Lo sparatore di palazzo Chigi: Preiti condannato a 16 anni

preiti-tuttacronacaEra il 28 aprile, il giorno dell’insediamento del governo Letta, quando Luigi Preiti apriva il fuoco davanti Palazzo Chigi colpendo due carabinieri. Ora proprio ai militari dell’arma si è rivolto in una dichiarazione spontanea prima della sentenza arrivata oggi: “Chiedo scusa ai carabinieri feriti, ai loro familiari, alla mia famiglia. Se potessi ancora oggi mi sostituirei al carabiniere Giangrande e mi farei carico della sua sofferenza”. Luigi Preiti è stato condannato a 16 anni di reclusione per tentato omicidio plurimo, porto e detenzione di arma clandestina. La decisione è stata presa dal gup, Filippo Steidl, mentre i pm avevano chiesto 18 anni. Una perizia psichiatrica lo ha dichiarato capace di intendere e di volere al momento dell’accaduto. Martina Giangrande, figlia del brigadiere Giuseppe rimasto gravemente ferito in quell’occasione ha commentato: “Siamo davvero soddisfatti di questa sentenza, sono venuta qui a Roma a sentire con le mie orecchie cosa sarebbe accaduto. Tra poco lo dirò a mio padre, che è a Prato, visto che per il momento non sono riuscita a sentirlo”.

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Perizia di Preiti: capace d’intendere e di volere e con l’abitudine a droga e alcool

luigi-preiti-tuttacronacaEra il 28 aprile, il governo prestava giuramento e, all’esterno di Palazzo Chigi, Luigi Preiti apriva il fuoco con la sua Beretta 7,65. Dalla perizia psichiatrica, quello che risulta è che era in grado d’intendere e di volere, nonchè in cerca di un palcoscenico. Ma anche che consumava cocaina, assumeva alcool e frequentava “seratine” con amici. E’ quanto emerge dalla perizia psichiatrica disposta dal gup Filippo Steidl, lo scorso ottobre, che traccia un quadro diverso da quello che questo cinquantenne di Rosarno, ha cercato di dare ai pm Pierfilippo Laviani e Antonella Nespola. “Volevo fare un gesto eclatante.Volevo colpire i politici. Sono disoccupato, ho una figlia, e mi vergognavo perché non potevo offrirle niente di buono”. Nelle conclusioni dello psichiatra Piero Rocchini si legge che “al momento del fattol’imputato presentava un modesto disturbo depressivo. Tali componenti non avevano rilevanza psichiatrica forense e dunque per le loro caratteristiche e intensità non incidevano in modo significativo sulla sua capacità di intendere e di volere. Non vi è nulla che possa far dubitare della sua piena capacità di intendere e volere al momento dei fatti”. Preiti cosciente, dunque, mentre impugnava la Beretta e faceva fuoco contro tre carabinieri. Per di più, Preiti non avrebbe avuto intenzione di suicidarsi, come da lui sostenuto: “La spinta suicidaria sembra essersi fermata a livello di pensiero senza alcun reale tentativo di messa in pratica. L’uomo mostra caratteristiche di personalità con larvata costante conflittualità nei confronti dell’ambiente (soprattutto “classe politica”, “Stato” e i suoi rappresentanti). Anziché un autentico desiderio di morte, si rileva una “aggressiva ricerca” di riconoscimento pubblico, con l’immaturo desiderio di trasformarsi in una sorta di eroe vendicatore, pubblicamente riconosciuto”. Inoltre, la sua abitudine al consumo di alcol e cocaina, lo predisponevano a passare belle serate. È lui stesso a raccontarlo allo psichiatra: “La cocaina mi faceva parlare, stare bene, pensavo a divertirmi per partecipare al meglio alle mie “seratine”. Anche se la decisione di venire a Roma l’avevo presa prima di prendere la cocaina”. Quello che gli investigatori sospettano, ora, è che qualcuno lo abbia incitato a compiere quel gesto, e lo abbia anche armato. “Pur se in condizioni di difficoltà e frustrazione – sottolinea il perito – egli ha sempre mantenuto dall’arrivo in Calabria un buon funzionamento sociale (breve relazione con una donna del luogo, frequentazione pressoché quotidiana di un circolo di biliardo con partecipazione a una gara, costanti ‘seratine’ con gli amici fino a poco prima della partenza per Roma) e lavorativo”. L’imputato sembra non avere “alcun senso di colpa per quanto commesso”. “L’aver scritto alle vittime dichiarando di ‘non avercela con i carabinieri’ colpiti – è ancora la conclusione dello psichiatra – soprattutto se affiancato al desiderio espresso (‘dovevo fare qualcosa di eclatante, la gente ne doveva parlare’) sembra dare a tutto questo una diversa valorizzazione: la volontà di conquistare e mantenere il centro del palcoscenico. Le lettere inviate a Giangrande (il carabiniere che ha lottato tra la vita e la morte, ndr) appaiono ‘strumentali'”.

Follia d’agosto: Milani vuole la morte di Cécile Kyenge. Shock sul Facebook.

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Non attribuiamolo al caldo o all’afa di agosto. Non cerchiamo giustificazioni perché non ci possono essere su un fatto così grave. Le parole folli di Vittorio Milani, ex veneto stato, su Facebook sono solo agghiaccianti. Il testo integrale è violento e il messaggio di morte è brutale: «La Kyenge dice che se vogliamo eliminare il burqa anche le suore si devono togliere il velo. Siamo all’assurdo, qualcuno uccida questa p… idiota e inutile». La frase non è certo passata inosservata e il consigliere comunale Antonella Tocchetto – che ha posto il problema della necessità di aprire una moschea nella Marca – ha deciso di denunciare il fatto alla polizia. La consigliera è stata oggetto delle “attenzioni” di Milani, anche con lei non è andato per il sottile dandole della «deficiente», della «idiota», di «fare schifo come donna», di «essere feccia». Così – riferisce il consigliere – «mi sono ritrovata sulla mia pagina di Facebook un paio di messaggi inviati di Milani pieni di improperi e insulti anche a sfondo sessuale». Offese per le quali la donna, avvocato civilista, sta valutando gli estremi di una denuncia, dopo aver intanto informato le parlamentari trevigiane del Pd dei messaggi ancora più violenti indirizzati dall’uomo nei confronti del ministro dell’integrazione. Vittorio Milani era stato candidato – poi non eletto – per il gruppo autonomista Veneto Stato alle elezioni comunali di Silea (Treviso), nel 2012. Come si può tollerare un tale atteggiamento? Cosa aspettiamo a fermare questa violenza verbale? Perché queste inutili volgarità e atrocità da deboli che trovano sfogo solo sul web invece di cercare, per chi non è d’accordo con la Kyenge, una strada istituzionale diversa?

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Razzismo a Padova… scritte contro il ministro Kyenge

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Cosa significa essere oggi italiani? Che prospettive si hanno nel futuro? Come vogliamo che sia l’Italia tra 20 anni? Forse quello che non vogliamo è seguitare a leggere scritte come quella apparsa nella notte a Padova sul muro del liceo scientifico Cornaro: «L’Italia non è meticcia, Kyenge rimpatriata subito».

Lo spray che diventa un arma con cui attaccare chi è diverso.

D’altra parte il processo d’integrazione non è facile, non lo è mai stato. Significa comunque perdere un po’ della propria identità per arricchirsi della cultura degli altri. Significa essere capaci di accogliere un universo nuovo, senza sradicare il proprio.

Integrazione dovrebbe essere sempre sinonimo di arricchimento, ma il più delle volte diventa condivisione di una povertà di ideali e di una lotta alla sopravvivenza tra poveri. Avere un ministro di colore potrebbe essere un passo in avanti, una visione diversa, il superamento dell’individualismo… ma purtroppo la linea che si vuole imporre è quella ancora una volta una scelta “calata dall’alto”. E’ deplorevole chi ha rivolto offese prive di significato contro Cécile Kyenge, ma è assurdo pensare oggi, in una crisi profonda come quella italiana, di poter dare la cittadinanza a chi nasce sul nostro territorio. Non perchè non sia giusto, anzi è inacettabile non farlo, ma non si può operare una scelta dall’alto che ricada principalmente sulle classi più disagiate. S’innesca immediatamente un odio verso gli stranieri che a quel punto avrebbero pieno diritto di chiedere al pari di un italiano scuole, lavoro, case, sanità pubblica. Sono costi che oggi non possiamo sostenere. Il problema è che prima di dare una cittadinanza bisogna creare un sentimento di patria in queste persone… insegnare che l’Italia non è la terra delle grandi opportunità,  è un Paese che non riesce a mantenere i propri cittadini, che essere italiani oggi significa per molti lottare contro il disagio economico e la difficoltà di occupazione.

Essere italiani significa avere o tendere ad avere una parità tra uomo e donna (cosa che molte loro culture rifiutano profondamente), essere italiani significa avere un passato fatto di fascismo e di liberazione… essere italiani è complicato e complesso… è stare al centro del mondo e sentirsi schiacciati dall’Asia e dall’America.

Allora c’è qualcuno tra gli stranieri che sinceramente, nel profondo vuole iniziare a lottare per migliorare il paese? Dare la cittadinanza non è solo avere più diritti, ma anche avere dei doveri morali ed etici verso un altro paese… una terra che difficilmente si sentirà come patria, ma molti la sentiranno come luogo da “sfruttare”, proprio perchè non si sentono radicati su un territorio se prima non insegniamo cosa comporta essere nostri cittadini.

Gli italiani stessi stanno perdendo il sentimento di Patria. Come possiamo aspirare a insegnare agli altri quello che noi stiamo disimparando? Forse è più logico ora iniziare ad avviare un processo d’integrazione che parti proprio dai valori che possiamo condividere insieme, un dialogo per capire cosa possiamo arricchire tra culture così diverse e cosa a cui ognuno deve rinunciare. Poi saremo pronti ad accogliere, senza scritte e senza pregiudizi, coloro che vorranno partecipare attivamente a creare una nuova Italia.

Solidarietà per Cécile

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L’Unar – l’Ufficio nazionale antidiscriminazione del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio – ha già avviato un’istruttoria sul caso Kyenge. E’ il neo ministro alle pari opportunità  Josefa Idem, che conferma «forte solidarietà alla collega Cécile Kyenge per i vili epiteti razzisti che le sono stati rivolti sulla rete in alcuni siti web. Ho già attivato l’Unar, che ha prontamente avviato un’istruttoria sulla fattispecie che costituisce un reato ai sensi della legge Mancino per l’istigazione all’odio razziale. E’ stato anche chiesto alla Polizia postale la rimozione dal Web delle espressioni razziste che nulla hanno a che vedere con la libera espressione del pensiero».

Si apre quindi la procedura contro gli autori di frasi razziste nei confronti di Cécile Kyenge, l’ennesima pagina di intolleranza in Italia, alimentata soprattutto da alcune forze politiche che incitano alla discriminazione con frasi che suonano vecchie, stantie e odorano di qualunquismo becero e sterile. La fragilità umana davanti al “diverso” è un male incurabile. Tutti i maggiori genii ne hanno sofferto, perchè professori idioti non erano in grado di comprenderli. Tutti i cervelli in fuga per il mondo ne sono una conferma, l’Italia è solo per i mediocri. Così Cécil Keynge, primo ministro italiano di colore, non può aspirare a essere compresa… spaventa per la sua determinazione, per il suo curriculum e per la sua storia politica e culturale. Ecco quindi che i mediocri attaccano sul colore della pelle per non ammettere i loro limiti, per non sentirsi inferiori, si fingono superiori per razza vista che per testa dimostrano solo la loro inadeguatezza più assoluta. Fa compassione il povero Borghezio, un leghista ipodotato mentalmente, condannato a pagare nel 1993 una multa per  violenza privata su un minore poiché aveva trattenuto per un braccio un venditore ambulante marocchino di 12 anni. Condannato anche in via definitiva dalla Cassazione nel 2005 per aver nel 2000 dato fuoco, durante una fiaccolata, ai pagliericci di alcuni immigrati che dormivano sotto il ponte Principessa Clotilde a Torino. Può essere quindi solo un sollievo che costui possa rivolgere frasi di senso compiuto che vanno da “Scimmia congolese“ a ”Zulù“ e da “Governante puzzolente” a ”Negra anti italiana” e si concludono con un bel “Faccetta nera“. Chi avrebbe mai sospettato che Borghezio avesse questo vocabolario così ricco di frasi da poter scagliare contro qualcuno? Addirittura arrivando a formulare anche “paroloni” del calibro “un ministro Bonga Bonga”, “una scelta del c***o” con “l’aria da casalinga, modesta e inadeguata”.

