Da Fonzie al Caravaggio, il New York Times ritrae un Renzi cinquecentesco

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Altro che Fonzie,  altro che il Renzusconi, il New York Times scomoda Caravaggio per il nuovo premier Matteo Renzi, la cui faccia finisce su  il Fanciullo con canestro di frutta del noto pittore italiano. Ma il fotomontaggio non si ferma qui perchè sul fondo c’è anche un paesaggio di Jean-Babtiste-Camille Corot, raffigurante Castel Sant’Angelo e il fiume Tevere. Nella didascalia del fotomontaggio, si legge che il giovane Renzi è destinato a “creare un nuovo senso di prosperità ed energia nella  palude della politica italiana”.

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Scontro tra titani! Times vs New York Times: “La Regina è o no una mantenuta?”

regina-elisabetta-tuttacronacaL’attacco era partito dal New York Times, che aveva accusato Elisabetta II, e con lei la famiglia reale inglese, di essere, in pratica, una mantenuta. Questo perchè graverebbe sulle casse statali e sui contribuenti nonostante il suo patrimonio personale le permetta di essere annoverata tra le persone più ricche del mondo. Il Times si è all’opposto schierato in difesa della regina pubblicando un pezzo dal titolo: ‘L’America apre il fuoco contro la regina del Welfare’. Il quotidiano, in un lungo articolo, ha citato esperti, da monarchici a costituzionalisti, che mettono in evidenza come l’autore dell’intervento pubblicato dal New York Times confonda le spese necessarie per ricoprire l’incarico ufficiale e lo stile di vita privato della famiglia reale. Non solo: il times ha interpellato anche Hugo Vickers, biografo della regina, che ha evocato il “forte e genuino amore per il capo di Stato” sottolineando che “altri Paesi darebbero quanto di più prezioso per avere un capo di Stato come il nostro”, e ancora, sulle spese in particolare, assicura: “la regina è molto parsimoniosa”. In realtà l’articolo che attacca la regina arriva sì dall’America ma è stato redatto dal britannico Kenan Malik che ha tratto spunto da un recente rapporto in cui emerge come il palazzo reale abbia speso nel 2013 in maniera eccessiva, troppe uscite rispetto alle entrate prosciugando le riserve che hanno toccato il livello storicamente più basso. Il fatto ha allarmato se non l’intera Westminster almeno una parte, tanto che una commissione parlamentare ha invitato a una maggiore oculatezza e attenzione nella gestione delle finanze a palazzo.

Diventa premier il sindaco di Napoli! La Gaffe del New York Times

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Per tutti gli italiani che non lo sapessero, sta per diventare premier il sindaco di Napoli, ma se pensate che si tratti di Luigi de Magistris, vi sbagliate perché stiamo parlando di Matteo renzi e se a qualcuno non torna può sempre confrontare la notizia sul New York Times. Uno scivolone insomma che è costato caro al quotidiano americano più conosciuto al mondo e soprattutto la gaffe ci ha messo poco, sul web, a diventare oggetto di scherno.

Woody Allen non ha abusato della figliastra: lo dicevano i medici nel 1993

woody-allen-accuse-difesa-tuttacronacaEra il marzo 1993 e i medici di un ospedale di New York, che avevano visitato la figlia di Mia Farrow, scrivevano: “Dylan non è ha subito abusi sessuali dal signor Allen”. La relazione, molto approfondita, è stata citata oggi dall’edizione on line del Figaro e scoperta dal sito americano Radar Online, proprio in questi giorni in cui sul cineasta americano è tornata a gravare l’accusa della figliastra che, in un’intervista al New York Times, aveva dichiarato di aver subito abusi da parte del patrigno. Gli esperti della clinica Yale-New Haven spiegano: “Riteniamo che le dicharazioni di Dylan non si riferiscono a situazioni realmente avvenute”. Ci sarebbero diverse prove a supportare la tesi che la giovane abbia mentito. Tra queste, contraddizioni tra le dichiarazioni fatte davanti al giudice e quelle riferite in ospedale; difficoltà a descrivere gli approcci fisici; stato d’animo troppo controllato durante il racconto dei presunti abusi, come se le bimba avesse un copione da recitare e non un verità da confessare. La conclusione del rapporto è un colpo durissimo a Mia Farrow: perché mentiva Dylan? “E’ una bimba vulnerabile, a causa di una famiglia irrequieta. E parla sotto l’influenza decisiva della madre”. Un altro figlio di Mia Farrow, Moses, aveva a sua volta dichiarato che la sorella Dylan non ha subito abusi da parte del regista.

Moses difende Woody Allen dalle accuse: “Papà non ha molestato Dylan”

woody-allen-tuttacronacaSi continua a parlare della saga familiare Allen-Farrow e, dopo lo scandalo delle accuse di molestie sessuali rivolte al regista dalla figlia Dylan, è Moses a prendere la parola. L’altro figlio del regista e di Mia Farrow prende però le difese del padre in un’intervista rilasciata a People. “Woody Allen non ha mai molestato mia sorella. Mia madre mi ha spinto per anni anni a odiare mio padre dicendo che aveva spezzato la famiglia e molestato mia sorella. Io l’ho odiato a causa sua per due anni. Capisco ora che è stata una vendetta perchè era inamorato di di Soon-Yi”. Non solo, quindi, la difesa del patrigno, ma anche un attacco alla madre, che a sua volta si era schierata dalla parte della figlia Dylan:

tweet-farrowDa parte sua, il regista newyorkese aveva classificato le accuse come “false e vergognose” mentre già in passato aveva accusato l’attrice di avergli messo contro i figli per una sua vendetta personale. Non sono nuove poi le accuse all’attrice di speculare sulla vicenda della figlia Dylan. Ancora, nell’intervista Moses Farrow ricorda il giorno in cui sarebbero avvenute le molestie. “In casa quel giorno vi erano sei o sette persone che si trovavano in spazi comuni. Ignoro se mia sorella creda veramente di essere stata molestata o cerchi di compiacere sua madre”.

Dopo le accuse di Dylan Farrow ci si chiede: Allen va escluso dalla corsa agli Oscar?

woody-allen-tuttacronacaDylan Farrow, figlia adottiva di Woody Allen e naturale di Mia Farrow, ha lanciato dalle colonne del New York Times pesanti accuse contro il regista americano e ora nel mondo del cinema, scosso dall’accaduto, tutti si chiedono se siano o meno vere le molestie sessuali che la ragazza dice di aver subito dal cineasta quando aveva 7 anni. Non solo, tutti, NYT incluso, si chiedono se bisogna cancellare Allen dai candidati all’Oscar. Un portavoce dell’Accademy ha risposto: “L’Academy celebra i film, non la vita personale dei cineasti e degli artisti”. Ma la domanda continua ad aleggiare nell’aria, visto che il regista è fra i candidati agli Oscar, che verranno assegnati il prossimo 2 Marzo, per la sceneggiatura originale del suo ultimo film “Blue Jasmine”. Per la stessa pellicola, inoltre, Cate Blanchett è candidata al premio come migliore attrice. Del resto, come ricorda l’Huffington Post, non sarebbe la prima volta che accuse sulla moralità incrociano gli Oscar. E non sarebbe la prima volta che un artista venga premiato nonostante sul suo capo pendano sospetti cosi gravi di reato: il precedente più illustre è Roman Polanski: la condanna per stupro di un tribunale americano non gli impedì di trionfare nel 2003 con il film “Il pianista”. Ma Dylan non ci sta: “Che l’abbia fatta franca mi ha ossessionato mentre crescevo” ha scritto la giovane donna nella lettera al Nyt, che mette sotto accusa anche Hollywood e “gli attori che hanno continuato a lodare Woody Allen nelle premiazioni”.

