Quanto costa il Jobs Act di Renzi? Possiamo permettercelo?

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Ecco secondo il Fatto Quotidiano i costi del Jobs Act di Renzi:

Taglio dell’Irap del 10 per cento finanziato dall’aumento dell’aliquota sulle rendite finanziarie. L’Irap vale 33 miliardi all’anno e serve a finanziare la sanità delle Regioni. Ammesso che Renzi voglia ridurre del 10 per cento solo l’Irap privata, che vale una ventina di miliardi, dovrebbe comunque trovare 2 miliardi di copertura, un aumento del carico fiscale di circa il 20 per cento, non poco.

Energia: ridurre il costo del 10 per cento per le aziende attraverso un taglio degli “incentivi cosiddetti interrompibili”. Martedì sera a Otto e Mezzo Renzi aveva un’idea completamente diversa: tagliare gli oneri di distribuzione, cioè far pagare il conto alle reti (Terna e Snam) e ai venditori di energia. La nuova proposta invece mira a ridurre quei 600-700 milioni all’anno dati a grandi aziende disposte a subire un’interruzione della fornitura di energia. Il costo viene scaricato sulle altre imprese. Tagliare questi incentivi “interrompibili” avrà come effetto immediato quello di far salire i costi per alcune grosse aziende.

Assegno universale per chi perde il lavoro, con obbligo di seguire un corso di formazione e di non rifiutare più di una proposta di lavoro. L’assegno universale esiste già, è l’Aspi e la mini-Aspi introdotta dalla riforma Fornero nel 2012 e perde il diritto a riceverla chi “non accetti una offerta di un lavoro superiore almeno del 20 per cento rispetto all’importo lordo dell’indennità cui ha diritto”. L’unica cosa che Renzi può fare è ridurre i requisiti necessari per accedere all’Aspi. A meno di non voler rivedere del tutto gli ammortizzatori sociali a partire dalla cassa integrazione

Obbligo di rendicontazione online ex post per ogni voce dei denari utilizzati per la formazione professionale finanziata da denaro pubblico. Il pozzo oscuro della Formazione professionale è bene che sia illuminato perché assorbe circa 600 milioni l’anno senza controlli. Non è detto, però, che una volta controllati i fondi il lavoro lo si crei davvero o i corsi divengano davvero formativi.

Eliminazione della figura del dirigente a tempo indeterminato nel settore pubblico. Serve a contrastare l’inamovibilità dei dirigenti della Pa anche se incapaci. Eliminare la garanzia dell’incarico a tempo indeterminato rende i dirigenti più soggetti alla politica.

Trasparenza: amministrazioni pubbliche, partiti, sindacati devono pubblicare online ogni entrata e ogni uscita. Sarebbe una novità positiva, in particolare per le spese delle Pubbliche amministrazioni. Ma anche per partiti e sindacati, finora esentati dal rendere trasparenti i loro bilanci.

Nuovi posti di lavoro. Per sette settori (Cultura-Turismo-agricoltura, Made in Italy, Ict, Green economy, Nuovo Welfare, Edilizia , Manifattura), il Jobs Act conterrà un singolo piano industriale. Il cuore del “piano del lavoro” di Renzi non ha concretezza. Si limita ai titoli.

Presentazione entro otto mesi di un codice del lavoro. Il Codice del lavoro forse va presentato prima di otto mesi, il tempo delle attese non era finito?

Riduzione delle varie forme contrattuali, oltre 40. Processo verso un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti. Le forme di lavoro previste dalle attuali normative sono, probabilmente, 40 ma quelle utlizzate non arrivano a dieci (tempo indeterminato o determinato, contratti a progetto, lavoro interinale, lavoro stagionale, le “false” partite Iva, lo staff leasing e poco altro). Il contratto unico indeterminato è stato proposto inizialmente da Tito Boeri e Pietro Garibaldi e si basa sull’idea che basti una forma contrattuale in cui il raggiungimento di tutte le garanzie avvenga nell’arco di tre anni. Una razionalizzazione che va verso la stabilità solo se spazza davvero via tutte le tipologie contrattuali esistenti. Se si trasforma in un “processo” potrebbe significare solo un nuovo modo di chiamare la realtà esistente.

Agenzia Unica Federale che coordini i centri per l’impiego, la formazione e l’erogazione degli ammortizzatori sociali. La novità più rilevante attiene alla possibilità di erogare gli ammortizzatori sociali da parte di un’Agenzia unica che sostituirebbe l’Inps. I Centri per l’impiego sarebbero frequentati in modo significativo. Ma i 556 Centri diffusi in Italia danno lavoro solo al 3,7% dei richiedenti, mentre in Germania la percentuale è del 13. L’agenzia unica può servire a coordinare meglio ma, al fondo, la differenza sarà fatta dalle effettive opportunità di lavoro.

