
In Italia, tra il 2010 e il 2011, l’indicatore della ‘grave deprivazione’ sale dal 6,9% all’11,1%, cio’ significa che 6,7 milioni di persone sono in difficolta’ economiche, con un rialzo di 2,5 milioni in un anno. Si tratta di individui in famiglie con 4 o piu’ sintomi di disagio in un set di 9.
Il primo senza dubbio è il potere d’acquisto che in Italia durante la crisi è crollato, scendendo del 5% tra il 2007 e il 2011. Il rapporto fa notare come la contrazione del potere d’acquisto si sia riflessa solo in parte sulla spesa per consumi finali delle famiglie, calata in termini reali dell’1,1%. Ecco che i cittadini hanno cercato di mantenere il proprio standard di vita attingendo ai risparmi accumulati o risparmiando meno. Infatti la propensione a mettere da parte le risorse è scesa dal 15,5% del 2007 all’11,5% del secondo trimestre 2012, accelerando il calo iniziato nel 2006. Inoltre in Italia la crisi ha aggravato le disuguaglianze: nel 2011 il 20% più ricco della popolazione ha ricevuto un reddito di 5,6 volte superiore a quello del quinto più povero. Si tratta di un valore superiore alla media europea. Infatti, spiega il rapporto, dal 2004 la concentrazione della ricchezza è tornata a salire, pur restando inferiore a quella degli anni ’90, e la quota di ricchezza totale posseduta dal 10% più benestante è aumentata nel 2010 al 45,9% (era al 44,3% nel 2008).
In Italia, tra il 2010 e il 2011, l’indicatore della ‘grave deprivazione’ sale dal 6,9% all’11,1%, ciò significa che 6,7 milioni di persone sono in difficoltà economiche, con un rialzo di 2,5 milioni in un anno. Si tratta di individui in famiglie con 4 o più sintomi di disagio in un set di 9. Lo rileva il rapporto Bes Istat-Cnel. Il rapporto spiega come la grave deprivazione materiale sia una misura associata agli indicatori di povertà monetaria, ma non a essi totalmente sovrapponibile. Secondo la metodologia Eurostat si presenta, appunto, quando si manifestano quattro o più sintomi di disagio economico su un elenco di nove. Nel 2011, dopo la sostanziale stabilità che aveva caratterizzato gli anni precedenti, l’indicatore è aumentato in modo «sensibile» (+4,2 punti percentuali). In particolare è cresciuta la quota di individui in famiglie che dichiarano di non poter sostenere spese impreviste (dal 33,3% al 38,5%), di non potersi permettere una settimana di ferie all’anno lontano da casa (dal 39,8% al 46,6%), un pasto adeguato ogni due giorni se lo volessero (dal 6,7% al 12,3%) e che riferiscono di non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione (dall’11,2% al 17,9%). Il rapporto Bes indica anche come il rischio di povertà, stimato a partire dal reddito netto disponibile, risulti più elevato della media dell’Ue e abbia raggiunto nel 2010 il 19,6%.
Nei primi 9 mesi del 2012 la quota delle famiglie indebitate, sostanzialmente stabile tra il 2008 e il 2011, ha segnato un balzo, passando dal 2,3% al 6,5%. Lo rileva il rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) di Istat e Cnel, spiegando che il più frequente ricorso al debito, generato in molti casi da mere esigenze di spesa, riguarda importi mediamente più bassi.
Dodici campi, dalla salute al lavoro, dall’ambiente alle relazioni sociali e 134 ‘termometrì per misurare il benessere equo e sostenibile (Bes), con l’obiettivo di monitorare lo stato di salute del Paese con indicatori che vadano «al di là del Pil». Un tema che negli ultimi anni ha registrato un vivace dibattito a livello internazionale e che ora vede l’Italia schierata in prima linea. È questo il lavoro portato avanti dal Cnel e dall’Istat sin dal dicembre del 2010 e oggi arriva a compimento con la presentazione del primo rapporto Bes davanti al capo dello Stato Giorgio Napolitano, al presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini; con la partecipazione del Presidente del Cnel Antonio Marzano e del Presidente dell’Istat Enrico Giovannini. Il Cnel, organo a cui partecipano rappresentanti di associazioni di categoria, organizzazioni sindacali e del terzo settore, e l’Istat, dove operano esperti della misurazione dei fenomeni economici e sociali, hanno unito le proprie forze per giungere ad un insieme condiviso di indicatori utili a definire lo stato e il progresso del Paese. È stato così costituito un comitato insieme all’associazionismo femminile, ecologista, dei consumatori, a cui si è affiancata una commissione scientifica. A riguardo Istat e Cnel fanno anche notare come la consultazione con i cittadini sia stata ampia. L’impegno è quello di arrivare a una sorta di ‘costituzione statisticà, cioè un riferimento costante e condiviso dalla società italiana in grado di segnare la direzione del progresso. Uno strumento quindi utile anche per la messa a punto delle politiche necessarie al Paese. In particolare, si punta a sintetizzare gli indicatori in modo da elaborarne uno per ciascun dominio, quindi in tutto circa 12, anche per meglio capire miglioramenti e peggioramenti. Infatti, il Bes sarà aggiornato annualmente.
Ma la colpa di tutto questo di chi è? Gli italiani lo sanno e pure troppo bene come evidenziano i dati dell’Istat-Cnel. Cala la fiducia dei cittadini nei confronti della politica e soprattutto quella riposta nei partiti che è stata rilevata ai minimi storici. La media, in un’ipotetica pagella su una scala da 0 a 10, si ferma al 2,3. Voti bassi anche per la fiducia verso il Parlamento (3,6), le amministrazioni locali (4) e la giustizia (4,4).
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