Basta il cinema sui poveri, l’Italia è piena di ricchi! Dove vive la Aspesi?

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Il cinema italiano porta a casa il Leone d’Oro di Venezia con “Sacro Gra” un film vero, sincero, documentaristico, che per la prima volta, dopo tanto tempo, ha echi al suo interno di quello spaccato di finzione-realtà dei grandi capolavori del neorealismo e di quel free cinema inglese che andava a indagare sugli individui e sull significato della quotidianità. Una vittoria, una pagina nuova che ci fa cambiare aria da quei film borghesi, statici, icone di un passato che troppo a lungo ha raccontato  storie da  vecchi telefoni bianchi. Ma sembra chi oggi ci sia ancora che ha  voglia di quell’aria stantia: “Si vorrebbe sapere perché il cinema ha smesso di raccontarci belle storie di gente ricca, bella, con belle case e belle vite: e sì che solo in Italia ce ne è tantissima e nessuno ne sa niente. Suggerimento al vincitore Rosi: il prossimo documentario lo faccia sul MMM, il Misterioso Mondo Miliardario“, così oggi sulle pagine di Repubblica leggiamo la delusione di Natalia Aspesi che poi conclude il suo pensiero sul cinema italiano parlando di immagini afflitte da una “valanga di disgrazie, atrocità, miserie, assassini, alcolizzati, famiglie orribili e stupratori di cadaveri”.

Forse Marisela Federici fa proseliti! 

Il Leone d’Oro ruggisce in italiano: Sacro Gra vince a Venezia

SacroGra-Venezia-rosi-tuttacronacaPer la prima volta un film-documentario vince il Leone d’Oro: è il caso di Sacro Gra, di Gianfranco Rosi che, al momento di ritirare il premio sul palco della Sala Grande del Palazzo del cinema, ha ringraziato per l’opportunità di essere stato ammesso in concorso con un’opera di non-finzione. Con il suo lavoro ha voluto raccontare la vita ai margini del Grande Raccordo Anulare di Roma: “Non dobbiamo avere paura della paura documentario”. E sempre dal palco: “Ringrazio la mia ex moglie che mi ha costretto ad accettare questo film, quando io volevo addirittura lasciare Roma: ho iniziato ad amare questa città proprio attrraverso il raccordo anulare”. Per quanto riguarda gli altri premi, Robin Campillo ha vinto nella categoria Orizzonti con il suo Eastern Boys mentre White Shadow di Noaz Deshe ha sbaragliato tutti come Opera Prima – premio Luigi De laurentis. Il premio Speciale della Giuria se l’è aggiudicato la pellicola tedesca sulla violenza domestica Die Frau des Polizisten di Philip Groning. L’acclamata opera di Stephen Frears Philomena ha invece ricevuto il premio per la miglior sceneggiatura (Steve Coogan e Jeff Pope). Tye Sheridan, visto in Joe, è stato riconosciuto come miglior attore emergente, premiato con il premio Mastroianni e non stupisce l’assegnazione della Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile: come da pronostici, se l’è aggiudicata l’anziana protagonista del film Via Castellana Bandiera di Emma Dante, Elena Cotta. Miglior interprete maschile risulta invece essere il greco Themis Panou per il film Miss Violence, pellicola che si è aggiudicata anche il Leone d’argento per la miglior regia (Alexandros Avranas). Infine  Jiaoyou (Stray Dogs) di Tsai Ming-Liang festeggia l’esperienza veneziana con il Gran Premio della Giuria.

Venezia70: il mondo visto dai documentaristi

the_unknown_known_venezia-tuttacronacaLa 70° Mostra del Cinema di Venezia è anche sguardo diretto sulla realtà, come dimostrano due documentari sbarcati al Lido. Ieri è stato il turno di “The Unknown Known: La vita e i tempi di Donald Rumsfeld”, del premio Oscar Errol Morris, un vero one man show per Donald Rumsfeld che qualche critico, scherzando, l’ha candidato alla Coppa Volpi come miglior attore. Lui, architetto della guerra in Iraq, durante i suoi anni in politica ha redatto miglialia di “fiocchi di neve”, ovvero appunti scritti su foglietti bianchi, che ora sono un documento di decenni di Storia americana. Per Morris ha accettato di leggerli e commentarli e il regista spiega: “Credo che a lui piaccia molto essere intervistato, parlare, spiegarsi, giustificarsi. Abbiamo girato 33 ore di intervista in quasi un anno”.

