La Chiesa “graziata”: niente Tasi

chiesa_tasi-tuttacronacaNel testo definitivo del dl Salva roma, approvato venrdì dal Consiglio dei ministri e che dovrebbe apparire nella gazzetta ufficiale oggi, c’è scritto che la Chiesa riesce a salvarsi anche dalla Tasi, così come aveva fatto con l’Imu: “I fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto” sono esenti dal pagamento della nuova tassa sugli immobili. Esenti dall’imposta, come previsto, anche gli immobili di proprietà della Santa Sede indicati nel Trattato lateranense.  Il comma 3 dell’articolo 1 del testo che ha ricevuto il bollino della Ragioneria generale dello Stato estende di fatto alla Tasi le esenzioni previste per l’Imu, relative – si legge nella relazione tecnica al provvedimento – “agli immobili posseduti dallo Stato, nonchè agli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni, dalle comunità montane, dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali”. Inoltre viene disposta ai fini Tasi delle esenzioni “già previste ai fini Imu, di cui all’art. 7 del d.lgs. n.504 del 1992 in materia di Ici”, tra cui appunto anche quelle per la Chiesa.

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Non si voterà più per il Senato: arriva il sì di Berlusconi alla legge elettorale

legge-elettorale-tuttacronacaAlla fine è arrivato anche il sì di Silvio Berlusconi: l’Italicum riceve il via libera ma solo per l’elezione della Camera. Per quel che riguarda il Senato, eventualmente si voterebbe con la legge elettorale uscita dalla sentenza della Corte Costituzionale. Il che significa che, fino a quando non ci sarà la riforma di Palazzo Madama, esisterebbero due sistemi di voto distinti per le due camere. E di conseguenza le urne si allontanano. Il presidente di Forza Italia, in una nota scrive: “Prendiamo atto con grave disappunto della difficoltà del presidente del Consiglio di garantire il sostegno della sua maggioranza agli accordi pubblicamente realizzati. Come ulteriore atto di collaborazione, nell’interesse del paese, a un percorso riformatore verso un limpido bipolarismo e un ammodernamento dell’assetto istituzionale, manifestiamo la nostra disponibilità ad una soluzione ragionevole che, nel disegnare la nuova legge elettorale, ne limiti l’efficacia alla sola Camera dei deputati, accettando lo spirito dell’emendamento 2.3”. Lorenzo Guerini, portavoce della segreteria nazionale del Pd, ha detto: “Positivo che abbiamo trovato l’accordo sulla legge elettorale, segno che il cammino delle riforme può proseguire”. E ancora: “Siamo determinati a portare avanti questa battaglia per il cambiamento. È un’occasione che non possiamo permetterci di perdere per il bene del paese”. Il presidente del Consiglio, da Tunisi, ha assicurato che non si voterà più per il Senato. “Credo che sia importante che ci sia un vincitore certo, e questo è garantito dall’ Italicum”, ha detto in conferenza stampa. “Il fatto che il Senato abbia o meno una propria legge elettorale è secondario, perchè il Senato verrà abolito”.

Si guarda nella stessa direzione per l’Italicum… tra 12 mesi?

italicum-tuttacronacaIl presidente del Consiglio Matteo Renzi avrebbe avanzato, tramite Verdini e Gianni Letta, un’offerta a Silvio Berluscuni: ok l’Italicum ma con un emendamento che ne posticiperebbe l’entrata in vigore di 12 mesi. Secondo fonti di Palazzo Grazioli, quindi, si sarebbe infine raggiunta l’intesa con Forza Italia: via libera di massima all’Italicum, anche se resterebbero forti criticità per i vertici azzurri sulle nuove modifiche. Questo, dunque, il risultato del vertice convocato nella sua residenza romana da Silvio Berlusconi. In un primo momento la proposta di Renzi non era stata gradita da Berlusconi, tanto che Toti, suo consigliere politico, aveva detto ieri: “Noi stiamo ai fatti e ai patti: Renzi aveva detto che la legge elettorale sarebbe stata la sua prima riforma già nel mese di febbraio. Febbraio è finito, siamo al 4 di marzo. A questo punto, la riforma così come è stata sottoscritta deve essere approvata. E subito, senza ulteriori tentennamenti. Piccoli correttivi sono possibili, ma certo non provvedimenti che snaturino il senso dell’accordo siglato da Berlusconi e Renzi”. A quel punto, l’ex premier ha riunito il suo stato maggiore e, stando a quanto riferito, Verdini starebbe cercando di arrivare a una mediazione che ‘salvi’ la tela dell’accordo che lui stesso ha tessuto. Scrive Repubblica: Una delle ipotesi allo studio è che Forza Italia accetti la clausola dei 12 mesi a patto che il testo dell’Italicum non subisca ulteriori modifiche, e cioè che venga votato nella formulazione approdata in aula.
Per le 16 è convocato il ‘comitato dei nove’ che ha il compito di esaminare i nuovi emendamenti all’Italicum presentati ieri. Successivamente il provvedimento dovrebbe essere esaminato dall’aula ma non sono esclusi slittamenti ai prossimi giorni.
Stamani, intanto, Renzi aveva dato il via alla giornata diffondendo ottimismo sulla legge elettorale. Su Twitter il presidente del Consiglio aveva risposto alle domande – formulate in una chiave cinematografica dettata dal trionfo italiano agli Oscar – del direttore di Vanity Fair, Luca Dini. Il quesito chiave: Forza Italia frena sulla riforma del Senato vincolata alla legge elettorale: “Io ti salverò o Irreversible?”, aveva chiesto il direttore di Vanity Fair ponendo come opzioni di risposta i titoli delle due celebri pellicole. “Irreversible”, era stata la risposta del premier che poi aveva sottolineato: “Ce la facciamo, la portiamo a casa. E sarà una vera rivoluzione” per il Paese.
Alla domanda se il rapporto tra Alfano e Berlusconi fosse paragonabile al film “Quasi amici” o a “12 anni schiavo”, il premier aveva replicato: “Questa è cattiva, direttore. Diciamo quasi amici dai. Stesso giochino sulla difficile situazione del bilancio di Roma. Cosa descrive meglio la situazione: “Prendi i soldi e scappa” o “Roma città aperta”?, aveva chiesto ancora il giornalista. “Roma città aperta – era stata la risposta – nel senso di trasparenza e responsabilità in questa città così straordinaria”.
Da Nuovo centrodestra, tuttavia, sempre stamani era giunto l’avvertimento di Gaetano Quagliariello: una replica a Luigi Zanda che di fatto è suonato come un monito indiretto a Renzi: “Non vi è dubbio che per fare le riforme si debba andare oltre la maggioranza. Ma non è possibile per fare le riforme creare un’altra maggioranza contro la propria maggioranza”.
La replica era arrivata da Lorenzo Guerini, portavoce della segreteria del Pd: “L’accordo che abbiamo realizzato queste settimane è un accordo il cui impianto è ancora valido, necessita di alcuni aggiustamenti” tra cui “ci possono essere anche particolari interventi che tengono insieme il processo di riforma costituzionale con la riforma della legge elettorale”. Certo è “che gli aggiustamenti possono essere fatti” soltanto “con l’accordo di tutti i contratenti compresa Forza Italia”.
L’operazione appare dunque complicata. Sul tavolo, inoltre, restano sempre due emendamenti che risultano indigesti a Forza Italia: il lodo Lauricella, che prevede il collegamento diretto tra l’entrata in vigore della riforma e la cancellazione del Senato. E la proposta del deputato Pd Alfredo D’Attorre che punta a togliere il Senato dalla legge elettorale (con la conseguenza, in caso di un voto anticipato, di un ritorno alle urne con sistemi elettorali differenti).

Che fine ha fatto l’accordo sull’Italicum?

italicum-tuttacronacaProseguono le trattative sulla legge elettorale ma un punto sembra chiaro: non c’è più l’accordo sull’Italicum inteso come quello che era stato siglato tra Renzi e Berlusconi prima delle dimissioni di Enrico Letta. Proprio per questo motivo il neo premier ha preferito rinviare la riunione, prevista per la serata di lunedì, del gruppo Pd: non ha molto da dire. Vuole però offrire un’infusione di ottimismo: “Siamo alla stretta finale, l’accordo è vicino. Ma bisogna superare varie difficoltà”. Si avvicina il momento della discussione in aula, ma le difficoltà non sono di quelle d’immediata soluzione. Spiega l’Huffington Post:

Il problema – e non è un dettaglio – è che le difficoltà, alla vigilia della discussione in Aula, non sono banali. E l’accordo è affidato ai più classici consigli che porta la notte. E allora conviene provare a fissare qualche punto fisso nel labirinto per ricostruire il complesso negoziato. Ad esempio partire da quando, nel corso di una serie di telefonate dirette tra Renzi e Verdini, si capisce che con la formazione del governo tutto è cambiato. Il plenipotenziario di Berlusconi si dice disposto ad aggiustamenti piccoli perché, come ama dire, i numeri sono “birichini” e tutto dipende da come “li incolonni”, ma questo è il massimo del gioco possibile. Bene dunque a ragionare di algoritmi, per risolvere quelle criticità che il professor D’Alimonte ha illustrato al Corriere. Epperò Forza Italia non può accettare né il famoso emendamento Lauricella, né l’emendamento D’Attorre, ovvero: applicare l’Italicum solo per la Camera dei deputati, ma non per il Senato, dove resterebbe in vigore il Consultellum (la legge uscita dalla Consulta).

Per evitare l’emicrania diciamola semplice: sia l’uno che l’altro rappresentano dei deterrenti rispetto alla prospettiva del voto anticipato e legano la legge elettorale alle riforme istituzionali. Detto ancora più direttamente: si vota nel 2018 quando Silvio Berlusconi avrà 81 primavere. Si capisce allora il no, senza se e senza ma di Verdini. E pure il malumore del Cavaliere, in costante contatto telefonico da Arcore affiancato da Giovanni Toti. Insomma, spiega con Renato Brunetta, col Lauricella o affini “salta tutto”. Legge elettorale e riforme devono andare “parallelamente”.

Il problema è che Renzi, critico col Lauricella ai tempi in cui al governo c’era Letta, stavolta cerca una mediazione. Riforme e legge elettorale vanno collegate. Un azzurro di rango spiega: “Renzi ha fatto la politica dei due forni. Prima ha fatto l’accordo con noi sulla legge elettorale, poi con Alfano sul governo dando garanzie sui tempi lunghi. Ora si è incartato”. Il sospetto del Cavaliere però è che il tempo sia foriero di brutte sorprese. E cioè che l’Italicum o si approva adesso o non si approva più: “Il vero obiettivo di Alfano e sinistra Pd – prosegue l’azzurro di rango – è prima prendere tempo, poi cambiare l’Italicum. A quel punto Renzi è incastrato”.

È un sospetto che alberga anche nei pensieri del premier. Il quale sta cercando una mediazione, una sorta di “lodo Renzi. Una mediazione che consenta di non rompere con Forza Italia e, al tempo stesso, di non far saltare il governo. Tra la l’Italicum subito e l’emendamento Lauricella, l’idea è fissare un tempo “determinato” per le riforme. Un Lauricella a tempo, in sostanza: riforme istituzionali e legge elettorale vanno legate ma va fissato un tempo per non arrivare al 2108. Un anno, due. Una qualunque scadenze. Alfano all’inizio ha detto di no. La trattativa è lunga…

Le infinite vite della Web tax: a volte ritornano?

web-tax-tuttacronacaTornerà la Web tax? Inserita nella Legge di Stabilità dal governo Letta, su indicazione di Boccia, era stata prorogata dal dl Salva Roma bis. La settimana scorsa, con il dl Salva Roma ter, il governo Renzi l’ha abrogata. Finita la trafila? Non è detto, perchè potrebbe tornare a fare la sua comparsa grazie a un renziano, Ernesto Carbone, deputato proprietario della Smart con cui l’allora segretario del Pd si presentò a Palazzo Chigi per incontrare Enrico Letta prima della caduta del governo. C’è infatti la possibilità di un ritorno della tassa grazie ad una norma contenuta nella delega fiscale e introdotta nel disegno di legge con un emendamento di Carbone, come spiega l’agenzia Public Policy. Lo scorso 27 febbraio la Camera ha approvato in via definitiva la Delega fiscale, scrive Public Policy,

“che diventa legge, rendendo definitiva anche la norma sulla tassazione delle multinazionali. Attualmente quindi, seppure il dl Salva Roma ter abbia abrogato la norma nella Stabilità (con grande soddisfazione da parte dello stesso premier: “Siamo stati di parola”, twittava il 28 febbraio) il governo Renzi ha l’impegno, in base alla Delega fiscale, di emanare entro dodici mesi un decreto apposito con cui prevede di tassare le società multinazionali che operano in Italia, come Google, in misura proporzionale al fatturato”.