Allen respinge le accuse di pedofilia: “False e vergognose”

woody-allen-tuttacronacaDopo le accuse di pedofilia rivoltigli dalla figliastra Dylan Farrow in una lettera aperta pubblicata dal New York Times, l’attore e regista Woody Allen, nella tarda serata di ieri, attraverso un collaboratore, ha fatto sapere che “La lettera di Dylan Farrow è falsa e vergognosa”. Anche Cate Blanchett, chiamata in causa nella stessa lettera in quanto protagonista dell’ultimo film del regista newyorkese, Blu Jasmine, ha risposta alla figliastra di Allen. “È ovvio che per la famiglia è stato un momento lungo e doloroso, spero che trovino una soluzione e un po’ di pace”, ha commentato l’attrice. Nel documento, Dylan Farrow aveva scritto: “Chiedo a Cate Blanchett, ad Alec Baldwin come si sarebbero comportati se a subire abusi sessuali fosse stato un loro figlio. Se fosse capitato a te, Emma Stone? O a te, Scarlett Johanson?”.

Allen accusato dalla figliastra: “Abusò di me quando avevo 7 anni”

woody-allen-tuttacronacaLettera aperta shock pubblicata sul sito del New York Times. A scrivere è Dylan Farrow, figlia dell’attrice Mia, ora 27enne. La giovane racconta di aver subito un abuso sessuale da parte del suo patrigno, il 73enne attore e regista Woody Allen. “Quando avevo 7 anni il mio patrigno, Woody Allen, mi prese per mano, mi portò in un stanza, mi disse di stendermi e di giocare con il trenino di mio fratello. Poi abusò sessualmente di me, sussurandomi che ero una brava ragazza, che era il nostro segreto, promettendomi che sarei andata con lui a Parigi e sarei stata una star nei suoi film”. E ancora: “Allen è la prova vivente del modo in cui la nostra società non riesce a difendere le vittime della violenza sessuale”. Non si tratta della prima accusa rivolta al regista newyorkese. In occasione della vittoria di Allen del Golden Globe alla carriera, infatti, il fratello di Dylan, Ronan, aveva scritto su Twitter: “Mi sono perso il tributo a Woody Allen: hanno messo prima o dopo Annie Hall la parte in cui una donna ha pubblicamente confermato che l’ha molestata quando aveva sette anni?” Già nel 1992 la ragazza aveva accusato il patrigno, che ha sempre respinto la denuncia, di stupro. La stessa denuncia, del resto, finì al centro della battaglia legale tra Allen e Mia Farrow dopo che lui l’aveva lasciata per mettersi assieme alla figlia adottiva, Soon Yi Previn. La stessa Mia, sempre in occasione della cerimonia dei Golden Globes, twittava: “E’ arrivata l’ora di prendere il gelato dal frigo e cambiare canale”. Questo mentre Diane Keaton, ex musa ed ex amante del regista, saliva sul palco per ritirare il premio.

“Il suicidio dell’Extravergine”: il New York accusa Napoli

napoli-olio-oliva-tuttacronacaIl New York Times si scaglia contro l’olio d’oliva italiano tramite un’infografica interattiva curata da Nicholas Blechman, a partire dal testo di un blogger, Tom Mueller. L’articolo che appare sul sito s’intitola “Extra Virgin Suicide” e prende spunto dal film di Sofia Coppola “The Virgin Suicide” (“Il giardino delle vergini suicide”). L’accusa è chiara: l’extravergine d’oliva sarebbe   troppo spesso adulterato e mescolato con olii meno nobili. Spiega il Mattino: Quindi un macabro simbolo del veleno, ma al posto del classico teschio, una oliva, con accanto due ossa incrociate. E poi, come sottotitolo: «L’adulterazione dell’olio d’oliva italiano».  L’infografica sostiene, senza citare alcuna fonte ufficiale, che gran parte dell’olio venduto come italiano viene in realtà da Spagna, Marocco e Tunisia. Quindi che viene ‘tagliatò con olio più scadente e persino con clorofilla per il colore, colorante e beta-carotene per il sapore, e trasportato al porto di Napoli, dove viene mescolato con altri olii scadenti, non di oliva.  Quindi le bottiglie vengono marchiate con il simbolo dell’Extra verginè e del ‘Made in Italy’. In Usa, secondo il Nyt, circa il 69% arriva ‘adulteratò. Il giornale ricorda che esiste un corpo speciale dei Carabinieri specializzato nella lotta alle frodi alimentari. Tuttavia sostiene che i test di laboratorio sono facilmente falsificabili e che la Polizia si basa sul semplice odorato.  «Gli agenti regolarmente fanno dei raid contro queste raffinerie per cercare di mettere a regola il settore, tuttavia – sostiene il giornale – i produttori, grazie alle loro connessioni con politici potenti, sono raramente indagati dalla legge». «Tutte queste frodi – conclude – hanno così fatto precipitare il prezzo dell’olio d’oliva. Produttori corrotti hanno rovinato sè stessi, commettendo di fatto una sorta di suicidio economico».

Studio shock: fumare oggi è più dannoso, meglio 50 anni fa!

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E’ stato uno studio pubblicato dalla rivista Nicotine and Tobacco Research a mettere in evidenza quanto oggi sia molto più pericoloso rispetto a 50 anni fa fumare. La notizia poi è stata ripresa anche dal New York Times. Ma a cosa attribuire questo peggioramento? Agli additivi presenti nelle sigarette: oggi sono molto più pericolosi e numerosi, tanto che il rischio di un cancro ai polmoni e di malattie croniche, oggi risulta più elevato.

Cosa fanno in sostanza questi additivi sempre più presenti nelle sigarette? Portano più nicotina e favoriscono la dipendenza. I dati d’altra parte parlano chiaro: secondo i ricercatori del Dipartimento di Salute Pubblica del Massachusetts e della Medical School dell’Università del Massachusetts i produttori hanno aumentato gli additivi proprio per favorire la dipendenza e quindi il consumo. Chi inizia oggi a fumare avrà molta più difficoltà rispetto a 50 anni fa di smettere.

Sotto accusa anche i più alti livelli di nicotina. Questa sostanza attiva dei processi biologici che aumentano il rischio di malattie, con conseguenze pericolose soprattutto per lo sviluppo cerebrale degli adolescenti e del feto, nel caso di donne incinte. La presenza di nicotina nel sangue, poi, può anche aumentare il ritmo cardiaco e la pressione sanguigna, favorendo il rischio di infarto.

Il comico scandalo di Bill De Blasio… ecco servito il “forkgate”

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Un vero e proprio scandalo ne è nato da una sera in pizzeria e al centro c’è il piatto italiano più famoso nel mondo: una classica pizza. A mangiarla è stato il sindaco di New York Bill De Blasio e da qui ne è scaturita una polemica che ha dato poi il via a un vero e proprio “forkgate”. Il primo cittadino di New York, che non perde occasione per rivendicare le sue origini italiane, ha infatti “osato” mangiare la pizza con la forchetta, cosa che ha destato l’ira di molti americani. Non si era mai visto nessuno che mangiasse la pizza usando le posate, ma solo e unicamente le mani. La risposta del sindaco è stata immediata e De Blasio ha affermato di aver mangiato la pizza come si fa in Italia che di solito si inizia con le posate e gli ultimi pezzi si prendono con le mani. Perfino il New York Times è dovuto intervenire a sostegno del sindaco affermando che in Italia la pizza si mangia con la forchetta. Su twitter però si sono susseguiti una serie di commenti che hanno alimentato ancor di più la polemica:

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La pizza è diventata una questione politica!

James Franco e l’elogio dei selfies

james-franco-selfie-tuttacronacaL’attore James Franco ha una vera e propria passione per gli autoscatti, come dimostra il suo uso smodato di Instagram e il fatto che i media americani l’abbiano incoronato “re del selfie”. La star offre a tutti la sua risposta alle critiche attraverso le colonne del New York Times per il quale ha firmato un articolo intitolato “The meanings of selfie”, i significati del selfie. Nel pezzo, Franco spiega come l’autoscatto da sfoggiare sui social network sia il modo più rapido ed efficace per ottenere popolarità online. Non solo: “I selfie sono degli avatar dei mini me che inviamo al mondo per dare un’idea di noi agli altri”.