Legge sulla rappresentatività sindacale e rappresentanti eletti dai lavoratori nei Cda delle grandi aziende. La legge è già in discussione alla commissione Lavoro della Camera. La si potrebbe approvare in poche settimane rendendo felici sia la Fiom che la Cgil. Sull’ingresso nei Cda delle aziende: il sistema tedesco, la Mitbestimmung, prevede la presenza dei lavoratori in Consigli di sorveglianza con possibilità di intervenire sulle scelte aziendali e, anche, di nominare i manager. Ma non di divenire azionisti o amministratori dell’impresa.

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757 euro a cittadino: i costi della politica italiana

costi_politica-tuttacronacaE’ uno studio della Uil, che lo stesso leader del sindacato Angeletti, assieme al segretario confederale Loy ha presentato alla stampa, a rilevare che i costi della politica, diretti e indiretti, ammontano a circa 23,2 miliardi di euro, tra funzionamento di organi istituzionali, società pubbliche, consulenze e costi per mancati risparmi derivanti dalla sovrabbondanza del sistema istituzionale. Con un rapido calcolo, si arriva alla conclusione che si tratta di una somma pari a 757 euro medi annui per contribuente, che pesa l’1,5% sul Pil. Le persone che vivono direttamente o indirettamente sono oltre 1,1 milioni, ossia il 5% del totale degli occupati. Ancora, lo studio ha sottolineato che, per il funzionamento degli organi istituzionali (Stato centrale e autonomie territoriali), nel 2013 si stanno spendendo oltre 6,1 miliardi di euro, in diminuzione del 4,6% rispetto all’anno precedente (293,3 milioni di euro in meno); per le consulenze 2,2 miliardi di euro e per il funzionamento degli organi delle società partecipate, 2,6 miliardi di euro; per altre spese (auto blu, personale di fiducia politico, direzione Asl) 5,2 miliardi di euro; per il sovrabbondante sistema istituzionale 7,1 miliardi di euro.

Fondi pensioni… quali convengono?

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La crisi economica ha reso gli italiani più incerti. Da sempre il popolo tricolore non è troppo incline al rischio, ma l’instabilità politica, lo spread e gli indici di borsa costantemente in rosso hanno portato i cittadini a innalzare barriere ancora più imponenti e a essere diffidenti anche sui fondi pensione. Quali convengono davvero? Su quali si può puntare? Partendo dal presupposto che i futuri pensionati non avranno un assegno maggiore di quello rappresentato dal 60% dell’ultimo stipendio, ecco che un’integrazione non diventa più una scelta personale, ma quasi una esigenza di sopravvivenza. Altroconsumo Finanza viene incontro ai cittadini e boccia e promuove le diverse opportunità che potrebbero essere una chance per i pensionati del futuro.

Lo schema poi ripreso dal Sole 24Ore è chiaro:

Promossi i fondi chiusi, cioè quelli derivanti da contrattazioni collettive per categoria e che riguardano i lavoratori dipendenti.

Rimandati i fondi aperti, gestiti individualmente dalle banche e dalle compagnie di assicurazione.

Poca convenienza invece per i Pip, i Piani individuali di previdenza. «Dal punto di vista dei costi – fa notare Pietro Cazzaniga, di Altroconsumo – si rileva che i piani pensionistici individuali sono i prodotti più cari, mentre i fondi pensione doi categoria sono i prodotti più convenienti, e i fondi aperti una via di mezzo».

Quali sono i costi?