Il patto d’acciaio con clausule occulte tra Renzi e Berlusconi: parla Travaglio

marco_travaglio-tuttacronacaMarco Travaglio approfitta delle colonne de Il Fatto Quotidiano per analizzare il rapporto tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi con il suo editoriale “Renzusconi”. Il giornalista spiega che “A gennaio quando Renzi incontrò il pregiudicato interdetto decaduto Berlusconi nella sede Pd per discutere la nuova legge elettorale e le riforme collegate (Senato e Regioni), scrivemmo pur fra mille dubbi che non era proprio uno scandalo. Le leggi elettorali appartengono agli elettori, non agli eletti, dunque era impensabile tagliar fuori il maggior partito di centrodestra”. Del resto, non era possibile fare molto altro vista l’aria che tirava al governo, dopo che ogni tentativo di trovare punti in comune con i pentastellati era stato affondato.

Inoltre, stante l’indisponibilità dei 5 Stelle persi nella Rete, per sbloccare l’impasse non restava che rivolgersi al terzo partito, Forza Italia: l’unico che poteva assicurare una maggioranza in Parlamento. Renzi, appena plebiscitato segretario del Pd, giurava che l’accordo con B. era per una legge che ci mettesse al riparo da altri governi con B. Intanto, mentre lui e B. si occupavano delle riforme, Letta poteva governare sereno. Non restava che prenderne atto e aspettarlo al varco, cioè alla prova dei fatti: per quanto inedita, l’ipotesi che un politico italiano dicesse la verità non andava scartata a priori. Ora, meno di due mesi dopo e alla luce dei fatti, possiamo tranquillamente affermare che Renzi mentiva. L’accordo con B., quasi sempre intermediato dal comune amico Denis Verdini, è ben più vasto e stringente di un’intesa tecnica per quelle tre riforme. È un patto d’acciaio le cui clausole restano occulte, anche se i risultati si manifestano ogni giorno più chiari. Il Caimano sa che il 10 aprile si riunisce il Tribunale di sorveglianza per decidere dove sconterà i 7 mesi di pena (quel che resta della condanna a 4 anni, detratti i 3 anni di indulto e i 5 mesi di liberazione anticipata extralarge sancita dallo svuotacarceri Cancellieri): in galera, o ai domiciliari, o ai servizi sociali. Forse, per non alimentare il suo vittimismo durante la campagna elettorale per le Europee, il verdetto slitterà di un paio di mesi. In ogni caso il pregiudicato sarà politicamente fuori gioco sino a fine anno: guiderà il partito per interposto Toti. Intanto tenterà il colpaccio: candidarsi ugualmente alle Europee in barba alla legge Severino e sfidare gli uffici elettorali della Corte d’appello a depennarlo, con una prova muscolare che mira a resuscitare il vecchio nemico, le toghe rosse; a incendiare una spenta campagna elettorale; e a mettere in difficoltà l’amico Matteo. Per portare a termine il piano, B. ha bisogno di un governo che regga almeno un anno, dandogli modo di tornare come nuovo a Natale e di organizzare l’unica campagna che gli sta a cuore: quella delle politiche, che non fa mistero di auspicare per il 2015. Il governo Letta questa garanzia non gliel’assicurava: stava insieme con lo sputo, passava di gaffe in scandalo, non aveva più l’appoggio del Pd, poteva sfasciarsi da un momento all’altro. E, se anche fosse durato fino al 2015, avrebbe costretto il quasi ottantenne Caimano a sfidare un giovane come Renzi, che ha la metà dei suoi anni, per giunta intonso da esperienze governative e dunque molto più fresco e popolare di lui. Una partita persa in partenza. L’ideale era che Renzi subentrasse a Letta sputtanandosi con un colpo di palazzo senza passare dal voto, risputtanandosi con estenuanti trattative con i partiti e i partitini di una maggioranza Brancaleone, arcisputtanandosi con un governicchio impresentabile e ultrasputtanandosi con grandi promesse e pochi fatti. L’amico Matteo, con ammirevole abnegazione, l’ha puntualmente accontentato. Missione compiuta. Già che c’era, gli ha pure regalato il controllo militare sui ministeri della Giustizia (con i berlusconiani Costa & Ferri), delle Infrastrutture (con i diversamente berlusconiani Lupi & Gentile) e delle Attività produttive (con la berlusconiana Guidi che veglia anche sulle Comunicazioni). Così B. potrà seguitare a governare sui propri interessi e “gratis”, senza nemmeno il fastidio di entrare nella maggioranza, metterci la faccia e sporcarsi le mani. Resta da capire che cosa ci guadagni Renzi da questa catastrofe, e magari un giorno lo capiremo. Ma è una vecchia storia. Lo scienziato capace di isolare il virus che porta al suicidio tutti i leader del centrosinistra vince il Nobel.

“Se facessi parte del M5S mi avrebbero già espulso”: Civati al grillino

civati-battibecco-grillino-tuttacronacaPippo Civati si prende del “Poliziotto buono” del Partito democratico e viene punzecchiato da un pentastellato che chiede un cambio radicale della vita politica “capovolgendo la piramide”. Durante la presentazione milanese del libro del sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, “Il primo cittadino” una attivista del M5s ha detto: “Critichi sempre il Pd ma fai comunque parte del partito. Giochi a fare il poliziotto buono”. Civati ha replicato tranquillamente: “Se avessi fatto parte del vostro movimento, mi avrebbero già espulso. Per fortuna nel mio partito si può ancora dissentire”.

 

Il “governicchio” Renzi attraverso la lente di Marco Travaglio

travaglio-tuttacronaca-governicchioDopo che aveva intitolato “Incoerenzi” un articolo apparso sul Fatto il giorno successivo alla nomina dei ministri da parte del nuovo presidente del Consiglio Matteo Renzi, Marco Travaglio ora analizza le nuove nomine, quelle di viceministri e sottosegretari. E il governo Renzi si trasforma in “un governicchio di riciclati, lottizzati, lobbisti e mezze tacche”, “con una lista di 44 fra viceministri e sottosegretari che c’è da sporcarsi soltanto a sollevarla con una canna da pesca”. Tuttavia Travaglio non ha perso del tutto la speranza che il neo premier, alla fine “farà qualcosa di buono”, ma a leggere l’articolo le cose stanno volgendo al peggio:

“se il buongiorno si vede dal mattino c’è poco da stare allegri. […] La maschera di Matteo Renzi è caduta : la rottamazione era un bluff, una trovata propagandistica per prendere il potere, raggiunto il quale il rottamatore si comporta come il più decrepito dei partitocrati Ancien Regime”.

L’analisi dei singoli viceministri e sottosegretari è impietosa:

“Gli inquisiti sono addirittura quattro: il 10 per cento, un’ottima media che fa impallidire quella di Letta. Tutti e quattro sono targati Pd: Francesca Barracciu, Umberto del Basso de Caro, Vito De Filippo e Filippo Bubbico.

I primi tre rispondono di peculato per le ruberie sui rimborsi regionali. La sarda Francesca Barracciu, in quanto indagata, non poteva essere candidata a governatore di Sardegna, ma fare il sottosegretario può eccome. Alla Cultura, ovviamente.

Il campano Umberto del Basso de Caro, gestirà le Infrastrutture con l’ottimo ministro Maurizio Lupi (anche lui inquisito da ieri per abuso a Tempio Pausania)

Filippo Bubbico: essendo sotto processo a Potenza per abuso d’ufficio, rimane a pie’ fermo viceministro dell’Interno.

L’ex governatore lucano Vito De Filippo dovette dimettersi l’anno scorso con tutta la giunta indagata in blocco, dunque ora si divide fra l’inchiesta per peculato e il ministero della Salute”.

L’esame di Marco Travaglio prosegue con altri due nominati alle Infrastrutture :

“il sottosegretario Ncd Antonio Gentile, celebre per aver candidato Berlusconi al Nobel per la Pace e per aver bloccato le rotative de L’Ora della Calabria per occultare la notizia del figlio indagato;

il viceministro socialista Riccardo Nencini, amicone di Riccardo Fusi asso pigliatutto della cricca della Protezione civile”.

Le nomine al Ministero della Giustizia segnano

“anche ufficialmente il ritorno di Silvio Berlusconi al governo per interposti viceministro Enrico Costa (ora Ncd) e sottosegretario Cosimo Ferri”.

Di Ferri, Marco Travaglio elenca una serie di fatti che, senza avere rilevanza penale

“(il suo nome salta fuori dalle intercettazioni di alcuni fra gli scandali più vergognosi degli ultimi anni: Calciopoli, loggia P3 e caso Agcom-Annozero”),

basterebbe

 ”almeno per tenerlo lontano dalla Giustizia”.

Del neo-viceministro alla Giustizia, Enrico Costa, Marco Travaglio rircorda che

“nella scorsa legislatura, da capogruppo Pdl in commissione Giustizia, firmò come autore o promotore o addirittura relatore tutte le peggiori leggi vergogna approvate o tentate dalla banda Berlusconi: lodo Alfano 1 e 2, legittimo impedimento, processo breve, processo lungo, prescrizione breve, bavaglio-intercettazioni e altre porcate”.

“Espulsioni illecite”: l’ex attivista M5S scrive a Grasso

espulsioni-m5s-tuttacronacaGiovanni Panunzio ha scritto al presidente del Senato della Repubblica chiedendo che venga valutata l’illegittimità del provvedimento di espulsione dei quattro Senatori pentastellati Luis Alberto Orellana, Francesco Campanella, Lorenzo Battista e Fabrizio Bocchino. Panunzio, fondatore dell’Osservatorio Antiplagio, è un ex attivista cagliaritano del M5S che dopo le espulsioni dei quattro senatori ha lasciato il Movimento. Questo il testo:

“A seguito delle espulsioni di alcuni senatori dal gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle mi permetto di farle notare che lo statuto del M5S depositato in Senato dice che ‘Gli eletti eserciteranno le loro funzioni senza vincolo di mandato’, come previsto tra l’altro dall’art. 67 della Costituzione. E’ evidente pertanto che nel momento in cui viene espulso un parlamentare del M5S, solo perché ha espresso una legittima opinione, lo statuto in questione diventa carta straccia, sia dal punto di vista tecnico, che dal punto di vista morale. Pertanto Le chiedo di fare quanto è nelle sue possibilità per mettere in discussione lo statuto del M5S e sollecitare opportune modifiche al testo. In alternativa chiedo di valutare l’illegittimità del provvedimento di espulsione in quanto in contrasto con l’art. 67 della Costituzione e con lo statuto a cui il M5S fa riferimento, sconfessato dal suo stesso fondatore”.

“Zitti, quattro e a casa”: la Taverna si esprime tramite Totti sui dissidenti espulsi

4-e-a-casa-tuttacronacaLa grillina Paola Taverna ha scelto il celebre gesto del capitano giallorosso Francesco Totti per festeggiare su Facebook l’espulsione di quattro membri del Movimento 5 Stelle: Luis Alberto Orellana, Francesco Campanella, Lorenzo Battista, Fabrizio Bocchino, che si sono macchiati di quello che per i pentastellati sembra il tradimento supremo, la maggior colpa possibile: pensare con la propria testa e criticare Grillo. La scelta del gesto di Totti non è casuale, con il suo chiaro riferimento al “Zitti, quattro e a casa” del capitano in occasione di un match contro la Juve vinto dai giallorossi per quattro reti a zero. Intervistata da Repubblica Paola Taverna non ha infatti nascosto la felicità: “Abbiamo fatto finalmente chiarezza. Sono felice come una iena”. E ancora: ”Stanotte pensavo: dov’è l’inghippo. Poi mi sono iluminata: il Pd vuole entrare nel Pse. E Renzi, per entrarci, ha bisogno di cambiare maggioranza”, spiega la senatrice grillina aggiungendo a proposito degli espulsi: ” Faranno insieme un gruppo aggiuntivo per Renzi”. A proposito della voce che parla di altri sette abbandoni al gruppo, la Taverna dice: “Siete fuori strada. Molti di meno, se mai qualcuno dovesse ancora andarsene”.