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Twitter “brucia” lo scoop del New York Times!

newyorktimes-tuttacronacaUno scoop, quale sogno più grande per un giornalista e per la testata che lo presenta? Il New york Times aveva tra le mani un dato inedito, quello della presenza di circa 280 bambini tra i senzatetto della Grande Mela. L’inchiesta di Andrea Elliott aveva richiesto settimane di conteggi e accertamenti e il quotidiano prevedeva di pubblicare la notizia con grande risalto. Ma a questo punto arriva l’autogol, come spiega La Stampa:

Il capo del servizio politico nella redazione di New York Carolyn Ryan – in procinto di essere nominata capo della redazione di Washington – cede alla tentazione di scrivere su Twitter che “una storia sensazionale” sta per essere pubblicata. Da quel momento inizia su Twitter una “caccia allo scoop del Nyt” che vede impegnate dozzine di persone, reporter di altre testate e gente comune, fino a quando Andrew Kaczynski di “BuzzFeed” annuncia di aver “trovato la notizia che tutti cercano”. Il merito, o la responsabilità, è del “Las Vegas Sun”, un quotidiano legato da accordi editoriali con il “New York Times”, che mette inavvertitamente lo scoop di Elliott online bruciando sul tempo il giornale diretto da Jill Abramson. Appena la redazione del “Las Vegas Sun” si accorge dell’errore fa pubblica ammenda, togliendolo dal web con tanto di scuse all’autore ed al “New York Times”. Ma oramai è tardi. Lo scoop frutto di tanto e duro lavoro è stato bruciato. Da un autogol via Twitter.

Allerta per gli aerei… avvisate se passate sulla Cina!

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E’ stata la Casa Bianca ad allertare le compagnie aeree statunitensi di rispettare la cosiddetta “zona aerea di difesa e identificazione” della Cina segnalando in anticipo alle autorità di Pechino l’intenzione di sorvolarla.  La notizia viene dal New York Times che ha anche precisato che  l’obiettivo dell’Amministrazione del presidente Barack Obama è di evitare qualsiasi rischio di confronto aereo per non mettere in pericolo la vita dei passeggeri dei vettori Usa.

Washington non cambia però idea, giudicando illegale la decisione cinese di controllare lo spazio aereo di un’ampia porzione del mare della Cina orientale, in particolare sopra le isole contese tra Pechino e Tokyo.

La ‘zona di identificazione’ si sovrappone allo spazio aereo del Giappone e della Corea del Sud, estendendosi fino a sfiorarne le coste. Nella ‘zona’ sono comprese le isole Senkaku (Diaoyu, per i cinesi) che sono controllate da Tokyo ma rivendicate da Pechino.

Il Giappone però ha chiesto alle proprie compagnie aeree di non rispettare le richieste cinesi. Il New York Times ha quindi interpretato la decisione della Casa Bianca come un segno di debolezza degli Usa nei confronti della Cina.

“L’Italia ti spezza il cuore”

italia-spezza-cuore-tuttacronacaL’Italia era un Paese da amare. Ora ti spezza il cuore. Lo spiega anche il New York Times in un editoriale, ripreso dal Sole 24 ore, a firma Frank Bruni, ex corrispondente da Roma, che afferma “Italy Breaks Your Heart”. Nel lungo articolo Bruni esordisce raccontando l’incontro con una coppia, a Milano, che ha deciso di trasferirsi a Londra soprattutto per assicurare al figlio di dieci anni un futuro migliore ripsetto a quello che potrebbe avere in Italia, dove il tasso di disoccupazione tra i giovani è del 40%. Passa poi a raccontare di un’anziana signora marchigiana che all’affermazione del giornalista di “trovarsi in paradiso” risponde : “No, siamo in un museo” e gli spiega che il Belpaese si è trasformato in un museo e ogni anno perde la sua grinta e la sua importanza. Bruni conosce gli italiani e il loro “pessimismo teatrale”, per il quale il lamentarsi “E’ una sorta di sport, di opera”. Ma ora è lo stato d’animo a essere cambiato e se ne rende conto quando osserva gli studenti alzare le spalle quando gli si chiede cosa si aspettano. Si sente parlare di fuga di cervelli molto più di dieci o cinque anni fa, si percepisce “meno fiducia nel futuro”. L’Italia – scrive – è quello che succede “quando un Paese sa bene quali sono i suoi problemi ma non riesce ad avere la disciplina e la volontà per risolverli. E’ quello che succede quando il malfunzionamento politico si trascina e il buon governo diventa un miraggio, un mito, una burla”. Invece di costruire sui suoi “doni fenomenali”, l’Italia perde terreno nell’economia globale. “Quanta bellezza e quante promesse, e quanto spreco. L’Italia ti spezza il cuore”. Però per il giornalista non sarebbe gisuto puntare il dito solo ed esclusivamente su Berlusconi: La sua recente condanna non ha prodotto “il senso di sollievo e di nuovo inizio” che ci si poteva aspettare. Anche se Berlusconi ha peggiorato le cose ed è stato una “buffonesca distrazione”, “i demoni fondamentali” del Paese lo trascendono: “eccessive regolamentazioni e una burocrazia rococò che soffoca l’impresa; un sistema chiuso di favoritismo che vanifica l’iniziativa, la corruzione e il cinismo che genera”. E se dare un’occhiata ai numeri è desolante, con un debito pubblico salito al 133% del Prodotto interno lordo mentre il Pil è calato dell’8%, “non servono numeri per misurare la deriva dell’Italia”. Basta guardare i cestini dei rifiuti sempre pieni a Roma: proprio vicino alla Camera dei Deputati ne ha notato uno talmente ricolmo che la spazzatura aveva creato “l’ottavo colle di Roma”. Bruni ha anche intervistato il primo cittadino della Capitale, che gli ha spiegato che gestire la città non è come una delle sue operazioni di chirurgo. E “un’emergenza controllata”. Anche se migliorare la situazione del traffico e dei rifiuti è tra le sue priorità, in cima alla lista di cose da fare per il sindaco di Roma c’è “un’amministrazione trasparente e orientata ai risultati”, in contraddizione con l’andazzo attuale. “Se cambiamo questo, i soldi e gli investimenti arriveranno”, afferma Marino che, da medico, vuole “guarire la sua patria”. Il paziente, secondo Marino”, “è salvabile”. Ma Marino parla anche del danno procurato da Berlusconi, ossia “la cultura che ha creato”, il fatto che “il senso della responsabilità non è più un valore”. Bruni continua quindi spiegando che sì, molti italiani se la cavano, aggrappandosi allo status quo, ma manca una certezza per il futuro. “E’ incredibile, siamo gente creativa”, dice lo psichiatra Paolo Crepet. “Siamo conosciuti in tutto il mondo per la nostra creatività”. In giro non vede dinamismo, bensì un senso di impotenza. “Stanno aspettando che qualcuno li guidi fuori” da questa situazione, “Stanno aspettando Godot”. “Dopo troppi anni di pessimismo, arriva il fatalismo?” si domanda Bruni, preoccupato che anche l’America vada in quella direzione. In chiusura, una metafora. Nel suo viaggio in Italia, Bruni si è imbattuto in segnali stradali che non si possono più leggere perché oscurati da erbacce e sterpi. Una metafora della mancanza di orientamento dell’Italia.

L’articolo di Bansky che il New York Times non pubblica

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Forse l’editoriale di Bansky che critica il complesso in costruzione a Ground Zero era davvero troppo underground e poco politically correct. Fatto sta che l’artista di murales non si è perso d’animo e dopo che il suo articolo è stato rifiutato dal New York Times, ha pensato bene di pubblicarlo sul suo sito

“Non abbiamo trovato un accordo sull’articolo, e lo abbiamo rifiutato”, ha confermato la portavoce del Nyt, Eileen Murphy.

Bansky risponde così “Oggi doveva esserci un mio editoriale sul Nyt, ma hanno rifiutato di pubblicare ciò che ho scritto”, si legge sul sito dell’artista britannico. Il pezzo, dal titolo ‘Shyscraper’ – giocando sulla parola ‘shy’, timido, e ‘skyscraper’, grattacielo – spara a zero sul Freedom Tower, od One World Trade Center, il palazzo costruito nel luogo dove sorgevano le Torri Gemelle.

“L’11 settembre ha rappresentato un attacco contro tutti noi e la risposta qual è? 104 piani di compromesso”, scrive Banksy, spiegando che il palazzo non mostra i muscoli e non rappresenta una degna ‘reazione’ all’attacco. Da qui la definizione di ‘grattacielo timido’. L’artista sostiene che il One World Trade Center ricorda “un ragazzo molto alto ad una festa, che goffamente curva le spalle cercando di non distinguersi dalla folla”.

