalista siriano ben a conoscenza della classe dirigente di Damasco, scrive il Times senza rivelarne il nome per non metterne a repentaglio la sicurezza. Shawkat era sposato alla sorella di Assad: tre dei suoi figli sarebbero dunque cugini di Hafez. Se il ‘post’ su Facebook fosse un falso, la truffa sarebbe stata elaboratissima (avrebbe comportato la falsificazione di account di figli del regime) oppure sarebbe stata messa a punto così bene da aver tratto in inganno questi ragazzi tra cui alcuni parenti del vero Hafez.
Secondo MSF (Medici senza frontiere) sono 355 i morti in Siria che presentano “sintomi neurotossici”, precisando anche che dal 21 agosto nelle strutture sono state ricoverate 3.600 persone.
«La sintomatologia, le caratteristiche epidemiologiche, l’afflusso di un numero così alto di pazienti in un lasso di tempo così breve, fanno pensare fortemente all’esposizione massiccia ad un agente tossico», scrive Medici senza frontiere, prima fonte indipendente a confermare l’uso di armi chimiche nella regione di Damasco.
La conferma sembrerebbe anche arrivare dal ministro degli Esteri francese Laurent Fabius, in visita a Ramallah, in Cisgiordania che ha affermato: «Tutto indica che il regime di Bashar al-Assad abbia condotto un “attacco chimico” questa settimana nei pressi di Damasco».
Barack Obama intanto ha incontrato i suoi consiglieri alla sicurezza per discutere sulle opzioni americane, inclusa un’azione militare, contro il governo siriano, accusato di aver usato armi chimiche contro i civili.
Ma se Obama accelera, la cancelliera Angela Merkel frena e si dichiara contraria a un intervento militare in Siria: «Non seguiamo la strada di una soluzione militare», ha dichiarato a Berlino il portavoce governativo, Steffen Seibert. «Non crediamo che sia possibile risolvere (il conflitto) dall’esterno, crediamo invece che debba essere trovata una soluzione politica», ha detto.
Intanto è avvenuta l’ennesima esplosione. Questa volta a essere colpita è stata piazza Burj al-Ros, nel centro di Damasco. Al momento non si conosce il bilancio di morti e feriti avvenuto nella deflagrazione dell’ordigno.
Il gesuita italiano padre Paolo Dall’Oglio è stato rapito in Siria da islamisti di un gruppo filo-Al Qaeda. Lo riferiscono attivisti anti-regime. Secondo le fonti, il religioso stava camminando per strada a Raqqa quando è stato raggiunto dai sequestratori. Dall’Oglio ha lavorato per anni in Siria adoperandosi per il dialogo interconfessionale ed è stato espulso nel 2012 per aver preso posizione in favore dell’insurrezione contro Bashar Al Assad.
Il Krak dei Cavalieri, nella Siria centrale, una delle più note fortezze crociate di tutto il Medioriente e patrimonio dell’umanità inserito nella lista dei siti Unesco, è stato oggi bombardato dall’aviazione siriana fedele al presidente Bashar al Assad. A riferirlo sono stati gli attivisti dell’omonima cittadina, in arabo Qalaat al Hosn, che hanno pubblicato diversi video amatoriali del bombardamento di una delle imponenti torri.
Le Monde ha pubblicato un reportage e un filmato nel quale emerge la testimonianza di due invati speciali che hanno trascorso un paio di mesi con i ribelli siriani raccogliendo elementi e tersimonianze sull’uso di gas tossici da parte del regime siriano di Bashar al Assad, che avrebbe utilizzato armi chimiche contro i ribelli nel quartiere di Jobar, a Damasco. Nell’articolo, a firma Jean-Philippe Rémy, vengono spiegati gli effetti di un particolare attacco condotto dal regime contro i ribelli: “Nessun odore, nessun fumo, non c’è stato nemmeno un fischio per indicare il lancio di gas tossici”. Segue la spiegazione di come subito siano apparsi i primi sintomi: “C’era chi tossiva in modo violento, gli occhi bruciavano, la vista era annebbiata”. Subito dopo l’attacco tra i ribelli c’era chi aveva difficoltà respiratorie, vomitava o era svenuto. “E’ necessario evacuare i combattenti più esposti, prima che soffochino”, si legge. Anche il fotografo del quotidiano ha sofferto di problemi respiratori e alla vista per 4 giorni. E’ un’accusa contro chi non ha mai creduto all’utilizzo delle armi chimiche quella che viene lanciata: “Bisognerebbe ascoltare i medici che, sul posto, cercano di arginare gli effetti di questi gas”. Ma i reporter non si sono limitati a questo, raccogliendo anche testimonianze di un uso “in maniera ben più ampia” di gas tossici, da parte di militanti e medici che riferiscono i sintomi di queste sostanze: difficoltà respiratorie, mal di testa, pupille contratte, nausee. “Se non li si trova subito, è la morte”, commenta, in forma anonima, un medico di Kafer Battna, città feudo ribelle non lontano da Damasco.