Civati alle grandi manovre? “Può nascere una nuova maggioranza”

civati-m5s-tuttacronacaE’ Antonello Caporale, de Il Fatto Quotidiano, a intervistare il dem Pippo Civati, unico del Pd ad opporsi a Renzi, pur votando la fiducia. Sembra che nelle ultime ore il suo telefono sia rovente, complice il fatto che diversi grillini siano usciti dal loro Movimento perchè in disaccordo con le imposizioni di Grillo. Ora in molti vociferano infatti sulla formazione di un nuovo gruppo di centrosinistra. Di cui potrebbero fare parte i fuoriusciti a cinque stelle, i civatiani e Sel. Civati stesso cerca di spiegare la situazione:

Pippo Civati è un rompib***e professionista. A volte eccede con la sua vitalità. “Pensi quale nebbia avvolgerebbe il Pd se anche io tacessi sulle consorterie, le piccole ambizioni personali, le fregature e gli errori che il mio partito fa”.

Ha detto no a Renzi in direzione, però sì al voto di fiducia e poi è sembrato ricredersi ancora. Siamo a un surplus di riflessione.
Ho parlato contro solo io nel luogo deputato, il partito, e ho fatto il mio dovere. Sono stato mandato in minoranza e non mi era concesso da parlamentare del Pd negare la fiducia. Ho poi spiegato quel che si muove a sinistra del Pd, e che il partito non vuole vedere. Fa il finto tonto pur di stare con Alfano.

È notizia di oggi: la compagine che si allontana da Grillo insieme ai suoi e a Sel potrebbe formare un gruppo parlamentare autonomo.
La questione centrale è un’altra: ci sono i numeri per avanzare la richiesta di un governo di centrosinistra, ma il Pd sceglie di fare un esecutivo di centrodestra. Troveremo il modo opportuno per organizzarci.

Se fa il gruppo autonomo è fuori dal Pd.
Ma no! Dobbiamo solo trovare il modo che questa risorsa politica, questo serbatoio sia linfa vitale per la sinistra e interlocutore prezioso per il Partito democratico. Magari si può pensare a una rete, a una colleganza diversa. Quel che non si deve fare è tacere questa grande opportunità.

Ha votato Renzi piangendo.
Cos’altro dovevo fare? Se però in direzione si fosse opposto anche Cuperlo, invece di spingerlo a Palazzo Chigi, credo che Renzi non avrebbe tolto di mezzo Letta. Noto che Gianni ora parla di una ferita aperta. Se ne accorge solo adesso?

Cosa gli è successo, secondo lei?
Si sono incartati, si sono auto ingabbiati . Chi lo ha fatto per ignavia, chi pensando al seggio, chi per ambizione, ritenendo che mandando Renzi a Palazzo Chigi avrebbe trovato un partito disabitato, chi invece ha pensato a una poltrona da ministro nel nuovo esecutivo. Faccia la somma di questi atteggiamenti e metta poi che dalla trincea nella quale Letta era riparato riceveva consigli da amici poco sinceri che invece di aiutarlo lo avrebbero condotto sulla strada dell’immobilismo, del suicidio. Aggiunga infine che negli ultimi mesi Letta è andato nel pallone e vede che si ritrova coi conti.

Quanti traditori.
L’incredibile è che Renzi si piglia il governo coi voti di Bersani ma coopta le truppe di Franceschini.

Frankenstein, l’ha definito.
L’ho chiamato così per sfotterlo. Ma certo il suo è stato un protagonismo opaco. In politica il ravvedimento è comunque pratica comune e conosciuta. Devo dirle che neanche i dalemiani (non tutti) mi sembrano determinati alla lotta, quindi comprende che gli spazi di manovra per il nuovo premier sono ampi.

Durerà?
Penso fino al prossimo anno. Le elezioni sono nelle cose, il suo programma adesso è piuttosto taciuto. Capisco che non voglia impegnarsi troppo su un singolo tema, sennò finisce come con l’Italicum: a giorni alterni diviene legge dello Stato o tema da approfondire, testo pronto per l’uso o disciplina al di là da venire. Si tiene cauto.

Le ha persino nominato ministro una dirigente della sua area.
Solo allo scopo di sfregiarmi. Ritenendomi residuale, ha voluto procurare un dissidio interno, mettermi in difficoltà. Anche questa è politica.

Vada a confortare i grillini fuoriusciti.
Ci avessero pensato prima!

L’esplosione è interna al M5S: arrivano le prime dimissioni

boom5s-tuttacronacaI primi pentastellati, a seguito dell’espulsione dal Movimento dei quattro dissidenti, hanno formalizzato le proprie dimissioni dal Senato della Repubblica. Si tratta di Maria Mussini, Luis Orellana, Monica Casaletto, Alessandra Bencini, Laura Bignami e Maurizio Romani. A breve, dovrebbero unirsi a loro anche Fabrizio Bocchino, Francesco Campanella e Lorenzo Battista. Si tratta di nove senatori grillini che si trovano in dissenso con la gestione del gruppo da parte del semplice portavoce Grillo. Ma non sono gli unici: anche altri lamentano sofferenza per la direzione presa dagli eventi. Tra questi, come ricorda l’Huffington Post, Roberto Cotti, Ivana Simeoni e Michela Montevecchi. Le motivazioni, del disagio generale ancor prima che delle dimissioni dei sei, sono chiaramente indicate nella lettera che Romani ha indirizzato a Pietro Grasso:

“Di mia personale iniziativa mi dimetto dalla carica di Senatore della Repubblica. Lo faccio con dolore ma con convinzione, per rimanere coerente con i miei valori e con l’impegno preso con gli elettori. Definire dissidente ed arrivare ad espellere chi pensa con la propria testa e ha il coraggio delle proprie idee è una mossa suicida; a ciò si aggiunga la rabbia e la violenza che ho visto usare verso i nostri colleghi. Non voglio essere complice di questa specie di linciaggio. In questo modo il Movimento non guadagna coesione, come dice Beppe Grillo, invece perde alcune delle sue forze migliori ed alcuni dei suoi rappresentanti più credibili”.

Analoghe argomentazioni nel testo vergato dalla Bignami:

“In seguito agli ultimi avvenimenti di cui sono stato spettatore attonito e le posizioni assunte dal gruppo parlamentare nel quale sono stata eletta desidero comunicare la mia intenzione di dimettermi dalla carica di Senatore della Repubblica”

La Mussini ha spiegato: “Mi dimetto perchè voglio un Movimento 5 Stelle sano. Ci credo fermamente, per questo ho presentato le mie dimissioni alla presidenza del Senato”. E ha aggiunto: “Stamani ho sentito l’intervendo di Battista in Aula e non posso rassegnarmi al fatto che il Movimento si privi delle sue menti migliori”. Certo, il passaggio non è immediato, visto che le dimissioni devono essere calendarizzate e poi votate dall’Aula. E, per prassi istituzionale, la prima volta verranno respinta. Una situazione in continua evoluzione. Alla Camera li hanno seguiti Alessio Tacconi e Ivan Catalano. Raggiunto dall’Huffingtonpost, quest’ultimo ha ammesso: “Era una situazione che non si poteva più sopportare, non volevo più rimanere in un ambiente come quello. Ora mi prendo qualche giorno per riposare, poi vedrò il da farsi”. La settimana prossima Gianroberto Casaleggio sarà a Roma. Mercoledì, giovedì forse. “Un incontro previsto, solo routine”, spiega lo staff. Ma è difficile che il big bang a cinque stelle non trovi spazio nell’agenda dei suoi appuntamenti

Fuori i dissidenti: i militanti del M5S hanno deciso

dissidenti-m5s-tuttacronacaE’ stato Beppe Grillo a dare l’annuncio: i militanti del Movimento 5 Stelle iscritti al suo blog hanno votato decretando l’espulsione dei quattro senatori dissidenti Francesco Campanella, Lorenzo Battista, Luis Orellana e Francesco Bocchino. Nel dettaglio “29.883 hanno votato per ratificare la delibera di espulsione. 13.485 hanno votato contro”. Il leader dei pentastellati ha quindi ringraziato “tutti coloro che hanno partecipato” al sondaggio in rete sulla decisione dei gruppi parlamentari. Hanno partecipato alla votazione 43.368 iscritti certificati. Immediate le reazioni di alcuni deputati pentastellati, con Alessio Tacconi che, a La Zanzara su Radio 24 ha affermato: “Esco dal gruppo M5S alla Camera e con me ci sono altri 5 deputati”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Con questo voto  si è dimostrato che non è possibile andare contro il parere di Grillo e Casaleggio. Nel movimento comandano solo loro, di fatto sono il braccio e la mente”. Per quel che riguarda il sistema di voto Tacconi ha quindi affermato: “Il sistema di voto è in mano alla Casaleggio Associati e ci dobbiamo per forza fidare. Se fosse affidato a terzi sarebbe più trasparente, non lasciando spazio a dubbi”.

“Sono peggio dei fascisti”: il Movimento 5 Stelle verso la scissione?

strappo-m5s-tuttacronaca“Scusaci, ma oggi non parliamo con la stampa, qualunque cosa diciamo, anche per il solo fatto di dirla, verrebbe usata contro di noi”. E’ quanto dicono Lorenzo Battista, Fabrizio Bocchino, Francesco Campanella e Luis Orellana, che ripetono anche “Siamo sereni”. Ma se loro lo sono, non si può dire lo stesso all’interno di quel Movimento 5 Stelle del quale fanno parte, anche se sarà la rete a decidere se potranno rimanere o no, visto che i diarchi stellati hanno deciso di espellerli dal proprio gruppo parlamentare. Oggi il Movimento è riunito ma, dopo tre ore di riunione e con l’ultima mediazione saltata, i quattro hanno abbandonato la sala. Con loro, altri sei: Bignami, Bencini, Di Pietro, Pepe, Vacciano e Fedeli. Alessandra Bencini è uscita in lacrime annunciando di volersene andare. E il numero, giurano, è in aumento e dovrebbe raggiungere la quota necessaria per un gruppo autonomo al senato. Mentre loro uscivano, gli insulti sono volati da entrambe le parti: “Sono degli str***i, peggio dei fascisti. Meglio che me ne vado- gridava una senatrice furibonda- prima che li prendo a borsettate”. I toni del post di Beppe hanno così provocato una slavina. Riporta l’Hugginton Post:

“Io con questa roba non ho nulla a che fare, voglio andarmene da questa follia”, sbotta un senatore, gli occhi lucidi. Lui e una sette, otto, forse una decina di suoi colleghi hanno deciso: “Un minuto dopo la ratifica dell’espulsione ci dimettiamo, questa schifezza è un Soviet, non il Movimento che abbiamo conosciuto”. Un numero preciso non è ancora prevedibile, ma sono molti che dicono senza mezzi termini che “ormai è certo, non si torna indietro”.

Il deputato Ivan Catalano parla di “Grande Fratello”, il collega Manlio Di Stefano non fa nulla per smentirlo, con un post su Facebook che richiama sensazioni e sapori di altre epoche – poco felici – dell’italica storia: “Abbiamo bisogno di essere come la testuggine spartana, ognuno di noi deve sentirsi protetto dal compagno al suo fianco. In questi undici mesi ho sempre sentito, nei momenti fondamentali, una spada conficcarsi al mio fianco. Questo non è più tollerabile. Fate la vostra scelta. In alto i cuori!”

Uno vale uno, dunque, ma l’irritazione del capo vale più di tutto. Tant’è che il voto che gli attivisti stanno trovando aprendo il portale è unico. Prendere o lasciare, tutti sono uguali, tutti si sono macchiati dello stesso reato, quello di criticare il leader. Ritieni che Bocchino sia da salvare e Orellana da condannare? Non lo puoi fare, non puoi pensare. O cacci i quattro rei di lesa maestà, o li tieni in blocco.

Un anno fa il Movimento vinceva le elezioni. Un anno fa ragazzi sorridenti e mamme con passeggini portavano una ventata d’aria fresca in Transatlantico. Nello stesso luogo, un protagonista di quell’allegra rivoluzione oggi abbassa gli occhi e commenta: “Ci abbiamo messo davvero poco per trasformarci in una cosa completamente diversa. Peccato, perché io ci avevo creduto. E spero di tornare ancora a crederci”.