I conti sono questi: 1.000 euro di Tfr versati nel 2005 in un fondo chiuso a fine settembre di quest’anno sono diventati 1.333 euro, lasciati in azienda sarebbero stati 1257. «La scelta di una pensione complementare è cruciale, ma il settore fatica a decollare – conferma Cazzaniga -. C’erano 6,1 milioni di iscritti a fine settembre 2013: nei primi 9 mesi dell’anno le adesioni ai fondi negoziali hanno registrato un calo dello 0,7% per via della crescita dei disoccupati portati dalla crisi, quelle ai fondi aperti una crescita del 5,7%, mentre i piani pensionistici individuali sono saliti del 13,7%».  L’innalzamento dell’età pensionabile e la serie di riforme di questi anni che hanno seguito la strada del rigore rischiano dunque di impoverire ancora di più i risparmiatori italiani se non sapranno pianificare le proprie scelte. Soprattutto perché nella società post-industriale le carriere delle nuove generazioni sono precarie, intermittenti, imprevedibili. Ma qui subentra il freno culturale, almeno stando ai dati offerti insieme alle pagelle sui fondi pensione. «Il 74% degli italiani – ha spiegato Stefania Farsagli, della Fondazione Rosselli – ritiene che la crisi e la riforma delle pensioni abbia aumentato il bisogno di aderire a un fondo pensione, ma solo il 24% si è iscritto a qualche forma di previdenza complementare». Eppure, «solo il 25% – aggiunge – pensa che la pensione pubblica gli sarà sufficiente”. Se si pensa che in Italia dal 2009 al 2012 ci sono state 42.000 nascite in meno e che il rapporto tra anziani e attivi passerà entro il 2065 dal 30% al 60%, si capirà anche la dimensione della rivoluzione dei costi sociali in arrivo insieme a quella della ricchezza individuale. E, a sentire i relatori del convegno di oggi a Milano, per affrontare il futuro serve una solida ‘educazione finanziaria’».  «È convinzione comune di tutti, banche, associazioni dei consumatori e istituzioni – afferma Alessandro Malinverno, segretario generale di PattiChiari – che migliorare il livello di cultura economica dei cittadini sia una priorità, oltre che per favorire la crescita economica, anche per rispondere ad alcune delle principali esigenze sociali emerse a seguito della recente crisi». Si informino le persone, dunque. Ma si vada a parlare del futuro anche a scuola fra i cittadini più giovani che rischiano di non maneggiare mai una pensione. «Oggi – aggiunge infatti Malinverno – vi è purtroppo una scarsa consapevolezza di strumenti come il voucher lavoro, oppure una conoscenza approssimativa della differenza tra previdenza pubblica e previdenza complementare, individuata in modo corretto solo dal 56% dagli studenti che hanno risposto ai nostri questionari. Il 69% dei ragazzi sente poi parlare di pensione esclusivamente come una fonte di preoccupazione per i genitori, il 19% non ne sente mai parlare e il 12% ne sente parlare come un argomento di scarso interesse».

L’eccesso di antibiotici… fa male alla salute! In Europa se ne consumano troppi

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25mila decessi all’anno. Questa è la strage degli antibiotici in Europa, decessi evitabili che comportano anche l’aumento di costi supplementari per la sanità e il lavoro per almeno 1,5 miliardi di euro.

La fotografia in chiaro e scuro delle conseguenze del consumo sproporzionato che è stato fatto negli anni degli antibiotici in Europa, ma il problema e’ mondiale e in particolare, un recente sondaggio Eurobarometro sulla resistenza antimicrobica, rivela che il 35% dei cittadini Ue e il 36% dei cittadini italiani ha consumato antibiotici negli ultimi 12 mesi: ma solo il 22% degli europei e il 14% degli italiani hanno dimostrato di essere davvero informati sull’argomento. Resta invece “molto inquietante”, che il tasso di resistenza agli antibiotici in Italia – ma anche in Spagna, Portogallo, Grecia e Bulgaria – sia aumentato tra il 2009 e il 2012: infatti, oltre il 5% dei casi di infezioni polmonari sono resistenti anche agli antibiotici carbapenemi, utilizzati solo a livello ospedaliero come ultima linea di difesa.

E’ entrata in funzione l’ovovia sul ponte di Calatrava: terminata la lunga attesa

ovovia-calatrava-tuttacronacaE’ stato inaugurato già nel 2008 il ponte della Costituzione, ideato da Santiago Calatrava e che molto ha fatto discutere. Oggi, a distanza di cinque anni, è finalmente entrata in funzione l’ovovia, la cui messa in uso è stata a lungo attesa e per la quale si è speso 1.8 milioni di euro, il doppio di quanto previsto inizialmente. Negli ultimi mesi erano state compiute le varie verifiche e la sua apertura è avvenuta in sordina. L’ovovia, che resterà in funzione tutti i giorni dalla 8 alle 22, è riservata alle persone con disabilità, alle donne in gravidanza, agli anziani con problemi di deambulazione e al trasporto di passeggini con bimbi piccoli. Per utilizzarla è necessario utilizzare i  videocitofoni posti ai due lati del ponte, a piazzale Roma e nell’area stazione ferroviaria, collegati alla sala operativa che gestisce anche il People Mover, il trenino che collega piazzale Roma alla Marittima e Tronchetto.

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Mi costi, ma quanto mi costi? La politica italiana e i conti de Il Fatto Quotidiano

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E’ stato Il Fatto quotidiano a fare la classifica dei 10 politici più longevi e quindi, secondo il quotidiano, anche quelli più costosi per i contribuenti. Nella Top Ten ci sono:

1. Giorgio Napolitano – 60 anni – 13,6 milioni
2. Francesco Colucci (senatore Pdl) – 34 anni 107 giorni – 7,8 miliioni
3. Pier Ferdinando Casini – 30 anni 105 giorni – 6,9 milioni
4. Altero Matteoli – 30 anni 105 giorni – 6,9 milioni
5. Anna Finocchiaro – 26 anni 115 giorni – 5,9 milioni
6. Umberto Bossi – 22 anni 197 giorni – 5,1 milioni
7. Maurizio Sacconi – 22 anni 114 giorni – 5 milioni
8. Maurizio Gasparri – 21 anni 184 giorni – 4,9 milioni
9. Ignazio La Russa – 21 anni 184 giorni – 4,9 milioni
10. Carlo Giovanardi – 21 anni 184 giorni – 4,9 milioni

Come sono stati fatti i calcoli?