Invece di valutare se fosse stato il caso di appoggiare un’iniziativa come quella della cittadinanza per tutti gli stranieri nati sul nostro territorio provvedimento che in se sarebbe quanto di più giusto e adeguato ma che forse non è il momento di promuovere poiché ci sono fin troppi italiani che stanno soffrendo la crisi economica e non è il caso di aumentare il numero di disperati, la lega schiera i suoi personaggi clowneschi più ridicoli e imbarazzanti, che riescono solo a far aumentare il consenso nei confronti di una riforma per l’immigrazione che può costare veramente un prezzo non sostenibile per l’Italia in ginocchio. Un costo che parte dagli asili d’infanzia, che si riflette sulle scuole di ogni ordine e grado, che pesa sui servizi sociali già al collasso e che, a lungo termine, avrà ripercussioni sulle case di cura per anziani e sul sistema pensionistico.

 

Per Letta è SI’… ma il rating non cambia!

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Dopo il discorso di oggi, senza nessuna sorpresa, Enrico Letta si è aggiudicato la fiducia a Montecitorio con 453 sì, 153 no e 17 astenuti. Via libera quindi al programma del neopremier. E se Piazza Affari approva, e lo dimostra chiudendo positivamente  con l”indice Ftse Mib che guadagna il 2,20% a 16.929 punti e riporta così il listino milanese sui livelli di oltre due mesi fa, Standar & Poor’s, l’agenzia di rating, non cambia la sua opinione: nonostante la nuova coalizione, si resta a BBB+ visto che permane il significativo rischio che l’economia possa non riprendersi nella seconda metà dell’anno: “Le parole iniziali di Letta suggeriscono un’intenzione a rallentare, ma non invertire, la velocità del risanamento fiscale”. L’agenzia dichiara anche che non è chiaro se un simile governo sarà effettivamente in grado di attuare delle riforme che incentivino la crescita, inoltre “la legge elettorale potrebbe essere riformata e questo, a nostro avviso, rafforzerebbe la capacità di azione dei futuri governi”.

Pippo Civati non partecipa alla fiducia… dissenso nel Pd!

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“Non parteciperò al voto di fiducia del governo Letta. Ho deciso così, dopo giorni difficili, dopo avere atteso risposte che non sono arrivate, dopo avere valutato tutte le alternative e le possibilita’ che avevamo di fronte”. Così Pippo Civati, deputato del Pd.

La gaffe di Marra sul ministro di colore per l’Integrazione

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Momento di imbarazzo per Donato Marra, segretario generale della presidenza della Repubblica, che  durante il giuramento del nuovo governo si è chiesto come avrebbe dovuto pronunciare il nome del ministro di colore all’Integrazione Cecile Kyenge.

“Questa come si leggerà?”, dice Marra che, come si sente nel video trasmesso dal canale del Quirinale.

L’analisi sul paese di Stefano Rodotà da Fazio a Che tempo che fa.

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“Sa l’elettorato del Pci…” Stefano Rodotà scivola su questo lapsus a “Che tempo che fa”, nel rispondere a una domanda di Fabio Fazio, poi si corregge e ammette  “Sa, l’elettorato del Pd è molto complicato”.

Ma perchè la sinistra non l’ha votato? Fazio fa la domanda che qualsiasi italiano, di destra e di sinistra, si sta chiedendo dal giorno dell’elezione del Presidente della Repubblica e Rodotà risponde con una domanda “Dovevo andare a chiedere di candidarmi? Ma io ho una storia lì dentro…” Una storia che passa dal Pci e arriva al Pds… una storia che va ben oltre alla sinistra dilaniata dalle correnti e piena di protagonismi. Una storia che si riallaccia ai veri valori di uguaglianza e di diritti delle persone. Quei diritti calpestati dalla superficialità di alcuni politici e dalla corruzione di altri, quei diritti negati  dalla maleducazione di chi per troppi anni ha trattato il parlamento come un luogo dove “bivaccare” con insulti e “condanne” sommarie verso intere fasce della popolazione.  Forse è tempo davvero di iniziare a pensare a nuovi equilibri… Rodotà pensa a Vendola.   

Parte l’Alf-etta! Il governo Alfano-Letta domani chiederà la fiducia

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Domani alle 15 Enrico Letta chiederà la fiducia in parlamento e poi la macchina governo si metterà in moto. Che macchina sarà? Un’Alfetta. Un’auto che dovrà dribblare molte questioni scottanti: dal conflitto d’interessi che ormai sarà accantonato, a quei processi del signor B. che probabilmente si concluderanno in pene lievi, nonostante gli sforzi della Bocassini.

Ma cosa c’è sul tavolo? Al primo posto l’economia! Non a caso Letta ha arruolato Fabrizio Saccomandi, un nome e una garanzia, visto che subito dopo la laurea in Economia, conseguita presso la Bocconi, entrò, a soli 26 anni, a Bankitalia.

Il primo provvedimento sarebbe quello fortemente voluto dal Pd, ma che forse troverebbe terreno fertile anche in casa Pdl di cancellare e restituire l’Imu sulla prima casa a chi ha un Imu pari a 500 euro per poi ridistribuire l’intera tassa sulle altre fasce di contribuenti considerati a reddito elevato. Così di andare ancora una volta a colpire la classe media, riducendo e deprimendo maggiormente i consumi che sono già ai minimi storici. Che fine faranno l’aumento dell’Iva e della Tares? Forse non passeranno, ma il futuro di queste due tasse è molto incerto. Quindi l’Alfetta dovrà vedere come muoversi su questo terreno accidentato…

Poi ci sarà il problema esodati… ancora i numeri continuano a essere incerti. A giugno finisce la cassa integrazione in deroga e bisognerà trovare il modo di garantire tutti. Qui il terreno si fa tortuoso e la strada è in salita… sarebbe più opportuno avere un suv, ma è già tanto avere un Alfetta.

Poi arriviamo alle spese per le missioni all’estero e a quelle da sostenere per l’acquisto dei famigerati F35. O si cambia strada o si vola… chissà se l’Alfetta è predisposta anche per i vuoti d’aria?

Quel che è certo è che l’Alfetta si blinda e aumenta la scorta ai ministri dopo gli spari di oggi!

Le parole di Vendola sull’attentato di Palazzo Chigi!

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“Un disperato o pazzo spara ed è tutta colpa di chi dissente, di chi non si piega all’inciucio… Non sentite puzzetta di regime?”

Così il leader del Sel commenta l’attentato di oggi avvenuto a Palazzo Chigi che ha visto il ferimento di due carabinieri e l’arresto di Luigi Preiti, un ragioniere di Rosarno ceh da 20 giorni sembra che progettasse il gesto di protesta. Un uomo in crisi personale, un pazzo o forse qualcuno che con una notevole abilità e freddezza riesce a sparare al collo di un poliziotto che indossa il giubotto antiproiettile ferendolo gravemente e con altrettanta lucidità riesce a gambizzare un altro carabiniere prima di essere fermato? Quante persone, impugnando una pistola avrebbero tale precisione?

I dissidenti del Pd depongono le armi!

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Puppato, Gozi, Zampa firmano un documento nel quale dichiarano che voteranno la fiducia al governo

“In questo momento drammatico per il nostro Paese e per la democrazia sentiamo l’obbligo di rappresentare, piu’ di quanto non sia avvenuto nel recente passato, un popolo che soffre e che teme per il proprio futuro. Abbiamo richiamato la necessita’ che il governo presieduto da Enrico Letta, pur nelle grandissime difficolta’ di fare sintesi di linee politiche fortemente diverse, nascesse nuovo, anche nelle figure, e garante dell’unica necessita’ di individuare soluzioni ai problemi urgenti dell’Italia. E’ con questo spirito che accordiamo la fiducia a questo governo assumendoci le nostre responsabilita’ di eletti”

Inoltre sottolineano che: “Non vogliamo creare l’ennesima area organizzata all’interno del Partito Democratico soprattutto perche’ siamo convinti che le correnti e i gruppi di potere siano stati il principale problema del nostro Partito e della nostra azione parlamentare. Anche ascoltando i nostri elettori e il Paese lavoreremo affinche’ il Partito Democratico diventi quello che avevamo promesso e che aveva ridato speranza ed entusiasmo a milioni di italiani”.

Poi si augurano che le riforme che l’Italia attende da 20 anni ora avvengano in tempi rapidi e che si possa finalmente realizzare una democrazia maggioritaria che funzioni con una legge elettorale che restituisca ai cittadini la capacita’ di scegliere i propri eletti. Nel documento vi è anche un richiamo forte all’emergenza sociale con un governo che possa dare delle risposte in tempi rapidi e che venga applicata una vera politica economica e sociale che rompa con i tagli lineari del passato e il rigore cieco e controproducente perche’ “troppa austerità uccide”.

Il documento si chiude con una dichiarazione che spiega il loro appoggio al governo Letta e le motivazioni che li hanno spinti a prendere questa decisione  “E’ questo il senso della nostra fiducia: un atto di responsabilita’ individuale e collettiva che ci assumiamo nei confronti di tutti gli italiani e di coloro che ci hanno dato fiducia con il loro voto. Una fiducia che vogliamo meritarci ogni giorno di più’”

In un primo momento era circolata la voce che anche Civati avesse sottoscritto il documento, ma è arrivata la secca smentita dal profilo Facebook del politico che ha affermato:

“Circola da qualche minuto un documento che include anche la mia firma e in cui annuncio il mio voto di fiducia al governo. Non so come sia uscito, ma non ho firmato alcuna dichiarazione di fiducia e quindi smentisco Come ho detto più volte in questi giorni, e ancora poche ore fa in diretta su Rai 3, le mie perplessità sul governo Letta rimangono, e prenderò una decisione in merito alla fiducia solo dopo averne discusso, come ho ripetutamente richiesto, domattina con il resto dei colleghi del Pd. Non prima”.

Giuramento del nuovo Governo Letta e… speriamo che noi ce la caviamo!

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Ciò che è chiaro è che ha vinto il centrodestra. I ministeri chiave e l’impegno da parte di Enrico Letta a rispettare tutti i punti del programma del Pdl.

Pochi minuti prima di giurare il capogruppo del Pdl alla Camera Renato Brunetta in un’intervista al Messaggero, ha sottolineato che il premier incaricato “ha accettato integralmente gli otto punti del nostro programma”, compresa “la cancellazione dell’Imu sulla prima casa e sui terreni agricoli, nonché la restituzione di quanto pagato lo scorso anno sono fondamentali”.

Fabrizio Saccomanni, nominato ministro dell’Economia e delle Finanze, ha dichiarato aRepubblica che occorre “puntare sulla crescita e coinvolgere le banche, le imprese e i consumatori in un grande patto“, capace di rimuovere quel “fattore di incertezza psicologica” che finora ha indotto tutti questi soggetti all’attesa frenando gli investimenti. Saccomanni è quindi convinto che serva “uno sforzo coordinato di tutti per ripristinare il bene prezioso della fiducia”, mentre sul piano tecnico ci vuole quella che chiama “una ricomposizione della spesa”, secondo una “impostazione di tipo politico che solo un governo può dare”. Saccomanni punta infine a un contenimento della pressione fiscale attraverso un taglio della spesa corrente e, se riuscirà, lo spread potrà scendere “a quota 100 e anche meno”.

Il primo a giurare è Letta a cui Napolitano fa anche gli auguri e poi uno dopo l’altro passano tutti i ministri. Alla fine della cerimonia per la foto di rito si sceglie di collocare Letta e Napolitano vicino al ministro per l’integrazione Cecile Kyenge, il primo ministro di colore eletto nella storia della Repubblica Italiana.

Buon Lavoro e speriamo che noi ce la caviamo!

 

Attentato davanti a Palazzo Chigi!

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Circa alle 11.35, mentre era in corso la cerimonia di Giuramento del nuovo esecutivo voluto dal Premier Enrico Letta, ha avuto luogo una sparatoria davanti a Palazzo Chigi. Testimoni parlano di 7 colpi di pistola che hanno lasciato a terra un carabiniere con una grave ferita al collo mentre un’altro è rimasto colpito alla gamba. I mezzi di soccorsi sono già arrivati sul luogo. Un uomo italiano, calabrese di classe ’67, sarebbe già stato fermato ed è rimasto ferito a sua volta in una collutazione. Si parla di uno squilibrato, vetito in giacca e cravatta, che si è avvicinato ai due militari prima di aprire il fuoco con un’arma di piccolo taglio. Panico tra le forze di sicurezza nel vedere il collega a terra. I ministri, all’oscuro di quanto sta accadendo, proseguono a prestare giuramento con la formula di rito. Il sottosegretario Patron Griffi è sul luogo mentre scatta lo stato di massimo allerta e la folla viene fatta defluire. Anche una passante è rimasta ferita, colpita solo di striscio.

Prodi a Radio 24 parla del governo Letta.

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“Sono contento per Enrico Letta”. Così Romano Prodi commenta a Radio 24 la nomina di Enrico Letta alla presidenza del Consiglio. “Spero che il neo presidente del Consiglio dia impulso all’economia perché ne abbiamo un enorme bisogno – continua Prodi a Radio – e le emergenze da affrontare sono sopportate da cifre che fanno impressione. Continuare così, con la disoccupazione giovanile al 35 per cento, significa non avere più speranze”. Poi conclude: “Certamente Letta affronterà le problematiche con rigore.”

