Lo sparatore di palazzo Chigi: Preiti condannato a 16 anni

preiti-tuttacronacaEra il 28 aprile, il giorno dell’insediamento del governo Letta, quando Luigi Preiti apriva il fuoco davanti Palazzo Chigi colpendo due carabinieri. Ora proprio ai militari dell’arma si è rivolto in una dichiarazione spontanea prima della sentenza arrivata oggi: “Chiedo scusa ai carabinieri feriti, ai loro familiari, alla mia famiglia. Se potessi ancora oggi mi sostituirei al carabiniere Giangrande e mi farei carico della sua sofferenza”. Luigi Preiti è stato condannato a 16 anni di reclusione per tentato omicidio plurimo, porto e detenzione di arma clandestina. La decisione è stata presa dal gup, Filippo Steidl, mentre i pm avevano chiesto 18 anni. Una perizia psichiatrica lo ha dichiarato capace di intendere e di volere al momento dell’accaduto. Martina Giangrande, figlia del brigadiere Giuseppe rimasto gravemente ferito in quell’occasione ha commentato: “Siamo davvero soddisfatti di questa sentenza, sono venuta qui a Roma a sentire con le mie orecchie cosa sarebbe accaduto. Tra poco lo dirò a mio padre, che è a Prato, visto che per il momento non sono riuscita a sentirlo”.

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Perizia di Preiti: capace d’intendere e di volere e con l’abitudine a droga e alcool

luigi-preiti-tuttacronacaEra il 28 aprile, il governo prestava giuramento e, all’esterno di Palazzo Chigi, Luigi Preiti apriva il fuoco con la sua Beretta 7,65. Dalla perizia psichiatrica, quello che risulta è che era in grado d’intendere e di volere, nonchè in cerca di un palcoscenico. Ma anche che consumava cocaina, assumeva alcool e frequentava “seratine” con amici. E’ quanto emerge dalla perizia psichiatrica disposta dal gup Filippo Steidl, lo scorso ottobre, che traccia un quadro diverso da quello che questo cinquantenne di Rosarno, ha cercato di dare ai pm Pierfilippo Laviani e Antonella Nespola. “Volevo fare un gesto eclatante.Volevo colpire i politici. Sono disoccupato, ho una figlia, e mi vergognavo perché non potevo offrirle niente di buono”. Nelle conclusioni dello psichiatra Piero Rocchini si legge che “al momento del fattol’imputato presentava un modesto disturbo depressivo. Tali componenti non avevano rilevanza psichiatrica forense e dunque per le loro caratteristiche e intensità non incidevano in modo significativo sulla sua capacità di intendere e di volere. Non vi è nulla che possa far dubitare della sua piena capacità di intendere e volere al momento dei fatti”. Preiti cosciente, dunque, mentre impugnava la Beretta e faceva fuoco contro tre carabinieri. Per di più, Preiti non avrebbe avuto intenzione di suicidarsi, come da lui sostenuto: “La spinta suicidaria sembra essersi fermata a livello di pensiero senza alcun reale tentativo di messa in pratica. L’uomo mostra caratteristiche di personalità con larvata costante conflittualità nei confronti dell’ambiente (soprattutto “classe politica”, “Stato” e i suoi rappresentanti). Anziché un autentico desiderio di morte, si rileva una “aggressiva ricerca” di riconoscimento pubblico, con l’immaturo desiderio di trasformarsi in una sorta di eroe vendicatore, pubblicamente riconosciuto”. Inoltre, la sua abitudine al consumo di alcol e cocaina, lo predisponevano a passare belle serate. È lui stesso a raccontarlo allo psichiatra: “La cocaina mi faceva parlare, stare bene, pensavo a divertirmi per partecipare al meglio alle mie “seratine”. Anche se la decisione di venire a Roma l’avevo presa prima di prendere la cocaina”. Quello che gli investigatori sospettano, ora, è che qualcuno lo abbia incitato a compiere quel gesto, e lo abbia anche armato. “Pur se in condizioni di difficoltà e frustrazione – sottolinea il perito – egli ha sempre mantenuto dall’arrivo in Calabria un buon funzionamento sociale (breve relazione con una donna del luogo, frequentazione pressoché quotidiana di un circolo di biliardo con partecipazione a una gara, costanti ‘seratine’ con gli amici fino a poco prima della partenza per Roma) e lavorativo”. L’imputato sembra non avere “alcun senso di colpa per quanto commesso”. “L’aver scritto alle vittime dichiarando di ‘non avercela con i carabinieri’ colpiti – è ancora la conclusione dello psichiatra – soprattutto se affiancato al desiderio espresso (‘dovevo fare qualcosa di eclatante, la gente ne doveva parlare’) sembra dare a tutto questo una diversa valorizzazione: la volontà di conquistare e mantenere il centro del palcoscenico. Le lettere inviate a Giangrande (il carabiniere che ha lottato tra la vita e la morte, ndr) appaiono ‘strumentali'”.