Prendiamo il caso di Napolitano:  60 anni fra Parlamento, governo e presidenza della Repubblica. Entrato alla Camera dei deputati nel 1953, è stato – tranne la IV legislatura, 1963, in cui fu nominato segretario del Pci di Napoli – deputato, ministro, presidente della Camera, parlamentare europeo, senatore a vita e presidente della repubblica. Il Fatto calcola che se questi sessant’anni di vita politica gli fossero stati pagati con lo stipendio di un attuale deputato (228 mila euro annui), Napolitano sarebbe costato 13,6 milioni di euro.

 La piccola nota di colore è che se Giulio Andreotti fosse ancora in vita sarebbe lui, deputato dalla prima legislatura, nel 1948, a guidare la classifica, essendo stato parlamentare per ben 65 anni.

 

Salta Benigni… costa troppo!

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Dopo Crozza, la Rai deve dire addio anche a Roberto Benigni! Lo show del comico toscano previsto per il periodo natalizio, “Dieci comandamenti”, non si farà. La motivazione ufficiale sono gli impegni all’estero di Benigni. In realtà in questo modo si risparmieranno 4 milioni di euro. Quei soldi pubblici che ormai sono sotto gli occhi dei contribuenti che si trovano a pagare un canone per vedere poi perennemente i conti in rosso della tv pubblica che viene anche foraggiata dallo stato… forse il vero giro di vite dell’Italia è la Rai?

Santo, Santo subito… costo tanto?

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Anche i Santi hanno un loro costo e lo sa bene Papa Francesco che ha chiesto di indagare sui conti delle cause di beatificazione e canonizzazione. Aveva chiesto la documentazione entro il 31 agosto, ma sembra che non sia arrivato nessun dossier. Tutti in ferie, anche i Santi? Ma cosa aveva fatto sorgere i dubbi? Sembra che Bergoglio analizzando i bilanci relativi al fondo per le cosiddette cause povere non abbia trovato i versamenti necessari indispensabili per ogni processo di beatificazione e canonizzazione. Di qui la richiesta da parte del Pontefice di un’indagine interna, ma fino ad oggi nulla è arrivato sul tavolo del Santo Padre. Ma dove vuole andare a scavare Bergoglio? Sembra che solo le congregazioni più importanti, quelle quindi più ricche possano permettersi di veder canonizzato il proprio fondatore… per le altre l’oblio!

“Ogni causa di beatificazione fa storia a sé”, sottolinea il giornalista di Famiglia Cristiana Saverio Gaeta, precisando che le spese vive si aggirano complessivamente intorno ai 15mila euro. Questa cifra comprende i diritti della Santa Sede e i compensi dei medici, dei teologi e dei vescovi che studiano e giudicano le cause. A questa somma, però, bisogna aggiungere tutto ciò che riguarda le ricerche, l’elaborazione delle “positio”, il lavoro del postulatore e di altri esperti e ricercatori eventualmente coinvolti, la stampa dei volumi, gli allestimenti per la cerimonia. Ed è qui che il costo di una causa per la santità può lievitare in modo impressionante fino a raggiungere la cifra complessiva record di 750mila, come nel caso del processo che ha portato alla beatificazione, nel 2007, di Antonio Rosmini.

Nel mese di agosto Bergoglio ha dato mandato al cardinale Giuseppe Versaldi, presidente della prefettura degli affari economici della Santa Sede, di indagare sui conti Ior dei postulatori delle cause di beatificazione e di canonizzazione. Versaldi, che deve l’episcopato e la porpora al cardinale Tarcisio Bertone di cui è stato vicario generale a Vercelli, si è subito attivato per dimostrare al Papa la sua piena sintonia di vedute sulla politica della trasparenza finanziaria e sulle lotte al riciclaggio e alla corruzione.

Ma sotto quale pontificato si sono avuti più Santi, beati e celebrazioni?

Sotto il regno di Giovanni Paolo II la “fabbrica dei santi” ha sfornato 1338 beati in 147 riti di beatificazione e 482 santi in 51 celebrazioni. Cifre impressionanti soprattutto perché superano quelle dei beati e dei santi proclamati dalla Chiesa dalla sua fondazione fino all’avvento di Karol Wojtyla sul trono di Pietro. Con il Papa polacco, però, molte di queste cause hanno avuto un buon esito proprio grazie a quel fondo per le “cause povere” che oggi sembra scomparso.