Renzi sul governo Letta “c’è un certo tasso di fragilità”.

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Matteo Renzi è stato ospite a “Che tempo che fa” e ha sgombrato il campo da una sua possibile candidatura alla segreteria del partito, motivandola con un secco “non mi sento adatto” a fare l’equilibrista tra le correnti, nè a essere reggente o “auto-reggente” come ha voluto sdrammatizzare, ironizzando sulla crisi del suo partito.

Il sindaco di Firenze lo ribadisce lui mira alla premiership, anche se ora il posto è occupato da Letta. Ma quanto durera questo governo?  Per Renzi il governo ha un certo tasso di ”fragilita”’, anche perche’ ”ci sono partiti che si sono presentati divisi alle elezioni e se Berlusconi lo vuole fare fallire lo fa”.

E da questo dipenderà anche la sua nuova candidatura a sindaco del capoluogo toscano. Nel caso in cui il governo dovesse iniziare a ‘scricchiolare’ in autunno o sotto la Finanziaria, Renzi potrebbe scegliere di non correre a Firenze e, in caso di elezioni anticipate e coincidenti con le europee della primavera 2014, tentare la volata per Palazzo Chigi.

C’è pure un “abbraccio” simbolico a Bersani, anche se il governo appena eletto è un grande passo avanti. Lui che è stato il principale promotore del rinnovamento nella dirigenza del partito, è felice che con Letta si sia chiuso il capitolo “big”. Pensionati molti “anziani della politica” ora si può pensare a un cambiamento radicale.

Ci sarà la forza di fare un vero salto o sarà solo un traballante saltello sul posto?

 

Graziano Delrio visto da “Il Fatto Quotidiano”

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Graziano Delrio è nell’esecutivo voluto da Enrico Letta. Nominato ministro per gli Affari Regionali, il primo cittadino di Reggio Emilia, a 53 anni varca le soglie dei palazzi romani. Nome corteggiato da molti, sostenitore in prima linea di Matteo Renzi, le quotazione del sindaco erano balzate alle stelle già prima della vittoria di Pier Luigi Bersani alle primarie dell’ottobre 2012. Presidente dell’Anci, Associazione Nazionale Comuni Italiani, dal 2011 Delrio si divide tra la sua città e la capitale dove rappresenta tutti i primi cittadini d’Italia. Ora la sua esperienza di amministratore locale dovrà essere messa al servizio di tutto il Paese. 

“La scelta di Delrio non deriva dalla sua appartenenza politica, ma dalla stima che è riuscito a ottenere come amministratore locale”, commentano quelli a lui più vicino. Di fatto il sindaco di Reggio Emilia ha un curriculum che mette d’accordo molti, da destra a sinistra. Cattolico, comincia la sua attività politica nel Partito Popolare Italiano, per il quale è eletto nel 2000 consigliere regionale. Un anno dopo aderisce alla Margherita. Nel 2004 e nel 2009 l’elezione al primo turno come sindaco della sua città natale. Nel 2011 l’elezione a capo dell’Anci, arrivata dopo aver sconfitto il candidato sostenuto dalla corrente dalemiana Michele Emiliano, primo cittadino di Bari. A sostenerlo in quella circostanza, un folto gruppo di sindaci di ogni colore politico, compreso il leghista Flavio Tosi. Era l’epoca della prima Leopolda e Delrio cominciava ad avvicinarsi all’area di Matteo Renzi, partecipando alle iniziative del sindaco di Firenze. 

Rottamatore della prima ora, intervistato da Radio 24 nel settembre 2012 aveva dichiarato: “Se l’Inghilterra ha fatto a meno di Tony Blair e la Germania ha fatto a meno di Helmut Kohl forse l’Italiapotrebbe fare a meno di D’Alema, no?“. Un giudizio secco per annunciare l’importanza di un ricambio generazionale.

Come Presidente Anci, si è fatto portavoce dei comuni mettendo sul tavolo del governo numerose problematiche degli enti locali in un momento difficile dovuto alla crisi economica. Debiti della pubblica amministrazione e patto di stabilità, alcune delle sue battaglie. Un passato da amministratore e un presente da militante per Matteo Renzi alla scorsa campagna per le primarie. “Sono qui come semplice cittadino e non ho nessuna mira di andare a Roma come ministro o per qualsiasi altro incarico”, non faceva che ripetere il sindaco. Poi il cambio di programma. La stima è incondizionata da tutte le parti politiche, che vedono in lui l’uomo moderato che può mettere d’accordo molti. “Uomini come Delrio”, ha dichiarato lo stesso Renzi in occasione della tappa reggiana del suo tour elettorale, “sono una grande risorsa per il paese”. 

La città di Reggio Emilia è così orfana del suo primo cittadino e nelle prossime ore si dovrà decidere se qualcuno prenderà il suo posto, o se manterrà entrambe le cariche. Ad essere più problematico il ruolo di presidente Anci, incompatibile con il nuovo posto di ministro. Nonostante le perplessità dei primi tempi, ora il sindaco sembra ben disposto ad assumersi le nuove responsabilità. Fin dall’inizio si è detto favorevole alla riconferma al colle di Giorgio Napolitano e subito dopo l’elezione scriveva: “Ringrazio il presidente per aver accettato di essere di nuovo il presidente degli Italiani. È stato un grandissimo presidente, super partes e lo sarà ancora. Siamo tutti consapevoli che questa scelta ha comportato per lui un sacrificio. Avevamo bisogno di un presidente autorevole e Napolitano continuerà a garantirci la statura necessaria per affrontare questo complesso momento”.

Già nei giorni scorsi, Delrio nei discorsi pubblici si era detto preoccupato per la situazione generale del paese: “L’Italia è in attesa”, diceva in occasione del 25 aprile, “e soprattutto la povera gente. L’attesa che più ci interessa non è quella delle cancellerie europee, lo diciamo anche oggi: è l’attesa dei disoccupati, dei giovani senza lavoro, delle famiglie che non arrivano a fine mese. A quella dobbiamo dare un nuovo inizio dalle piazze della città italiane. La politica dovrebbe dare risposte. E oggi la politica ha anche il dovere di dare speranza”.

Un nome che unisce energia ed esperienza che in questo momento possono essere fondamentali per l’Italia, soprattutto come Ministro delle Autonomie. Un ministero complesso che deve coordinare il lavoro sul territorio, quel territorio e quelle problematiche che sicuramente Delrio conosce perfettamente.

Il 3 ottobre del 2012 al termine dell’audizione del Comitato dei dodici presso la Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale, Delrio affermava:

“Abbiamo ribadito che il federalismo fiscale va attuato e non demolito, e che pensare a nuovi provvedimenti è inutile, dato che basterebbe attuare fino in fondo quelli già approvati, come appunto il federalismo. Non è pensabile  rincorrere scandali e malcostume con altri provvedimenti: esiste già un impianto normativo all’altezza della sfida della modernità, basato sull’autonomia e sulla responsabilità di tutti i livelli di governo. Si pensi a non smontare quell’impianto”.

Buon lavoro, Ministro!

Dall’Interno alla Giustizia: Cancellieri promossa nonostante Aldrovandi

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“Episodio grave, da stigmatizzare, ma nessun provvedimento. Resta un giudizio morale assolutamente negativo”. Queste furono le parole di Annamaria Cancellieri, ministro dell’Interno nel governo Monti, che consentirono che non venissero puniti in alcun modo gli agenti di polizia che inscenarono un sit-in sotto l’ufficio di Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, pestato a morte da alcuni loro”colleghi”.

Insomma la polizia non si tocca anche se di mezzo c’è  “un bambino dolce e tontolone, che baciava la nonna alle spalle chiedendole “come mi sta la giacca di pelle nuova?’”

La polizia per la Cancellieri può anche continuare a premere quella lama psicologica e straziante nel corpo di una madre provata dalla perdita di un figlio.

Che giustizia si potrà avere, c’è da chiedersi sin d’ora, se non si riescono  a condannare le “mele marce” che popolano il corpo che ci dovrebbe proteggere e invece, alcune volte, ci aggredisce? Che sensazione della giustizia può avere chi in quella divisa ci crede e la indossa con responsabilità e con senso del dovere… Chi  spesso  si  trova in prima linea disposto anche a mettere a rischio la propria vita in nome di quell'”Arma”?    

E proprio mentre la Cancellieri è ministro dell’Interno  ritroviamo anche  un’altra vicenda buia della nostra storia: la scuola Diaz. Naturalmente la sentenza che arriva è un compromesso che condanna gli esecutori delle violenze, ma non certo tutti  i mandanti, sicuramente da ricercare anche in campo politico… Ma chi l’ha fatto?

Su di lei pende un’indagine per abuso d’ufficio della procura di Catania, per fatti risalenti al 2009, quando Cancellieri era commissario del teatro Bellini.

Nel gennaio 2012 il ministro Cancellieri  rinnova il contratto settennale (2012-2018) tra Viminale e  TELECOM ITALIA per il sistema di controllo a distanza per detenuti ai domiciliari e una serie di servizi elettronici, su cui, però, il 13 settembre 2012 la Corte dei Conti si è pronunciata con parere negativo sulla questione.

 Ma, senza tener conto di cio’, Il 26 Settembre 2012, viene nominato alto dirigente del settore Administration, Finance and Control   di  TELECOM ITALIA il figlio del Ministro, Piergiorgio Peluso,prelevandolo dalla carica di direttore generale della società privata Fondiaria Sai, con incarico di gestire la contabilità dell’azienda. Altre polemiche sono state suscitate dalla notizia secondo cui Peluso avrebbe ricevuto una liquidazione di tre milioni e seicentomila euro per questo incarico di quattordici mesi come direttore della Fondiaria Sai. Peccato che qualche giorno prima aveva appoggiato  gli sproloqui della Fornero dicendo che i figli vogliono “il posto fisso vicino a mamma”.

Che cambiamento possiamo aspettarci? Che giustizia sarà? E’ il prezzo da pagare e speriamo che sia uno dei pochi anche se gli italiani dovranno mettersi l’anima in pace ed essere consapevoli che rinnovamento in determinati anfratti del potere non se lo potranno proprio attendere. Sarà fatto un lavoro corretto…  ma soltanto secondo la logica politica.

Nunzia De Girolamo, il simbolo del governo Pd-Pdl

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Se c’è un simbolo, un esempio  per questo neonato governo Pd-Pdl è proprio Nunzia De Girolamo. Lei il matrimonio con il Pd lo aveva già fatto tempo fa, sposando Francesco Boccia deputato eletto nelle liste dei democratici.

Nunzia De Girolamo fu anche tirata dentro il processo per la P3 da Arcangelo Martino, come ha scritto il Fatto Quotidiano:

“Al’interno del partito a fare da tramite con Berlusconi erano Marcello Dell’Utri e Denis Verdini, in stretti rapporti soprattutto con Flavio Carboni. Pasquale Lombardo faceva invece riferimento a Gianni Letta, cui si rivolgeva spesso per ogni questione di suo interesse, per telefono o anche a Palazzo Chigi su appuntamento. Ma Lombardo, a quanto mi risulta, si incontrava anche con Berlusconi. Diceva che il premier aveva un credito nei suoi confronti. Una volta mi disse di accompagnarlo, ma io rifiutai”. Sarebbe questo uno dei passaggi più interessanti dell’ultimo interrogatorio di Arcangelo Martino, ascoltato per la seconda volta il 24 settembre scorso nel carcere di Regina Coeli dai pm Giancarlo Capaldo e Rodolfo Sabelli.

Incuriositi  per questo rifiuto ad accompagnare Lombardo dal premier, i magistrati gli  chiesero come mai non fosse interessato a quell’importante incontro e Martino, che ormai tutti considerano il pentito della P3,  rispose  in modo sprezzante: “Lombardi doveva essere accompagnato da Nunzia De Girolamo e a me non piace parlare di questioni politiche in presenza di una velina”. Ma l’onorevole De Girolamo non è una “velina”, risulta sia un deputato,   replicarono i pm. “Lo so, ma per me resta una velina”, ribattè  l’indagato con un certo fastidio e disprezzo.

Comunque la De Girolamo smentì duramente le accuse “Non sono mai stata a pranzo con Lombardo. Il 23 ero in Aula a votare, non ho mai visto in vita mia né Martino, né Carboni, né Sica”.

Ora alla De Girolamo l’attende il Ministero delle politiche agricole e forestali! Le auguriamo solo di “cominciare bene” e fugare ogni dubbio  sulle sue conoscenze ambientali e animalistiche, facendoci presto dimenticare quella dichiarazione  sulla  “lontra” che in una trasmissione di Rai 3  lei fece diventare un “uccello,” strappandolo  ingiustamente alla sua vera natura di mammifero.,

Ma scurdammoce o passato… e speriamo al più presto di poter avere delle politiche agricole e forestali migliori… per ora c’è stata troppa disattenzione e vuoto intorno a una materia che può davvero rilanciare l’Italia a livello internazionale. Buon lavoro,Signora Nunzia!