Cyber-attacco ad Alpitour, violati conti bancari

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La grande azienda di viaggi e prodotti turistici Alpitour ha subito un cyber attacco criminale che è riuscito a violare conti bancari e carte di credito. Per portare a termine l’operazione è stato usato il profilo Facebook dell’azienda. Attraverso il social network sono state diffusi falsi annunci di offerte che nascondevano programmi pericolosi capaci di penetrare nel pc degli utenti per impadronirsi di dati importanti, come codici di carte di credito e credenziali di accesso (comprese quelle bancarie), dati personali.

In particolare attraverso questa foto venivano reidirizzati gli utenti verso link fraudolenti:

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L’attacco è stato denunciato dalla stessa azienda nell’avviso ai 120.000 ‘amici’ che su Facebook seguono le pagine Viaggidea, Francorosso, Villaggi Bravo e Alpitour.

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La situazione adesso è stata risolta, ma per gli esperti di sicurezza informatica quanto è accaduto è un campanello di allarme perchè finora in Italia nessun gruppo criminale aveva mai preso di mira i social network. È il primo caso italiano del genere, rilevano gli esperti, dopo che negli ultimi mesi si è assistito all’escalation di attacchi sui social media nei confronti di marchi internazionali importanti e con centinaia di migliaia di «amici» e «followers», come Associated Press, Burger King, Dodge, New York Times. L’attacco è iniziato la sera dell’11 settembre e, secondo gli esperti, il gruppo di cyber-criminali responsabile della violazione è sicuramente straniero. Si torna quindi a parlare di sicurezza informatica e a consigliare solo carte prepagate. Si riapre il lungo dibattito sugli acquisti on-line che in Italia sembrava protetto e assicurato da controlli che garantivano i consumatori, ma purtroppo, come nel caso di Alpitour, si riesce a eludere la sicurezza informatica attraverso i social, una nuova frontiera che gli esperti informatici dovranno assicurare.

New York Times oscurato dagli hackers siriani

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Dalle 22 (ora italiana) il sito del New York Times, il più cliccato media del mondo, non è raggiungibile «Abbiamo difficoltà tecniche, stiamo lavorando per ripristinare la pagina», scrive il sito di informazione sul proprio account Twitter. Subito viene indicato un nuovo indirizzo di una versione molto più «minimalista» del giornale: «Qui continuiamo a pubblicare», twittano.

Già due settimane fa c’era stato un altro blackout (dovuto però a un disguido tecnico interno) e oggi è stato nuovamente oscurato, stavolta da un attacco esterno di hacker. Lo riferisce su Twitter Eileen Murphy, portavoce della testata.

Questa volta è un attacco di tipo Dns e sarebbe stato rivendicato dalla Syrian Electronic Army, quindi sarebbero stati secondo le prime ipotesi, hackers siriani a mettere ko il sito.  Infatti andando sul sito del giornale appare una pagina bianca con la scritta «hacked by SEA». Si tratta di un gruppo di pirati informatici pro Assad, che già in passato aveva rivendicato l’attacco al Washington Post, Al Jazeera, Human Rights Watch, Telegraph e Independent.

Per l’attacco militare Usa c’è ancora tempo, ma la guerra virtuale è già iniziata?

E’ da sottolineare che l’attacco al sito web del New York Times è avvenuto dopo che Gli Usa avevano frenato su un possibile attacco militare in Siria. Soprattutto sono i media a premere e ha prevedere un attacco lampo da giovedì a sabato, mentre il presidente Obama starebbe ancora vagliando altre possibilità.

New York Times scompare dalla rete. Che succede?

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Problemi tecnici sembrerebbe, fatto sta che il sito del New York Times è irraggiungibile dalla tarda mattinata e continua ad essere fuori uso. Su Twitter è apparsa la scritta che si sta cercando di porre rimedio in tempi rapidi al problema, ma al momento se cercate di andare su www.nytimes.com riceverete come risposta una classica pagina d’errore. Anche il sito del gruppo e le caselle di posta elettronica non funzionano.

Aggiornamento ore 19:27

Se, formalmente, il portavoce della testata ha dichiarato che si sta cercando di capire il motivo, sena fornire ulteriori dettagli, la Fox ipotizza un attacco di hacker cinesi.

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Italia terra di conquista? Comprare un’azienda francese è quasi impossibile!

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Noi siamo terra di conquista per i francesi, ma se sono gli italiani a voler “salvare” e acquisire una ditta francese oltralpe la storia cambia. A raccontarlo è  Fabio Franceschi, presidente della Grafica Veneta (società che stampa tra l’altro il magazine per il New York Times, il brasiliano O Globo, lo spagnolo El Pais e la russa Pravda), al Corriere di Padova, raccontando la sua esperienza dopo mesi di tentativi per acquisire il gruppo francese Cpi colosso da 3600 dipendenti:  «Stiamo lavorando da sei mesi a quest’operazione, sono coinvolti 21 avvocati». La trattativa però non è affatto conclusa, perché i francesi stanno ponendo, secondo Grafica Veneta, numerosi ostacoli: “Grafica Veneta può contare su 350 mila euro di ricavi per dipendente, Cpi ne fa 130 mila a dipendente. Serve una ristrutturazione, è evidente, ma noi puntiamo a non lasciare a casa nemmeno un collaboratore e a investire 100 milioni in un anno per trasferire la nostra tecnologia”. L’impegno finanziario non sembra affatto spaventarlo ma anzi, rilancia: “Grafica Veneta può affrontarlo usando, per la metà del valore, la sua cassa e per metà a debito senza portare la leva oltre il tre per cento. La cosa che, a questo proposito, mi ha fatto molto piacere è che tutti i nostri fornitori ci hanno già fatto sapere che sono con noi. Dai primi cinque editori al mondo alle cartiere”.

Insomma sembrerebbe sempre più valida l’ipotesi che l’Italia sia una terra di conquista e che invece non possa, come sarebbe giusto ed equo in un’Europa senza più confini, ambire a rilevare, ristrutturare e rilanciare un’azienda francese… non sarebbe un tema su cui discutere ai vertici europei e trovare una normativa comune che consenta agli imprenditori di avere regole certe e comuni in tutta la zona euro? Forse gli italiani all’estero possono piacere solo quando si lasciano comprare?

 

Dormire meno di 8 ore a notte… nuoce gravemente alla salute!

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Un’inchiesta del New York Times ha catalizzato l’attenzione di molti americani. Di cosa tratta? Degli effetti nocivi per la salute che provoca la mancanza di sonno, di quello buono per qualità e quantità. Praticamente uno dei grandi problemi dell’era moderna. La ricerca degli scienziati della University of Pittsburgh School of Medicine and Western Psychiatric Institute and Clinic, così come l’ha riportata il Corriere della Sera, ha dimostrato che bisogna riposare per otto ore, al di sotto di quella soglia si entra nel terreno minato della patologia. Infatti non succede soltanto che magari il giorno dopo sei un po’ meno reattivo e più stanco. No, l’insonnia attacca in maniera pesante il nostro fisico, la nostra mente con danni gravi sino ad una sensibili riduzione delle aspettative di vita. A cosa può portare non dormire bene e per un giusto tempo? I reni funzionano male, i polmoni anche e salgono i rischi di ictus e attacchi cardiaci.  Ma la mancanza di sono colpisce anche il metabolismo, scende la leptina, l’ormone che ci avvisa che abbiamo mangiato a sufficienza e sale invece la grelina che interviene sulla nostra idea di fame: in poche parole, non dormire equivale a ingrassare e un insonne rischia di prendere sino a dieci chili in breve tempo. Oltre a questo, le probabilità di avere il diabete aumentano, dato che  nella variazione del metabolismo vanno in tilt i delicati equilibri degli zuccheri nel nostro organismo. Ma i nottambuli hanno anche maggiori possibilità di ammalarsi di tumore, fatto riscontrato anche in uno studio giapponese che ha indicato come, su quasi 24.000 donne  tra i 40 e i 79 anni, crescono le possibilità di un tumore al seno dormendo meno di sei ore. Parlando poi di infezioni e mali di stagione, le difese immunitarie si abbassano in caso di sonno insufficente: ancora una volta, quindi, meglio una bella dormita. Ma anche la mente “paga pegno” se le ore di sono risultano essere insufficienti: alcuni esperimenti condotti sui veterani di guerra hanno infatti spiegato chiaramente che tra l’insonnia e la depressione c’è un collegamento diretto. Ma non solo, è più difficile apprendere, la memoria perde colpi, la capacità di concentrarsi e quella di giudizio ne risentono, portando a prendere decisioni sbagliate o a reagire con troppo ritardo rispetto agli imprevisti. Sono anche stati eseguiti test su guidatori che suggeriscono un un parallelo con chi ha ecceduto con l’alcool: gli effetti sulla tenuta di strada sono gli stessi. Insomma, un vero e proprio disastro che fa riflettere sull’abitudine di affermare “dormo poco, mi basta così”!

