Lo spettro della deflazione che aleggia in Europa e in Italia volano le tasse

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In Europa si inizia a parlare di deflazione e lo spettro che ora aleggia sul Vecchio Continente ha radici lontane. In parole chiare la deflazione è una flessione nella richiesta di beni e servizi, il che significa che le aziende, già fortemente provate dalla crisi, e dalle tasse imposte dal governo italiano saranno costrette a diminuire i costi dei loro prodotti e se qualcuno può pensare che alcuni beni e servizi hanno un prezzo troppo elevato e vanno ridotti è anche vero che un’azienda in questa situazione vede diminuire il proprio utile e quindi sarà meno propensa a investire in innovazione e lavoro. Dove andranno quindi a finire gli sforzi del governo per l’occupazione?  Quante aziende decideranno di chiudere? Anche coloro che hanno cercato di andare avanti con ogni mezzo in tempo di crisi come faranno a far fronte a un anno di deflazione (ammesso che nel prossimo le cose vadano meglio)? Altro punto cruciale che riguarda l’Italia è la pressione fiscale che ha raggiunto un nuovo record. Come scrive il Messaggero:

Forse è ancora presto per capire se davvero la pressione fiscale nel 2014 farà segnare un passo indietro, i dubbi sono leciti nonostante le affermazioni ottimistiche del governo. Ma intanto abbiamo già delle certezze per l’anno appena finito. E purtroppo, come sottolinea il centro studi di Confcommercio, non vanno nella direzione sperata: la pressione fiscale nel 2013 è stata ancora più forte, è salita al 44,3%, nuovo record assoluto nella storia del nostro Paese dopo quello già raggiunto nel 2012 (44%). Un risultato che porta dritti dritti verso previsioni poco rosee anche per l’anno appena iniziato. Secondo Confcommercio, infatti, anche nel 2014 resteremo ben oltre il 44%. «Purtroppo la riduzione della pressione fiscale è soltanto illusoria (le previsioni governative parlano di centesimi di punto percentuale) e il livello si manterrà sopra il 44,2%». Confcommercio ricorda inoltre che «la previsione governativa della pressione fiscale nel 2014 al 44,2% è compatibile con una crescita del Pil reale dell’1%, un tasso di variazione che nelle attuali condizioni economiche del paese non sarà facile raggiungere».

«Nell’anno appena conclusosi – si legge nel rapporto – il prelievo sotto forma di imposte e contributi previdenziali è aumentato di circa 1,6 miliardi di euro rispetto al 2012. Parimenti, nello stesso arco di tempo, il Pil nominale ha subìto una flessione di oltre 8,7 miliardi di euro. Ne consegue che il rapporto aritmetico che esprime la pressione fiscale, è salito nel 2013 al 44,3%, vale a dire tre decimi di punto in più rispetto al livello del 44% circa raggiunto nel 2012». Pertanto, sottolinea Confcommercio, «invece che di riduzione delle tasse si dovrebbe più correttamente parlare di incremento assoluto» nonchè di aumento del carico fiscale (cioè in proporzione al Pil). Nel 2013 per ogni euro prodotto in Italia la frazione di imposte, tasse e contributi pagata su quell’euro è cresciuta di altri 3,5 decimi di punto percentuale assoluto, aggiornando il record della pressione fiscale apparente nella storia d’Italia già raggiunto nel corso del 2012.
Per l’associazione dei commercianti, quindi, non ci sono dubbi: per tornare a crescere occorre «più coraggio e più incisività nei tagli alla spesa pubblica», ma «l’obiettivo prioritario e irrinunciabile deve essere soprattutto la riduzione del carico fiscale».

La ghigliottina delle tasse locali: dal ’92 aumentate del 500%

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In poco più di 20 anni le imposte delle amministrazioni locali hanno avuto un incremento di oltre il 500% aumentando da 18 a 108 miliardi di euro. I dati sono stati forniti da uno studio di Confcommercio in collaborazione con il Cer. Nello studio si legge anche che negli ultimi 20 anni , la spesa corrente delle amministrazioni centrali (Stato e altri enti) è cresciuta del 53%. La spesa di regioni, province e comuni è aumentata del 126% e quella degli enti previdenziali del 127%. Nel complesso la spesa pubblica è raddoppiata.