Sacrificio? Per Josefa Idem c’è solo l’impegno

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«Sacrificio lo sport? Sacrificio è non avere il pane ogni giorno, non avere un tetto sopra il capo, lo sport è un grande impegno». Un grande impegno nello sport come nella vita politica, quella forza che ti incita se stai perdendo e che ti trascina se stai perdendo. La forza fisica, ma anche la tattica migliore e dovrà essere quest’ultima a guidare Josefa Idem al Ministero dello sport e delle pari opportunità. Non sempre l’istinto che serve in gara è il miglior consigliere quando si deve scendere mediare nelle situazioni. Sicuramente Josefa con i suoi successi conosce perfettamente le dinamiche per arrivare al risultato e speriamo anche che riesca a “pagaiare” fra le onde di regolamenti, di burocrazia e di organizzazione. Sicuramente saprà circondarsi di persone che in questo difficile compito potranno consigliarla al meglio e che le siano di supporto in quel labirinto di procedure che servono per realizzare gli obiettivi. Si è scelto di mettere una donna determinata, “un cervello in fuga dalla Germania” come spesso è stata definita, una medaglia d’oro… Le auguriamo che questo incarico sia un nuovo traguardo da vincere e che non sia invece un onda anomala che travolga la sua imbarcazione.

Cecile Kyenge, la prima neo ministro di colore in Italia.

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Cecile Kyenge è la neo Ministro per l’Integrazione che ha appena dichiarato che “la priorità è la cittadinanza: chi nasce in Italia è italiano”. Siamo fieri di avere finalmente un ministro di colore e che sia anche una donna. Fieri perchè è davvero il simbolo dell’Italia che cambia, s’integra e vuole fare passi avanti importanti.

La cittadinanza non è solo un atto giusto e dovuto in un Paese civile, ma il problema è che uno stato per dare la cittadinanza a chi nasce sul proprio territorio deve dare prima di tutto le speranze di un futuro dignitoso e certo. Non è l’italia in questo momento di crisi a potersi permettere questo passo, che pur volendolo dal profondo del cuore è un salto nel baratro sia per gli italiani, ma soprattutto per gli stranieri che meriterebbero davvero di poter avere davanti a loro una nazione che gli possa garantire dei diritti che invece in questo momento non può garantire neppure agli italiani. 

Aumenteremmo solamente la lotta fra i disperati, alimentando l’odio razziale che prepotentemente già sta emergendo in questa nazione. Spesso è stato alimentato dal disastro economico che ha incitare gli animi e ha scatenato la rabbia dei deboli sui più deboli, dei poveri sui più poveri, degli emarginati che si sentono costantemente minacciati dall’esercito di migranti che tentano una vita che i loro Paesi gli hanno negato. Sarebbe giusto e umano concederla, ma è disumano e ingiusto farlo in questo momento… Non sempre quello che è giusto è possibile! Perchè non chiedere all’UE per tutti una cittadinanza europea?

Enzo Moavero Milanesi, chi è?

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Enzo Moavero Milanesi, insignito per iniziativa di Napolitano “Cavaliere di gran croce dell’ordine al merito della repubblica italiana” e attuale ministro degli Affari europei, che ha il titolo di principe, derivato dalle sue origini aragonesi, e celebrato ossequiosamente dal quotidiano di Lodi, “Il Cittadino”, come “il diretto discendente dei Bocconi, fondatori prima della Rinascente e poi dell’Università”.

Una persona con una cultura internazionale e che come ministro agli Affari Europei potrà sicuramente vantare anche la sua esperienza cumulata negli anni come membro dell’ Aspen Institute.

Filippo Patroni Griffi colui che non si dimise… per la vista sul Colosseo

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Filippo Patroni Griffi, oltre a cumulare una serie di incarichi e emolumenti (consigliere di Stato e ministro, e fino al 28 novembre 2011 anche componente della Civit), è stato tanto fortunato da poter acquistare nel 2008 al prezzo di 177mila euro un appartamento (interno 3 primo piano) a Roma.

Una casa di 109 mq in Via Monte Oppio. Con affaccio su quasi 2000 anni  perchè l’appartamento ha la vista (di lato, di sguincio se vogliamo) direttamente sul Colosseo e sui Fori Imperiali. Filippo Patroni Griffi (parente di Giuseppe Patroni Griffi regista napoletano proveniente dall’aristocrazia partenopea)  attaccò prepotentemente tutti quando gli fu fatto notare che quella casa l’aveva prima ricevuta dall’Inps con affitto agevolato – perchè vincitore di un concorso pubblico – e poi acquistata a un prezzo irrisorio perchè l’immobile fu considerato “non di pregio” dal Ministro Tremonti che all’epoca sedeva sullo scranno del Tesoro.

Era gennaio 2012 quando quel “pasticciaccio” venne fuori e la vita dell’allora Ministro Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi si fece venire l’insonnia per quell’appartamento così a lungo criticato.

Fu anche paragonato a Scajola e ci fu un vero e proprio bombardamento mediatico che in un primo momento fece temere che il Ministro si potesse dimettere, ma il pericolo fu scongiurato dallo stesso Patroni Griffi che affermò:

“…Vorrei precisare che non ho mai preso in considerazione l’ipotesi di dimettermi. Per quanto mi riguarda considero percio’ chiusa una vicenda che non presenta alcun elemento di illecito ne’ di immoralita’ e che ho gia’ abbondantemente e definitivamente chiarito e sulla quale non intendo tornare piu’. Spero di poter a questo punto riprendere con piu’ efficacia a parlare dell’attivita’ di governo di mia competenza”.

In questa sua battaglia fu anche assistito dal legale Carlo Malinconico (finito agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione), e che comportò, come di prassi, notevoli passaggi e pareri anche al Consiglio di Stato, dove, Patroni Griffi era anche presidente di sezione.

Adesso è Sottosegretario di Stato, non avendo più problemi con la casa, che resta invece un problema che attanaglia milioni di cittadini (portandoli a non dormire la notte perché non sanno come pagare il mutuo o l’affitto), potrà sicuramente svolgere un ottimo lavoro al servizio degli italiani. Gli auguriamo buon lavoro.

Enrico Letta ha sciolto la riserva, domani si giura alle 11,30

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Enrico Letta: Grazie al Presidente della Repubblica e sobri soddisfazione per la squadra che abbiamo formato.

Il Presidente del consiglio legge la lista dei ministri:

Presidente del Consiglio: Enrico Letta
Sottosegretario di Stato: Filippo Patroni Griffi
Vicepresidente: Angelino Alfano
Ministro dell’Interno: Angelino Alfano
Ministro degli affari europei: Enzo Moavero Milanesi
Ministro Autonomie: Graziano Del Rio
Ministro coesione: Carlo Trigilia
Ministro per i rapporti: Dario Franceschini
Ministro per le riforme Costituzionali: Gaetano Quagliariello
Ministro delle pari opportunità: Josefa Idem
Ministro dei beni culturali: Massimo Bray
Ministro della Pubblica amministrazione: Giampiero D’Alia
Ministro dell’Economia: Fabrizio Saccomanni
Ministro dello Sviluppo: Flavio Zanonato
Ministro delle Infrastrutture: Maurizio Lupi
Ministro delle politiche agricole e forestali: Nunzia De Girolamo
Ministro del Lavoro: Enrico Giovannini
Ministro dell’istruzione: Maria Chiara Carrozza
Ministro della Salute: Beatrice Lorenzin
Ministro dell’Ambiente: Andrea Orlando
Ministro degli Esteri: Emma Bonino
Ministro della giustizia: Anna Maria Cancellieri

GITMO e Alfano… Guantanamo, la Lega e i files emersi nel 2011

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Era il 27 aprile 2011 e “La Repubblica” usciva con un articolo a firma di Carlo Bonini e Stefania Maurizi dal titolo “Guantanamo, così l’Italia aiutò gli Usa. Trattative segrete per prendere i prigionieri”. Cosa riguardava?

Alle richieste americane di trasferimento in Italia di tre terroristi trattenuti a Guantanamo, Roma rispose con un “Assolutamente favorevoli, profondamente convinti, perché sulla stessa linea d’onda di Washington”, ma preoccupati dalla “reazione all’interno del Governo del potente e loquace ministro dell’Interno Maroni e della sua Lega Nord, sostenitrice con successo di una linea anti-immigrazione”.

Insomma eravamo sul punto di prenderci i prigionieri di Guantanamo solo per fare un favore agli Usa! Cosa ci fermò? Maroni che non voleva l’immigrazione. Questo è quello che rivelano 3 cablo dell’ambasciata Usa a Roma, inviati al Dipartimento di Stato il 26 marzo, l’8 luglio e il 4 giugno 2009 che si riferiscono alla trattativa diplomatica che avrebbe dato semaforo verde alla consegna al nostro Paese di Adel Ben Mabrouk (rimpatriato in Tunisia il 20 aprile scorso dal Ministero dell’Interno con un ordine di espulsione “per ragioni di ordine pubblico e sicurezza”) e Ben Mohamed Riadh Nasri, entrambi cittadini tunisini fino a quel momento detenuti a Guantanamo.

Da tutta la vicenda risulta che il Presidente del Consiglio dell’epoca, Silvio Berlusconi, coordinandosi con  il ministro degli Esteri Franco Frattini e il ministro di Giustizia Angelino Alfano, si dichiarò “in piena sintonia con le decisioni del Presidente Obama” e pronti ad accogliere i prigionieri del Camp Delta, ma anche da fare da intermediatori con i Paesi dell’Ue più ostici ad accogliere tali prigionieri.

Tuttavia  come riportato nell’articolo de “La Repubblica” si deduce oltre alla disponibilità di buona parte del governo anche l’ostilità del Ministro Maroni:

…i tre cablo, pur nel lodare “l’approccio altamente creativo dimostrato da Frattini nei confronti dell’Ue e sulle questioni poste dal trattato di Schengen”, mostrano anche la consapevolezza della diplomazia americana dell’ostacolo rappresentato nella trattativa dalla Lega, dalle parole di Maroni (in quel momento – avverte Frattini nei suoi colloqui con Washington – “il Ministro dell’Interno paventa un rischio sicurezza per l’Italia nell’accogliere terroristi”) e dunque dell’urgenza di portare a casa un accordo con Roma il prima possibile.

Nel dispaccio del 4 giugno 2009, l’Ambasciata scrive infatti: “Sebbene nella telefonata di congratulazioni a Obama per l’elezione il premier Berlusconi abbia offerto il suo aiuto nel risolvere la questione dei detenuti, sarebbe utile che il Presidente (Obama, ndr) nel prossimo incontro con Berlusconi lo ringraziasse per gli sforzi compiuti sin qui, ma si assicurasse un ribadito impegno ad accogliere i detenuti”. Inoltre: l’Attorney General Eric Holder autorizza la consegna agli italiani dei “file” relativi ai detenuti in predicato di essere trasferiti nel nostro Paese e l’Amministrazione Usa offre anche la possibilità che una nostra “delegazione” possa raggiungere Guantanamo per “colloqui diretti con i prigionieri”, “senza che questo comporti alcun impegno al loro accoglimento”. 

A 2 anni esatti dall’uscita ci troviamo ora di fronte alla formazione di un esecutivo a guida Enrico Letta (di cui il dossier di Wikileaks è possibile leggerlo qui) e con il Ministero dell’Interno in mano a Angelino Alfano. Alfano in questa vicenda ebbe un ruolo chiave perchè studiò anche un escamotage, che se la trattativa non fosse andata a buon fine (cosa che invece avvenne) c’era la possibilità di operare un trasferimento dei  detenuti non attraverso i regolari canali dell’estradizione, ma attraverso un accordo “sotterraneo” tra Roma e Washington in cui i prigionieri prescelti “chiedessero volontariamente” di essere consegnati al nostro Paese. “Come accaduto per gli 8 trasferiti da Guantanamo in Albania, Paese che avevano indicato, ma con cui non avevano alcun legame”.

Con i problemi economici che abbiamo in Italia, in uno scenario di tensione tra Corea del Nord e Usa, con una situazione esplosiva in Siria e continui scontri in Libia, con gli attentati alla maratona di Boston e un assetto dell’Europa che sta collassando giorno dopo giorno, sembra fin troppo attuale il problema di Gitmo all’interno di una politica internazionale…  Dovremo di nuovo accogliere o far transitare i terroristi internazionali nel nostro Paese?

Smentita la notizia di Bersani ministro!

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E’ stata smentita dallo staff dell’ex leader dei democrat la notizia che lo voleva ministro nella squadra di governo capitanata da Letta. La voce era stata alimentata anche dall’incontro di questa mattina che aveva avuto proprio con il Premier incaricato, ma sembra che invece sia stato un colloquio per meglio definire una linea politica sulle materie più urgenti che dovranno avere risposte immediate. Tra i temi si sarebbe trattato di economica e in particolare di cig e della ripresa economica.