Gay e nozze: dove stiamo andando, dove siamo e dove sono gli altri

 

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Il pidiellino Galan ha annunciato per i prossimi giorni una proposta di legge per tutelare finalmente i diritti delle coppie gay. Come lui, all’interno del partito, sarebbero favorevoli anche Laura Ravetto, Mara Carfagna, Daniele Capezzone e Sandro Bondi in primis,  ma anche altri “che non vogliono esporsi e aspettano, ma io ho fiducia”. Le prime indiscrezioni sono arrivate dai collaboratori di Galan, che hanno fatto sapere che si tratterà di dare tutela alle coppie omosessuali “attraverso il diritto di privato” e dunque “non si può parlare di nozze gay” come in Francia, ma si possono trovare assonanze con i  Pacs, discussi a loro tempo dal centrosinistra. Le questioni che vanno risolte sarebbero l’eredità, la pensione di reversibilità e la possibilità di andare a far visita al compagno in ospedale. Sembra ci sia dunque un ammorbidimento sul tema da parte del Popolo della Libertà, come dimostrano anche le parole della Santanchè: “Sono pronta al confronto e pronta a cambiare idea”, ha riferito all’HuffPost. “Soltanto i paracarri rimangono della stessa opinione. Se i gay si sono imborghesiti e vogliono sposarsi non sta a me giudicarli”. E distingue: “Un conto è il sacramento del matrimonio, un altro sono i diritti civili delle singole persone”. Concludendo: “Il Pdl rappresenta molti interessi differenti e molte anime con idee opposte, è giusto che provi a rappresentare anche questa parte della società”. Certo, voci di dissense restano, come Eugenia Roccella, che è andata in piazza a Parigi per manifestare contro la legge sulle nozze omosessuali, ma nache Gasparri, che ha parlato di “discriminazione” al contrario: “francamente – ha detto – non capisco la tendenza a discriminare chi non si associa all’ondata qualunquista a sostegno delle unioni gay”.

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Ma in Italia comunque si continua a lottare per l’uguaglianza anche su questo piano e, se ancora non c’è una legge che tuteli le coppie omosessuali, ciò non significa che non si possano formare. Come quella di Massimiliano Benedetto e Giuseppe Ilaria le cui nozze, che non hanno valore legale in Italia, si sono svolte nei giorni scorsi in un albergo romano, celebrate dall’attivista per i diritti dei gay Imma Battaglia. Ad organizzare l’evento è stata l’agenzia Same Love, wedding planner per matrimoni fra persone dello stesso sesso. Evento passato in sordina da noi, ma che ha conquistato la prima pagina del New York Times: “Non voglio sembrare retorica, ma noi amiamo i nostri ragazzi e come italiana provo un po’ di vergogna – ha detto al New York Times Marinella Benedetto, mamma di Massimiliano ,- ma i tempi sono maturi per un cambiamento. Dobbiamo solo fare pressione”. Nel riportare la notizia, il quotidiano americano ricorda che “l’Italia è uno dei pochi Paesi in Europa occidentale che non riconosce unioni di alcun tipo fra persone dello stesso sesso”. “Sul matrimonio gay – titola infatti il quotidiano . l’Italia è sempre più sola”

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In Francia, dove a Cannes ha trionfato il film che tratta il tema dell’amore lesbico La via d’Adéle, si celebrerà domani, a Montpellier, il primo matrimonio gay. I promessi sposi sono Bruno Boileau, 30 anni, e Vincent Autin, dieci anni più grande. Mentre il paese continua ad essere spaccato sulla legge entrata in vigore da pochissimo, loro, che si sono conosciuti 7 anni fa in internet, avranno gli occhi di tutta la nazione puntati addosso. A celebrare le nozze sarà il sindaco della cittadina nel sud della Francia, Hélène Mandrou, impegnata da tempo sul fronte delle nozze gay, la stessa che il 5 febbraio 2011 ne aveva celebrato una simbolica, unendo Tito Livio Santos Mota et Florent Robin. Ci saranno anche ospiti illustri a festeggiare l’evento in rappresentanza del governo: il ministro dei diritti delle donne, Najat Belkacem-Vallaud, e il ministro per la Famiglia, Dominique Bertinotti. Insieme a loro 300 invitati tra esponenti politici e delle associazioni, 200 tra familiari e amici della coppia, e 130 giornalisti accreditati. “Il nostro matrimonio ha una grande eco mediatica e questo può essere imbarazzante”, ha dichiarato Bruno a l’avenir.net. “Ma noi cerchiamo sempre di non dimenticare lo scopo della nostra battaglia: che sia Monsieur o Madame, ciascuno deve potersi sposare nella propria città”. Ridotta all’osso la formula scelta per il rito:  “Vincent Autin, vuoi prendere per sposo Bruno Boilea?”, “E tu, Bruno Boileau, vuoi prendere per sposo Vincent Autin?”. “Vi dichiaro uniti in matrimonio”.

Visto il clima del Paese, però, l’invito è alla discrezione, per evitare d’incappare in spiacevoli incidenti, il banchetto si terrà in forma privata e in una località segreta, ma anche per non spettacolarizzare un evento così importante. Una scelta apprezzata anche da Bruno e Vincent, che speravano in un po’ d’intimità: “Il nostro è un matrimonio d’amore. Vogliamo mettere su famiglia e dunque chiederemo anche l’adozione”. E il loro è stato amore a prima vista, prima si sono conosciuti all’interno di un forum, poi l’incontro a Parigi. Il timido Bruno si è ritrovato innamorato dell’estroverso Vincent, già attivista lgbt. Vincent è impegnato all’interno dell’Interpride World, di cui è responsabile francese. I mesi passano, la storia è seria, e Bruno decide di fare coming out in famiglia, dove la coppia è acoclta a braccia aperte. S’insinua in tutti la speranza, accompagnata dall’impegno, che la Franciariconosca a gay e lesbiche la completa parità rispetto agli etero. Ora finalmente ce l’hanno fatta e mercoledì 29 maggio si diranno di sì: “Dobbiamo tutto questo anche ai tanti che insieme a noi e prima di noi si sono battuti per l’uguaglianza”.

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L’amministrazione Obama e i droni: uccisi 4 americani