Il brigadiere Giangrande passerà il Natale a casa. Lo annuncia la figlia

brigadiere-giangrande-tuttacronacaIl 28 aprile, mentre il governo prestava giuramento, Luigi Preiti apriva il fuoco davanti a Palazzo Chigi, ferendo il brigadiere Giuseppe Giangrande. La figlia Martina oggi ha partecipato a un incontro al comando provinciale dei Carabinieri, a Milano, alla presenza del comandante Maurizio Stefanizzi, dove le sono stati consegnati due  assegni del Consorzio commercianti corso Buenos Aires. “Finalmente papà potrà lasciare l’ospedale, questo Natale lo trascorreremo assieme”, ha spiegato ai presenti. Ai rappresenti del consorzio, ha detto: “Vi ringrazio tantissimo, non mi aspettavo tanta generosità. Voi non ci conoscete neppure ma avete fatto così tanto. Questo è un segnale importante, di grande speranza. Mi auguro che papà possa presto incontrarvi per ringraziarvi di persona, magari che possa stringervi la mano”.  Il brigadiere Giangrande attualemnte si trova nell’ospedale di Imola, dove ritornerà (dopo la prossima pausa) verso aprile per un intervento che dovrebbe consentirgli di migliorare la sua mobilità degli arti superiori. Ancora, la figlia ha spiegato: “È migliorato in questi mesi ma non posso dire che stia bene, utilizza una carrozzina elettrica per gli spostamenti che attiva col mento, ma l’intervento potrebbe essere una svolta”. E ha raccontato che, in sette mesi di degenza, l’attenzione nei loro confronti non è mai venuta a mancare: “Anzi, è rimasta uguale, ho raccolto un migliaio di lettere scritte a mano, destinate a me o a mio padre- per non parlare delle e-mail: pensate che ogni martedì uno sconosciuto ci invia un mazzo di fiori diverso e non siamo ancora riusciti a scoprire di chi si tratta”.  L’ultimo pensiero è per Luigi Preiti, l’attentatore. “L’ho incontrato al processo, l’ho guardato negli occhi ma non ho sentito niente per lui. Il perdono? È un sentimento che non posso provare, almeno non ancora”.

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La testimonianza di Giangrande, Preiti non è un pazzo, era lucido

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Era il 28 Aprile e il nuovo Governo Letta stava giurando davanti al Presidente della Repubblica quando Luigi Preiti fece fuoco sui carabinieri che prestavano servizio davanti a Palazzo Chigi. Giuseppe Giangrande, che sta compiendo un lungo percorso di riabilitazione dopo che il proiettile lo ha colpito racconta quei tragici momenti in cui rimase ferito gravemente: “Non sono un eroe. Preiti mi ha chiesto di passare lo sbarramento – racconta il carabiniere a Libero – nel momento in cui gli ho detto di no mi ha sparato”.

Ma cosa si aspetta Giangrande dai giudici che dovranno processare Preiti?  “Mi aspetto che venga punito in base ai capi d’imputazione e sia riconosciuto colpevole perché matto non è. Era molto lucido quando ha parlato con me. So che hanno già tentato di farlo passare per folle, ma la richiesta è stata respinta dal tribunale”. Preiti non è quindi il pazzo di cui si era parlato nei primi momenti dopo il tragico attentato, ma, secondo Giangrande, era un uomo lucido e consapevole del gesto che stava compiendo. 

Segue il ricordo di quel drammatico giorno: “Mi sono trovato al posto giusto nel momento sbagliato. Se questo soggetto passava il blocco in un attimo di distrazione dei miei colleghi, era una strage. Con Preiti prima che sparasse ci ho parlato. Mi ha chiesto di passare lo sbarramento. Gli ho detto che era impossibile e ha scaricato tutto il caricatore su di me e i colleghi vicini”. Ci sono stati altri quattro feriti, tra cui un altro carabiniere, per fortuna nessun morto. Ora però Giangrande guarda avanti: a Natale tornerà a casa e non vede l’ora. “Ci stiamo preparando a fare il panettone in casa. Sono molto felice.”

 

 

“Voglio tornare a correre”: parla Giangrande, il carabiniere ferito

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E’ un combattente il brigadiere dell’Arma Giuseppe Giangrande, ferito da Preiti il giorno della sparatoria all’esterno di Palazzo Chigi, mentre i nuovi ministri prestavano giuramento. Ricoverato da venti giorni in un istituto di riabilitazione a Montecatone, sulle colline imolesi, è riuscito a conquistare il diritto di tornare a sedersi su una sedia e poter tornare a guardare la gente negli occhi e, soprattutto, il suo futuro. Ma anche quello che sta accadendo attorno a lui: ecco allora l’importanza di avere tra le mani un telecomando “perché debbo seguire tutto, debbo tenermi informato” e quella quotidiana domanda alla figlia Martina: “Mi controlli la posta su facebook?”. Perchè saluti, incoraggiamenti e messaggi, tutti per lui, corrono in rete. Ma non solo, la ragazza si preoccupa anche delle lettere: “Rispondo a tutte le lettere che hanno un mittente, a una a una. Ma non c’è verso: più io rispondo e più loro scrivono”. E poi ci sono i regali, consegnati a mano alla stessa Martina e che finiscono nella stanza del padre. Tra i tanti, uno in particolare ha riscaldato il cuore di quello che ormai è considerato un eroe: una maglietta arrivata dal fratello Pietro con stampata la sua foto e sotto la scritta “Corro anche per te”: un capo cehe ha fatto dichiarare al brigadiere, sportivo da sempre: “Voglio tornare a correre, spero proprio di farcela”. Quello di cui non riesce a parlare è invece quanto è accaduto quella maledetta mattina, anche se al fratello ha chiesto più volte informazioni sul processo a Preiti. “Gli abbiamo spiegato -racconta Pietro Giangrande- che è un faccenda lunga, che per arrivare al processo ci vuole tempo, più tempo di quanto lui dal letto d’ospedale possa aver pensato”. Intanto le sue giornate, durante le quali ha sempre qualche attenzione per i medici e le infermiere che si prendono cura di lui, si dividono in due: la mattina è per la dura terapia a cui si sta dedicando, e che offre i suoi frutti, il pomeriggio per le visite, in primis la figlia Martina, poi tutti gli altri, in particolar modo i colleghi del Battaglione Toscana, che non l’hanno lasciato solo un momento. Poi ci sono gli incontri con le autorità, il comandante dell’Arma Gallitelli, il presidente del Consiglio Letta, il presidente della Regione Emilia Romagna Errani. “Sapesse come si prepara con cura” racconta la figlia al Mesaggero. Ogni volta lui che le dice: “Voglio farmi vedere pronto anche da loro”. E così questi brevi colloqui durano qualche minuto in più del previsto, il brigadiere diventa sempre più forte e riesce a compiere qualche minimo movimento. Con il sogno, sempre, di riprendersi quella vita che conosceva, perchè a restare con i piedi per terra è la figlia, che dalla psaratoria si dedica esclusivamente a lui. “Sono piccoli passi, la strada è lunga”. Una cosa è certa: quel “piccolo esercito molto sgarruppato” non è solo, come testimonia la rete.