E se ieri si è guardato all’estero, oggi gli occhi tornano a puntarsi sull’Italia, o meglio sul Grande raccordo anulare di Roma. E’ infatti la giornata del documentario di Gianfranco Rosi “Sacro Gra”, un road movie che in realtà non attraversa nulla ma durante il quale il regista mostra l’eterogeneità di una determinata zona. Vari persone, storie diverse, tutte che si consumano attorno a un tragitto che non porta da nessuna parte, ma collega a tutto. Come, appunto, è il Gra. Rosi ripropone quindi un documentario che parte da un paesaggio e finisce per indagare i suoi abitanti, mostrando un’umanità assurda, paradossale e imprevedibile. Anche se non è facile riconoscere la realtà documentaristica di quello che si osserva, visto che i protagonisti sembrano quasi “estratti” dal mondo cinematografico, siano commedie italiane anni ’50 piuttosto personaggi film di guerra, oppure apertamente grotteschi e caricaturali. Ma c’è anche chi non disdegna il dramma intimista della vecchiaia o il film da camera. L’effetto di far confluire diversi generi in un unico documentario va rintracciata  nella capacità di Rosi di distruggere ogni convenzione documentarista cercando invece il cinema nella realtà e raccontare così il paesaggio umano più vicino a noi.

Al Lido sbarcano le Femen: un documentario racconta il movimento

femen-venezia-tuttacronacaS’intitola “Ukraine is not a brothel” il documentario sul movimento delle Femen presentato oggi alla Mostra del Cinema di Venezia. E per l’occasione sei attiviste, dopo la conferenza stampa si sono presentate davanti ai fotografi a seno nudo con scritti sul petto slogan come “Ukraine is not a brothel” (L’Ucraina non è un bordello), “Naked war” (guerra nuda), “Women are still here” e con il nome e il simbolo delle Femen. Con loro anche la regista del film, Kitty Green, rimasta vestita.

Inna Shevchenko e Sasha Shevchenko, due delle leader del movimento, hanno sottolineato nel corso della conferenza stampa: “Noi Femen siamo scappate dall’Ucraina e siamo felici di essere ora in un posto sicuro. È stato necessario perché la politica e i servizi segreti ucraini ci stavano attaccando molto duramente. Ora il nostro quartier generale è a Parigi ed abbiamo nel mondo altre 10 sedi”. Nel corso dell’incontro con i giornalista diverse sono state le domande riguardo Victor, che nel documentario sembra quasi essere il “manovratore” delle azioni del movimento. Eì stata Sasha a spiegare: “Victor non fa più parte del movimento da un anno: lui non ha fondato le Femen, era uno dei pochi componenti uomini e quando le Femen hanno cominciato ad essere più popolari ha pensato di poter prendersi più spazio, forse perché è un uomo. Avere a che fare con una persona come lui ci ha fatto capire ancora di più quanto sia necessario combattere il patriarcato. Non siamo più sotto il suo folle potere, ora lavoriamo fra donne”.

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Alla Mostra del Cinema di Venezia si parla d’integrazione

kyenge-venezia-integrazione-tuttacronacaE’ arrivata a Venezia in compagnia delle figlie il ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge che all’ANSA ha detto: ”Il cinema, con il suo linguaggio capace così tanto di coinvolgere e toccare nel profondo, è fondamentale per l’integrazione e i cambiamenti culturali sui migranti”. Tra i suoi impegni al lido, dopo l’incontro con il Garante per l’infanzia e l’Adolescenza Vincenzo Spadafora, un convegno su cinema, diversità e integrazione in occasione della presentazione del nuovo film di Ettore Pasculli ‘Italy amore mio’.

Ma il ministro ha incontrato anche Vladimir Luxuria: entrambe sono presenti per la campagna lanciata dall’Authority per l’Infanzia e l’Adolescenza contro razzismo e omofobia. Spiega la Kyenge: “Sento il dovere e la responsabilità di fare le cose giuste. Tutto il resto non conta. Con i nostri figli, dovviamo essere bravi a sostenere l’ingenuità dei bambini che non sanno che cosa sono le differenze”. Valdimir Luxuria, prima transgender eletta al Parlamento di uno Stato europeo, dice: “Nei confronti delle coppie omosessuali, c’è oggi lo stesso scetticismo che c’era nei confronti delle coppie miste. Omofobia e xenofobia vanno combattute con un solo cuore e un solo cervello”.