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Mentre si attende il discorso di Obama sul controverso programma che prevede l’uso di droni per colpire sospetti terroristi, anche se di nazionalità statunitesnta, la stessa amministrazione del Presidente ha ammesso che,  dal 2009 al 2011, i droni Usa hanno ucciso quattro cittadini americani in Yemen e Pakistan. La notizia è stata rivelata dal New York Times, entrato in possesso di una lettera inviata dal capo del dipartimento di Giustizia, Eric Holder, ai leader repubblicani e democratici al Congresso. Nello scritto vengono rese note le identità delle vittime: oltre ad Anwar al-Awlaki – l’imam radicale leader dell’Aqap, il ramo yemenita-saudita di al Qaida, nel corso della stessa operazione in Yemen fu ucciso Samir Khan. Il figlio di al-Awlaki, Abdulrahman, fu invece uscciso in una diversa operazione, mentre Jude Moahmed venne colpito in Pakistan. Nel suo intervento odierno alla National Defense University, Obama ha intenzione di ribadire che i droni hanno funzionato e non si toccano ma anche che sono necessarie maggiori chiarezza e trasparenza sul loro impiego. Stando a indiscrezioni giornalistiche, inoltre, ribadirà anche l’intenzione di arrivare alla chiusura definitiva del carcere speciale nella baia di Guantanamo, a Cuba, dove da settimane è in corso uno sciopero della fame di quasi tutti i sospetti terroristi detenuti. E’ tempo quindi per lui di attuare alcuni dei punti dell’agenda del suo secondo mandato, proprio a partire dal ricorso ai droni armati per colpire sospetti terroristi ovunque si trovino all’estero. Programma nel mirino fin dall’inizio del suo precedente mandato, con feroci le polemiche, sia sulla moralitò che sulla legalità di un simile modo d’agire nella lotta al terrorismo, che da sempre, al di là dei risultati, accompagnano questa strategia. Il New York Times, che ha dato la notizia, scrive che in questo modo Obama, per la prima volta, cercherà di fare del suo meglio per giustificare le tante uccisioni provocate dai droni – con vittime in alcuni casi del tutto innocenti – innanzi tutto snocciolando i dati sul successo di questa strategia per togliere di mezzo pericolosi nemici dell’America e senza che soldati americani abbiano rischiato la vita. Ma il presidente tenterà anche di tracciare la strada per disegnare una vera “cornice legale” che definisca una volta per tutte quali bersagli scegliere e in quali occasioni e condizioni intervenire. E’ lo stesso New York Times che sottoline che, al riguardo, una delle proposte potrebbe essere quella di trasferire il comando delle operazioni con i droni dalla Cia alle forze armate. Perchè – sarebbe uno dei passaggi chiave dell’intervento – “i presidenti dovrebbero essere tenuti più a freno nell’esercitare poteri letali”.

Lettera di un prigioniero da Guantanamo… “non voglio morire qui!”

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11 anni a Guantanamo e non farcela più… agonia di un prigioniero di Guantanamo,Samir naji al Hasan Moqbel, che ha deciso di scrivere al New York Times e rivelare le sue condizioni.

“Rifiutiamo il cibo per protestare e mettiamo a rischio la nostra vita. Spero solo che possa servire a portare un cambiamento all’interno di Guantanamo prima che sia troppo tardi” ha detto Moqbel parlando anche delle torture: “Non dimenticherò mai quando mi hanno inserito una sonda nel naso. Non ho mai provato un dolore simile e non lo auguro a nessuno”. Moqbel viene alimentato a forza dai membri di Guantanamo, in risposta alla loro volontà di rifiutare il cibo. “Arrivano due volte al giorno, mi prendono e mi legano a una sedia e mi alimentano in modo forzato. All’inizio ho provato a ribellarmi ma non c’è niente da fare”. Il prigioniero dà la colpa al presidente degli Stati Uniti Barack Obama e dice: “Si rifiuta di far tornare i detenuti nello Yemen ma questo non ha senso perché io sono un uomo e non un documento e mi merito di essere trattato come tale”. Il prigioniero chiede: “Dov’è il mio governo? Non voglio morire qui. Voglio solo rivedere la mia famiglia e crearne una mia”.

Moqbel è accusato di essere stato uno degli uomini di Osama Bin Laden, ma lui continua a professarsi innocente. Quando si avrà la forza di chiudere Guantanamo? Quando il mondo si rivolterà contro a questo sistema carcerario disumano che è una vergogna per tutti gli Stati Uniti d’America?

 

La donna da un miliardo di click!

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Assurda e quasi incredibile l’idea di Jenna Mourey, in arte Jenna Marble, ma le è valsa la nomination sul New York Times come la “donna da un miliardo di clic” per il grande successo che ha avuto su YouTube grazie ai suoi tutorial di make up per ubriache. I suoi consigli spopolano tra le teenager e stanno raccogliendo centinaia di clic. Jenna vuole insegnare alle ragazze come truccarsi da ubriaca parlando anche del rapporto uomo-donna. Jenna conta sul fai-da-te: appare nei video e li monta lei stessa, ed è brava a sfruttare i social network per entrare in contatto con il suo pubblico.

E’ etico insegnare a truccarsi da ubriache? Soprattutto per il pubblico che ha Jenna, è normale che delle ragazzine apprendano l’arte del make-up da sbronza? Quello che alla fine passa nel messaggio può essere frainteso proprio dal pubblico delle teenagers.

Nuovi followers? 1000 per soli 18 dollari! Ecco il business.

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Mille profili nuovi come followers? Sono 18 dollari. Nove dollari al mese per cinque re-tweet al giorno. Ecco il prezzario di un fenomeno abbastanza conosciuto su Twitter, quello dei fake. Persino Twitter l’ha ammesso: al momento non esiste soluzione. Il mercato nero del successo sul microblogging al momento è dilagante e non si conoscono nè i confini, nè le responsabilità, ciò che invece è chiaro sono le cifre.

Il business del fake su Twitter potrebbe superare i 300 milioni di dollari e riguarda alcuni siti che sembrano essersi specializzati nella creazione di questo tipo di servizi. Il numero di finti account su Twitter è circa 20 milioni, poco meno del 10% degli utenti attivi.

Tra i meccanismi trovati, ha fatto molto scalpore quello di un fantomatico account cinese che ri-twitta ogni post di TheNextWeb, un blog molto famoso che ha subito smentito di aver fatto uso di questo account per migliorare i propri risultati, spiegando che si tratta di un servizio automatico mai pagato.

L’account risponde alle caratteristiche del nuovo mercato, che vuole un fake credibile. Include un bio, in cinese, un link ad un blog con contenuti su Yahoo salute, e ha twittato oltre 17.000 volte i contenuti del blog.

Nuovi software si stanno facendo largo, e permettono di bypassare facilmente le barriere opposte da Twitter e di creare molto velocemente fake account e follower con costi per operazione così bassi che si possono permettere di aggiungere una persona che manualmente compili i CAPTCHA nei casi di più profili con gli stessi IP.

Questo è dovuto in parte alla facilità di creazione di un account su Twitter, che non richiede la validazione di una e-mail. L’azienda contrasta come può gli account falsi e la spam. Jim Prosser, un portavoce di Twitter interpellato dal NYT, ha ricordato che l’azienda ha citato in giudizio i produttori dei cinque strumenti di spamming più utilizzati sul servizio, ma il problema è di ardua soluzione:

Facebook collega una persona ad un account. In Twitter, un individuo può avere più account. Abbiamo una filosofia differente. Il 40% della nostra base di utenti consuma solo contenuti, e ciò che appare come un account falso per un individuo potrebbe effettivamente essere qualcuno che è su Twitter esclusivamente per seguire altre persone.

 

Pericolo internet: più grande attacco di sempre alla rete! Massima Allerta

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Alla base dei disguidi per milioni di internauti c’è lo scontro tra un gruppo che si occupa di combattere gli spam e un provider olandese. La rete quindi sarebbe sotto attacco, chiunque di noi può essere “virtualmente” cancellato da un momento all’altro e questo genera un allarme generalizzato soprattutto nelle grandi banche dati che devono conservare informazioni sensibili, ma anche sugli archivi informatizzati di grandi aziende o testate giornalistiche. La situazione è seria, drammatica e cresce la paura in rete!

La svolta del Papa? Sì alle unioni civili… E’ una bufala!

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Unione civile sì, matrimonio gay no! Questa sembra essere l’ultima novità che viene dall’Argentina che smentisce in pieno l’idea di Jorge Mario Bergoglio omofobo e contrario ad ogni apertura verso gli omosessuali.

Il New York Times scrive: “In una situazione come quella dell’Argentina del 2010, in cui l’approvazione del matrimonio gay era ormai scontata, Papa Francesco ha cercato una sorta di compromesso fra i valori teorici della religione e le esigenze pratiche del popolo”.

Ma anche altre fonti affermano l’impegno di Bergoglio nei confronti di un riconoscimento delle coppie gay. Marcelo Marquez, sostenitore dei diritti dei gay, racconta di aver scritto una lettera a Bergoglio ancor prima della sua proclamazione a pontefice, avvenuta lo scorso 13 marzo, per parlargli dei problemi che vivevano ogni giorno gli omosessuali. La risposta del cardinale fu immediata: dopo un’ora gli telefonò dicendogli che credeva che i diritti degli omosessuali dovessero essere riconosciuti attraverso le unioni civili ma non con il matrimonio religioso.