La borsa di Preiti

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Stasera il Tg5 ha mostrato il contenuto della borsa di Luigi Preiti, l’uomo che  ha sparato a due carabinieri davanti a Palazzo Chigi. Cosa c’è in questa borsa? Oltre alla pistola usata per l’attentato, una scatola con 9 cartucce, un kit per la manutenzione dell’arma,  una cartina del centro di Roma per turisti, una bottiglietta d’acqua, un cambio di biancheria intima, oltre ai panni sporchi, una punta di trapano e un’altra decina di scovolini, alcuni usati e altri no. Come mai un manovale ha un kit di manutenzione per l’arma? Come mai ha ben 9 cartucce? E poi gli scovolini, alcuni usati e altri no? Davvero è stato solo un gesto di follia? Davvero si può credere che un uomo qualsiasi riesce a sparare al collo tra il casco e il giubbotto antiproiettile senza essere un professionista o una persona che ha già un’esperienza di armi? Chi è Luigi Preiti?

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Il mistero della borsa di Preiti.

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E’ inequivocabile il fermo immagine di una delle telecamere di sicurezza installate su  Montecitorio che ha ripreso l’attimo esatto in cui Preiti ha fatto fuoco sui carabinieri: prende la mira e tende il braccio come un vero e proprio professionista prima di premere il grilletto. Come fa un uomo che non ha mai sparato ad essere così freddo e preciso?

L’altro mistero è sulla borsa. Preiti  ripreso da una telecamera di sorveglianza nei pressi della stazione di Gioia Tauro poco prima di partire per Roma, aveva in mano una borsa chiara, la stessa che compare nelle immagini registrate davanti a palazzo Chigi immediatamente dopo gli spari. Una borsa che la sorella nega avesse quando è uscito di casa: «Quando è uscito di casa mia madre ha detto che aveva il solito marsupio, solo quello. Se avesse avuto una borsa – ha aggiunto – gli avrebbe chiesto dove andava».

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Luigi Preiti: disperato o killer?

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Mentre il bollettino medico parla di situazione stazionaria e resta riservata la prognosi per il brigadiere Giuseppe Giangrande, il carabiniere ferito al collo durante la sparatoria davanti a Palazzo Chigi, Luigi Preiti, l’attentatore, resta nel carcere di Rebibbia. Oggi il ministro Alfano riferirà alle Camere su un caso di cui alcuni punti restano tutt’ora irrisolti. L’uomo, che ha chiesto di poter vedere il figlio ed ha spiegato di essere disperato perchè non riusciva a mantenerlo, è accusato di triplice tentato omicidio, detenzione e porto illegale di armi. Oltre a Giangrande, un altro carabiniere, Negri, è stato ferito ad ambo le gambe ed un terzo, il vice brigadiere Marco Murrighile, che non è mai stato portato in ospedale, è stato colpito al busto, ma non ha riportato ferite perchè il giubbotto antiproiettile ed il portafoglio hanno bloccato la pallottola. Per l’atttentatore non è stata richiesta nessuna perizia psichiatrica: l’indagato era lucido al momento del fatto ed erano già venti giorni che, come lui stesso ha spiegato, organizzava l’attacco teso a colpire i politici rei della crisi economica che gli ha fatto perdere il lavoro e la possibilità di mantenere il figlio. Ci sono vari interrogativi ancora senza risposte: come può un muratore sparare, come mostrano i filmati registrati dalle telecamere di Palazzo Chigi, con la precisione di killer professionista, a sangue freddo, mirando direttamente alle zone non protette dal giubbotto antiproiettile? Se la Procura ritiene l’uomo un esibizionista, le indagini cercano anche di risalire alla matricola dell’arma, una calibro 7.65. Era gisà stata utilizzata per commettere altri reati? E realmente Preiti l’ha acquistata quattro anni fa al mercato nero di Genova con la matricola già cancellata? Mentre si cerca di ricostruire gli spostamenti dell’uoo nelle ore immediatamente precedenti l’attentato, è legittimo porsi delgi interrogativi. Si è parlato prima di “balordo” e poi di “disperato”, ma Preiti si è presentato sul posto “ben vestito”, il che significa che ha scelto gli abiti per potersi confondere tra gli agenti in borghese presenti sul luogo, nella sua borsa è stata rinvenuta una punta di trapano, forse utilizzata per punzonare l’arma, con sè aveva una mappa con gli obiettivi cerchicati e, come si è detto, è rimasto impassibile mentre prendeva la mira, una questione di secondi, ed ha aperto il fuoco. L’unica cosa certa è che si sarebbe trattato di un gesto isolato, ma gli inquirenti continuano a indagare per scoprire eventuali complici.

La verità della giornalista che ha intervistato il figlio di Preiti

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Mannuela Iatì interviene via Facebook sulle polemiche che l’hanno vista protagonista in merito all’intervista al figlio di Preiti, è infatti tra quanti hanno intervistato il figlio dello sparatore, anche se l’intervista girata da lei in particolare non è andata in onda.