Bergoglio sembrerebbe anche che abbia trovato l’opposizione del cardinale Angelo Amato,  prefetto della congregazione della cause dei santi. Il porporato salesiano, infatti, ha spiegato che il suo dicastero è completamente estraneo all’amministrazione economica dei postulatori delle cause. Inoltre il religioso ha da poco compiuto 75 anni età  canonica delle dimissioni. Amato è deciso a lasciare senza ulteriori proroghe, amareggiato dalle verifiche economiche che hanno colpito il suo dicastero proprio al termine del processo di canonizzazione di Giovanni Paolo II.

Andare a scuola costa caro!

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Andare a scuola su un mezzo pubblico sta diventando un lusso. Oltre al caro libri e alle tasse universitarie sugli studenti e sulle spalle delle loro famiglie iniziano a pesare anche i costi degli spostamenti. Gli abbonamenti infatti possono arrivare a prezzi proibitivi e sono solo le fasce di reddito più basse (cioè quelli con redditi Isee inferiori a 20.000 euro annui) a poter usufruire di riduzioni. Gli abbonamenti più cari si sono fatti registrare a Perugia con quasi 300 euro, e a seguire Genova, Verona e Bologna con 200 euro. Questi dati sono stati forniti dalla ricerca del sito Skuola.net che ha messo a confronto le diverse tariffe delle grandi città. Ma a essere bersagliati non sono solo i grandi capoluoghi di provincia di solito sede di prestigiose università, ma anche le regioni più popolose che hanno quindi bisogno di far spostare i ragazzi soprattutto negli anni della scuola superiore. Per gli studenti pendolari le tariffe regionali della  rete ferroviaria basate sul chilometraggio possono arrivare a più di 2.000 euro per un abbonamento annuale di ultima fascia in Piemonte, in Sicilia o in Puglia, ed alcune regioni non prevedono tariffe ridotte under 26. Le regioni hanno creato perciò delle tariffe integrate, a zone o a tratte, che possono prevedere agevolazioni e rendono più agevole il passaggio tra la rete di bus urbani e i treni e il collegamento tra due città all’interno della stessa regione, ma che oscillano comunque tra i 500 e oltre i 900 euro per l’annuale di ultima fascia.

La tabella indica come andare a scuola costi caro nelle grandi città:

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E anche il trasporto regionale ferroviario è un costo difficile da sostenere per le famiglie italiane:

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Strage sui prezzi della benzina: i carburanti in Italia sono un “lusso”?

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Forse fra poco dovremmo mettere tra i beni di lusso anche la benzina. Gli ultimi rincari sui carburanti fanno registrare il livello medio più alto dallo scorso 13 marzo.  Ieri si erano già registrati dei rialzi e stamattina si va alle stelle con  medie nazionali dei prezzi in modalità servito a un passo da 1,87 euro al litro per la benzina e oltre 1,76 euro per il diesel. Le compagnie che questa mattina hanno rivisto il prezzo dei loro prodotti sono stati:  IP, Q8, Shell, Tamoil e TotalErg con rialzi di un centesimo al litro sulla benzina e tra 0,5 e 1 centesimo sul diesel. Questo è lo scotto da pagare per la guerra in Siria?

 

Il ponte di Venezia è stato progettato male: lo Stato fa causa a Calatrava

ponte-calatrava-costituzione-tuttacronacaIl quarto ponte sul Canal Grande a Venezia, noto anche come Ponte della Costituzione, ha sempre avuto una storia difficile e ora al suo architetto, lo spagnolo Santiago Calatrava, potrebbero piovere addosse guai giudiziari molto costosi. Gli è stata infatti notificata una citazione in giudizio per 3,8 milioni di euro di danni all’Erario italiano relativi alle pecche e ai “macroscopici errori” nella progettazione del ponte, inaugurato nel 2008. La Nuova Venezia riferisce che, dopo due tentativi andati a vuoto, al terzo la citazione per il processo che inizierà il 13 novembre prossimo è stata finalmente consegnata all’archistar. I giudici contabili hanno chiesto a Caltrava 3 milioni e 886mila euro, che rappresentano la somma che il Procuratore della Corte dei Conti del Veneto, Carmine Scarano, ha calcolato per i danni erariali direttamente imputabili alle carenze progettuali del ponte conosciuto con il nome del suo ideatore. La magistratura contabile aveva aperto un’inchiesta durata 10 anni dopo polemiche e denunce per la lievitazione dei costi del ponte e le difficoltà realizzative. Al termine, la Corte dei Conti aveva stimato i danni erariali totali in circa 7,6 milioni di euro. La struttura ha impiegato 7 anni a vedere la luce dopo che se n’era iniziato a parlare già nel 1996 mentre l’approvazione definitiva da parte del Comune di Venezia era arrivata nel 2001.