“Si alza il vento”: l’ultimo volo nel cinema di Hayao Miyazaki

hayao-miyazaki-ritiro-tuttacronacaHa ritirato il Leone D’Oro alla carriera nel 2005 il mastro giapponese dell’animazione Hayao Miyazi, che quest’anno concorre alla Mostra del Cinema di Venezia con Si alza il vento (Kaze Tachinu). Ma assieme alla sua opera arriva al lido anche una notizia, annunciata dal presidente dello studio Ghibli, Koji Hashino: si tratta del suo ultimo film. E per questo lavoro l’autore ha preso spunto da quello che l’ha sempre affascinato, l’idea del volo e degli aerei, a cui si uniscono le preoccupazioni per le ombre di un mondo belligerante. Il titolo deriva una un verso di Paul Valèry che recita: “Le vent se lève, il faut tenter de vivre” utilizzato in un suo racconto da Tatsuo Hori, scrittore, poeta e traduttore giapponese degli anni Cinquanta, che all’epoca si faceva carico del peso della Storia nipponica del dopoguerra.

Con la sua opera, Miyazaki ci racconta la storia di Jiro Horikoshi, ragazzo di campagna con un sogno: diventare un grande progettista aeronautico seguendo le imprese del suo mito italiano, l’ingegnere Giovanni Caproni. Il regista ha unito spirito e vita di due persone reali, Jiro Horikoshi e Tatsuo Hori, creando il suo film più intimo e soggettivo, immergendosi nello spirito di un mondo in bilico tra guerre e speranze più che limitarsi a ripercorrere la vita di uno dei grandi ingegneri dell’aeronautica moderna giapponese (inventore anche del caccia Mitsubishi chiamato Zero). Si alza il vento racconta della capacità di sognare e amare, in equilibrio tra la Storia dell’umanità e la vita di un uomo che rincorre il suo desiderio e lo vede prigioniero di un incubo. Jiro cresce in campagna ma sogna i cieli e l’amore per gli aerei lo porta a Tokyo, dove studia e si trova ad afforntare il terremoto e l’incendio del 1923. Dopo l’assunzione alla Mitsubishi inizia a girare in un mondo che è preda di opposti imperialismi che vogliono assumere il dominio dei cieli. E mentre il suo sogno continua a librarsi, conosce la magia dell’amore, che lo unisce a  Naoko, giovane artista affetta da tubercolosi che sarà la compagna dei suoi anni più creativi, immagine di leggerezza che si contrappone agli eventi (il terremoto, le guerre) che si frappongono tra Jiro e il suo sogno.

Il volo, i sogni, l’amore. L’avere uno scopo da raggiungere. Miyazaki ci ha raccontato tutto questo con le sue opere. E ci ha ricordato anche l’importanza del credere.

Bernardo Bertolucci presidente di giuria alla 70a Mostra del Cinema di Venezia

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La settantesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, che avrà luogo dal 28 agosto al 7 settembre, vedrà come presidente di giuria Bernardo Bertolucci. Proposta dal direttore della Mostra, Barbera, la decisione è stata presa oggi dal Cda della Biennale, presieduto da Baratta. Per Bertolucci si tratta della “seconda volta”, dopo l’esperienza del 1983 quando il Leone d’Oro fu assegnato a Pre’nom Carmen di Jean-Luc Godard. “Ho accettato con allegria di presiedere la giuria della settantesima Mostra internazionale cinematografica di Venezia. In una manciata di giorni mi si regala la possibilità di vedere quanto di più interessante sta accadendo nelle cinematografie di tutto il mondo. Il mio amico cinefilo Alberto Barbera riesce a infilarsi nelle nicchie cinematografiche più misteriose dei più misteriosi paesi del mondo”.

Stando al direttore della Mostra, il regista è la persona ideale per ricoprire un simile ruolo: “Pochi registi, al pari di Bertolucci, sommano alla lunga esperienza il fatto di vivere un presente cinematografico in cui agiscono con le loro opere, di cui si interessano (esercitando un’inesausta curiosità) e di cui si preoccupano, perché scovare e portare all’attenzione ciò che di vitale si sta muovendo e ciò che di bello sta magari esplodendo, è tra i migliori servizi che il cinema possa fare a se stesso. Anche per questi motivi, Bertolucci è il Presidente ideale per il ruolo importante e delicato che ha generosamente accettato di ricoprire”.

Bertolucci, il regista italiano in attività più celebre a livello mondiale e unico a vincere l’Oscar per la miglior regia con L’ultimo imperatore (1987),  ha una lunga storia cinematografica che lo collega alla manifestazione lagunare che nel 2007 gli ha assegnato il Leone d’Oro del 75°. Bertolucci esordì come regista proprio a Venezia con La commaresecca (1962), ma già l’anno precedente aveva presenziato come aiuto regista dell’esordiente Pier Paolo Pasolini con Accattone (1961). Altre sue opere sono state presentate in prima mondiale al Lido: Partner (1968), Strategia del ragno (1970), La luna (1979) e The Dreamers (2003).

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