“Torno da Predosa e all’improvviso mi accorgo che sono montate polemiche accesissime sulla messa in onda dell’ “intervista” al figlioletto di Preiti. Bene, siccome amo la verità dei fatti e non sopporto che si parli di “sciacallaggio” anche quando non è così, vi spiego com’è andata, essendo una delle tre giornaliste presenti al momento dell’ “intervista”: a chiedere ESPRESSAMENTE che, attraverso le tv, il bambino potesse dire al padre che gli vuol bene anche se ha sbagliato, é stata la mamma. La signora Ivana (che è stata peraltro garbata, disponibile e dignitosa nel rilasciarci le sue dichiarazioni) lo ha portato davanti alle telecamere di sua iniziativa, senza che neanche minimamente qualcuna di noi si fosse sognata di chiedere una cosa del genere. Anzi, aggiungo che, fosse stato per lei, il bimbo sarebbe stato addirittura ripreso in viso, così come ci aveva chiesto. Se invece è stato ripreso di spalle e col cappuccio in testa é soltanto grazie alla sensibilità e professionalità delle colleghe che lo hanno fatto appunto girare, proprio per tutelarlo. Io non so cosa sia andata in onda dell'”intervista”, non ho visto, forse l’aspetto della richiesta espressa del bimbo e della madre di mandare un messaggio d’affetto al papà poteva essere esplicitato, cosí da non creare equivoci. E forse qualche domanda nella parte finale di questa “intervista” era un “di più” che poteva essere evitato. In ogni caso, però, ritengo che, prima di sollevare pesanti accuse contro “un certo modo di fare giornalismo”, bisognerebbe informarsi meglio. E lo posso dire con ancora maggiore tranquillità per il fatto che non ho alcun interesse specifico nella questione, dal momento che sapevo già stamattina che non avrei usato e messo in onda quel tipo di ripresa per un mio servizio in trasmissione, essendo non adatta alla tipologia del mio racconto. È tutto”.

Nonostante ci sia la Carta di Treviso, come ha ricordato  Carlo Gubitosa, che impegna i giornalisti a non avvalersi mai dei minori, nemmeno se autorizzati dai genitori in trasmissioni che possano turbare o ledere il ragazzo, nulla a fermato i giornalisti. C’è poi un mero fatto etico che dovrebbe fermare ogni giornalista sul confine tra scoop e buon senso. Anche se la madre in un attimo di shock abbia chiesto che il ragazzino parlasse, sarebbero stati i giornalisti a non voler accogliere quella richiesta chiaramente dettata da un istinto poco lucido in un momento drammatico di una famiglia immersa in una tragedia. I giornalisti hanno pensato come quelle parole potessero essere accolte dalla figlia del carabiniere ferito? Come quelle parole potessero generare rabbia e sconcerto in altre famiglie?

“Non credo che potrò perdonare” così la figlia del cc ferito.

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“Non credo potrò perdonare Luigi Preiti. Adesso devo pensare”. Lo ha detto tra le lacrime Martina Giangrande, la figlia del carabiniere ferito nella sparatoria davanti a Palazzo Chigi. “Ringrazio – ha aggiunto – l’Arma, come i rappresentanti delle istituzioni che mio padre stava con orgoglio vigilando e proteggendo”. La ragazza, intervistata al Policlinico Umberto I, ha poi ricordato che “proprio oggi sono tre mesi che mia madre è mancata. Sono fiera di mio padre che ha dedicato tutta la sua vita alle istituzioni. Grazie a tutte le istituzioni che mi hanno trattata come una figlia, grazie a chi mi ha trasmesso umanità. Mi ha toccato molto la sensibilità della signora Boldrini, la presidentessa della Camera, che vorrei incontrare nuovamente. Ora dovrò rimodulare la mia vita, come ho già fatto, ho lasciato il lavoro. Mi dedicherò a questa famiglia al momento sgangherata”, ha poi concluso.

Intanto le condizioni mediche di Giangrande restano stazionarie e l’ultimo bollettino medico parla di: “stazionarietà grave” ma anche di una sospensione progressiva dei sedativi che hanno mostrato come il paziente sia lucido e in grado di di respirare autonomamente per un breve periodo”.

La famiglia si stringe intorno a Giangrande

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Giuseppe Giangrande, il carabiniere ferito gravemente ieri davanti a Palazzo Chigi, “resta sedato, intubato e ventilato meccanicamente” mentre nel suo bollettino medico si parla di moderato ottimismo. Amalia Allocca, direttore sanitario del policlinico Umberto I, non fa però previsioni sulla futura mobilità del militare, sottolineando che “per ora la condizione neurologica non è valutabile”. Giangrande, in questo periodo,stava cercando di riprendersi dal lutto della moglie, avvenuto appena due 2 mesi fa. L’uomo non resta comunque solo, tutta la famiglia gli si è stretta attorno e con lui si trova la figlia 23enne, Martina, arrivata nella capitale dopo aver appreso la notizia. I giornalisti non paghi del bollettino medico, “freddo e impersonale” e che non fa scoop, hanno approfittato della presenza del fratello Pietro per farsi rilasciare ulteriori dichiarazione, in cerca di dettagli che rendano più “saporite” le notizie.  “Mio fratello ha trascorso la notte tranquillamente, ha riconosciuto la figlia, l’ha vista. Ha mosso le palpebre. Ha cercato di parlare, ha tentato di rassicurarla come a dire ‘vai a casa nulla è accaduto”, racconta Pietro Giangrande prima di aggiungere: “Ha riconosciuto la figlia Martina e ha mosso le spalle. In nottata ha respirato da solo”. Un altro velo squarciato, quello che c’è di più sacro, la vicinanza di un padre ed una figlia, gettato sotto gli occhi di tuttti. La ragazza, che lo zio Ciro definisce forte, è ora circondata dall’affetto dei familiari e dai colleghi del padre e, secondo quanto dicono i parenti, ha ssorbito bene il colpo. E’ giusto intervistare i parenti, voler sapere ogni dettaglio della vita di Giangrande? Se ha riconosciuto la figlia, se ha mosso le spalle, se ha cercato di parlare? E’ giusto puntare l’ “obiettivo” sulla figlia, su una ragazza di 23 anni che ancora deve elaborare il lutto della madre e che si trova a dover affrontare un nuovo dramma? Ma a volte anche quest’intrusione sembra non bastare, la vita che si trasforma in un reality passa anche per i social network e per una frase postata tempo fa  dal carabiniere nel suo profilo Facebook: A volte la vita ti riserva delle brutte sorprese che ti fanno pensare a tante cose, l’importante è non abbattersi e ricominciare tutto da capo”. Deve ripartire da questo punto Giangrande, dalla sua famiglia, dalla sua stessa vita… non dalle troppe parole. Non è importante sapere che fosse una brava persona, un buon padre, uno stimato professionista. E’ stato la vittima innocente di una crisi nazionale di cui non ha colpa. Una crisi che ha spezzato tante vite ma questa volta, per fortuna, non ce l’ha fatta. Per questo va rispettato, la sua famiglia con lui, senza dover ogni volta per forza buttar giù una porta per osservarli nella loro intimità.