I costi della politica regionale sono un baratro senza fondo: 800 mln

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In confronto le spese dello Stato centrale fanno impallidire se si pensa ai costi che i contribuenti pagano per la politica regionale. Sono circa 800 milioni di euro l’anno per gli stipendi di consiglieri, assessori e presidenti di Regioni e province autonome. Se a questo dato accorpiamo la spesa per i consiglieri, gli assessori, i sindaci e i presidenti delle Province, arriviamo a 1,4 miliardi all’anno, ovvero quasi alla metà di quello che serve per togliere l’Imu sulla prima casa. I dati sono stati rilevati dal Siope, il sistema che rileva incassi e pagamenti delle pubbliche amministrazioni, pubblicati dal Sole 24 Ore.

Come scrive il quotidiano economico:

“Prendiamo per esempio le Province, da anni nel mirino proprio perché ritenute inutili e costose: l’affermazione è smentita dai dati Siope, almeno per quel che riguarda il costo pro capite di consiglieri e assessori provinciali: «solo» 2,5 euro contro i 19 dei politici regionali e i 13 di quelli comunali . Ma il discorso cambia se si analizza il rapporto percentuale tra la spesa corrente e quella per organi istituzionali: 1,32 euro il peso dei rappresentanti delle Province rispetto al totale della spesa corrente dello stesso ente, contro lo 0,55 dei politici regionali e l’1,07 di quelli comunali”.

Mentre non stupisce che le Regioni spendano molto di più in stipendi che in investimenti:

“145 miliardi in un anno per funzionare la macchina, contro i 17 miliardi spesi per investimenti su strade, ospedali ed espropri. In pratica, soltanto un euro ogni dieci usciti dalle casse regionali l’anno scorso è servito a finanziare un’infrastruttura […] sopravvivono anche alcune voci più opache: oltre agli 800 milioni per organi istituzionali, ci sono anche i 117 milioni spesi dai governatori per «studi, consulenze, indagini e gettoni di presenza».

Meno sbilanciato il rapporto per Comuni e Province: entrambi destinano alla spesa produttiva il 21% degli investimenti. Semmai il dubbio per le Province è quello della loro stessa funzione: senza la gestione degli appalti stradali, che da sola assorbe il 42% degli investimenti dell’ente, effettivamente la ragion d’essere delle 110 Province, costate 8 miliardi nel 2012, verrebbe svuotata di senso”.

Invece è una sorpresa che le spese per sagre e cancelleria non sia il monstrum che finora si era denunciato:

“L’analisi delle uscite ridimensiona il mito dei soldi pubblici buttati per finanziare sagre e congressi o per acquistare risme di carta e materiale di cancelleria. In realtà, a convegni ed eventi le Regioni destinano 62 milioni l’anno, ovvero lo 0,04% della spesa corrente, le Province lo 0,5% e i Comuni lo 0,4 per cento. Uscite non indifferenti, certo. Ma tutto sommato analoghe a quelle legali: 50 milioni, pari allo 0,03% nelle Regioni, 205, pari allo 0,39%, nei Comuni”.

Quanto ci costa l’auto? in 21 anni più del doppio

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Quanto ci costa il nostro mezzo di trasporto che ci porta da casa a lavoro, ci consente di accompagnare i nostri figli a scuola, ci permette la gita domenicale, ci fa incontrare con gli amici il sabato sera? In 21 il prezzo dell’auto è più che raddoppiato. Stando ai dati del 2011 che attestano una spesa di 112,474 miliardi di euro contro i 47,283 miliardi del 1990, insomma siamo intorno a un aumento pari a 138%.

Cosa incide di più?

I carburanti (46% della spesa) e per i quali si spende il 208 in più rispetto al 1990. Ma anche le assicurazioni la Rc Auto ha avuto un incremento del 216,7% e pesa per circa il 16% del totale. Secondo l’Eurispes l’auto incide sul reddito domestico fino al 25%.

Da bene di massa a bene di lusso? Intanto l’industria automobilistica italiana è in crisi…

“Equitalia d’alta quota”: gli aerei da soccorso a pagamento

aerei-soccorsoalpino-tuttacronacaE’ polemica a Cortina. L’azienda sanitaria di Belluno l’ha chiamata “Equitalia d’alta quota”: è la decisione di far pagare agli escursionisti il costo dell’utilizzo dei mezzi. Coloro che, per avventurarsi in posti pericolosi, hanno la necessità di venire recuperati con l’elisoccorso dovranno fare, letteralemnte, i conti con le tariffe dell’operazione. Si parla di tariffe dai 200 ai 7550 euro, a seconda delle difficoltà dell’intervento. Prezzo “fisso” in Trentino invece, dopo si applicherà un tassametro: 140 euro per ogni minuto di volo. Le cifre sono da capogiro, ma il costo per gli Sos in montagna è altissimo per i comuni, spesso dovuto a gruppi di persone inesperte o poco attrezzate.