La difesa dei dissidenti: continua il botta e risposta nel M5S

beppe-grillo-movimento-cinque-stelle-tuttacronacaIl popolo pentastellato della rete deve decidere l’espulsione dal Movimento 5 Stelle di Luis Orellana, Lorenzo Battista, Francesco Campanella e Fabrizio Bocchino, “colpevoli” di aver criticato Grillo. Loro, nel frattempo, hanno realizzato, e postato su Youtube, un video di difesa con il quale espongono la loro versione dei fatti. Mentre Orellana sottolinea che i “gruppi territoriali non ci hanno mai sfiduciati con un voto assembleare, ne’ nel caso mio a Pavia ne’ nel caso di Palermo”, Bocchino aggiunge che la presunta sfiducia da Palermo “arriva da una minoranza di iscritti al meet up, per di più, mi spiace dirlo, parenti e conviventi dei deputati della Camera”. Anche Battista ritiene il capo d’imputazione molto debole: “se anche avessimo detto una caz***a, è normale espellere per il reato di caz***a?”. E ancora, Campanella obietta: “siamo il Movimento della democrazia diretta e non possiamo neanche dire che qualcosa poteva essere fatta meglio, ma stiamo scherzando?”

Salvini: “Visto che partorirà, quando farà il ministro Marianna Madia?”

MATTEO-SALVINI-tuttacronacaIl segretario della Lega Nord Matteo Salvini è intervenuto telefonicamente alla trasmissione Matrix dove torna ad attaccare la neo ministra della Pubblica Amministrazione: “Mi domando, visto che tra 3 mesi partorirà, quando Marianna Madia farà il ministro”. A quel punto Telese, il conduttore, ha chiesto perchè se la prenda con Madia: ”La Madia è l’ultimo dei miei problemi. Così come per Cecile Kyenge avevo contestato che non fosse stata scelta per le competenze, ma per il colore della pelle”. Ha quindi aggiunto: “Non vorrei che la Madia, che ha tutto il mio affetto come mamma e ripeto sono papà di due bimbi, fosse stata scelta per poter dire ‘guarda che governo smart: giovani, twittano, sorridono e c’è pure una ragazza incinta di 6 mesi’. E se partorirà, bene come mi auguro, per qualche settimana o per qualche mese farà la mamma partoriente, non la ministra”.

La Mogherini e il suo “piano” per riportare in Italia i Marò

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FedericaMogherini ha le idee chiare sui Marò e qualche giorno fa scriveva sul suo blog, che ora è chiuso, che era una ”vicenda complessa” con una “lunga sequenza di errori compiuti nel passato sui quali sarà utile fare piena chiarezza dopo che il caso si sarà concluso”.

Dall’altro ha sostenuto che la possibilità di una soluzione positiva ”è reale, purché attorno alla strategia dell’Italia ci sia il massimo dell’unità nazionale”. Inoltre la Mogherini sosteneva che l’unità nazionale  va mostrata:

“attorno ai rinnovati sforzi del governo e dell’inviato speciale Staffan De Mistura, evitando ogni forma di polemica, strumentalizzazione, protagonismo di singoli partiti o esponenti politici.

“È questa l’unica strada percorribile per dare più forza alla nostra posizione, a quella dei nostri due Marò e al percorso di internazionalizzazione della vicenda che si sta con successo costruendo. La possibilità che il caso trovi una soluzione positiva è reale, e dipende anche dalla capacità della politica italiana di mostrare maturità e responsabilità. Noi ci auguriamo che, almeno su questo, tutti siano in grado di capirlo e fare la propria parte”.

Proprio in questi minuti si sta tenendo un vertice a Palazzo Chigi sul caso dei marò italiani trattenuti in India. La riunione è stata convocata dalpresidente del Consiglio Matteo Renzi. Secondo quanto si è appreso, al vertice partecipano tra gli altri i ministri degli Esteri e della Difesa, Federica Mogherini e Roberta Pinotti, e l’inviato italiano Staffan De Mistura.

Ma quali problemi italiani? Nel Pd c’è chi si preoccupa del campionato

arbitro_tuttacronacaE’ TMNews che riporta una nota del deputato Pd Marco Miccoli. Nel giorno in cui il nuovo governo chiederà la fiducia e mentre l’Italia affoga in una crisi che provoca sempre più tragedie familiari, il dem si dimostra preoccupato per la situazione del campionato e arriva a tirare in ballo Calciopoli nel lanciare un appello al neo premier Matteo Renzi: “Quello che sta succedendo nel campionato di calcio di serie A è davvero preoccupante”, scrive Miccoli, che prosegue: “Sembra di essere di fronte ad una nuova Calciopoli, con errori e favoritismi a raffica, da ultimo quelli verificatisi ieri nel derby di Torino. Per questo chiedo al nuovo presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi di verificare e garantire la trasparenza del massimo campionato italiano. Anche in presenza di tanti in Italia, ritengo che assicurare la correttezza del gioco più amato non possa che dare il segno di un Paese che cambia verso, dove viene premiato il merito e non le vecchie consorterie che speravamo aver scacciato e allontanato”.

I nostri 7 giorni: pulizie in casa Italia

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Una settimana di grandi pulizie in casa Italia, dove davvero sembra che tutto debba essere riordinato dal nuovo governo che arriva e poi è sempre tutto da ripulire appena un governo cade. Passaggio di testimone gelido, con campanella che ha suonato a lutto, tra Letta e Renzi che si sono avvicendati nella Premiership di questo Paese che ormai sembra essere l’ombra indipendente di uomini politici che cercano invece una luce mediatica. Si è deciso anche di dare un colpo di spugna agli Esteri, ma i marò restano in India. Per L’istruzione però sono in vista molte rivoluzioni, altro che pulizia e già si parla di colpire le pensioni per rimettere in sesto la scuola pubblica, lotta generazionale? Su questo nodo le proposte son tante, da Delrio che minaccia la tassa sui Bot a Renzi che preme l’acceleratore per andare a colpire coloro che dovrebbero godere solo i frutti di un meritato riposo. Ci si dovrà armare di stracci e detersivi anche a Sanremo, dove il flop non è mancato e neppure le polemiche. Per fortuna che poi cala il sipario con Mengoni che omaggia Tenco, così come si spegne anche la fiamma olimpica e rimane l’amarezza per quell’Italia che non ha certo brillato.

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Pulizie ne hanno fatte i ladri a casa di Cicciolina ripulendo il suo archivio di video hard, facendo scattare la denuncia. Coloro che ancora non sono denunciati, ma rischiano di esserlo a breve sono i giovani che hanno rapito il futuro sposo per portarlo all’addio al celibato. Ma se il rapimento è falso sembra invece che Balotelli, la scorsa notte, sia incappato in una rissa vera. Un fotografo insistente e Supermario che perde le staffe… salvo poi smentire e far piazza pulita! Un po’ come Alfano, che in questa confusione politica, non si accorge di usare lo slogan di Sel: #lastradagiusta. Chi invece la strada sembrerebbe averla persa sono i due giocatori scomparsi oggi a Roma, speriamo che facciano attenzione ai passi falsi. Basta poco a volte per esagerare e sollevare polemiche, lo sa bene il Trio della Gialappa’s al centro della bufera dopo i commenti feroci su Rocco Hunt e la Terra dei Fuochi. Di carne al fuoco questa settimana non ne è mancata e come al solito noi di Tuttacronaca vi abbiamo raccontato frammenti di vita che si susseguono velocemente, tra ribaltoni della politica e gossip sportivo, tra il totoministri e l’attesa di Renzi chiuso per ore nello studio del Presidente della Repubblica, tra chi arriva e chi va, tra la voglia di tornare e la voglia di scappare… ma non dimenticatevi un Escape!

GOOD NIGHT, AND GOOD LUCK!

Il cambio di posizione di Federica Mogherini, neo ministra degli Esteri

mogherini-renzi-tuttacronacaFederica Mogherini, attuale ministro degli Esteri che ha preso il posto di Emma Bonino che fa parte della corrente AreaDem del Pd, non sembra essere sempre stata una strenua sostenitrice dell’attuale premier Renzi. Poco più di un anno fa infatti twittava: “Renzi ha bisogno di studiare un bel po’ di politica estera, non arriva alla sufficienza temo #terzaelementare”. E ancora, scettica: “Parla un po’ troppo del passato, per essere l’uomo del futuro”, twittava scettica. Ancora, la neo ministra denunciava anche il “plagio” dello slogan che allora Renzi scelse per le primarie “Adesso”: “Renzi sceglie lo slogan che usò Franceschini alle primarie del 2009. Come inizio di rottamazione lascia un po’ a desiderare”. Non solo, in occasione del confronto tv tra i candidati alla segreteria twittava: “Da quel che ho visto, Bersani ragiona da presidente del Consiglio, Nichi Vendola affidabile, Renzi un po’ fuori fase”. Dopo un anno e poco più, l’8 dicembre 2013, Mogherini però sembra aver “cambiato verso” alle sue opinioni su colui che è diventato segretario del Partito democratico: “Mi fido di te, @MatteoRenzi”.

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Renzi visto da Salvini…

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Da ieri la Lega ha iniziato la sua opposizione al governo Renzi e soprattutto spinge sul tema dell’Europa e sull’uscita dall’euro in vista delle prossime Europee. Oggi Salvini, segretario federale della Lega Nord, torna ad attaccare il neopremier Matteo Renzi accusandolo di twittare troppo e poi aggiunge ” ma gli italiani non vivono su Facebook”.

Mezz’ora con Delrio e…. tremano i pensionati con i Bot!

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Tassare i Bot, cioè quei soldi che i cittadini prestano allo Stato per avere dei rendimenti e che ora invece saranno tassati. Non è meglio quindi prendere titoli di stato stranieri se il Paese in cui viviamo aumenta la tassazione sul prestito che gli facciamo? Ma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio dichiara:

«Se una signora anziana ha messo da parte 100mila euro in Bot non credo che se le togli 25 o 30 euro ne avrà problemi di salute. Vediamo».

Insomma i cittadini italiani non sono tutti uguali, chi ha risparmiato per una vita e ha investito in Bot sostenendo il proprio Paese ora viene considerato un ricco speculatore a cui aumentare le tasse? Ma il problema non sono i 20 o 30 euro, è il concetto alla base del ragionamento… E Naturalmente questa è solo la punta dell’iceberg… poi arriva l’Imu! Delrio anche qui ha le idee chiare «Io sono contrario personalmente a cambiare le regole ogni sei mesi, ma non decido io. L’Imu è stata una tassazione molto criticata ma a regime avrà una sua dignità. Manderemo milioni di dichiarazioni precompilate sulle tasse locali».

Poi c’è la patrimoniale? «Non la faremo – dice Delrio -. L’Imu fu una patrimoniale a tutti gli effetti, il governo Monti la introdusse perche Paese aveva bisogno di sistemare i conti». E i dipendenti statali: «Il tema non è tagliare la P.a., ma renderla più efficiente e amica. C’è moltissimo efficientamento da fare. Non credo che in questo momento questo Paese si possa permettere di licenziare». Così a In mezz’ora Graziano Delrio, che immagina «percorsi di conversione da un lavoro inutile a un lavoro utile».

L’Italicum è stato congelato come aveva chiesto Alfano? «No, non è congelato – dice Delrio -. Io ero presente alle consultazioni, ho sentito tutti i colloqui, dal partito più grande al più piccolo, ed a tutti è stata detta la stessa cosa; bisogna approvare la legge elettorale alla Camera» poi sulle tante polemiche scoppiate in questi giorni Delrio afferma «È giusto che giornali e corpi intermedi mantengano un atteggiamento di distanza dal governo che è assolutamente sano. Noi dobbiamo dimostrare con i fatti di essere all’altezza»e poi aggiunge «Se faremo male è giusto che ci critichino. Ma non siamo interessati da alleanze strutturali per sostenere il governo. Se faremo bene al Paese convinceremo gli industriali».

La rivoluzione scolastica taglierà le pensioni? Scontro generazionale

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Lo si sapeva, ma ci si aspettava che la guerra generazionale fosse condotta dopo una attenta riflessione, invece il governo Renzi asfalta immediatamente i pensionati e mira dritto a scardinare i diritti acquisiti come gli scatti di anzianità dei professori. “Basta scatti” questa sarà la nuova bayyaglia che già dalle prime ore della sua investitura a ministro dell’Istruzione Stefania Giannini vuole portare avanti. Si punterà sul merito… ma come sarà rilevato questo merito? Si passerà a calcolare le attività extrascolastiche? Quindi una lezione preparata con attenzione che segue il programma ministeriale passerà in subordine a una visita al museo dove i ragazzi possono correre felici nel parco? Oppure si darà rilievo ai professori che usano la tecnologia nelle scuole all’avanguardia, mentre in periferia i professori non hanno i gessi per scrivere alla lavagna? Interrogativi che non sono nuovi, ma tornano di attualità anche alla luce delle parole della neoministro che in attesa della fiducia nei due rami del Parlamento già sentenzia”Un Paese che spende 265 miliardi in pensioni e solo 54 miliardi per scuola e ricerca – dice il neo ministro, segretaria di Scelta Civica – deve porsi qualche interrogativo”.  “Gli automatismi sono il frutto di un mancato coraggio politico del passato – dice Stefania Giannini -. Ma ovviamente sto parlando in modo generale, prescindendo da eventuali misure che ancora non ho neanche lontanamento concepito”.