LETTA AL QUIRINALE ALLE 15.00, I GIOCHI SON FATTI!

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Dopo aver consultato Bersani e Berlusconi, Letta è pronto a presentarsi al Capo dello Stato. E’ atteso da Giorgio Napolitano alle 15.00 e a quanto si apprende il governo giurerà domani. Persone molto vicine al premier incaricato hanno infatti confermato che “Si sta arrivando al nocciolo. Probabilmente si giurerà domani, ma solo perché ci sono adempimenti che richiedono tempi precisi”.

La squadra di governo, salvo sorprese dell’ultim’ora dovrebbe essere la seguente:

ENRICO LETTA GIOCA A SUBBUTEO

ECONOMIA Pier Carlo Padoan (Ocse) o Salvatore Rossi (Bankitalia)

ESTERI Massimo D’Alema (Pd)

AFFARI EUROPEI Enzo Moavero

INTERNI Angelino Alfano (Pdl)

ISTRUZIONE Mario Mauro (Scelta civica)

GIUSTIZIA Michele Vietti (Csm), Franco Gallo (Corte costituzionale), Luciano Violante (Pd) o Paola Severino

SANITA’ Maurizio Lupi (Pdl)

POLITICHE GIOVANILI Beatrice Lorenzin (Pdl)

PARI OPPORTUNITA Mara Carfagna (Pdl)

DIFESA Renato Schifani (Pdl) o Franco Frattini

SVILUPPO ECONOMICO Sergio Chiamparino (Pd), Guglielmo Epifani (Pd), Graziano Delrio (Pd), Francesco Boccia (Pd) o Dario Franceschini (Pd)

LAVORO Stefano Fassina (Pd), Tiziano Treu o Sergio Chiamparino (Pd)

RIFORME Gaetano Quagliarello (Pdl)

BENI CULTURALI Borletti Buitoni (Scelta civica)

I due ministeri “strategici” sui quali ancora si sta contrattando sono lo sviluppo economico e la giustizia.

Il post di Grillo e la notte della Repubblica!

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“Più di otto milioni di italiani che hanno dato il loro voto al MoVimento 5 Stelle sono considerati intrusi, cani in chiesa, terzi incomodi, disprezzati come dei poveri c******i di passaggio. Né più e né meno dei 350.000 che firmarono per la legge popolare Parlamento Pulito che non è mai stata discussa in Parlamento dal 2007 e dopo due legislature è decaduta. Il M5S non può governare, ma neppure avere i diritti minimi di chi fa opposizione. L’offerta di un governo condiviso con il pdmenoelle con l’elezione di Rodotà, un presidente della Repubblica indipendente e incorruttibile, non è stata minimamente valutata. Eppure sarebbe stato l’inizio di un nuovo giorno, del rinnovamento del Paese. E ora, dopo l’osceno colloquio notturno a tre, in cui due persone, Berlusconi e Bersani, hanno deciso tutto, governo, presidenze della Repubblica, programma, al cospetto dell’insigne presenza di Napolitano, il M5S non vedrà rispettati i suoi diritti di presiedere le commissioni del Copasir e della Vigilanza RAI. Andranno all’opposizione farlocca della Lega e di Sel, alleati elettorali di pdl e pdmenoelle. Un quarto degli elettori è di fatto una forza extra parlamentare.
Lo scorso sabato la folla ruggiva, aveva circondato il Parlamento sui quattro lati, stava per sfondare. Si era radunata spontaneamente. Erano cittadini che si sentivano impotenti, esclusi da qualsiasi rappresentanza, da ogni decisione. Persone che vivono sulla loro pelle e su quella dei loro familiari una crisi economica senza precedenti nella storia repubblicana. I responsabili di quella crisi ora si pongono a salvatori della Patria senza alcun senso del pudore. Ci ridono in faccia e mostrano il dito medio in segno di disprezzo, come Gasparri, al riparo delle loro scorte. “Noi siamo noi e voi non siete un cazzo“. Quanto pensate che potrà tenere il ghetto in cui avete rinchiuso la volontà popolare? Sei mesi? Un anno?
Il M5S subisce attacchi vergognosi ogni giorno da giornalisti prezzolati, attacchi furibondi che si sono intensificati dopo le elezioni. Chiunque faccia parte del M5S, o anche si avvicini, è colpito sul piano personale e nessuno si indigna. Per il Palazzo è normale che questi parvenu della democrazia siano sbeffeggiati, insultati, derisi. Le mail private di molti parlamentari del M5S sono state trafugate, foto, filmati, corrispondenze. In un altro Paese sarebbe il primo titolo per giorni. Se fosse successo al Pdl, a Cicchitto, Ghedini, Brunetta i giornali e i telegiornali e i telegiornali avrebbero gridato all’attentato alla sicurezza nazionale. Per il M5S solo scherno o silenzio. Anche il silenzio del presidente della Repubblica del quale sono stati distrutti nei giorni scorsi i nastri delle conversazioni con Mancino”.

Cerchiamo di portare luce e illuminare la Repubblica partecipando attivamente alla politica con un’opposizione seria e responsabile che faccia uscire allo scoperto chi si taccia di stare all’opposizione e non ci sta. Aiutiamoci reciprocamente, sostenendo chi può veramente dare una svolta al paese e senza preconcetti o tiri “mancini”.

Si può cambiare, lo si è visto…

Enrico Letta visto da Wikileaks!

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Chi è Enrico Letta? Ce l’ho presenta Wikileaks nel suo dossier.

Il Premier incaricato è  descritto come una personalità “fortemente filoamericana” e un alleato sicuro nel governo. Insieme allo zio Gianni Letta (portavoce di lungo corso dei governi di Silvio Berlusconi) costituirebbe una sponda più che sicura per gli affari statunitensi in Italia. Dal caso dell’omicidio del funzionario del Sismi Niccolò Pollari (durante la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena in Iraq) a quello del rapimento dell’imam di Milano Abu Omar, sono citati alcuni esempi di controversie per le quali i due Letta sarebbero stati considerati, in passato, degli interlocutori affidabili per gli americani.

 I documenti di WikiLeaks risalgono al 2006, anno del passaggio di consegne tra il governo Berlusconi e il governo Prodi.

Fino al 2006, il Centrodestra che aveva governato tra il 2001/2006 era stato un alleato fedele degli Stati Uniti del Presidente George W. Bush, soprattutto sul fronte della Guerra in Iraq del 2002. La vittoria della coalizione di Centrosinistra, data per certa dagli osservatori oltreoceano, spaventava non poco la diplomazia a stelle e strisce, timorosa di un possibile raffreddamento delle relazioni Italia-USA. La presenza di Enrico Letta nel nascituro governo, tuttavia, costituiva un fattore di tranquillità per gli americani, grazie anche allo sponsor dello zio Gianni. Nei cabli dell’organizzazione di Assange si fa riferimento all’incontro del 24 maggio 2006 tra l’ambasciatore Ronald Spogli e il giovane Letta (in qualità di sottosegretario della Presidenza del Consiglio), il quale avrebbe rassicurato sull’appoggio italiano in merito a basi militari e politica mediorientale. Il lavoro del futuro Presidente del Consiglio italiano non è ancora cominciato, ma i dossier e l’osservazione è in pieno svolgimento.

Il centrodestra e l’apertura a Letta: verso il governo?

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Ore di lavoro concitato per Enrico Letta, premier incaricato, che dovrebbe presentarare oggi a Giorgio Napolitano il suo governo per il giuramento. Le trattative per la squadra dei ministri sono proseguite per tutta la notte e resta l’incognita sul chi “uscirà vincitore” tra Pd e PdL: proseguono i veti incrociati per quel che riguarda i ministri mentre il tema Imu continua ad essere gettato sul tavolo dal centrodestra. Nonostante questo Berlusconi, di ritorno dall’inaugurazione della President Library di Dallas, parlando di Letta ha parlato di un atteggiamento “positivo e che non ci sono problemi veri”. Il Cav, mentre si trovava negli States, ha anche parlato di un suo programma per rilanciare l’economia italiana che sarebbe già sul tavolo del futuro governo mentre ha negato la possibilità di tornare a fare il premier. Riguardo al nuovo governo, anche la Lega sembra pronta ad aprire uno spiraglio: ”Se il discorso di Enrico Letta ci convincerà potremmo anche votargli la fiducia”. Per Maroni, qualsiasi cosa pur di non essere accomunati alla linea di “irresponsabilità” del Movimento 5 Stelle.

Ci possiamo permettere un Governo così? Ecco i probabili!

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Dobbiamo avere un governo… a ogni costo, ma possiamo permetterci un governo così?

Giuliano Amato che è stato bocciato come Presidente della Repubblica, è stato promosso, quasi sicuramente,  come ministro dell’economia.

Mara Carfagna alle pari opportunità. L’ex show-girl italiana poi adottata dalla politica, che permise di istituire il reato di stalking e aumentò le pene per la prostituzione in strada e in luogo pubblico (ma non in luoghi privati),  è ricordata per l’intervento che fece il 15 febbraio 2007 al seminario Donna, vita e famiglia: «non c’è nessuna ragione per la quale lo Stato debba riconoscere le coppie omosessuali, visto che costituzionalmente sono sterili» e che «per volersi bene il requisito fondamentale è poter procreare.»  

Gaetano Quaglierello, uno dei 10 saggi che nominati da Napolitano, ha dichiarato: “Stamattina sono andato a correre e non mi muovevo… sarà il peso della saggezza  o l’abbacchio che ho mangiato ieri sera?” Sicuramente un saggio alle riforme servirà a farci digerire qualche brutto rospo amaro.

Alla Sanità sembra che andrà il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi del Pdl che confonde La Rochefoucauld con Gilbert Keith Chesterton speriamo che non confonda ministero e si presenti invece che alla Sanità all’Istruzione! 

Certo che se fosse capitato a un uomo qualunque dopo una figura del genere sarebbe già fuggito a coltivare cavoli in Alaska!

Queste larghe intese sono un po’ troppo spaziose?

Per l’istruzione Mario Mauro, sembra proprio che sia stato preferito alla Gelmini.

Che come riporta Travaglio sul Fatto Quotidiano:

L’uomo di Cl, ora diventato montiano, è da sempre amico di Roberto Formigoni tanto che al “Corriere della Sera”, nel momento in cui il numero uno della Lombardia, veniva attaccato, dichiarava: “L’amicizia è un valore e quando un amico è sotto attacco è il momento del sostegno, non del rimprovero. E’ partita un’aggressione violenta e intollerabile che confonde il piano del buon governo con il colore delle giacche e con l’esperienza culturale e religiosa di Formigoni”.

Mauro ha chiaro anche il uso progetto di scuola. Sulla rivista di cultura politica “Ideazione” spiegava che “la scuola privata viene percepita negativamente, come se fosse in competizione con la scuola pubblica e non si vede che fornendo adeguati strumenti economici, si verrebbe a creare una “parità” nella possibilità di accesso alla scuola pubblica e privata. Fornendo delle sovvenzioni destinate alle famiglie e non alle scuole, si avrebbe una sorte di “buono scuola” che, laddove, è gia stato introdotto ha avuto il positivo effetto di favorire lo sviluppo della concorrenza tra istituti, creando un mercato dell’istruzione privata che favorisce la qualità complessiva del sistema formativo (…). Flessibilità di salari in base a criteri meritocratici, libertà agli insegnanti di scegliere i programmi di studio ed autonomia organizzativa dei singoli istituti”.

Non solo, sul suo blog, Mauro all’indomani dei tagli gelminiani si lamentava della sforbiciata subita dalle private e scriveva: “Bisogna avere il coraggio di liberalizzare l’intero meccanismo, altrimenti lo scontro ideologico produrrà ulteriori danni a quello che è già una mastodontica e inefficiente struttura al servizio della corporazione che vi lavora”.

Per il dicastero forse più importante, quello della Giustizia, si fa strada l’ipotesi della conferma del ministro uscente Paola Severino, insidiata da Luciano Violante (Pd).

Il ministero dello Sviluppo Economico se lo contendono Franceschini, Boccia e Chiamparino.

Al Lavoro è lotta aperta tra Treu, Dell’Aringa, Fassina e ancora Chiamparino.

Alle politiche comunitarie Enzo Moavero Milanesi o Anna Maria Bernini.

L’esecutivo si farà… intanto riunione dei Big a Palazzo Grazioli!

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Il nuovo governo sta per nascere e così Silvio Berlusconi riunisce i suoi uomini per stringere le ultime strategie di indirizzo. Ecco quindi la sfilata che si apre con Alfano, poi a seguire il coordinatore  Denis Verdini, il capogruppo alla Camera Renato Brunetta e Gianni Letta. Tutti pronti per far nascere il nuovo esecutivo:

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PROSIT!

Letta e M5S… la teoria dei giochi!