Intervista shock al figlio di Preiti… scoppia la polemica in rete!

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Dove stiamo andando? Cosa significa oggi nel 2013 fare informazione? Possono sembrare domande retoriche e ritrite da anni di domande a cui non abbiamo saputo dare la giusta risposta, ma se al centro del dibattito c’è un bambino di 11 anni forse è il momento di affrontare seriamente il problema. L’intervista shock al figlio di Preiti, l’uomo che ieri ha ferito due carabinieri davanti a Palazzo Chigi, è stato superare il limite, ma non solo per il cattivo gusto del gesto, ma soprattutto per l’invasione nella privacy di un bimbo, con genitori separati, di appena 11 anni costretto a dover parlare di suo padre, dei suoi sentimenti, del suo dramma davanti alle telecamere.

Twitter insorge contro SkyTg24 e Studio Aperto e diversi utenti chiedono la sospensione della messa in onda. E finalmente arriva da parte di Sarah Varetto la sospirata sospensione.

“Appena sono iniziate le polemiche abbiamo deciso di interrompere subito la diffusione del video”, ha spiegato la Varetto, direttore di SkyTg24. “Non lo faremo più passare in televisione e lo abbiamo tolto anche da internet. Questo perché abbiamo il massimo rispetto per il bambino e per la sua famiglia. Detto questo abbiamo mandato in onda il bambino con tutte le cautele possibili: c’era il permesso della madre e non era riconoscibile in volto, aveva anche la voce alterata”.

Anche il presidente dell’Ordine Enzo Iacopino, dal suo profilo Facebook, ha condannato l’intervista: “Per registrare questa dichiarazione sorprendente (!), si piantona la casa di un ragazzo di 11 anni. Lo si intervista, forse convinti di aver fatto uno scoop. Ne viene fuori, invece, solo un modo di fare informazione che sento estraneo al mio cuore, ancor prima che alle regole elementari della professione”, si legge.

Un altro appello era arrivato anche dalla democratica Paola Concia che su Twitter ha chiesto

“Sull’intervista al figlio di #preiti dico ai #giornalisti con il cuore in mano: fermatevi! #SparatoriaChigi”

Il problema è nella morbosità che fa notizia, nei reality che forse hanno messo in tv sentimenti portandoli all’amplificazione massima e gli spettatori che cercano quotidianamente quelle emozioni che vengono riprodotte anche sull’attualità, nella quotidianità dove quella sfera emotiva è ben più fragile (a volte ancora in fase di sviluppo) e andrebbe preservata e non esposta sopratutto per rispetto di quei ragazzi che stanno vivendo un dramma personale e familiare. Possiamo iniziare a pensare un giornalismo non scandalistico che voglia raccontare le notizie senza ricercare lo scoop? Possiamo immaginare un informazione pluralista, ma che sappia darsi un etica? Possiamo aspirare a parlare dei drammi con “delicatezza” quella stessa che avremmo per i nostri cari, quella che non spinga un 11enne a dover rispondere ai microfoni:  “Ma secondo te cosa gli ha detto la testa a tuo padre?”.

Poi ci meravigliamo se al centro di Padova scrivono sui muri “luigi preiti sei uno di noi, pagherete caro” ? Ce la prendiamo con Grillo che inneggia alla rivolta? Se i giornalisti non ponessero ogni dettaglio in primo piano (anche quelli che rilevanza per la collettività non ne hanno)  probabilmente educheremmo la popolazione a un informazione meno becera e scandalistica e più partecipata e dialogata.

Parla la donna incinta ferita nella sparatoria di Palazzo Chigi

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Si è trovata fianco a fianco con un attentatore. E’ ancora sconvolta Marina Stolfi, che insieme al marito, Andrea erano usciti a fare una passeggiata sotto il sole di Roma. Quando sono partiti gli spari, Marina,  incinta al quarto mese di gravidanza, stavano camminando tranquillamente con il loro figlio nel passeggino. Intanto la polizia stava transennando la piazza per l’arrivo dei ministri e a quel punto la famiglia Stolfi si è trovata accanto a Luigi Preiti che ha iniziato a sparare. Cinque,sei, sette colpi e l’universo è cambiato. Urla e sangue. Andrea, 39 anni, cerca di mettere a riparo suo figlio, portando il passeggino, dietro la guardiola, ma il bambino cade e si ferisce uno zigomo. Nulla di grave, ma è il panico. Marina, invece rimane ferita a un braccio, anche per lei tanta paura, ma non ci sono rischi. Anche Andrea alla fine si troverà una ferita superficiale sulla gamba. Alla fine la famiglia sta bene, vengono anche trasportati al Santo Spirito per gli accertamenti. Sono increduli che hanno sfiorato la tragedia restando quasi illesi.