Quindi non possiamo dire come secondo lei dovrebbe essere applicato il principio della valutazione meritocratica?

“C’è una terza parola fondamentale: autonomia – risponde il neo ministro dell’Istruzione -. La valutazione si collega all’autonimia e alla responsabilità di chi è autore del processo. Posso fare l’esempio delle università, che sono diventate responsabili di sé stesse da quando sono istituzioni con bilancio autonomo. Credo che anche nella scuola si debba introdurre questo concetto”.

Lei in passato ha detto che, a suo giudizio, nelle università andrebbero aboliti i concorsi.

«Ora però sono ministro e posso solo dire che questo capitolo va certamente rivisitato».

Ma qual è l’alternativa al concorso pubblico? L’assunzione per chiamata diretta

«No, non funzionerebbe in un sistema come quello italiano ed europeo».

E allora?

«E allora autonomia e responsabilità. Le università dovrebbero poter adottare il loro sistema valutativo, e rispondere del prodotto finale, dei risultati conseguiti».

E come si misurano i risultati raggiunti da un’università?

«Si possono seguire gli esempi di altri paesi che hanno fatto scelte politicamente diverse dalle nostre, più proiettate verso il futuro».

Quali paesi?

«Per esempio la Gran Bretagna. Dove sono passati da una valutazione dei risultati puramente quantitativa a una valutazione anche qualitativa».  

Il sistema inglese di valutazione è complesso e articolato. Le valutazioni dei professori avvengono durante l’arco della loro carriera e comportano una serie di controlli e verifiche date da corsi di aggiornamento e tecniche di insegnamento che vengono modificate in base alla scuola in cui insegnano. Chi può poi con assoluta sicurezza affermare che un professore con un ottimo curriculum sia il migliore per trasferire le sue nozioni ai ragazzi? Si può sapere molto, essere enciclopedie viventi ed essere totalmente incapaci di insegnare… pura demagogia e populismo o solo voglia di rivalsa contro i pensionati destinati a pagare gli sbagli di una classe politica incapace? Rottamare gli anziani per dare possibilità ai giovani? Questa è l’Italia dream?

Ancora polemiche tra pentastellati: “non si può esprimere il proprio pensiero”

Lorenzo-Battista-tuttacronacaContinuano le polemiche in casa pentastellata e a prendere la parola è il senatore “dissidente” Lorenzo Battista che in una nota scrive: ”I capi hanno annunciato la scomunica di Luis Orellana da Pavia. I valorosi guerriglieri-cittadini hanno eseguito anche stavolta il volere dei Supremi Capi e della loro strategia comunicativa. E meno male che vogliono preservare la Costituzione dove esiste anche l’articolo 21“. E sottolinea: “Invece di fare le battaglie sulle aliquote Irpef, la lotta alla grande evasione e alla fuga dei capitali illeciti, cambiare i regolamenti parlamentari, si preferisce mettere al pubblico ludibrio quattro senatori che hanno espresso il proprio pensiero“. Battista difende così il collega dalla “gogna cui è stato sottoposto” solo per aver avuto il coraggio, assieme ad altri tre senatori, di dire che Grillo aveva scelto l’atteggiamento sbagliato per recarsi alle consultazioni con Matteo Renzi.

Salvini all’attacco della neo ministra… e il precedente epic fail della Madia

marianna-madia-tuttacronacaAppena questa mattina il nuovo governo ha giurato e già il segretario della Lega Matteo Salvini, durante un comizio anti-euro a Milano, ha contestato che il fatto che Marianna Madia, neo ministro della Pubblica Amministrazione, sia incinta possa rappresentare una novità degna di nota. “Ci presentano come novità un ministro incinta e pensano di avere risolto i problemi, fa nulla che quella donna in verità è amica dell’amica dell’amica, una donna chic che non ha i problemi della donne incinte delle periferie di Milano”. Insomma, ha concluso il leader della Lega, ”non penso che neppure sappia quanto costano i pannolini”. Ma la neo ministra era balzata agli onori della cronaca già lo scorso dicembre con un fatto che Il Giornale definiva “fantozziano”: 

Marianna Madia, la pupilla di Renzi lanciata in politica da Walter Veltroni, nei giorni scorsi avrebbe avuto un incontro al ministero dello Sviluppo Economico. Un appuntamento dovuto, avrà pensato lei, in quanto neo responsabile per il lavoro del Pd. Insomma, praticamente una specie di ministro ombra. Così la Madia si è infilata nell’ufficio del ministo Flavio Zanonato per un colloquio di una ventina di minuti. Un faccia a faccia in cui la giovane renziana avrebbe spiegato al responabile del dicastero tutte le sue strategie per sconfiggere la piaga della disoccupazione giovanile. Una relazione asciutta e puntuale. Al termine del monologo le risponde, con non poco imbarazzo, Zanonato: “Cara Marianna. Sono contento del vigore e dell’entusiasmo con il quale mi chiedi supporto. Ma di questo avresti dovuto parlare con il collega ministro del Lavoro, Enrico Giovannini. Le mie competenze non sono specificamente destinate alle politiche dell’occupazione”. Un epic fail, direbbero in rete. Una figuraccia di dimensioni sesquipedali. “Ma scusa ministro ma non sei te che ti occupi di lavoro?” avrebbe chiesto stupita e imbarazzata la Madia. A quel punto, sempre stando al racconto del quotidiano romano, il ministro – con piglio paterno – avrebbe preso sottobraccio la Madia indicandole, dall’altra parte della strada, il ministero del Lavoro: “E’ dall’altra parte. Hai sbagliato indirizzo”. 

Federica Guidi, il ministro “in quota Forza Italia”

federica-guidi-tuttacronacaIl nuovo ministro alla Sviluppo economico, con delega alle Comunicazioni, Federica Guidi, lunedì sera era a cena ad Arcore assieme al padre Guidalberto, salutata così da Berlusconi: “Federica, prima o poi questa tessera di Forza Italia dovrai fartela…”. La sua nomina, sussurrano quelli vicini al leader di FI, è stata “Un capolavoro di Verdini”. Scrive l’Huffington Post:

Perché Federica è una berlusconiana vera, imprenditrice tosta. Più volte Berlusconi l’ha corteggiata come volto nuovo da lanciare. E più volte l’ha coinvolta nell’attività che considera più importante degli organigrammi di partito: coinvolgere imprenditori, fare fund raising, tenere i contatti con quel mondo refrattario nei confronti della politica politicante. Ecco perché una delle prime telefonate di congratulazioni alla neo ministra è arrivata proprio dal Cavaliere. Che ai suoi ha consegnato una battuta che la dice lunga: “Abbiamo un ministro pur stando all’opposizione”. Significa che è in buone mani non solo lo Sviluppo del paese, ma la tutela di Mediaset, il dossier più importante per Berlusconi. È una delega su cui Berlusconi vuole stare sempre al governo. Al sicuro con Passera, ai tempi di Monti, grazie anche alla supervisione dell’allora sottosegretario alla presidenza Catricalà. Poi al sicuro con Catricalà, ai tempi del Letta uno. Ora in mani sicurissime, quelle di Federica Guidi. E chissà se il prestigioso incarico non fosse già nell’aria lunedì sera. Fonti informate assicurano che l’oggetto della cena era il coinvolgimento di Federica in Forza Italia. E che la trattativa si è composta nelle ultime ore. Comunque: meglio di così non poteva andare.

E meglio di così non poteva andare neanche sull’altra casella, la Giustizia. Il Cavaliere si sente tutelato da Orlando, uomo di sinistra, ma garantista, equilibrato, certo non espressione del partito dei giudici e della Procura di Milano. Uno che fu attaccato dai “manettari” dopo un’intervista al Foglio, ai tempi in cui si occupava di giustizia nel Pd di Veltroni, quello della “nuova stagione” e del dialogo col Cavaliere sulle riforme. Raccontano ad Arcore che anche sulla Giustizia la trattativa è stata assai complessa, molto più di quanto è uscito sui giornali. E che Orlando è stato tutt’altro che imposto dal Colle, cui non dispiacevano anche altri nomi tra cui, secondo i berlusconiani, lo stesso Gratteri, il magistrato che Enrico Letta aveva inserito nella task force contro la criminalità. Chissà. Sia come sia, di tutti i nomi, quello finale è il meno ostile, visto dalle parti di Arcore. Non certo come “Federica” ma buono per non incrinare il confronto con Renzi sulle riforme e sulla legislatura costituente…

Fiducia o non fiducia? Civati lo chiede ai suoi

pippo-civati-tuttacronacaIl governo Renzi ha giurato questa mattina ma poco dopo sono già tornate alla luce le divergenze politiche interne allo stesso Pd. Lo stesso Pippo Civati si chiede se votare o meno la fiducia al nuovo esecutivo. O, per meglio dire, lo chiede ai suoi elettori tramite un sondaggio sul suo blog. L’ex concorrente di Renzi per il ruolo di segretario del Pd spiega di voler un parere perché “di solito sono gli elettori a scegliere” e si chiede se che se per il futuro sia meglio rimanere nel Pd o “ricostruire la sinistra” con gli altri partiti. Scrive Civati: “Siccome il vero problema di questa situazione, che precede qualsiasi giudizio su Renzi, sul suo governo e soprattutto sulla sua maggioranza, è il fatto che si sia proceduto per l’ennesima volta assemblando gruppi che tutti avevano votato per fare altro, vi chiediamo ancora di partecipare”. Al termine del sondaggio, Civati si chiede quale prospettive intraprendere per “l’area Civatì?” tra due alternative: “Aumentare l’impegno dentro il Partito Democratico su temi qualificanti” oppure “lavorare al dialogo con le forze che ne stanno fuori, per ricostruire la sinistra”.

Il Festival proposto a Fiorello, lui ribatte “Renzi dice che è meglio aspettare”.

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Raiuno e Giancarlo Leone servono su un piatto d’argento il Festival a Fiorello, naturalmente mettendo le mani avanti e dicendo che per il 2015  “si ripartirà da Fazio” e, nel caso in cui il conduttore non abbia “un progetto nuovo”, “il primo della lista è Carlo Conti”. Ma ammette che “c’è una sola eccezione: Fiorello. Se arriva passa davanti a tutti”. “Un attimo, ci penso e ve lo dico… Devo prima parlare con Renzi”: Fiorello gioca sull’ipotesi lanciata da Leone, per aggiungere: “Renzi dice che è meglio aspettare”.

Delrio, il vero vicepremier. Contro le pensioni e a favore delle Province

graziano-delrio-tuttacronacaIeri Matteo Renzi ha presentato la lista dei suoi ministri e oggi, sul Sole 24 Ore, Eugenio Bruno e Davide Colombo prendono in considerazione il ruolo di Graziano Delrio che nel nuovo governo avrebbe più quello di

un vicepremier che di un semplice sottosegretario alla presidenza del Consiglio,  sia per il numero (e il peso specifico) delle deleghe che si troverà a gestire, sia per il legame personale (e politico) con Matteo Renzi.

Dovrebbero allarmarsi gli italiani in base a questa osservazione fattuale? Bisogna guardare per un attimo al passato e si ricorda che Delrio, oltre a essere stato inserito nel “partito dell’odio contro i pensionati”, è stato anche autore della riforma delle Province, che fingendo di eliminarle ne ha ampliato le possibilità di assumere gente, sostituendo ai vecchi carrozzoni locali che rispondevano assai più delle Regioni alla storia della nostra Italia, i potenziali mega carrozzoni delle Metropoli che costeranno anche di più in tasse per i contribuenti. La sua difesa: “Ma è strategico“. Per quel che riguarda i pensionati, lo scorso ottobre l’Ansa riportava le parole di Delrio durante la Leopolda: “Serve rivisitare i tre grandi patti che tengono insieme il Paese.  Il primo è che chi lavora paga le pensioni a chi ha lavorato prima, questo “va riscritto: chi ha pensioni alte deve essere in grado di aiutare chi di pensione prende 400 euro”. Prendere fondi dalle pensioni alte, ha suggerito, in preda al delirio di onnipotenza, “anche per creare centri per l’impiego”. Bruno e Colombo, parlando del medico endocrinologo Delrio, ricordano ancora che è un 54enne di Reggio Emilia cattolico, di sinitra e con nove figli. Nel 2004 e nel 2009 è stato il primo sindaco non comunista della sua città, il che vuole dire che per essere accettato dai comunisti che dominano quelle terre deve essere più comunista di loro.