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Sembra una teoria dei giochi più che un incontro per le consultazioni prima della formazione di un governo. Al tavolo si contrappongono diverse esigenze e diversi punti di vista, ma c’è anche una linea di fondo che sembra, ora, più condivisibile. Un’apertura maggiore del M5S e un ascolto pieno da parte del Pd.

Se da una parte Letta vuole ministri che abbiano già esperienza e che non debbano fare “scuola guida”, dall’altra c’è il timore di nomi che ritornano ad essere sempre gli stessi.

Poi ci sono i tre grandi obiettivi del Premier incaricato. Il primo è dare risposta all’emergenza economica e sociale (la pressione fiscale, debiti della Pubblica Amministrazione, tema mezzogiorno, il problema della disoccupazione e della cig che ora sta cedendo, ma soprattutto sulla cig occorre anche ripensare lo strumento),  il secondo costi della politica e  il terzo il concetto di “nuova” Europa.

Crimi vuole i fatti… ma c’è sui singoli provvedimenti. Poi c’è il nodo dei nomi per il governo, ma c’è anche il nodo sui costi della politica. Non a caso la Lombardi arriva con una proposta per l’abolizione del debito pubblico, ches arà depositata domani e si spera che Letta  la firmi prima di diventare Presidente del consiglio!

Letta chiede lo scongelamento da parte del M5S… M5S non darà la fiducia, ma si ritengono pronti a dare i sì suoi singoli provvedimenti. La teoria dei giochi continua…

Il Pdl in difficoltà alza il tiro… Letta potrebbe vincere se gli riesce il “ruzzle”

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Enrico Letta ci sta provando… e in queste ore assomiglia molto a Bernie Laplante, l’eroe per caso di Dustin Hoffman. Ma se nel film c’erano onore e gloria per “l’angelo del volo 104”, qui abbiamo solo lotte clandestine di partito e interessi privati da salvaguardare.

Letta, uomo ombra, fino a ieri al riparo dai grandi riflettori della politica, viene designato a prendersi il Paese sulle spalle in una situazione difficile e complessa. Complessa per il doppio gioco di Berlusconi, che da abile stratega ha individuato il punto debole del Pd e che ora preme per far suoi i ministeri più importanti e i punti chiave del governo… Vuole la grande abbuffata, lasciando a Letta la parte più ingrata… la responsabilità dell’Armata Brancaleone… Ma quanto può valere Letta se dovrà inserire Schifani, Brunetta, Gelmini e Quagliarello? Può ancora vincere alla grande! Se si analizza la posizione del Cav ci sono tanti punti a suo sfavore. Letta è un uomo del Pd e Napolitano lo ha preferito ad Amato, uomo fidato di Berlusconi. Uno smacco d’immagine e di strategia politica, anche se Berlusconi da bravo slalomista ha rovesciato a suo favore la scelta “Non importa chi guiderà questo governo”. In questo modo ha sminuito davanti all’opinione pubblica il ruolo del Premier… quello che conta è il programma. E quindi cerca di veicolare il messaggio positivo che il Pdl in fondo governa con i suoi 8 punti… Il Pd viene triturato dalle parole di Berlusconi come un mero esecutore delle idee e delle proposte del Cav.

Ma chi aiuta Berlusconi? Il Pd. Con i suoi veti incrociati che riflettono le divisioni interne di un partito che ha perso dignità e coesione smontato pezzo a pezzo dall’interno… da chi ha voluto tacitamente fare un gran bel favore all’anima nera della politica italiana… a quel Silvio Berlusconi che nessuno vuole, ma che tutti votano.

Ma il Pdl è davvero in una posizione ottimale? Non sembra proprio visto che il Presidente della Repubblica è uomo del Pd, anche se super partes, la Camera dei deputati ha una presidente del Sel e al Senato c’è Grasso sempre del Pd. Il gioco di Berlusconi quindi sarebbe facile da smontare se si riuscisse a minare la destra attraverso un’operazione simile a quella operata da Berlusconi stesso: i tuoi uomini, il tuoi 8 punti… ma il tutto da rivedere attraverso la lente del Pd unito e coeso.

Venendo agli 8 punti del Pdl:

La revisione-ammorbidimento di Equitalia potrebbe essere usata per far traghettare la riscossione delle entrate sotto un ministero economico. In fondo Equitalia a ben pensare è solo una duplicazione di un’attività esternalizzata, ma che potrebbe benissimo rientrare in un ambito più istituzionale attraverso l’Agenzia delle Entrate… in tal modo ci potrebbe essere una riduzione dei costi di gestione e un indirizzo a guida Pd.

Il riconoscimento alle imprese se assumono giovani, altro perno degli 8 punti di Berlusconi, potrebbe essere amplificato per quelle aziende che operano nell’economia verde e nello sviluppo sostenibile. La sburocratizzazione delle attività dell’impresa potrebbe servire come motore trainante della ripresa economica attraverso un informatizzazione di dati incrociati il cui controllo avvenga direttamente negli enti decentrati del ministero del lavoro.

L’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti dovrebbe essere una delle prime attuazioni da fare, se non addirittura la prima, pensando anche a promuovere la politica attraverso un facile accesso alle sponsorizzazioni (che non significa poi che le lobby prendano il controllo del Paese, ma dando i giusti pesi e misure a chi investe in politica, attraverso cospicue riduzioni fiscali)

E poi se uno degli 8 punti di Berlusconi è l’elezione diretta del Capo dello Stato e il rafforzamento del Premier perché non accontentarlo immediatamente?

Quindi perché non rilanciare invece che giocare in difesa?

Giorgio Napolitano aveva previsto la crisi economica nel 1978!

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Era il lontano 13 dicembre 1978 e l’allora deputato del Partito Comunista Italiano Giorgio Napolitano spiegò, durante una seduta dell’assemblea della Camera dei Deputati, le sue perplessità circa l’adozione di una moneta unica a livello europeo. Ma dove erano i dubbi di Napolitano? Essenzialmente nei negoziati che presero una piega sbagliata nei confronti dell’Italia. E chi la detto? Naturalmente la Germania come si evince dalle parole di Napolitano: «[…]dal vertice è venuta solo la conferma di una sostanziale resistenza dei Paesi più forti, della Germania, e in particolare della banca centrale tedesca, ad assumere impegni effettivi e sostenere oneri adeguati per un maggiore equilibrio tra gli andamenti delle economie di paesi della Comunità. E’ così venuto alla luce un equivoco di fondo: se cioè il nuovo sistema debba contribuire a garantire un più intenso sviluppo dei paesi più deboli della Comunità, o debba servire a garantire il Paese più forte, ferma restando la politica non espansiva della Germania, spingendosi un Paese come l’Italia alla deflazione.»

Sono passati 35 anni e ora queste parole suonano terribilmente familiari, terribilmente tragiche perché allora la crisi si era prevista e la si poteva evitare. Chi aveva interessi a non evitarla? Chi ha continuato a portarci dentro il vortice della crisi economica con l’adozione di una moneta unica troppo sbilanciata all’interno di un’Europa con diverse realtà politiche e sociali? Con paesi “forti” che impongono politica ed economia a paesi “deboli”? Chi ha permesso che l’alta finanza speculasse nei Paesi del mediterraneo per permettere una supremazia alla Germania?

Quel ceh appare certo è che l’Europa voleva l’Italia a tutti i costi, premeva probabilmente anche per la posizione geografica che occupa… ma allora perchè questa forza contrattuale non è stata posta sul tavolo? Perchè Prodi abbassò la testa, fece pagare l’eurotassa e permise un cambio così svantaggioso agli italiani? Che altri interessi c’erano?

 

 

Pippo Civati e il suo “mi dispiace ma non sono d’accordo”

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Pippo Civati non ci sta e lo dice a chiare note in un post sul suo sito:

“Soprattutto perché il governo, di ora in ora, si irrobustisce, e il governo di scopo sta diventando un governo di scopone (scientifico). Un governo politicissimo, basato sulla collaborazione Pd-Pdl, senza scadenza, non a caso presieduto dall’ultimo dirigente del Pd che non si è dimesso (perché eletto dall’assemblea, ma non solo). Le cose, dal mio punto di vista, stanno peggiorando, come cerco di spiegare oggi in un’intervista al Piccolo (evidentemente, non l’hanno letta)”.

Civati coglie il punto essenziale del pericolo incombente che dovrà essere gestito da Enrico Letta: la strategia che ogni forza politica in campo tenta di adottare per avere un tornaconto personale. Non importa quindi quanto saranno valide le riforme o quanto si farà per rimettere in moto l’economia, ma sembra avviarsi un processo di tattica e gioco-forza sulla quale prevarrà l’interesse dei partiti piuttosto che il bene dell’Italia. Un governo talmente politico che ancora una volta sarà autoreferenziale e senza scadenza.

Ma che fine hanno fatto i famosi 8 punti del progetto Bersani? Ce lo spiega lo stesso Civati in un altro post:

“Tra le altre cose che sono cambiate nello spazio di una notte (o che forse non sono cambiate, nei sessanta lunghi giorni che sono seguiti alle elezioni), c’è il programma di governo che il Pd ha presentato al Paese.

Gli otto punti sono un lontanissimo ricordo. E del cambiamento, dopo le durissime parole di Napolitano in aula, non parla più nessuno. O quasi.

In particolare, degli otto punti sono volate via alcune cose che è un po’ complicato fare con Berlusconi: la prima, riguarda la nuova legge sulla corruzione, che avrebbe dovuto (condizionale passato, modo e tempo del verbo che saranno molto frequentati da oggi in poi) superare di slancio la legge Severino che il Pdl aveva molto ridimensionato (già); la seconda, riguarda il conflitto d’interessi, che scivolerà nelle priorità fino all’ultimo posto, insieme alle questioni riguardanti incandidabilità e ineleggibilità; la terza, riguarda la riforma fiscale, perché si sa che il Pdl detesta la patrimonializzazione del fisco; la quarta, e andiamo nel ‘sociale’, riguarda la riforma degli ammortizzatori e il dibattito che si sarebbe potuto aprire sul reddito minimo; la quinta, e veniamo al capitolo sviluppo, è quell’idea di mobilità, di infrastrutture e di politiche ambientali che rimarranno ancora sullo sfondo (come accade da un secolo).

Quello che si potrà fare, anche velocemente, è l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, proprio il tema sul quale Bersani era stato molto cauto. Poi, certo, si potrà aprire una riflessione sulla legge elettorale, che qualcuno già inserisce in una riforma costituzionale più ambiziosa, che guardi al semipresidenzialismo (riforma per la quale ci vuole un bel po’ più di tempo). E sicuramente si potrà portare in Europa qualcosa di nuovo, anche se – vale la pena di ricordarlo – il centro dell’alleanza delle larghe intese sarà proprio quel Mario Monti che non ha certo brillato negli ultimi tempi.

Insomma, è cambiato anche il cambiamento. Ma che cosa volete che sia?”

Quello che si prospetta agli italiani è quindi un cambiare ancora una volta senza una progettualità a lungo termine, ma solo cambiare in virtù di poter poi “ricattare il voto” degli italiani con i cambiamenti imposti? Il conflitto d’interessi scomparirà? Il problema lavoro come sarà gestito? La ripresa economica sarà ancora una volta a carico del ceto medio italiano?

 

Ecco i ministeri sicuri e quelli incerti!

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Il totoministri si sa che è una delle cose che piaccion di più agli italiani. Diventa quasi uno sfogo per ogni giornalista che studia tattiche ed equilibri di governo, correnti dei partiti e strategie economiche. Ma questa volta il fascino è accresciuto dalle larghe intese e dai soggetti “forti” in campo che potrebbero cambiare totalmente l’assetto politico:

Ministero dell’Economia
Mario Monti: senatore a vita dal 9 novembre 2011, nominato commissario europeo prima dal governo Berlusconi e poi dal governo D’Alema, membro dell’Aspen Institute Italia, è uno dei presidenti del “Business and Economics Advisors Group” dell’Atlantic Council
Savatore Rossi, membro del Direttorio della Banca d’Italia, fa parte del club Bilderberg
Fabrizio Saccomanni, direttore generale della Banca d’Italia, fa parte del club Bilderberg
Pier Carlo Padoan, vicedirettore generale dell’Ocse, è membro dell’Aspen

Ministero degli Esteri
Mario Monti: senatore a vita dal 9 novembre 2011, nominato commissario europeo prima dal governo Berlusconi e poi dal governo D’Alema, membro dell’Aspen Institute Italia, è uno dei presidenti del “Business and Economics Advisors Group” dell’Atlantic Council
Massimo D’Alema:  finanziamento illecito accertato, prescritto;concorso in aggiotaggio nella scalata alla BNL con il gruppo Unipol.

Ministero degli Interni
Annamaria Cancellieri: membro dell’Aspen, indagata per abuso d’ufficio della procura di Catania, per fatti risalenti al 2009, quando Cancellieri era commissario del teatro Bellini.