Ma Andrea ricorda quegli attimi con precisione: «Avevamo parlato proprio ad uno dei carabinieri, che stava transennando la piazza e ci aveva detto di tornare indietro. Ho rischiato di essere al suo posto. Quell’uomo in giacca e camicia poteva colpire anche me e soprattutto la mia famiglia. La differenza è solo di qualche metro, abbiamo rischiato di essere colpiti anche noi».

Per far passare la paura ci vorrà del tempo, ma l’importante è che nessuno di loro è stato ferito gravemente.

Gasparri condanna Grillo per l’attentato e Veltroni prende le difese del M5S

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«Urla, aizza, minaccia, esalta al qaeda e poi qualcuno spara. Chiare le colpe.Sappiamo chi ha incoraggiato i violenti. C’è chi ha se minato violenza, sappiamo bene chi sia, prima qualcuno delira poi arriva il disperato armato. C’è chi  ha invocato bombardamenti sui palazzi della politica poi uno va lì e spara ai carabinieri. Ci sono responsabilità evidenti. Un abbraccio ai carabinieri feriti. Avrà pure sparato un pazzo ma c’è gente che evoca violenza da troppi giorni in quelle vie di Roma».  Così il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri (Pdl), lancia accuse dai social network.
Infine, con un tweet, polemizza con Gianfranco Rotondi, suo compagno di partito, reo di aver preso le difese di Grillo affermando: «Nessuno speculi sulla vicenda di stamane con la sparatoria nei pressi di palazzo Chigi per associare il Movimento 5 stelle alla violenza. Il clima di attacco alla politica non è figlio di Grillo, al massimo ne ha tratto legittimamente vantaggio».

Secca la replica di Gasparri: «Solidarizza con i carabinieri, non con chi non lo merita».

Il Pdl si spacca quindi sulla sparatoria di Palazzo Chigi, con un Gasparri che, purtroppo, non riesce a guardare il disagio profondo che si vive in Italia. Sarebbe fin troppo facile e strumentale accusare Grillo che, al contrario, ha sempre professato la linea pacifica di protesta. La verità è che Gasparri non vuole vedere in faccia la gravissima condizione socio-economica che attanaglia il nostro Paese e si rifugia in un’accusa sterile e infondata.

Dal blog Grillo risponde seccamente:  «Ci discostiamo da questa onda che spero finisca lì perchè il nostro MoVimento non è assolutamente violento. Piena solidarietà alle forze dell’ordine e speriamo che sia un episodio isolato e rimanga tale».
Mentre in una nota congiunta i capigruppo del M5S Roberta Lombardi e Vito Crimi dichiarano «A nome di tutti i parlamentari del Movimento 5 Stelle esprimiamo la nostra ferma condanna per il folle gesto di violenza perpetrato poco fa davanti a Palazzo Chigi ed esprimiamo tutta la nostra solidarietà umana e civile ai tre Carabinieri in servizio ed al passante feriti. La democrazia non accetta violenza».

In soccorso di Grillo e dell’M5S arriva anche il Twitter di Walter Veltroni: «Ciò che è accaduto a Roma lo chiariranno gli inquirenti. Chiamare in causa, per il clima, il M5S è un errore grave e una strumentalizzazione». Lo scrive su twitter Walter Veltroni commentando la sparatoria davanti a palazzo Chigi.

Il tweet di Veltroni spazza via anche il “Chi semina vento raccoglie tempesta” di La Russa  «Abbiamo sempre sostenuto che la predicazione dell’odio e dell’abbattimento dell’avversario, che si manifesta anche col sistematico disturbo organizzato delle manifestazioni altrui a cui il centrodestra non si è mai accodato, può portare le persone psicologicamente predisposte all’uso criminale della violenza. Scontate le condanne anche sincere di ogni parte politica ma non basta per sentirsi tutti assolti. Ai feriti e all’Arma dei Carabinieri la mia totale vicinanza e solidarietà».

Quando riusciranno i nostri partiti a fare un “mea culpa” per la situazione in cui versa la popolazione italiana e smetteranno di ribalzarsi le colpe di partito in partito? Soprattutto quando smetteranno di trovare colpe  al M5S anche per una stella cadente?

Le immagini religiose sul sito dell’attentatore di Roma? Un fake?

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Alcune testate riportano la notizia che andando sul Facebook di Luigi Preiti, l’uomo che questa mattina ha aperto il fuoco davanti a Palazzo Chigi, mentre il governo Letta giurava al Quirinale, si può notare come il profilo sia invaso da immagini religiose. In particolare si possono vedere immagini del carcere di Rebibbia con la frase: “Misericordia di Dio speranza unica dei disperati, Confido in te”.

E’ poco probabile che il profilo sia quello dell’attentatore anche perché risulta un diploma di ragioneria conseguito nel ’92.

Inoltre c’è chi, in queste ore, si cambia il nome per assumere quello di Luigi Preiti e scrive:

“FESTA DELLA LIBERAZIONE DI STO C***O. ONORE AL DUCE BENITO MUSSOLINI. ONORE A TUTTI I CAMERATI ASSASSINATI. W IL FASCISMO. MORTE VIOLENTA PER TUTTI I DEPUTATI E SENATORI. DUCE! DUCE! DUCE!”

Perchè non vi è controllo su Facebook? Si sospendono profili per aver inviato un messaggio di troppo, ma non si condanna l’apologia fascista che la nostra Costituzione vieta? E’ intollerabile che si permettano queste violazioni alla Carta.

Le parole di Vendola sull’attentato di Palazzo Chigi!