Nel Governo di Renzi, sarà

un po’ come Gianni Letta per Silvio Berlusconi oppure Enrico Letta per Romano Prodi. Con ancora più deleghe se è vero, come sembra, che si vedrà assegnare le attività dei dipartimenti rimasti orfani di un ministro senza portafoglio. E che solo in un secondo momento potranno essere trasferite ad altri sottosegretari che verranno nominati sempre a Palazzo Chigi.

Coesione territoriale, che comporta la gestione dell’intera partita sulla programmazione dei fondi europei.

Politiche comunitarie, Integrazione.

Pari Opportunità.

Sport.

Giovani.

A Delrio sarebbe pure affidata la responsabilità sul personale della Presidenza, sicuramente quella per la Protezione Civile, altro mega-dipartimento della presidenza, probabilmente quella sui Servizi e quella per l’Editoria. Mentre Integrazione, Pari opportunità e Sport potrebbero nelle sue mani anche dopo l’eventuale riassegnamento.

“Due sono anche le caselle chiave da riempire nell’immediato: il segretario generale di Palazzo Chigi e il capo del dipartimento affari giuridici e legislativi (Dagl). Per consentire alla macchina di viaggiare a pieno ritmo, vista la mole di provvedimenti annunciati e l’importanza dei compiti gestiti, servirà una figura operativa di strettissima fiducia. E non è un caso che tra i nomi circoli con insistenza quello di Angelo Rughetti, ex segretario generale dell’Anci e attuale deputato democratico di stretta osservanza renziana.

La consegna della “Campanella”: temperature glaciali tra ex e neo premier

passaggio-campanella-letta-renzi-tuttacronacaCon una parola si potrebbe definire gelido il tradizionale passaggio di consegne, a palazzo Chigi, tra Enrico Letta e Matteo Renzi, con la consegna della ‘Campanella”. Una rapida stretta di mano e zero sorrisi tra Enrico Letta, di fatto “cacciato” e sfiduciato dal suo ruolo, e Matteo Renzi, colui che con qualche forzatura ne ha assunto il ruolo, neanche uno sguardo. La scena è destinata a rimanere impressa, con quell’uscita di Letta quasi di corsa e la mancanza di cordialità tra due politici che fanno anche parte dello stesso partito. Perfino Berlusconi, nel 2011, sorrise e si trattenne qualche secondo con Mario Monti. Letta qualche minuto dopo pubblica un tweet sibillino: “Lascio #Chigi. Grazie Napolitano e tutti quelli che mi hanno sostentuto! Ora uno stacco via da Roma per prendere le migliori decisioni. #Futuro”. Decisioni migliori per il futuro…una sfida lanciata a Renzi, non sul terreno del governo, ma evidentemente su quella del partito. Non è detto che Letta continuerà a rimanere nel Pd, lascia presagire questo tweet. Prima del passaggio delle consegne, il clima era diverso, con i ministri in posa come da tradizione con il Presidente della Repubblica per la foto di gruppo. Giorgio Napolitano al centro dell’inquadratura, al suo fianco la responsabile degli Esteri Federica Mogherini e la ministra degli affari regionali, Maria Carmela Lanzetta. Matteo Renzi e Angelino Alfano sorridenti fianco a fianco.

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Il tweet di Renzi “compito tosto, ma ce la faremo”

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Renzi come Fonzie ma forse anche un po’ Beverly Hills 90210. Tra l’Italia da salvare che sembra per il Premier diventato un tema “tosto” di esame di maturità e quel linguaggio “giovanilistico vintage anni ’90”. Quando affermerà “Scialla amico, facci sforare il 3%?” Per il momento però Matteo Renzi si gode l’Happy Day e il giuramento accompagnato dalla moglie Agnese e dai tre figli, proprio come un telefilm americano anni ’50. Dio, Famiglia e Patria?

 

Il giuramento di Andrea Orlando… passa per i social!

orlando1Quando il giuramento si fa social. Dopo aver recitato la formula di rito al Quirinale, in occasione del giuramento del nuovo governo Renzi, il neo ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che con Letta si trovava alla guida del Ministero dell’Ambiente, ha voluto giurare anche di fronte al popolo della rete: ecco infatti che nella sua pagina Facebook ha scritto: “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione”. Il post è poi stato prontamente condiviso anche su Twitter.

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Governo Renzi al via: il giorno del giuramento

giuramento-renzi-tuttacronacaPrima del giuramento, Matteo Renzi ha voluto inviare un messaggio di ringraziamento via Twitter: “Grazie per i messaggi. Compito tosto e difficile. Ma siamo l’Italia, ce la faremo. Un impegno: rimanere noi stessi, liberi e semplici”. Al giuramento dei ministri del nuovo Governo Renzi, non parteciperà il neo ministro dell’Economia Giancarlo Padoan, che rientrerà a Roma da Sydney solo in serata. Padoan si trovava nella città australiana per partecipare ai lavori del G20. I nuovi ministri giunti al Quirinale hanno scambiato poche, rapide battute con i giornalisti prima di prestare giuramento. Il ministro designato alla Difesa, Roberta Pinotti, è stata chiara: “Prima si giura poi si parla”. Al Colle è giunto anche Maurizio Lupo, riconfermato alle Infrastrutture: “Dobbiamo continuare nel lavoro fatto in questi nove mesi con più forza e più coraggio. Nessuno riesce a tenere i propri posti. È un governo di emergenza, ma un po’ di continuità serviva per non buttare via il lavoro svolto. Dobbiamo approvare piano casa nel primo Consiglio dei ministri”. Da parte sua il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha spiegato: “So cos’è il lavoro, ho iniziato a lavorare nei campi a 6 anni”. Ha quindi aggiunto: “Da cooperatore dico che bisogna favorire la partecipazione dei cittadini, non bisogna lasciare nessuno a casa e dare un’opportunità a tutti”. Matteo Renzi, arrivato al Quirinale con la moglie e i figli, è stato il primo a prestare giuramento, seguito da tutti i nuovi ministri. Il governo Renzi è ufficialmente in carica.

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Due soldatesse al portone principale del Quirinale

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E’ il governo più “rosa” che l’Italia abbia mai avuto nella sua storia Repubblicana e, in occasione del giuramento, che sta avvenendo in questi minuti, si è scelto (anche se alcuni parlano di casualità, ma ovviamente alle coincidenze è difficile credere, soprattutto quando c’è di mezzo la politica) di mettere a guardia del portone principale del Quirinale, due soldatesse. Basterà la quota “rosa” all’Italia per cambiare verso?

 

La renziana doc promossa a ministro: Maria Elena Boschi

MARIA-ELENA-BOSCHI-tuttacronacaA 33 anni, Maria Elena Boschi è diventata uno dei ministri più giovani della storia della Repubblica grazie alla chiamata, arrivata da Matteo Renzi, a guidare il dicastero per le Riforme e i Rapporti con il Parlamento. Nata a Montevarchi, in provincia di Arezzo, la Boschi si è laureata in Giurisprudenza ed è finora vissuta a Firenze dove ha lavorato come avvocato. Il neo ministro rientra nell’ala dei fedelissimi del nuovo premier fin dal 2012, quando fu scelta da Renzi per coordinare insieme ad altre due donne (Simona Bonafè e Sara Biagiotti) l’organizzazione del tour in camper per le 108 province d’Italia. Ha fatto parte della direzione del Pd di Firenze ed è stata consigliera di Pubbliacqua, la società che gestisce gli acquedotti del capoluogo e di altre province toscane. Eletta alla Camera nelle elezioni dell’anno scorso, la sua ascesa è iniziata quando Renzi, diventato Segretario, l’ha voluta nella segreteria nazionale con il ruolo di responsabile delle riforme. In questa veste ha seguito le trattative tra il Pd e le altre forze politiche sulla nuova legge elettorale e sulla riforma del Senato.

Le sfide del neoministro alle Politiche Agricole, Maurizio Martina

tuttacronaca-maurizio-martinaSottosegretario alle Politiche Agricole, con delega ricevuta da Letta a presiedere la Commissione di coordinamento per le attività connesse all’Expo 2015, Maurizio Martina è stato promosso dal neopremier Renzi a ministro dello stesso dicastero. Lo stesso Martina, di origini Bergamasche, tifoso dell’Atalanta, classe ’78, sposato e con due figli, parlando di sè nel suo blog spiega di avere avuto nonni contadini mentre il padre e la madre hanno sempre lavorato in fabbrica. Ha seguito formazione specifica nel settore agricolo diplomandosi all’Istituto tecnico Agrario di Bergamo. Poi la laurea in Scienze Politiche e una veloce ascesa in campo politico, arrivando a distinguersi tra i fondatori del Partito Democratico. Varie sono le sfide che dovrà affrontare: dall’Expo alla sovrintendenza alla realizzazione dei nuovi indirizzi della politica agricola comunitaria e della riorganizzazione di Agea e Inea. Ancora, dovrà decidere se sbarrare o meno la strada agli Ogm. Blitz Quotidiano così riassume il suo percorso politico:

La carriera politica di Martina comincia nel 1999, quando è eletto Consigliere comunale a Mornico al Serio (Bg), carica ricoperta fino al 2004. Sempre nel 2004, dopo una militanza nell’organizzazione giovanile dei Democratici di Sinistra, viene eletto Segretario della Provincia di Bergamo. Nel 2006 assume la carica di Segretario Regionale dei Democratici di Sinistra in Lombardia. Nel 2007 è tra i fondatori del Partito Democratico. Nello stesso anno, a seguito delle primarie, è eletto primo Segretario del Partito Democratico della Lombardia. Nel 2009, sempre attraverso le primarie, viene riconfermato alla guida del Partito Democratico Regionale Lombardo. Nel 2010 è eletto Consigliere della Regione Lombardia, incarico riconfermato nelle consultazioni popolari del febbraio 2013. Durante i mandati di Consigliere Regionale Lombardo è stato componente della Commissione Affari Istituzionali e della Commissione Attività Produttive. Il 3 maggio 2013 ha giurato come Sottosegretario di Stato del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del Governo Letta e da oggi s’insedia come nuovo ministro del dicastero di via XX Settembre.

Prima missione del ministro della Difesa: riportare a casa i marò

tuttacronaca-roberta-pinottiMatteo Renzi ha nominato Roberta Pinotti nuovo ministro della Difesa facendola diventare il primo ministro della Difesa donna dell’Italia repubblicana. Già sottosegretario sottosegretario di Mauro ha dichiarato: “Non ci sono frontiere che le donne non possono superare”.

Certo, ora sente “con grande forza la responsabilità” che le è stata affidata, ma assicura che ce la metterà tutta per fare fronte alla “grande sfida” che la aspetta. In effetti, sono molti i dossier scottanti, a cominciare da quello dei due marò. E proprio a Latorre e Girone dedica le sue prime parole da titolare del ministero di Palazzo Baracchini: “I marò sono nel mio cuore e nel cuore di tutti gli italiani”, ha detto all’ANSA. “E’ una situazione ingiusta. Dobbiamo con forza riportarli a casa”, perchè sono trattenuti “ingiustamente” in India. “Tutti i militari – ha detto – possono compiere errori ma esiste la giustizia militare italiana. Non possono essere accusati di terrorismo e non devono essere giudicati in un altro Paese”.

Questa la biografia del neoministro:

Genovese, 53 anni, sposata, due figlie, Roberta Pinotti è una senatrice del Partito Democratico che da sempre si è occupata di cose militari.

Laureata in lettere moderne, insegnante di italiano nei licei, ha iniziato la sua carriera politica negli anni novanta venendo eletta consigliere circoscrizionale nel quartiere di Sampierdarena con il Partito Comunista Italiano. Dopo lo scioglimento del Pci, ha aderito al Partito Democratico della Sinistra prima e ai Democratici di Sinistra poi (tra le file del cosiddetto “correntone”). È stata assessore alla scuola, alle politiche giovanili e alle politiche sociali della Provincia di Genova dal 1993 al 1997, assessore alle Istituzioni scolastiche di Genova dal 1997 al 1999 e segretaria provinciale dei DS dal 1999 al 2001.