E’ di almeno 42 morti, incluso un alto dignitario religioso sunnita conciliante verso il regime siriano di Bashar Al Assad, il bilancio dell’attentato compiuto oggi contro una moschea nella zona nord di Damasco. Lo ha annunciato il ministero della Sanità. Secondo la polizia si è trattato d’un attacco suicida. I feriti sono 84.
Mohammed Said Ramadan Al Buti, che aveva oltre 90 anni, stava tenendo una lezione teologica quando è avvenuta l’esplosione. Nei suoi sermoni l’esponente religioso si era più volte espresso contro i movimenti jihadisti che combattono nelle file dei ribelli e aveva invitato gli oppositori a deporre le armi.
L’involuzione di un militante contro le guerre, di un attivista civile, nonché di chi ha creduto di rivoluzionare il mondo negli anni ’70. E’ l’altro lato di Kerry, il lato buio, quello che ha preso il sopravvento, sicuramente guidato da una politica spregiudicata e da un profondo disprezzo per la vita umana. Il regime di Assad non è giustificabile, ma potrebbe essere uno di quei mali necessari, un’alternativa alla sterminio di vite umane, soprattutto, anziani e bambini indifesi, che ogni giorno subiscono la violenza dei ribelli e la guerra del regime.
E’ di oggi la notizia che gli Stati Uniti “non ostacoleranno” i Paesi europei che intendono fornire armi ai ribelli siriani che si battono contro il regime di Bashar al Assad. Lo ha detto il segretario di Stato americano, John Kerry. A Damasco, intanto, continuano gli scontri. Secondo quanto riferito dalla tv di Stato, due colpi di mortaio sparati dai ribelli hanno colpito la zona nei pressi di una delle residenze del presidente Assad, causando solo danni materiali.
Il regime di Bashar al Assad ha colpito con bombe a grappolo – bandite dai trattati internazionali – almeno 119 localita’ in Siria, in gran parte aree residenziali, utilizzando almeno 156 di questi ordigni letali e facendo strage tra la popolazione. Lo denuncia Human Rights Watch. “La Siria ha aumentato l’uso delle munizioni a frammentazione, e i civili pagano il prezzo con le proprie vite”, afferma un responsabile di Hrw, Steve Goose, nel rapporto pubblicato sul sito dell’Ong.
Una forte esplosione è stata avvertita nei pressi della sede principale del partito Baath, nel quartiere centrale di Mazraa: il partito è quello al potere nel Paese ed è guidato dal presidente Bashar al-Assad. Nell’esplosione, riferiscono testimoni, ci sarebbero almeno 20 morti.
ALTRE ESPLOSIONI. Testimoni hanno poi riferito di un’altra serie di esplosioni, a breve distanza l’una dall’altra. Oltre a quelle a Mazraa, le altre detonazioni sono state udite nei quartieri di Baramkeh, al-Adawi e Barzeh. Secondo il sito di notizie ‘Sana Revolution’, in quest’ultima zona sono in corso cannoneggiamenti e scontri, mentre le esplosioni a Mazraa avrebbero causato diversi morti, tra cui bambini. Stando invece al sito di ‘Sky News Arabic’, un’altra esplosione ha colpito la sede dei servizi segreti nel quartiere di al-Qabun provocando un numero ancora imprecisato di vittime. Secondo l’agenzia ufficiale Sana, l’esplosione nel quartiere Mazraa si è verificata su via al-Thawra e si contano “vittime e danni materiali”.
L’ESECUTIVO: COLPA DI “TERRORISTI”. Lo scoppio, per il quale l’agenzia punta il dito contro “terroristi”, è avvenuto nei pressi di un incrocio molto affollato. Tra le vittime, sempre secondo la Sana, si contano civili e studenti di una vicina scuola: almeno quattro bambini.
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