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“Un disperato o pazzo spara ed è tutta colpa di chi dissente, di chi non si piega all’inciucio… Non sentite puzzetta di regime?”

Così il leader del Sel commenta l’attentato di oggi avvenuto a Palazzo Chigi che ha visto il ferimento di due carabinieri e l’arresto di Luigi Preiti, un ragioniere di Rosarno ceh da 20 giorni sembra che progettasse il gesto di protesta. Un uomo in crisi personale, un pazzo o forse qualcuno che con una notevole abilità e freddezza riesce a sparare al collo di un poliziotto che indossa il giubotto antiproiettile ferendolo gravemente e con altrettanta lucidità riesce a gambizzare un altro carabiniere prima di essere fermato? Quante persone, impugnando una pistola avrebbero tale precisione?

Letta giura, a Palazzo Chigi si spara… 1978: la fiducia di Andreotti, il rapimento Moro

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“Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della nazione”.

Mentre i ministri pronunciavano la formula di rito e firmavano davanti a Napolitano i loro incarichi, davanti a Palazzo Chigi si consumava la tragedia. Due momenti, due scene, due istantanee diverse di un Paese profondamente dilaniato.

Ci riporta indietro negli anni quando rapirono Aldo Moro proprio nel giorno del primo dibattito sulla fiducia al nuovo governo Andreotti IV.

Il rapimento Moro si collocò in quell’atmosfera pesante della fine degli anni 70 e nei giorni in cui si era in procinto di fare quel “compromesso storico” che doveva riavvicinare la Democrazia Cristiana al Partito Comunista Italiano.

Oggi invece la sparatoria, che sembra opera di un uomo in crisi, colpito da gravi disagi economici e personali, è avvenuta nel giorno del giuramento del governo Letta.

Quello che si deve analizzare è il contesto sociale in cui avviene: da una pressione fiscale insostenibile per molti cittadini, al problema della disoccupazione (soprattutto giovanile) e da quella sfiducia nel futuro che sembra trasversale a diverse generazioni. In un clima in cui gli italiani hanno perso anche gran parte del loro potere d’acquisto, sono incerti sul futuro e temono manovre finanziarie che possono gravare ancor di più su bilanci famigliari sempre più in bilico.

Si rapisce ( e in seguito si ucciderà) un uomo politico nel 1978, si spara ai carabinieri nel 2013… è sempre il disagio sociale e le politiche di governo che spesso non sanno dare risposte certe ai cittadini a innescare le micce delle ribellioni più violente. Oggi abbiamo avuto un segnale forte, un indicatore che deve farci riflettere non sul gesto di un emarginato, psicologicamente provato dalla crisi, ma su una rabbia crescente e sul bisogno imminente di dare nuove speranze agli italiani.  Non si può vivere solo nell’incubo economico, perché a vincere altrimenti sarà la violenza.

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E’ stato operato il cc Giuseppe Giangrande rimasto ferito davanti a P. Chigi.

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Si è preferito operare. Così al policlinico Umberto I di Roma il brigadiere Giuseppe Giangrande è stato sottoposto a un intervento  neurochirurgico per eliminare eventuali frammenti ossei dopo la sparatoria in cui è rimasto coinvolto questa mattina davanti a palazzo Chigi. A dichiararlo è stato il direttore della Dea dell’ospedale. Intanto la prognosi non viene sciolta.

Come si apprende dalle fonti ospedaliere del San Giovanni, l’altro carabiniere hala gamba destra fratturata.

Sconcerto e grande tristezza alla caserma Baldissera, sul Lungarno Pecori Giraldi a Firenze, sede del Sesto Battaglione Carabinieri Toscana, dove sono in servizio il brigadiere Giuseppe Giangrande e il carabiniere scelto Francesco Negri, feriti nell’attentato di stamani, davanti a Palazzo Chigi. Poca voglia di parlare fra i colleghi dei due militari – molti stanno andando a Roma per star loro vicino – che li definiscono ‘due bravissimi ragazzi, che si sacrificano. Questo – viene spiegato – e’ un lavoro che si fa solo con la passione, e’ un mestiere che chiede molto, che ti tiene lontano dalla famiglia e dagli affetti. Qua condividiamo tutto, esperienze di vita, tensioni, ansie e gioie’. Il contingente toscano era arrivato a Roma da qualche giorno ‘siamo a disposizione del Comando generale – viene aggiunto – che ci impegna non solo in Toscana, ma laddove ci sia bisogno: dalle emergenze di Lampedusa a quelle per la Tav, al servizio pubblico durante le partite’.

Giuseppe Giangrande, 40enne siciliano, è di origine siciliana, ma da anni vive a Prato.  Vedovo da due mesi, con una figlia 23enne che è corsa a Roma non appena ha appreso la notizia.

Accanto a Francesco Negri, il secondo carabiniere ferito c’è la compagna. Francesco, 30enne, originario di Torre Annunziata,  ha subito chiesto notizie del collega.

“Volevo colpire i politici” Preiti confessa!

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Preiti, l’autore della sparatoria a Palazzo Chigi di questa mattina, confessa il suo movente: “volevo colpire i politici”. Negli ultimi minuti sono emersi poi nuovi elementi per sul profilo dell’ttentatore. Sembrerebbe che Preiti abbia perso ingenti somme al gioco e versasse in  difficoltà economiche. L’attentatore già prima della separazione dalla moglie spendeva molti soldi alle slot machine e al biliardo. Proprio questo sarebbe tra i motivi che lo hanno allontanato dalla famiglia, facendogli perdere il lavoro. Intanto le scorte per i politici sono state rafforzate, mentre si cerca di abbassare i toni sugli scontri politici.

Lesioni alla colonna vertebrale per uno dei cc feriti a Roma.