Nelle elezioni politiche del 2001 è stata eletta deputato alla Camera, essendo risultata vincitrice nel collegio Genova 7. Riconfermata dopo le elezioni politiche del 2006, ha aderito al gruppo parlamentare dell’Ulivo.
Nel settembre del 2006 ha annunciato la sua non disponibilità a presentarsi nelle elezioni primarie dell’Unione per stabilire il candidato a sindaco di Genova della coalizione di centrosinistra.
Alle Elezioni politiche italiane del 2008 è candidata in Liguria tra le fila del Partito Democratico al Senato della Repubblica, viene eletta.
Nel 2007 è nominata Responsabile nazionale Difesa nella Segreteria nazionale del Segretario Walter Veltroni, è nominata Ministro della Difesa nel Governo ombra del Partito Democratico, ruolo che ricopre dal 9 maggio 2008 al 21 febbraio 2009, e capo dipartimento del PD alla difesa con il segretario Dario Franceschini.
È esponente di Area Democratica, la corrente di Franceschini uscita sconfitta dal Congresso PD del 2009.
Dal 24 febbraio 2009 il neo-segretario del PD Dario Franceschini la nomina presidente nazionale del Forum Difesa del Pd.

Nel 2012 si presenta alle primarie per la candidatura a sindaco di Genova, arrivando terza col 23,6% dopo il vincitore Marco Doria (indipendente, ma fortemente sostenuto da SEL, vincitore del 46%) e il sindaco uscente Marta Vincenzi (27,5%).

L’agenda del ministro Pinotti secondo l’Ansa:

Tra le altre questioni con cui dovrà confrontarsi il neo ministro, la riforma dello strumento militare concepita dal suo predecessore Di Paola: la legge è stata approvata, ma molti auspicano aggiustamenti ai decreti attuativi soprattutto per quanto riguarda i meccanismi di esodo del personale (che dovrà ridursi dagli attuali 190mila militari a 150 mila entro il 2024). All’interno del Governo dovrà battersi affinché ci sia certezza e costanza di risorse per il sofferente bilancio della Difesa, in modo da poter programmare un graduale spostamento di risorse dalla voce Personale, all’Esercizio e all’Investimento, trovando un diverso equilibrio più vicino ai parametri europei. E a proposito del personale, tra i militari c’è malumore per il blocco degli stipendi che da alcuni anni non fa corrispondere alle promozioni i relativi aumenti di retribuzione: una vicenda che si chiede a gran voce di risolvere, per poter garantire ai militari un “livello dignitoso” di stipendi e pensioni. Ma molto c’è da fare anche sul versante della cosiddetta qualità della vita: dalle caserme spesso fatiscenti alla mancanza di alloggi di servizio, che ostacolano in modo serio la mobilità.

Da più parti si sollecita al titolare di Palazzo Baracchini anche di accelerare sulla Difesa europea, la cui realizzazione produrrebbe sinergie con risparmi in termini di mezzi e di uomini. E a proposito di mezzi, c’è forse la patata più bollente di tutte che attende la neo-ministra: quella dei caccia F-35, che parte della politica e il movimento pacifista chiedono di non acquistare. Roberta Pinotti dovrà invece portare avanti il programma, ritenuto essenziale dall’Aeronautica, così come si dovrà occupare dei problemi della Marina, che rischia di chiudere per obsolescenza della flotta, e dell’ammodernamento dell’Esercito, che ha la necessità di introdurre in larga scala il programma Soldato Futuro, con conseguente urgenza di fondi. E poi ci sono le dismissioni delle aree militari. Insomma, ammette il ministro, “da fare ce n’è”.

Scoppia la bomba sul governo Renzi: “Non ho nulla da dire…”, ma domani si manifesta

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La prima manifestazione contro il governo Renzi, che deve ancora trovare la fiducia di entrambi i rami del Parlamento, arriva dai radicali e in particolare da emma Bonino che è stata in lizza fino all’ultimo per essere riconfermata al Ministero degli Esteri poi dato in mano a Federica Mogherini. Ma la bomba scoppia quando l’Ansa chiama la Bonino e lei taglia con un laconico «Non ho nulla da dire…», ma domani pomeriggio, con ogni probabilità, scenderà in piazza e prenderà parte a un vero e proprio comizio a Largo di Torre Argentina, storico feudo dei suoi Radicali. «Con eventi che mi ricordano quelli della fuga di Pescara di Vittorio Emanuele Terzo, come era prevedibile, sono certo che Renzi ha ottenuto di far fuori la Bonino – aveva detto poco prima che Renzi annunciasse la sua lista Marco Pannella a Radio radicale -. Il nemico della partitocrazia resta la storia radicale. La grande vittoria c’è, la Bonino fatta fuori, i radicali fatti fuori, fatta fuori la storia radicale, socialista, azionista, liberale. Renzi ha ottenuto l’ideale per i partitocrati». Lei stasera si è limitata ad annunciare che domani «saluterà tutti quelli che l’hanno aiutata».

 

Le pensioni nelle mani di Giuliano Poletti: che ne sarà delle riforme?

giuliano-poletti-tuttacronacaMatteo Renzi ha voluto alla guida del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti, 63enne imolese, una carriera tutta trascorsa dentro la politica e il mondo della cooperazione, che ha scalato fino a diventare presidente nazionale di Legacoop e, da qualche mese, numero uno dell’Alleanza delle cooperative. E Poletti non ha perso tempo a dettare il suo metodo basato su collaborazione e dialogo: “Sono convinto che la condizione essenziale per ottenere buoni risultati sia quella di una collaborazione efficace con il Parlamento e con le forze sociali”. Ora dovrà mettere in campo tutte le qualità di mediatore che gli vengono riconosciute per affrontare le nuove sfide che lo attendono. La prima è l’occupazione ancora in calo (-1,9% dicembre 2013) e quella giovanile sempre più aleatoria e flessibile con una disoccupazione al 41,6%. Senza contare il Jobs Act di Renzi che dovrà essere pronto per marzo. Ancora, sguardo puntato all’alleggerimento del cuneo fiscale. Ma tra le problematiche c’è anche la vicenda “esodati” generata dalla riforma Fornero delle pensioni, sulla quale ci sarà ancora da fare degli aggiustamenti. Sarà poi necessario rinnovare gli strumenti di sostegno al reddito, in particolare il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali e, nello specifico, la Cig in deroga. La nomina di Poletti “è stata una sorpresa” ma non troppo se si pensa che Legacoop, l’associazione che riunisce 15 mila imprese cooperative e di cui è presidente nazionale, mentre il Paese era in piena emorragia occupazionale, fra il 2011 e il 2012, ha aumentato i suoi dipendenti da 480.435 a 492.995 (+2,6%). Oltre a essere stimato da Renzi, Poletti è anche un estimatore del nuovo premier tanto che qualche giorno fa, ad un convegno a Bologna, si diceva convinto che Renzi fosse l’uomo giusto: “Credo che una cosa cui dovrebbe guardare con cura questo presidente sia di evitare di continuare con una produzione legislativa che genera burocrazia, ostacoli, anziché essere un aiuto allo sviluppo”.

Nel RenziDay arriva il flop di Forza Italia e Berlusconi non si presenta!

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Il RenziDay doveva essere anche il giorno in cui Silvio Berlusconi sul palco di piazza San Lorenzo in Lucina, davanti alla sede romana di Forza Italia doveva lanciare “Missione Azzurra”, iniziativa che punta a creare 4 mila club di Forza Italia, ma dopo 3 ore d’attesa arriva il laconico annuncio che il Cavaliere non arriverà. Almeno Renzi dopo 3 ore ha aperto la porta ed è uscito a ufficializzare il suo Governo, preceduto anche da un “arrivo arrivo questa è la volta buona” che aveva riconfortato i tg e i giornalisti che avevano esaurito ogni forma di intrattenimento e avevano finito tutti i pronostici! Ma il palco di Forza Italia invece resta vuoto se non fosse per un saluto veloce da parte di Marcello Fiori,responsabile nazionale Club Forza Silvio, Annagrazia Calabria, deputata e responsabile movimento giovanile di FI e Simone Furlan, Fondatore dell’Esercito di Silvio. La delusione per quei pochi, ma veramente pochi che oggi erano presenti è cocente: a. “Siamo così pochi perché ormai non crediamo più in niente”, si giustifica una signora. “Evidentemente è stata pubblicizzata male”, è l’opinione di un altro. “Una giornata con tanti impegni istituzionali” è la spiegazione “ufficiale” di Fiori nel brevissimo interventi dal palco. Flop che ancora un volta fa rimpiangere a Berlusconi che quel Matteo Renzi è uomo del Pd… ma forse ancora non è tutto perduto!

Stefania Giannini: il ministro che auspicava un incontro tra forze politiche

stefania-giannini-tuttacronacaEra l’8 febbraio e a Torino Stefania Giannini, ex rettrice dell’Università per stranieri di Perugia, poi senatrice e segretario di Scelta Civica, affermava: “Non vedo altra soluzione che un vero Letta bis”. E ancora: “Ci vuole un azzeramento della squadra di governo, non perché gli uomini e le donne debbano essere capri espiatori, ma perché c’è un programma da ripensare punto per punto, anzi comma per comma”. Per questo motivo, secondo Giannini, “E’ evidente, quindi, che va ripensata la squadra di governo. Se non fosse possibile, facciamo un ‘Renzi one’: si metta lui nella condizione di fare quello che il suo partito dice di voler fare”. Ha aggiunto: “Mi fa molto piacere che Letta abbia immediatamente tradotto il nostro appello in un incontro con il presidente Napolitano. Mi auguro che il giorno dopo ci sia anche un incontro con le forze politiche per far ripartire la piattaforma di contenuti e di programma”. Sembra proprio che l’ex rettore sia stato ascoltato, tanto che Renzi l’ha nominata ministro dell’Istruzione al posto dell’uscente Maria Chiara Carrozza. Nel suo curriculum si legge che nel 1991 è diventata Professore Associato di Glottologia e Linguistica. Docente ordinario nel 1999 ha diretto il Dipartimento di Scienze del Linguaggio tra il 2000 e il 2004. Il primo ottobre 2004 é diventata rettrice a Perugia, carica ricoperta fino all’aprile del 2013. Non solo: si trovano diverse esperienze internazionali. Nel 2005 diventa rappresentante per l’Italia nel Comitato di Selezione del programma Erasmus Mundus presso la Commissione Europea fino al 2009. Nello stesso anno entra a far parte del Tavolo Interministeriale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari Esteri ed è membro del Comitato di orientamento strategico per le relazioni scientifiche e culturali fra Italia e Francia. Ora si trova però a fare i conti con svariati problemi e con pochi soldi a disposizione. Tra le questioni che si troverà a fronteggiare: quella degli ex Lsu, la contrattazione per la copertura degli scatti di anzianità dei docenti, i decreti attuativi del decreto Istruzione e il nodo del rinnovo del contratto di lavoro del comparto. Ancora, per quel che riguarda l’università dovrà portare avanti il riordino delle specializzazioni mediche mentre al momento si trova ancora in  sospeso anche il destino del decreto ‘scatti’, in discussione al Senato. E’ pronto il bando per il secondo ciclo del Tfa ordinario ma manca il via libera del Tesoro, mentre è al Consiglio di Stato il decreto che modifica in parte il Regolamento sulla formazione iniziale degli insegnanti. E mentre dovrà dare il via alla Costituente della Scuola, è ancora in sospeso il bando per i ricercatori ‘senior’.

Le sfide di Marianna Madia: dal precariato alla semplificazione

marianna-madia-tuttacronacaA Marianna Madia era già stato affidato il settore lavoro nella segreteria del Pd e ora Matteo Renzi ha alzato la posta in tavola: alla donna già madre di un bimbo piccolo e in attesa di un secondo ha infatti affidato la guida di un ministero senza portafoglio, quello della Semplificazione e della pubblica amministrazione. Classe 1980, liceo francese e laurea in Scienze politiche a Roma con una tesi in economia del lavoro, la neoministra si è sempre occupata di questo tema. Entrata in Parlamento nel 2008 con Veltroni, ha anche collaborato con l’Arel, l’Agenzia di ricerche e legislazione fondata da Nino Andreatta. La sua presenza alla Camera è stata confermata nel 2013, dopo aver ottenuto circa 5.000 preferenze alle primarie del Pd. Impegnata fin dall’inizio sui temi del lavoro, ha curato il volume ”Un welfare anziano. Invecchiamento della popolazione o ringiovanimento sociale?” e ha pubblicato nel 2011 ”Precari. Storie di un’Italia che lavora” con la prefazione di Susanna Camusso. Tra le sfide che si troverà ad affrontare ci sarà proprio il problema dei precari ma non solo: anche il rinnovo del contratto di settore e la semplificazione. C’è inoltre da mettere mano alla spending review, sulla quale sta lavorando il commissario Carlo Cottarelli e che avrà nel nuovo ministro un necessario interlocutore. Auto blu a parte, il taglio della spesa non può infatti che passare per ministeri, uffici, enti locali, partecipate che della pubblica amministrazione sono parte integrante.