Ministero della Giustizia
Paola Severino: La sua casa sulla Via Appia Antica a Roma è stata blindata a spese dello stato italiano, ma lei si è difesa dicendo che non l’ha deciso lei. Ma viene da domandarsi perché non l’ha impedito e pagata di sua tasca, visto che è il ministro più ricco d’Italia?
Franco Gallo, presidente della Corte costituzionale
Luciano Violante: presidente della Commissione parlamentare antimafia (1992-1994) e della Camera dei deputati (1996-2001), Responsabile riforme istituzionali del PD, è stato uno dei 10 Saggi nominati da Napolitano
Francesco Nitto Palma: magistrato e politico italiano, Ministro della Giustizia del Governo Berlusconi IV,   paladino dell’immunità parlamentare.

Ministero delle Riforme
Gaetano Quagliariello – parlamentare Pdl: l’uomo giusto al posto giusto! Come si legge nel suo sito Pd e Pdl possono collaborare insieme ma le riforme non si fanno in qualche mese (cioè anni? millenni? MAI!)

Ministero dello Sviluppo Economico
Paolo Romani,  ministro allo sviluppo economico del governo Berlusconi IV: è indagato per peculato in quanto avrebbe speso 5000 euro di telefonate in 2 mesi con un cellulare del comune di Monza. Inoltre Romani sarebbe indagato per i rimborsi spese in quanto dal maggio 2007 alla fine del 2008, tra pranzi e cene «di rappresentanza» ha messo in conto 22000 euro al Comune di Monza.
Enrico Giovannini, uno dei 10 saggi, Presidente dell’Istituto Nazionale di Statistica
Graziano Delrio,  sindaco di Reggio Emilia
Corrado Passera, è indagato dalla procura di Biella per presunti reati fiscali che sarebbero stati commessi in quanto ex amministratore delegato di Banca Intesa prima e consigliere delegato di Intesa Sanpaolo dopo la fusione con l’istituto torinese.

Ministero del Lavoro
Stefano Fassina: responsabile economico del PD, a marzo aveva affermato: “Non siamo disponibili ad alcun accordo con il Pdl. Se non ci sono le condizioni per fare un governo di cambiamento con il M5S si deve tornare alle elezioni”, in seguito, quando gli hanno chiesto perché il Pd non votava Stefano Rodotà, ex giovane turco, pare abbia risposto: “Mio cognato lavora alle Poste e non sa neppure chi è, Stefano Rodotà”. Non dovrebbe essere un governo delle larghe intese?
Filippo Bubbico:  indagato per truffa aggravata, associazione a delinquere, truffa e abuso d’ufficio.
Maurizio Sacconi: è stato Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali nel Governo Berlusconi IV ed ex funzionario di agenzia ONU; nel 2009 ha varato una legge per consentire ai giornali di liberarsi con i soldi pubblici dei cronisti più anziani e meglio pagati, che in tre anni ha permesso di mandare in prepensionamento centinaia di lavoratori e messo in cassa integrazione o sotto contratto di solidarietà altre migliaia.
Sergio Chiamparino: sindaco di Torino dal 2001 al 2011, è stato indagato per finanziamenti illeciti e la sua Giunta è stata coinvolta nello “scandalo esumazioni” del Cimitero Monumentale di Torino, l’inchiesta è stata poi  archiviata

Ministero Politiche europee
Enzo Moavero: già Ministro nel governo Monti di cui si dice sia “l’alter ego giuridico”, giudice di primo grado presso la Corte di giustizia dell’Unione europea in Lussemburgo, collaboratore della Commissione europea in qualità di Direttore Generale del Bureau of European Policy Advisors
Emma Bonino: inizia in politica con il Partito Radicale, passa per Forza Italia e approda al PD

Sembra più un governo tecnico rimaneggiato dai politici che un governo di cambiamento e al servizio del Paese.

Ma poi se già abbiamo un Ministero dell’Economia, perché avere un ministero dello Sviluppo Economico? Non si può fare un dipartimento all’interno del ministero e magari contenere le spese della politica?

Inoltre, se solo la metà dei nomi fosse confermata quanti indagati avremo al governo?

Berlusconi va a dormire con Amato e si sveglia con Letta. Incubo?

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Berlusconi ieri sera era sicuro che il Presidente Napolitano scegliesse Giuliano Amato ed è andato a dormire tranquillo. Ma come sappiamo la notte porta consiglio e il Capo dello Stato questa mattina ha convocato Enrico Letta e ha dato l’incarico al democrat. Sconcerto e disorientamento si sono impossessati del Cav che non sapendo ancora se fosse un incubo o una dura realtà, ha rilanciato ponendo condizioni durissime per la fiducia. E’ lo stesso Alfano, in contatto telefonico con Berlusconi in volo per gli Usa, ha dichiarare “Non daremo il sostegno a uno di loro cui loro non daranno un sostegno reale, visibile, con nomi che rendano evidente questo sostegno e con un programma fiscale chiarissimo ed inequivocabile”.

. I nomi: Schifani alla Difesa, Quagliariello (dato più in quota Quirinale che Berlusconi) alle Riforme. Ma anche Renato Brunetta, il falco, e Mariastella Gelmini, colomba, ma poco gradita al Pd. E l’ex capogruppo Fabrizio Cicchitto. Per lui è stato chiesto un ruolo chiave: quello di sottosegretario alla presidenza, con delega ai servizi. Un suo vecchio pallino, visto che aveva puntato al Copasir, commissione che spetta all’opposizione, prima della fase delle larghe intese. Proprio la sua presenza di Brunetta nella rosa che circola in queste ore e di Cicchitto è il segnale di un inasprimento del Pdl nel negoziato: “Hanno scelto la via politica con Letta, non accettiamo veti sui nostri politici, né li può scegliere il Pd” è il ragionamento. Linea dura, su uomini, programma e posti chiave. Come è evidente dal veto arrivato dal quartier generale di via dell’Umiltà su una riconferma all’interno di Anna Maria Cancellieri, a cui il partito del Cavaliere non ha mai perdonato lo scioglimento del Comune di Reggio Calabria.

Ma come si è arrivati a Letta e a queste condizioni così dure?

Perché il Pd salito ieri al Colle, è un partito dilaniato. Le correnti si sono giurate lotta clandestina e intestina, nessun faccia a faccia, ma una ragnatela nel buio creata con sms e mail tra i fedelissimi che conoscono i codici e il linguaggio criptico per minare nel profondo l’anima del partito. Un conflitto che passa per scontro generazionale e che invece deve fare i conti con un malessere molto più profondo che è quello dei grandi temi sociali e dell’economia e che passa inevitabilmente per il  finanziamento pubblico ai partiti.  Come poteva un Pd ridotto a tensioni e nervosismi garantire la fiducia su Amato? Se pure si fosse votata in direzione cosa sarebbe poi successo in Aula?

Napolitano non voleva rischiare, così a chiamato Letta, ma ora si trova ad aver più o meno eliminato i franchi tiratori del Pd, ma ad avere quelli del Pdl… naturalmente al centro c’è un Italia dilaniata dalla crisi, ma di questo non si possono certo occupare i politici troppo preoccupati a risanare i loro partiti e tesi alla credibilità in Europa!

Dopo il Napolitano bis arriva il Letta ovvero un Monti bis

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Cambia la faccia così siamo tutti tranquilli, ma non cambiano le idee. Non c’è nessuno come Letta così tanto vicino alla politica economica di Monti. Possiamo stare certi ceh se Letta con un noto foglietto informale si metteva a disposizione di Monti, ora sarà l’ex premier a mettersi al servizio di Letta. Non a caso in una nota già si legge  “Mario Monti e l’intero governo uscente sono fin d’ora a disposizione del presidente incaricato Letta per agevolarlo il più possibile nell’assunzione del gravoso compito a lui affidato dal Capo dello Stato”. La prima dichiarazione di Monti è poi stata “il presidente Letta riuscirà a consolidare la credibilità dell’Italia sul piano internazionale”.

Come se l’unica cosa fondamentale al momento fosse la credibilità dell’Italia sul piano internazionale. Quindi, al di là delle belle parole di questa mattina sul lavoro e sui giovani, la priorità resta l’Europa. E non illudiamoci in un cambiamento repentino perché poi ci diranno che il processo di cambiamento non si può effettuare in tempi brevi, ma che l’Europa vuole cambiare la politica dell’austerity, ma ci sono i tempi tecnici.  La piccola e media impresa, le tasse insostenibili e la povertà dilagante devo attendere… ora è tempo della credibilità… quella credibilità che i politici e i “tecnici” perdono costantemente in ogni dichiarazione che fanno.

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Letta a due piazze tra “il lenzuolo” Bilderberg e “la federa” Aspen!

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Chi è davvero Enrico Letta? L’uomo umile e determinato che oggi, nel suo discorso da Premier incaricato, ha parlato di lavoro, giovani e drammaticità della situazione italiana? Chi è quest’uomo… da sempre più un ombra il cui nome è sempre dietro a qualche altro leader?
E’ il nipote di Gianni Letta, uomo di fiducia di Berlusconi, è colui che inviò a Monti un “pizzino” per ricordargli che era a “sua completa” disposizione, ma soprattutto come ha ben ricordato il Presidente della Repubblica Enrico Letta è un uomo conosciuto a livello europeo. Ebbene sì Letta dorme sul “lenzuolo” Bilderberg e poggia la testa “sulla federa” Aspen (succursale di Bilderberg).
Letta poi aveva predetto il voto nel 2013… Predetto? Ebbene sembra proprio che abbia la sfera di cristallo ( o forse non serve la sfera in politica, ma servono accordi multilaterali).  Il 4 giugno 2012  Fassina chiede il voto anticipato ad autunno. Due minuti dopo Letta lo smentisce: “Si vota nel 2013”. Il giorno dopo è costretto, tramite il suo profilo Facebook, a  scrivere proprio sulla riunione del Bilderberg avuta qualche giorno prima:

“In molti in questi giorni mi fanno domande sul meeting Bilderberg al quale son stato invitato a Washington lo scorso fine settimana. In sintesi, era presente una parte importante dell’amministrazione Obama e dei partiti democratico e repubblicano americani. C’erano poi leader socialisti, liberali, verdi e conservatori di molti Paesi europei. E, inoltre, sindacalisti e imprenditori, docenti universitari e finanzieri. Senza contare rappresentanti dell’opposizione siriana e russa. La lista dei partecipanti è stata peraltro resa pubblica dagli stessi organizzatori. 

Si è discusso dei principali temi in materia di economia e di sicurezza al centro dell’agenda globale. Ed è stata per me un’occasione interessante e utile per ribadire la fiducia nei confronti dell’Euro e per rilanciare con grande determinazione l’invito a compiere i passi necessari (e indispensabili) verso gli Stati Uniti d’Europa. 

Nulla di queste discussioni, e del franco e ‘aperto’ dialogo tra i partecipanti, mi ha fatto anche solo per un momento pensare a quell’immagine di piovra soffocante che decide dei destini del mondo, incurante dei popoli e della democrazia, descritta da una parte della critica sul web e sulla stampa. 

È vero: la discussione era a porte chiuse. Ma la presenza dei direttori di alcuni dei principali giornali internazionali (di tutte le tendenze politico-culturali) mi pare possa ‘rassicurare’ i sostenitori di una lettura complottistica del meeting”.

Certamente Letta ci ha rassicurato ponendo in rilievo “la presenza di alcuni direttori dei principali giornali internazionali”… ora siamo certi che la stampa scrive solo quello che gli viene detto di dire, in modo chiaro ed evidente, tutto ciò che dobbiamo sapere è sotto i nostri occhi… il resto rimane a porte chiuse, top secret  nel Club Bilderberg.

Letta è inoltre membro del comitato europeo della Commissione Trilaterale, un gruppo di interesse di orientamento neoliberista fondato nel 1973 da David Rockefeller. Ma guarda caso l’organizzazione Aspen, dic ui Letta naturalmente è membro, è finanziata dalla Rockefeller Brothers Fund. Quindi la Rockefeller Brothers Fund finanzia la Trilaterale e poi un Istituto per promuovere secondo la carta, che si occupa di diffondere  ” idee e valori universali”. A ben vedere, nell’ipotesi più rosea, la Aspen porta alla globalizzazione e alla standardizzazione di idee e valori culturali, in quella un po’ più grigia, impone, attraverso i suoi influenti membri, direttive e indirizzi a Paesi che altrimenti potrebbero scappare al loro controllo.

 

Napolitano motiva la sua scelta, con un appello alla collaborazione

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Napolitano si dice soddisfatto perchè si è aperta la strada ad un governo con una larga convergenza che possa assicurare la maggioranza in entrambe le Camera. Il Presidente, nel decidere, ha tenuto conto di tutte le consultazioni tenute ieri, in particolare quelle con le forze politiche già predisposte alle larghe intese, che da parte loro non hanno avanzato proposte pur dimostrando stima nei confronti di Enrico Letta, che appartiene ad una generazione giovane ma ha già ottenuto diversi riscontri positivi in ambito politico. Giorgio Napolitano afferma “ho piena fiducia nello sforzo che farà Letta” e che quindi è ottimista riguardo al futuro. “In questa fase è indispensabile che si affermi un clima di massimo rispetto politico tra le forze politiche” e che “si riconosca il ruolo che ognuna di esse deve avere in un ambito di larghe intese”. “Confido che tutti cooperino, e con tutti mi riferisco anche ai mezzi di comunicazione, per favorire il clima di distensione invece che rinfocolare vecchie tensioni”.