Papa Francesco si piegherebbe quindi a un compromesso mantenendo l’integrità della dottrina, ma consentendo allo stato di mettere in atto il riconoscimento che fino a oggi manca per cui i gay possano avere alcuni diritti sociali riconosciuti tra cui la pensione del congiunto una volta che egli è deceduto insieme all’eredità.

Ma sempre dall’Argentina avviene la smentita. Miguel Woites, amico di papa Francesco e direttore dell’Agenzia di informazione cattolica dell’Argentina (Acia), ha contestato la notizia riportata dal New York Times. «Non è vero. È un errore completo», ha dichiarato. Ma la colpa, secondo il giornalista, sarebbe proprio della fonte: il biografo di Bergoglio, Sergio Rubini, che «non ha mai detto chi gli disse quelle cose e quando gli furono rivelate». Non è corretto, ha continuato il Woites, «scrivere una cosa del genere senza una sola prova».

La prova vi è invece per provare l’essatto contrario. Quanto in argentina si discuteva del matrimonio ai gay, l’allora cardinale chiese alle suore carmelitane di Buenos Aires di pregare perché «è in gioco qui l’identità e la sopravvivenza della famiglia: padre, madre e figli. È in gioco la vita di molti bambini che saranno discriminati in anticipo. È in gioco il rifiuto totale della legge di Dio, incisa anche nei nostri cuori». Bergoglio parlò addirittura dell’«invidia del Demonio» che «cerca astutamente di distruggere l’immagine di Dio, cioè l’uomo e la donna che ricevono il comando di crescere, moltiplicarsi e dominare la terra». E, sottolineando la confusione presente, concluse: «Non siamo ingenui: questa non è semplicemente una lotta politica, ma è un tentativo distruttivo del disegno di Dio. Non è solo un disegno di legge, ma è una mossa del padre della menzogna che cerca di confondere e d’ingannare i figli di Dio», confondendo «perfino persone di buona volontà».

I MITI HOLLYWOODIANI CAMBIANO PELLE! Ora il trend è l’Africa!

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Belli, impegnati, intelligenti, soprattutto buoni e generosi. E con la barba, che non è indispensabile ma aiuta, a giudicare dall’affollamento di barbuti che hanno sfilato sul red carpet agli ultimi Oscar. Sono loro i nuovi padroni di Hollywood: in testa Ben Affleck che quella sera si è portato a casa i premi più prestigiosi sbaragliando la concorrenza. E che pochi giorni dopo parlava sul palco del Ted – la grande conferenza dove le migliori intelligenze dell’era Internet si scambiano le conoscenze  –  per promuovere la causa del Congo orientale: “L’altro mio vero scopo nella vita”, come lui stesso la definisce.

E ora il New York Times battezza la tendenza con un marchio di qualità caro al cinema americano: Ben e i suoi amici sono il nuovo “Rat Pack”, che è come aver vinto un’altra statuetta e sedersi accanto ai mostri sacri della Hollywood in bianco e nero. La definizione è di Lauren Bacall. Una mattina, all’alba, vide rientrare il marito Humphrey Bogart e i suoi amici barcollanti, reduci da una notte di festeggiamenti: whisky, sigarette e belle donne. Lei, splendida, si limitò a sibilare: “Sembrate un branco di ratti”. Rat Pack, appunto. Il testimone poi è passato a Frank Sinatra e alla sua banda di “topi swing”, Dean Martin, Sammy Davis junior, Joe Bishop e Peter Lawford. Poi furono gli Anni Ottanta con i “brat pack”: Emilio Estevez e Demi Moore, Rob Lowe, i ragazzi viziati che però sfumarono in fretta come il loro decennio.

Oggi invece si torna a respirare l’aria del mito. Ma rovesciato: dai vizi alle virtù. Dai night club ai campi profughi. La nuova banda non beve, fuma poco, niente droghe e la notte, invece che sballarsi sui divani dello Chateau Marmont, culla la numerosa prole. Ben Affleck ne è il testimonial principe: felicemente sposato, con l’altrettanto seria Jennifer Garner, tre figli, l’impegno sociale come missione, e, smentita ma non troppo, la voglia di correre per il Senato con i Democratici, ovviamente!

Con lui ci sono Matt Damon, Angelina Jolie, Brad Pitt, Leonardo Di Caprio, Don Cheadle e George Clooney. Che in realtà è il nuovo Frank Sinatra, il capo del gruppo. Tutto parte da lui. La barba, ok. Poi il sostegno entusiasta per Obama, con tanto di partite insieme a pallacanestro e cene per la raccolta fondi. La lotta per il Darfur, con arresto incluso. I film d’autore che gli portano due Oscar: la pellicola sugli intrighi della Cia e dell’industria del petrolio  Syriana e Argo, di cui è produttore. Decisivo il set del primo Ocean, il remake di un famoso  –  guarda caso  –  film di Sinatra e soci. E’ in quei giorni di lavoro assieme che si stringono le prime amicizie, che nasce l’idea di finanziare con i dollari del cinema da botteghino quello d’autore.

Sembra anni luce fa quando Ben Affleck girava video musicali hot con l’allora fidanzata Jennifer Lopez: adesso, per tutti loro, il glamour non fa più rima con Rolls Royce, ma con Africa. E qualcuno  –  sui blog – storce il naso, pensa ad una gigantesca operazione decisa a tavolino: “Usano le cause umane come calze sopra l’obiettivo”. Ma sembra un eccesso di cinismo. Come sembra inutile lo sforzo di cercare un nuovo aggettivo di fronte al nome Pack: “Give Back, The Hack”….  Forse, come conclude il New York Times, Clooney, Affleck e gli altri sono solo banalmente diventati adulti. Ed è questa forse la vera rivoluzione che sconvolge Hollywood, il regno degli eterni Peter Pan.

PAPA RAMBO I, questa la proposta del New York Times

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Ad alimentare il totopapa arriva anche un articolo del “New York Times” intitolato ”Pope Wanted”. Si tratta di una lunga analisi in cui si sottolinea la necessità di un Pontefice che abbia al tempo stesso ”un fascino magnetico e coraggio”.

L’identikit del nuovo Papa – scrive il giornale statunitense – deve essere una combinazione tra “il carisma di Papa Giovanni Paolo II” e il coraggio e la determinazione di quello che qualcuno in Vaticano ha chiamato ironicamente ‘”Papa Rambo I”, per sottolineare la necessità di un Pontefice giovane e pieno di energie.

“Il nuovo Pontefice – prosegue il Nyt – potrebbe anche non riuscire a effettuare un giro di vite sulle lotte e i misfatti interni al Vaticano, ma deve almeno avere l’intelligenza di nominare un vice abbastanza coraggioso da sapersi confrontarsi con la trincerata burocrazia vaticana”.

“La prima cosa che dovrebbe fare – spiega il cardinale Edward Egan, ex arcivescovo di New York – è mettere ordine nell’amministrazione centrale della Curia. E deve essere disponibile ad affrontare le critiche”. E allo stesso tempo – prosegue Egan – ”deve essere un uomo che comprende la fede ed è capace di annunciarla in modo affascinante e semplice”.

NIENTE NUDO A NY… Chiude anche l’ultima spiaggia Fire Island!

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Cade l’ultima roccaforte dei nudisti della Grande Mela. Dalla prossima estate infatti scatterà il divieto anche per “Lighthouse Beach” a Fire Island. La spiaggia era diventato l’unico rifugio per gli amanti della tintarella integrale dopo che lo Stato di New York nel 1984 ha proibito il nudo in pubblico. Ma i guardiani di Fire Island hanno sempre chiuso un occhio. Da ora in poi, scrive il New York Times, non sarà più possibile, e chiunque voglia esporre le proprie nudità dovrà andare a “Gunnison Beach” in New Jersey.  Con il nuovo divieto, chi infrange la legge sarà multato con 5 mila dollari, col rischio di essere condannati fino a sei mesi di carcere.

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L’eroe o l’antieroe? Bradley Manning, un esempio!