In tempi di crisi… migliaia di euro per inaugurare la “pedonalizzazione”

1fori-imperiali-pedonaliE’ già scattata la pedonalizzazione e non poche sono le polemiche per il traffico che si congestionerà in altre aree arrecando problemi anche ai commercianti. Ma le discussioni riguardano anche la festa che si terrà questa sera per celebrare l’iniziativa del neo sindaco Marino. E se ieri l’Assessorato alla Cultura presieduto da Flavia Barca ha precisato “che i costi della manifestazione sono quasi interamente coperti da sponsor e sostenitori, oltre che da appalti per la comunicazione già fissati e stanziati dall’amministrazione precedente». «Gli unici costi aggiuntivi, legati esclusivamente alla manifestazione del 3 agosto derivano da servizi dell’amministrazione: Ama, Acea e Protezione Civile per 38.000 euro. Questa è la cifra che Roma Capitale spenderà per restituire all’umanità un patrimonio dal valore inestimabile”, Affaritaliani.it riporta una realtà diversa sulle spese per La notte dei Fori. Per celebrare la liberazione di una parta del Colosseo dalle auto, infatti, il conto è salato. Il programma per la serata è ricco, come si legge nel sito Fori Imperiali, ma viene da chiedersi se, dopo l’aumento anche delle tariffe dei parcheggi, la stangata fosse davvero necessaria. Affaritaliani.it ha presentato le voci di spesa:

10 mila euro è il compenso di chi camminerà su una corda durante i 10 minuti di silenzio che ricorderanno lo scomparso inventore dell’Estate romana, Renato Nicolini. Per rendere più suggestivo lo spettacolo è previsto ma non ancora definito il lancio di simboliche lanterne dei desideri.

20 mila euro, invece, è il cachet di e compagnie di teatro di strada che eseguiranno 2 mini spettacoli durante l’arco della serata.
9 mila euro è invece il prezzo per avere la certezza dell’apertura dei Mercati di Traiano, e dei Fori di Augusto e Cesare dalle 22 alla mezzanotte passata. Nel costo sono compresi i custodi e le guide.
4 mila euro andranno all’associazione La Bilancia che, all’interno del Foro di Cesare metterà in scena lo spettacolo “Shakespeare loves Rome”.
25 mila euro è invece il prezzo da pagare per permettere a sindaco e ospiti di salire sul palco insieme a ospiti e testimonial e per dare un posto visibile al concerto finale dell’Accademia di Santa Cecilia, ai quali vanno aggiunti 10 mila euro di mini palco per i saltimbanchi.
4 mila euro verrano pagati a chi è stato incaricato di spulciare nelle teche per selezionare e montare filmati e immagini che ritraggono Renato Nicolini.
12 mila euro è il costo da aggiungere alla precedente voce per l’impianto di proiezione delle immagini e del video, insieme alla pratiche burocratiche.
8 mila euro è il costo del lavoro dell’Ufficio Stampa del Campidoglio (a proposito ma non sono dipendenti?), ai quali vanno aggiunti security, hostess e steward per altri 8 mila euro più 5 mila per diritti Siae ed Enpals per gli artisti.
2 mila euro per l’assicurazione di tutti coloro che saranno impegnati nella notte.
25 mila euro ad Ama per l’installazione dei bagni chimici e la pulizia delle aree a notte fonda.
42 mila euro all’Acea per accendere e spegnere le luci dell’area, secondo il “sogno” del buio delle auto e della luce sulla pedonalizzazione.
10 mila euro per l’assistenza del 118.
2 mila euro di rimborsi ai volontari della Protezione civile.
24 mila euro è invece il costo della “macchina organizzativa” tra vigili urbani (10 mila euro), impiegati del Comune (6 mila euro) e il coordinamento della Protezione Civile.

Costa Concordia: arrivano le prime cinque condanne

costa-concordia-condanne-tuttacronaca13 gennaio 2012. La Costa Concordia, con a bordo 4.229 persone tra passeggieri ed equipaggio, naufraga davanti all’Isola del Giglio. In 32 perdono la vita. Ora sono arrivate le prime condanne: il giudice dell’udienza preliminare Pietro Molino ha confermato tutti i patteggiamenti per 5 co-indagati con Schettino: Ciro Ambrosio, Silvia Coronica, Jacob Rusli Bin, Roberto Ferrarini e Manrico Giampedroni, tutti accusati di omicidio plurimo colposo e lesioni colpose. La condanna più alta risulta essere quella per il capo dell’Unità di crisi di Costa Crociere, Roberto Ferrarini, per lui 2 anni e 10 mesi. L’hotel director della nave, Manrico Giampedroni, ha patteggiato 2 anni e 6 mesi. 1 anno e 11 mesi invece per l’ufficiale in plancia Ciro Ambrosio. L’altro ufficiale, Silvia Coronica, 1 anno e 6 mesi. Infine è di 1 anno e 8 messi la condanna per  il timoniere Jacob Rusli Bin.