“Per fronteggiare questa dinamica – sottolinea il dossier – si è assistito a una esplosione del gettito derivante dalle imposte (dirette e indirette) a livello locale con un aumento del 500% a cui si è associato il sostanziale raddoppio a livello centrale. Inoltre, nell’ultimo decennio, risulta quasi triplicata l’incidenza delle addizionali regionali e comunali sull’Irpef; rilevante, infine, la differenziazione delle singole regioni in base all’incidenza dalla tassazione locale: l’aliquota Irap per un’impresa della Campania è quasi il doppio di quella che deve pagare un’impresa di Bolzano”.

Dopo questa analisi la conclusione di Confcommercio è dunque delle più drammatiche:  “uno degli obiettivi principali del federalismo fiscale, quello, cioè, di mantenere inalterata la pressione fiscale a carico dei contribuenti, è stato del tutto disatteso rendendo, pertanto, sempre più necessario un maggiore coordinamento fra le politiche tributarie attuate ai diversi livelli di governo”.
Come può un’impresa sopravvivere durante la crisi se viene ghigliottinata anche dalle tasse locali? A fronte di questi aumenti quali servizi e benefici si sono avuti a livello locale?

Sale ancora la pressione fiscale: 39,2%

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Sembra inarrestabile la corsa della pressione fiscale in Italia,  nel primo trimestre del 2013 sale al39,2%, risultando superiore di 0,6 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Lo rileva l’Istat, diffondendo il conto economico delle Amministrazioni pubbliche. Di solito nei primi tre mesi dell’anno la pressione fiscale risulta meno accentuata rispetto ai trimestri successivi. L’andamento, infatti, nella maggiora parte dei casi è crescente durante i 12 mesi dell’anno, per toccare i massimi nel quarto trimestre. Quindi non possiamo che attenderci dati peggiori? 

“Via l’Irap”, il tuono di Grillo sul blog!

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Abolire l’Irap per aiutare le piccole e medie imprese italiane, compensando la perdita per le entrate dello stato con il taglio alle spese della politica. Lo propone Beppe Grillo sul suo blog. «Il baratro dove stanno sprofondando (le Pmi) lo hanno creato i partiti, quelli che ora si stracciano le vesti – scrive Grillo -. La ricostruzione delle PMI deve iniziare subito per evitare il fallimento del Paese. Un primo passo è l’abolizione dell’IRAP che ammonta a circa 20 miliardi l’anno di tasse sulle imprese, anche se in perdita. Perdono e pagano le tasse sulla perdita, lo Stato si comporta come chi davanti a uno che affoga gli lega un masso al collo». «L’IRAP coincide grosso modo ai maggiori costi della politica in Italia comparati con i maggiori Paesi europei – prosegue Grillo -. Sarebbe sufficiente tagliare questi costi per eliminare l’IRAP e dare ossigeno alle imprese».

INGOVERNABILITA’, MA QUANTO CI COSTI?

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La febbre da spread potrebbe riacutizzarsi nel clima di incertezza politica emersa dal voto del 24 e 25 febbraio. E un’impennata del differenziale tra i Btp italiani e i Bund tedeschi potrebbe far lievitare ancora gli interessi che paghiamo sul debito nazionale. Non solo. Visto che le maggiori banche possiedono moltissimi titoli di debito italiani, le loro azioni in Borsa rischiano di crollare bruciando miliardi su miliardi. E se un nuovo Governo non azzererà o cambierà al più presto le riforme avviate da Monti, entreranno in vigore gli aumenti dell’Iva e della pressione fiscale in genere. Ecco qual è il quadro economico dell’attuale situazione di ingovernabilità politica.

(differenziale tra Btp e Bund a 10anni):
– 6 marzo: 317 punti
– 26 febbraio: 348 punti
– 29 gennaio: 246 punti

Ogni 100 punti base di aumento dello spread
si traducono in un aumento
del costo del debito italiano di:
– 3,1 miliardi il 1° anno
– 6,2 miliardi il 2° anno
– 8 miliardi dal 3° anno

ESISTE CHI CI SPECULA SULL’INGOVERNABILITA’? ESISTE UNA OLIGARCHIA CHE GOVERNA IL MONDO ATTRAVERSO L’ALTA FINANZA? QUANTO GUADAGNA LA GERMANIA DALLA NOSTRA INGOVERNABILITA’? QUANTO CI COSTERA’ LA CADUTA DEL GOVERNO BERSANI SE MAI SI RIUSCIRA’ A FARLO?

CHI PAGA? GLI ITALIANI, MA NON TUTTI, SOLO QUELLI ONESTI, I POVERI, LA CLASSE MEDIA (CHE MEDIA NON E’ PIU’) E I PENSIONATI!

2013 ANNO DELLA PRESSIONE FISCALE! Si toccherà il 45,1%

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