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Dieci volte colpevole di aver violato i regolamenti militari, ma non le leggi federali sull’aiuto al nemico: il soldato Bradley Manning ha cercato di evitare il carcere a vita offrendo al giudice della Corte Marziale di Fort Meade in Maryland una dichiarazione di colpevolezza per dieci capi di accusa minori sui 22 spiccati nei suoi confronti.
Leggendo da una ‘memoria’ di 35 pagine, Manning ha dichiarato di aver agito di sua spontanea volontà, «non su pressioni di Wikileaks» quando ha passato al sito-anti segreti di Julian Assange centinaia di migliaia di documenti top secret del Dipartimento di Stato e del Pentagono. Il soldato ha rivelato di averlo fatto «perchè il pubblico doveva sapere», e solo dopo aver tentato di offrire lo stesso materiale al Washington Post e al New York Times senza ricevere risposta.
«Pensavo che se il pubblico avesse avuto accesso alle informazioni si sarebbe aperto un dibattito sul ruolo delle forze armate e della politica estera», ha dichiarato Manning. In licenza a Washington dalla ferma in Kuwait, il soldato aveva tentato di contattare il quotidiano della capitale con l’offerta di «materiale enormemente importante per il popolo americano».
Non fu preso sul serio dalla sua interlocutrice. Ancora più frustrante il contatto con il New York Times dove Manning era arrivato a parlare solo con tante segreterie telefoniche. «Non pensavo che avrei danneggiato gli interessi americani, solo messo in imbarazzo il governo rivelando i retroscena dei suoi contatti internazionali», ha spiegato a proposito del cosiddetto ‘Cablegate’. Quanto ai ‘warlog’ dell’Esercito da Iraq e Afghanistan, il movente della fuga di notizie era stato di spiegare «i veri costi della guerra».
Tante le gocce che avevano fatto traboccare il vaso, ma soprattutto il video dell’attacco di un elicottero Apache su civili iracheni: «La reazione dei militari americani a bordo mi sconvolse. Parlavano dei bambini uccisi come “bastardi mortì”». Spetta adesso al giudice militare, colonnello Denise Lind, decidere se accettare la dichiarazione di colpevolezza di Manning. Ma anche se la Lind accoglierà la richiesta del soldato, i procuratori militari potrebbero decidere di aprire una nuova corte marziale nei confronti della talpa di Wikileaks sui rimanenti capi di accusa, compreso quello di aiuto al nemico che ha il potenziale di far passare a Manning il resto dei suoi giorni in prigione.

Preti in tribunale!

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L’arcivescovo di NY Timothy Dolan deporra’ davanti agli avvocati che rappresentano centinaia di persone che affermano di esser state molestate da preti cattolici dell’arcidiocesi di Milwaukee. Lo riporta il New York Times.Dolan, uno dei porporati che eleggera’ il prossimo Papa nel Conclave, e’ stato arcivescovo di Milwaukee prima di essere chiamato a New York nel 2009. Sia il cardinal Dolan che il card. Roger Mahoni,ex arcivescovo di Los Angeles,deporranno prima della partenza per Roma.

Il Papa si toglie qualche sassolino dalla scarpa?

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La cupola di Michelangelo è il cielo che veglia sul Papa dimissionario che celebra il rito delle ceneri. Queste le parole che risuonano come monito a tutta la Curia: “Il volto della Chiesa è a volte deturpato da divisioni e colpe” contro la sua stessa unità. Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo. La dimensione comunitaria – ha spiegato il Papa – è un elemento essenziale nella fede e nella vita cristiana. Cristo è venuto per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Il ‘Noi’ della Chiesa è la comunità in cui Gesù ci riunisce insieme: la fede è necessariamente ecclesiale. E questo è importante ricordarlo e viverlo in questo tempo della quaresima: ognuno sia consapevole che il cammino penitenziale non lo affronta da solo, ma insieme con tanti fratelli e sorelle, nella Chiesa”.

Basta individualismi  e rivalità e più unità, questo il desiderio di un Papa che lascia… e forse non solo per l’età!

Il dilemma di Benedetto XVI!

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Herbie Brennan, nel 1978, in un racconto, ipotizzava che un Papa, Benedetto XVI, sarebbe stato l’unico in grado di fermare il feroce dittatore Victor Ling nella sua ascesa al potere nella nazione di Anderstraad. Il Papa, nel racconto, sarebbe stato preso da una visione mistica che lo incitava ad attaccare Ling. Il Pontefice, però, ha uno scrupolo di coscienza e chiede il parere di un medico che deve stabilire se Benedetto XVI è sano o no di mente. Il racconto fu pubblicato nel ’77 negli Stati Uniti, nel ’78 in Italia, (collana “Urania”) anno di elezione di Giovanni Paolo II.

 

Dimissioni del Papa? L’America le vede così!

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Tra gallerie fotografiche, articoli ed editoriali i quotidiani Usa sono pieni di notizie su Benedetto XVI. Soprattutto l’attenzione si posa sulle luci e ombre del Papato di Joseph Ratzinger e sul suo successore.

”Il Papato dopo Benedetto”, e’ il titolo dell’analisi del Wall Street Journal, secondo il quale Ratzinger lascia ”una ricca eredita’ di fede ma anche una fallimentare burocrazia vaticana”. Per il Wsj un papa ”intellettualmente forte come Benedetto puo’ stabilire nobili obiettivi e articolarli con forza ed eloquenza, ma tutto cio’ diventa inutile se il Vaticano e’ incapace di portare a termine le intenzioni del pontefice, perfino indebolendole”.

E in un altro articolo il Wsj si sofferma sui candidati alla successione, citando il cardinale Angelo Scola tra i favoriti, ”figura d’alto profilo nella Chiesa e anche con esperienza nel dialogo interreligioso”.

”Un mandato turbolento per uno studioso tranquillo” e’ invece il titolo del New York Times, secondo il quale durante il papato di Benedetto XVI la Santa Sede ”e’ carambolata da una crisi all’altra”. E per questo ”sia i supporter che i detrattori” di Ratzinger, ”hanno salutato pressoche’ universalmente il passo come un momento di grazia, apparendo quasi alleviati nel vedere la fine di un viaggio molto turbolento”.

Il Washington Post, in un’analisi, si sofferma invece sul futuro pontefice e titola ”Quanto sara’ moderno il nuovo papa”, citando anche lui tra i papabili il cardinale Scola, poi il canadese Marc Ouellet, il ghanese Turkson e l’arcivescovo di New York Timothy Dolan. Di certo, sottolinea il Wp, ”la piu’ alta priorita”’ del nuovo pontefice ”dovra’ essere rendere i cattolici nuovamente evangelizzatori”.

Google vs Cina: USO IMPROPRIO DEL WEB

Dopo l’hackeraggio a New York Times e Washington Post, Google accusa la Cina di uso improprio del web.

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Twitter sotto attacco! Gli hackers a lavoro terrorizzano i cinguettii

In Usa 250.000 account sono in pericolo. Si pensa che l’attacco potrebbe essere stato innestato da New York Times e Wall Street Journal.

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Hackers cinesi al New York Times

 

Il sito del New York Times da 4 mesi nel mirino degli hackers cinesi. L’attacco è iniziato quando il giornale ha pubblicato l’articolo sull’inchiesta sulle richieste di Wen Jiabao.

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New York Times Vs Berlusconi “gioca a fare l’outsider”

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Buckley, giornalista NYT, espulso dopo aver pubblicato finanze del leader Jiambao

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New York Times accusato dal repubblicano travolto dagli scandali, Caine.

Caine, repubblicano afro americano che aveva tentato la corsa alla Casa Bianca ma era stato travolto da scandali sessuali è tornato ad accusare il giornale più famoso del mondo. Il NYT avrebbe pubblicato un articolo in cui definiva gli afroamericani repubblicani un “puzzle”.  D’altra parte l’ex manager di Godfather Pizza lo aveva preannunciato ai suoi sostenitori riuniti in Georgia «Non mi metteranno a tacere e non sto andando via». Nessuna novità quindi tornare a inviare contro “l’intellettuale” New York Times alla vigilia delle feste natalizie.

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Missili scudo contro i presidi dei ribelli in Siria, lo dice il New York Times

Da lunedì il governo siriano ha iniziato a utilizzare missili lanciandoli dalla base di Shaykh Sleiman a Damasco. Il governo nega categoricamente.

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