Il neoministro Lanzetta: dal voto contro il governo in direzione alla poltrona

maria-carmela-lanzetta-tuttacronacaStrani cambi di posizione in casa Pd con Renzi che offre la delega agli Affari Regionali al sindaco della lotta alla ‘ndrangheta, Maria Carmela Lanzetta. La particolarità della nomina è il fatto che il neoministro appartiene all’area Civati ma lo stesso ex candidato alla segreteria ne era all’oscuro. Per questo motivo, subito dopo l’annuncio della squadra di governo da parte del premier incaricato, ha scritto sul suo blog:

Della nomina del ministro Lanzetta.

Renzi si dimostra molto disinvolto, ma non è una novità. Del resto, è il suo metodo, già sperimentato.

Maria Carmela Lanzetta aveva votato contro il governo in direzione nazionale. Ora entra nel nuovo esecutivo come ministro. Le faccio gli auguri, ma non ne sapevo nulla. Né da Renzi, né da lei.

Nessuno ha ovviamente inteso avvisare me o i componenti della delegazione ‘civatiana’ in direzione nazionale.

Renzi sta facendo di tutto per farsi votare contro.

P.S.: per il resto, non sapevo che dopo Gianni e Enrico ci fosse anche un Matteo Letta. Bis. Il rimpasto mi fa venire le bolle (cit.).

Ma chi è Lanzetta? E’ l’ex sindaco di Monsterace, paesino in Calabria, che si è distinto nella difesa della legalità e nella lotta alla ‘ndrangheta e ora fa parte della direzione Pd. Civati, quand’era candidato alle primarie, l’aveva inserita nel suo pantheon di riferimento. Ora che ha una poltrona, tuttavia, viene screditata dallo stesso Civati.

Il ministro per lo Sviluppo Economico è “figlia d’arte”: ritratto di Federica Guidi

federica-guidi-tuttacronacaFlavio Zanonato non fa più parte dell’esecutivo e al suo posto, alla guida del Ministero per lo Sviluppo Economico Matteo Renzi ha chiamato la 44enne modenese Federica Guidi. Figlia di Guidalberto Guidi, per dieci anni n.2 di Confindustria, il nuovo ministro è nella direzione di Confindustria. Altri dettagli su di lei si possono scoprire leggendo il suo curriculum pubblicato sul sito del Ministero delle finanze:

Federica Guidi è nata a Modena il 19 maggio 1969 ed è residente a Montale di Castelnuovo Rangone (MO).
Ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Modena e MBA Master in Business Administration presso la Profingest di Bologna.
Tra le sue esperienze professionali è stata Analista Finanziario per due anni al Rolo Finance, Vice Presidente della Federazione Emilia Romagna (Confindustria) dal 2002 al 2005, Presidente dei Giovani Industriali della Federazione Emilia Romagna dal 2002 al 2005, Vice Presidente dei Giovani Industriali della Confindustria di Roma dal 2002 al 2008, Presidente Giovani Imprenditori della Confindustria in Viale dell’Astronomia 30 a Roma dal 2008 al 2011, Vice Presidente della Confindustria di Roma dal 2008 al 2011 e Membro del Consiglio Direttivo della Confindustria di Roma.
Attualmente ricopre la carica di Vice Presidente della DUCATI Energia S.p.A. di Bologna e Consigliere di Amministrazione del Gruppo DUCATI Energia S.p.A. di Bologna.
Tra le cariche associative si annoverano la carica di membro della Giunta della Confindustria di Roma e membro del Gruppo Italiano – The Trilateral Commission (MI) – ed automaticamente inserita nella Membership Internazionale

In occasione della sua nomina a presidente dei giovani di Confindustria, il Corriere della Sera le dedicò un breve ritratto:

CHI È – Federica Guidi, modenese, 39 anni, laureata in Giurisprudenza, è una figlia d’arte (suo padre è Guidalberto, per dieci anni storico vice in Confindustria): a detta di molti, grande lavoratrice, ha iniziato la gavetta nel 1996 nell’azienda di famiglia, la Ducati Energia. «Una carriera tutta dal basso», ha raccontato. Insomma, il suo essere “figlia di” non le ha concesso corsie preferenziali al punto che in azienda ha fatto perfino le fotocopie. Ed è arrivata allo scalino più alto: amministratore delegato. Dal 2005 Federica ha ricoperto anche la carica di vicepresidente con delega per l’economia e la finanza d’impresa nel gruppo dei Giovani imprenditori di Confindustria. Single all’anagrafe, vive ancora con i genitori tra Bologna e Modena: si dice che faccia poca vita mondana, e che abbia un vero debole per i cani. Ed anche per la corsa: dopo il caffè, la mattina, si concede mezz’ora al tapis roulant.

Nei mesi scorsi è stata menzionata fra i “volti nuovi”, sponsorizzati da Berlusconi, che avrebbero dovuto rinnovare Forza Italia. Altri articoli la danno più vicina a Luca Cordero di Montezemolo.

Federica Mogherini, il nuovo ministro degli Esteri che ama BellaCiao come ninna nanna

federica_mogherini_pd-tuttacronacaEmma Bonino esce dall’esecutivo e a occupare la carica di ministro degli Esteri arriva la deputata romana del Pd Federica Mogherini. Il neoministro, eletto per la prima volta alle politiche del 2008 e rieletto alle politiche 2013, è fra i più assidui alla Camera, dal marzo 2013 ha totalizzato il 98,20% delle presenze. Laureata a La Sapienza in Scienze Politiche con una tesi di filosofia politica sul rapporto tra religione e politica nell’Islam, si è iscritta nel 1996 alla Sinistra giovanile per entrare nel 2001 nel Consiglio Nazionale dei Ds, successivamente nella Direzione Nazionale e nel Comitato Politico. Due anni dopo ha iniziato a lavorare al Dipartimento Esteri dei Ds. In particolar modo la Mogherini ha seguito i dossier relativi all’Iraq, l’Afghanistan e il processo di pace in Medio Oriente. Ha tenuto le relazioni con il Partito Socialista Europeo, l’Internazionale Socialista, ed i partiti che ne fanno parte. Ha curato in particolare i rapporti con i Democratici americani. Ancora, la Mogherini ha fatto parte dell’esecutivo Pd dalla sua nascita all’aprile 2008 e quindi da febbraio a novembre dell’anno successivo. Il 24 febbraio del 2009, inoltre, è stata nominata Responsabile nazionale Pari Opportunità nella nuova segreteria dall’allora Segretario del Pd Franceschini. Matteo Renzi, il 9 novembre dello scorso anno, l’ha nominata membro della segreteria nazionale del Partito Democratico, con il ruolo di responsabile per l’Europa. Ha un blog, BlogMog, dove scrive: “E poi, BellaCiao è la più bella ninna nanna del mondo”.

Le strane scelte di Renzi: Andrea Orlando, da Ambiente a Giustizia…

andrea-orlando-tuttacronacaDopo ore di attesa Matteo Renzi ha reso nota la nuova lista dei ministri, riconfermando alcuni già presenti nel governo Letta. Il rinnovamento, quindi, è riuscito solo parzialmente e qualche dubbio può suscitare, come ad esempio la conferma di Angelino Alfano a ministro degli Interni nonostante lo stesso Renzi, che oggi ha sciolto la riserva, l’avesse criticato in merito alla vicenda Kazaka. Nei giorni scorsi si era anche parlato del fatto che era possibile una riconferma di Andrea Orlando al Ministero dell’Ambiente. Oggi si è scoperto che non c’è stata la riconferma ma un cambio di poltrona: il ministro del Pd va infatti a sostituire Anna Maria Cancellieri alla Giustizia. E la cosa fa riflettere. Appena qualche giorno fa, il Fatto Quotidiano parlava infatti proprio dei motivi per non confermare il ministro a causa di alcuni fatti “che hanno generato una profonda delusione nel suo operato”. La lista comprendeva cinque punti di cui il primo:

1) L’articolo 4 del decreto legge “Destinazione Italia”, già approvato alla Camera dei Deputati e in attesa di conversione al Senato, prevede, con l’aiuto economico dello Stato italiano, la bonifica di siti contaminati senza una sanzione per le aziende che hanno inquinato. Giusto spegnere i fuochi, sbagliato non punire i piromani.   

Un ministro della Giustizia, com’è stato nominato ora, che già una volta ha chiuso un occhio su chi inquina? Ma non è stato l’unico fatto che ha generato polemiche o, quantomeno, perplessità. Questi gli altri ricordati dal quotidiano:

2) Nonostante gli sforzi, Andrea Orlando ha perso in Europa un braccio di ferro decisivo con la Germania. La Merkel ha ottenuto il rinvio di 3 anni del tetto che prevedeva la limitazione dal 2020 a 95 grammi per km delle emissioni di Co2 immesse nell’atmosfera dalle auto di nuova immatricolazione. Un provvedimento atteso dai polmoni dei cittadini della Pianura Padana (l’area più inquinata d’Europa) e auspicato dalla stessa Fiat che questi target, per ragioni strutturali, li può raggiungere più facilmente rispetto ai concorrenti tedeschi.

3) Assieme al Ministro Flavio Zanonato è il responsabile del fallimento dell’industria verde in Italia, quella che produce energia pulita attraverso le rinnovabili. Per esempio, la potenza installata dell’industria eolica nel 2013 è crollata del 65% rispetto all’anno prima (fonte Anev).

4) Ha perso l’occasione ‘storica’ di impegnare le Regioni del Nord su più incisivi provvedimenti sulla qualità dell’aria. Il piano della Regione Lombardia ne è un esempio: l’esenzione del bollo per chi compra un’auto nuova è poco efficace per il raggiungimento degli ambiziosi target prefissati. Il Ministro avrebbe potuto mettere sul tavolo della trattativa con le Regioni del Nord la ricezione della direttiva Eurovignetteche prevede un sistema di tassazione progressiva degli automezzi per ridurre smog e traffico. Solo tassando i camion, infatti, le grandi industrie sceglierebbero di far viaggiare le merci che producono sulle rotaie dei treni.

5) Andrea Orlando non ha prodotto nulla di nuovo, eppure qualche idea gli era stata suggerita. Perché, per esempio non ha promosso la rimozione dell’amianto dagli immobili con la possibilità di impiantare, al loro posto, pannelli fotovoltaici detraendo del 50% i costi sostenuti? Sostituire il vecchio con il nuovo. Appunto…

A quanto pare il rottamatore vuole dare una nuova opportunità… e per il nostro stesso bene non resta che augurare ad Orlando buon lavoro!

Napolitano non ci sta… Agli Esteri vuole la Bonino!

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Ci sarebbe secondo alcune indiscrezioni, riportate poi anche da SkyTg24, un “grosso intoppo” che potrebbe minare la nascita del Governo Renzi1. Napolitano sarebbe irremovibile e vorrebbe riconfermata la Bonino al ministero degli Esteri, soprattutto per seguire la questione marò che troppe volte è stata passata di mano. Matteo Renzi invece avrebbe già designato Federica Mogherini a quel ministero. QUesto secondo SkyTg24 sarebbe uno dei motivi per cui si sta tardando e il colloquio tra Napolitano e Renzi prosegue da oltre due ore.

 

Ecco il ministro che non giurerà con gli altri!

PIER CARLO PADOAN-tuttacronaca

Non ci sono i tempi tecnici per il rientro di Pier Carlo Padoan, da Sideny dove stava partecipando al G20. Chi è Padoan? Un tecnico, un professore, un uomo con una visione economica ben determinata. Il suo credo è nella patrimoniale, mentre sostiene da sempre che la ripresa si può avere solo con la diminuzione delle tasse sul lavoro. Padoan però non è un uomo nuovo essendo stato dal 1998 al 2001 consulente economico per i premier Massimo D’Alema e Giuliano Amato. Ma è anche un fervente sostenitore dell’aumento delle tasse come ha dichiarato in più di un’occasione: “Può essere pericoloso procedere con aggiustamenti fiscali di grande rilevanza solo attraverso tagli alla spesa, in alcuni casi occorrono anche aumenti delle imposte. Non si può fare tutto solo riducendo la spesa, si deve fare in qualche modo anche aumentando le imposte”. Non parlategli poi di uscire dall’Euro, perché vi risponderebbe che “costerebbe più che difenderlo” e che, se accadesse, l’Italia tornerebbe agli anni ’70 con un effetto recessivo e inflazionistico molto forte”.

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