Enrico Letta accetta l’incarico con riserva

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Dopo che, a seguito della rielezione di Giorgio Napolitano e del terzo giro di consultazioni, il Presidente della Repubblica ha conferito l’incarico di formare il nuovo governo ad Enrico Letta, l’onorevole ha accettato il mandato con riserva. Nel frattempo il primo messaggio di stima da parte di Matteo Renzi: “In bocca al lupo e un forte abbraccio a @EnricoLetta”. Presa la parola, Letta afferma di sentire che un simile impegno è un peso gravoso, forse più forte della resistenza delle sue stesse spalle. Il primo tema che tratta è il problema del lavoro, con la povertà e l’emigrazione dei giovani ad esso connessi. Il secondo tema è quello del “come dare risposte attraverso una politica che sia di nuovo credibile”. “o si rittrova credibilità tutti e tutti assieme, o non c’è possibilità di avere gli strumenti per risolvere il problema”. L’impegno è per una politica italiana diversa, con misure necessarie in ambito politico, come il bicameralismo, la legge elettorale e la riduzione del numero dei parlamentari. Lancia quindi un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento per richiedere la più larga partecipazione possibile, utile anche per cambiare la situazione all’interno della Comunità Europea che impone un modello di austerità non più tollerabile. Letta inizierà già da domani un giro di consultazioni per riuscire a tornare a colloquio con il Presidente il prima possibile con delle soluzioni chiare. Le ultime parole sono di ringraziamento per Giorgio Napolitano. Per quanto riguarda il Toto-ministri, Letta promette di presentare la lista, se scioglierà la riserva, quanto prima. L’idea è quella di un “governo di servizio al Paese”.

I giochi sono fatti: Letta sale al Colle alle 12:30

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E’ arrivata la convocazione ad Enrico Letta: oggi, alle 12.30, salirà al Palazzo del Quirinale per incontrare Napolitano. E’ l’onorevole del PD a vincere nella sfida contro Amato, anche se dalle forze opposte sono già arrivate, nei giorni scorsi, le prime “minacce”. Angelino Alfano avvisa che “per noi non ci sarà un nuovo caso Marini, non daremo il sostegno a uno di loro cui loro non daranno un sostegno reale, visibile”. E aggiunge: “Se si tratta di un governicchio qualsiasi, semibalneare, lo faccia chi vuole, ma noi non ci stiamo”. Anche Brunetta, che ieri aveva dichiarato che il PdL non condivideva l’ipotesi Amato o Letta, tiene a sottolineare: “Le elezioni sono finite in pareggio, il Pd ha preso Camera e Senato, ora prenderà la Presidenza del Consiglio, ha confermato una persona straordinaria ma di sinistra alla Presidenza della Repubblica, quindi lascio agli altri le valutazioni. L’eventuale delegazione del Pdl dovrà essere funzionale al programma. Se nella discussione del programma non ci saranno dei punti per noi fondamentali non ci sarà il governo con il Pdl. Il primo punto? Abolizione e restituzione dell’imu. O ci saranno i nostri dieci punti programmatici o diremo che questo governo non fa per noi. La durata del governo? Un’intera legislatura, deve essere un governo forte, politico e di legislatura che sia forte in Europa”. Il segretario del Prc, Paolo Ferrero, aveva invece messo in evidenza stamattina che “La probabile nomina di Enrico Letta a presidente del Consiglio segna la piena continuità con il governo Monti: entrambi fanno parte della Trilateral Commission, fondata da Rockefeller e che costituisce uno dei centri di direzione più rilevanti del capitalismo internazionale. Il fatto che la Trilateral continui a nominare i presidenti italiani significa che siamo stati definitivamente trasformati in un protettorato, in cui la sovranità del popolo italiano è un puro simulacro. Facciamo appello a tutte le forze di sinistra per costruire una opposizione unitaria a questo ennesimo governo dei poteri forti”. Ormai i giochi sono fatti… benvenuti in Italia!

Enrico Letta visto da Travaglio

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Marco Travaglio ha definito Enrico Letta in un suo articolo come colui che:

“Dopo anni di relazione clandestina, ha trovato il coraggio per un liberatorio coming out sul Corriere: “Preferisco che i voti vadano al Pdl piuttosto che disperdersi verso Grillo”. Finalmente, era ora: B. è meglio di Grillo perché Grillo propone di “non ripagare i debiti, uscire dall’euro e non dare cittadinanza ai bambini nati da immigrati in Italia”. E pazienza se Grillo, diversamente da B., non ha mai proposto di uscire dall’euro e di non ripagare i debiti: quanto allo “ius soli”, il centrosinistra è talmente favorevole che ha governato 8 anni su 18 e non ha mai fatto la legge… Beata ingenuità. Sono 18 anni che sinistra e destra governano insieme, ovviamente sottobanco per non farsi beccare dai rispettivi elettori. Perciò Grillo e Di Pietro li terrorizzano: non fan parte del giro, non inciuciano, non sono trattabili né ricattabili né controllabili, insomma hanno il guinzaglio lungo.
Infatti il Letta minor sogna “un’alleanza guidata da Bersani con ai lati Casini e Vendola” e non esclude nemmeno la “grande coalizione” col Pdl anche se ora “non è l’opzione principale”. Una cosa è certa: “Non vorrei che si tornasse alla logica dell’antiberlusconismo e delle ammucchiate contro il Cavaliere”. Ecco, bravo. Le ammucchiate contro il Cavaliere no. Invece quelle col Cavaliere sì: infatti oggi il Pd è in maggioranza con B., per giunta in posizione gregaria. Ma chi si scandalizza non s’è accorto che la Grande Coalizione esiste almeno dal 1994, quando – rivelò Violante alla Camera – “abbiamo garantito all’on. Berlusconi e all’on. Letta (Gianni, ndr) che non avremmo toccato le tv”. Due anni dopo nacquela Bicamerale, che ufficialmente fallì nel ’98, in realtà non ha mai chiuso i battenti. Al di là del teatrino destra-sinistra per gabbare gli elettori, non c’è legge vergogna pro B. su tv e giustizia che Ds, Margherita e poi Pd non abbiano avallato o confermato o addirittura proposto e votato. Resta da capire se l’han fatto gratis o a pagamento. Nel 2006 Enrico Letta, vicepremier del secondo governo Prodi, si diede subito da fare: Gentiloni, ministro delle Comunicazioni, gli scrisse di cambiare le regole d’ingaggio all’Avvocatura dello Stato affinché smettesse di difendere la legge Gasparri alla Corte di Lussemburgo contro le giuste richieste di Europa7, come aveva fatto col governo Mediaset. Naturalmente Lettino lasciò tutto com’era e l’Avvocatura seguitò a difenderela Gasparri e Mediaset. Del resto lui aveva appena confessato di invidiare al Pdl “gente in gamba” come “zio Gianni e Tremonti”: non potendoli ingaggiare, pensò bene di imitarli. Così tornarono al potere. Nel 2009 B. aveva il solito problema: disfarsi dei suoi processi col “legittimo impedimento”. Scendiletta diede subito il via libera sul Pompiere: “Il Pd non opporrà obiezioni al ricorso al legittimo impedimento: consideriamo legittimo che, come ogni imputato, Berlusconi si difenda nel processo e dal processo”. All’espressione “come ogni imputato” c’è chi rischiò l’ipossia da risate. Altri sospettarono che si facesse scrivere i testi da zio Gianni. Ma era un’infame calunnia: zio Gianni è intelligente. Enrico invece è talmente astuto che ora è allarmato dal ritorno di B. perché “blocca la trasformazione del Pdl”. Quale? Ma naturalmente quella avviata dallo statista Alfano, “interlocutore affidabile e credibile” che stava trasformando il Pdl “da movimento carismatico a moderno partito conservatore europeo”, mentre ora “tornerà a essere il partito di Arcore”. Invece Angelino Jolie, com’è noto, con B. non parlava neppure, anzi manco lo conosceva. Altre risate da soffocare. Il fatto è che Scendiletta dice ciò che pensano quasi tutti i papaveri Pd, adusi a mercanteggiare con B. su tutto, anche sulla Costituzione. Con la differenza che gli altri sono più furbi e si limitano a farlo. Lui lo dice pure. Il che fa temere l’ipotesi più agghiacciante: CHE LUI, PER B., LAVORI GRATIS.”

Insomma Enrico Letta è l’antiberlusconismo che parla in berlusconiano, che sogna quel modello e che, ora, avrà la possibilità sul campo di sperimentare le sue teorie (sulla pelle degli italiani, ma questo poco importa). Così dopo i governi Berlusconi, dopo Monti, cambiamo di nuovo per non cambiar niente… però che bello poter dire finalmente all’estero abbiamo una faccia nuova… ENRICO LETTA, il nuovo BERLUSCONI… abbiamo fatto restyling?

Ma quanto ci metterà Letta a farsi crescere i capelli come Berlusconi? Lo faccia almeno per la Merkel, che lei, così amareggiata per la sconfitta di Monti, deve pur avere i suoi punti di riferimento in Europa!

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Uno sguardo a Honk Kong… L’incrocio per il porto!

The Cross Harbour Tunnel - view of the tunnel entrance on Hong Kong side and the network of roads and flyovers, early 1970s

Uno sguardo a Hong Kong ’70… una strada!

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L’ascesa del Pd al Colle?

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La disponibilità e la responsabilità sulla scia del discorso di ieri del Capo dello Stato.

2 punti: emergenza economico sociali, lavoro, far cambiare linea all’Europa da un lato e dall’altro dei costi della politica, abolizione delle provincie e Senato delle regioni.

Per il resto ci atterremo alle indicazioni che il presidente della Repubblcia nella giornata di domani ci darà.

Benvenuti nel medioevo… Amato, Gallo, Letta, Giovannini

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Il nome di Matteo non ha mai convinto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, alle prese con l’ennesimo giro di consultazioni con i partiti. E adesso, in pista per la guida del governo di larghe intese, restano i nomi del vice segretario del Pd Enrico Letta; Enrico Giovannini, presidente dell’Istat nonché uno dei dieci saggi nominati dal capo dello Stato a fine marzo; Franco Gallo, ex presidente della Corte Costituzionale; Giuliano Amato, carta da sempre in campo per un esecutivo di larghe intese, anche se non gradita alla Lega.

Si pensa davvvero che con questi voti sia attuabile un cambiamento? Uomini politici di vecchio stampo o a capo di istituzioni “conservatrici” come l’Istat che per cambiare un paniere aspetta che un prodotto vada fuori commercio e poi lo inserisce con prudenza, in modo da non far più capire quanta inflazione ci sia in Italia. Vogliamo poi un Franco Gallo, un ex presidente della Corte Costituzionale? Non si può gridare allo scandalo e perpetrarlo con decisioni medievali.

Ecco perchè ci voleva Rodotà!

La minoranza linguistica della Val d’Aosta dice ok al governo.

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Con senso civico e grande responsabilità i rappresentanti della minoranza linguistica della Val d’Aosta, Albert Lanièce e Rudi Franco Marguerettaz, confermano il loro appoggio al governo qualsiasi sia la persona su cui ricada la scelta del presidente. Un altro stile rispetto al  Südtiroler Volkspartei che si era presentato questa mattina ribadendo con forza solo il diritto all’autonomia senza curarsi della grave crisi che attenaglia una nazione che certo non ha mai fatto discriminazioni sulle minoranze. Albert Lanièce e Rudi Franco Marguerettaz hanno invece messo da parte la loro individualità – pur ribadendo i passi del discorso di Napolitano su delle scelte condivise da tutto il parlamento e dai rappresentanti quindi anche delle minoranze – per offrire il loro appoggio alla nazione di cui sono una parte integrante anche se con una cultura diversa, ponendosi come una ricchezza ulteriore e non come  elemento divisivo per l’Italia.

Berlusconi e la sua vittoria… le larghe intese!

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Berlusconi ribadisce le larghe intese e attende il nome che verrà formulato dal Presidente per iniziare a collaborare. Non si ferma il leader del Pdl a rispondere ai giornalisti, ma il suo appoggio è chiaro sia sul nome di Amato che di Renzi. Nelle ultime ore però, si profila di più l’ipotesi di un governo Amato dopo che il Pd ha deciso di rimettere a Giorgio Napolitano la decisione sul nome, adottando la linea di Franceschini di inginocchiarsi e fare i buoni sudditi, anche perchè ci sono ancora troppe correnti all’interno dei democratici che rischierebbero di far crollare un’ipotesi di governo guidato dal sindaco di Firenze.

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