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Si continuano a rincorrere le notizie sulla sparatoria di questa mattina che ha posto in nostro Paese in primo piano anche davanti all’occhi della comunità internazionale. Minuto dopo minuto si è cercato di ricostruire il folle gesto di un uomo che non lucidità e freddezza ha sparato su due carabinieri. E’ notizia dell’ultimo minuto che uno dei due avrebbe riportato alcune lesioni alla colonna vertebrale.

“Un tragico gesto criminale”, così Alfano in conferenza stampa

sparatoria palazzo chigi

Alfano, in conferenza stampa, parla di “tragico gesto criminale operato da un disoccupato di 49 anni che ha manifestato subito dopo l’intenzione di volersi suicidare”. Sembra Peiti non l’abbia potuto fare immediatamente perché aveva esaurito il caricatore. Il Ministro dell’Interno ha parlato poi delle condizioni dei due carabinieri feriti dall’uomo. Il brigradiere Giangrande, colpito al collo, è ora ricoverato al policlinico Umberto I in prognosi riservata. Il carabiniere scelto Negri ha invece riportato ferite da arma di fuoco ad entrambe le gambe. Entrambi i militari non sono in pericolo di vita. Il ministro ha proseguito parlando dei risultati del primo esame degli eventi: sarebbero riconducibili ad un gesto isolato su cui sono in corso ulteriori accertamenti mentre la situazione generale di ordine pubblico nel Paese non desta preoccupazioni. Nel frattempo sono stati comunque rafforzati i controlli presso gli obbiettivi a rischio. Alfano tiene infine ad informare che “il Consiglio dei Ministri ha espresso formalmente, per bocca di Presidente Letta, solidarietà all’arma dei carabinieri e alle famiglie delle vittime.” Il pensiero quindi è stato allargato a comprendere anche la famiglia di Tiziano Della Ratta, carabiniere ucciso ieri mentre cercava di sventare una rapina.

Domani in conferenza dei capigruppo verrà data la disponibilità a riferire immediatamente in Parlamento su quanto avvenuto oggi.

L’attentatore di Palazzo Chigi: “Ammazzatemi voi”. L’Angelus continua

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Tre persone ferite: due carabinieri ed una passante incinta. Questo il bilancio dell’attentato a Palazzo Chigi mentre era in corso la cerimonia di Giuramento del Governo Letta. Luigi Preiti, l’attentatore che in un primo momento è stato definito uno squilibrato e per il quale si è parlato di patologia psichica, è stato subito bloccato dalle forze dell’ordine e ferito nel corso di una collutazione. L’uomo, una volta che è stato gettato a terra, avrebbe implorato la morte: “per favore uccidetemi, ammazzatemi voi”. Queste le parole dirette alle forze dell’ordine a cui poi ha chiesto che gli fossero allentante le manette, perchè non sentiva il braccio. Intanto iniziano a sorgere dubbi sul suo stato mentale: la sua supplica lascia intuire che l’uomo potrebbe essere stato costretto a compiere il gesto o che comunque ci sia qualcuno alle sue spalle. Ci sono diversi indizi che testimoniano la sua lucidità: si è vestito in modo informale per attraversare la piazza non visto, l’arma era di piccolo calibro ed è stata estratta solo all’ultimo momento, inoltre l’uomo ha mirato al collo ed alle gambe, ossia ai punti non protetti dal giubbotto di sicurezza. Per lui accuse di tentato omicidio, porto e detenzione d’arma. Il fratello nega i problemi psichici raccontando della mancanza di lavoro, dopo aver perso il suo nel campo dell’edilizia, e del divorzio.

Anche l’Angelus di Papa Francesco ha rischiato di essere sospeso per questioni di sicurezza. Proprio stamattina, nel corso dell’omerlia, Papa Bergoglio si era rivolto ai ragazzi che stanno per ricevere la Cresima affermando che Dio “ci dà il coraggio di andare controcorrente, sentite bene giovani. Non ci sono difficoltà tribolazioni, incomprensioni che ci devono far paura”. Aggiungendo: “Giocate la vita per grandi ideali. Scommettete su grandi ideali, su cose grandi, non siamo stati scelti dal Signore per “cosine” piccole ma per cose grandi”.

Sparatoria a Palazzo Chigi: l’attentatore è affetto da patologia psichiatrica

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Si chiama Luigi Preiti l’uomo che ha sparato davanti a Palazzo Chigi mentre era in corso la cerimonia di giuramento. Di Rosarno, classe ’64, domiciliato ad Alessandria, Preiti è tornato nel paese d’origine due anni fa, a seguito del divorzio. L’uomo, affetto da patologia psichiatrica, ha dimostrato comunque oggi una certa lucidità: oltre al momento scelto per l’attacco, ha scelto di confondersi tra la folla indossando giacca e cravatta ed estraendo l’arma, una pistola di piccolo calibro, solo all’ultimo minuto. L’attentatore, quando è stato bloccato, avrebbe detto: “per favore ammazzatemi, uccidetemi voi”. Nel frattempo il ministro Mario Mauro ha raggiunto l’ospedale dove sono ricoverati i due carabinieri e la donna rimasti feriti durante la sparatoria. La donna, in stato interessante, ha riportato solo una ferita superficiale, per quello che riguarda i militari, non sono in pericolo di vita. A seguito dell’accadimento, il Consiglio dei Ministri è stato anticipato alle 13 mentre Enrico Letta e Angelino Alfano si sono chiusi in colloquio. Il ministro Cancellieri ha parlato di “fatto inquietante” ma non crede ci sia dietro “una regia”. Mentre dai due capogruppo del M5S arriva una nota scritta in cui, oltre a rammarricarsi per l’accaduto, affermano che “La violenza non si accetta in democrazia”. Tutte le forze politiche, del resto, condannano l’accaduto.

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