Le misteriose borse di Schettino che portò Domnica

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Dalla tragedia al giallo della Costa Concordia. C’è un alone di mistero intorno alle borse che la  moldava Domnica Cemortan portò per conto di Schettino. In un intervista al Tg2 la moldava racconta:  «La sera del naufragio all’Isola del Giglio aiutai il comandante Schettino a portare delle borse. Erano momenti di confusione e ci si aiutava tutti. Non so cosa contenessero quelle borse ma lo aiutai» e poi precisa che querelerà i giornalisti che ipotizzarono una presunta relazione sentimentale con il Capitano. Come spiega l’avvocato della donna, Gianluca Madonna: «quelle illazioni hanno rovinato l’immagine personale della mia assistita, anche rendendogli difficile trovare lavoro in Italia».

Processo Concordia: Schettino chiede patteggiamento!

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Patteggiamento a 3 anni e 5 mesi! Questo chiede l’avvocato Donato Laino del collegio difensivo di Francesco Schettino, prima dell’inizio del processo per il naufragio della Costa Concordia, a Grosseto. La precedente richiesta di patteggiamento era però già stata respinta a maggio, mentre era stata concessa per altri 5 imputati nel procedimento.

Più complessa la posizione di Costa Crociere Spa rappresentata dal difensore Marco De Luca che pur sedendo tra i legali di Schettino, si è anche costituita parte civile per la perdita della nave.

In Usa va avanti il procedimento contro la  multinazionale del gruppo la Carnival, capogruppo di Costa Spa.

Niente aumento dei ticket sanitari? Ci si sta lavorando…

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L’ipotesi a cui stanno lavorando Beatrice Lorenzin, ministro della Salute, e Fabrizio Saccomanni, ministro dell’Economia, si basa sui risparmi di spesa già effettuati e che permetterebbero di non far entrare in vigore i nuovi ticket sanitari previsti per il 2014, con i quali si contava di incassare due miliardi di euro. Il progetto d’inserimento, infatti, sarebbe già stato fermato ed il lavoro sarebbe già ad uno stadio avanzato. Lorenzin sembra abbia imposto al collega la necessità di non imporre nuove misure “insostenibili” per i cittadini.

La XII giornata mondiale del sollievo

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Oggi cade l’appuntamento con la dodicesima giornata mondiale del sollievo, un’iniziativa volta a sensibilizzare la popolazione sui diritti di coloro che si trovano costretti a combattere contro una malattia incurabile. E’ lo stesso Ministero della salute a parlare dell’evento come di un momento di consapevolezza nell’affermazione del “diritto al sollievo, del diritto a non soffrire di dolore inutile, insopportabile e insensato, ad allentare la morsa della sofferenza”. Lo scopo che ci si pone è di riuscire a creare una cultura della sofferenza capace d’includere la fase di sollievo al termine della vita. Nel 2010, un sondaggio a cura della Fondazione Ghirotti, che ha considerato 23.353 schede, provenienti da undici regioni, ha posto, come prima domanda, quali fossero i desideri della persona malata: nel 42% si vuole avere al fianco persone care mentre nel 38% si chiede di sentire meno dolore. A dimostrazione del fatto che, come ha specificato la Fondazione Ghirotti, “la sofferenza è un vissuto complesso in cui il dolore fisico è solo una delle dimensioni”. Insomma, i malati per sentirsi bene devono provare l’affetto di chi gli sta vicino, indipendentemente dalla gravità del loro male.

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Il tema è stato anche affrontato dallo stato che ne ha stilato una legge, la 38 del 15 marzo 2010, intitolata “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”, permettendo così al malato, ritenuto “inguaribile” o affetto da patologie cronica dolorosa, delle cure palliative e l’accesso alla terapia del dolore. Ma questi metodi sono utilizzati solo nei centri per la terapia del dolore, presenti solo in 13 regioni (Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, Veneto), il che significa imporre trasferimenti ai malati. A lanciare l’allarme è stata il ministro della Salute, Beatrice Lonrenzin: “In Italia la metà delle Regioni non viene garantita l’applicazione della legge 38/2010, quella che garantisce l’accesso a cure palliative e alla terapia del dolore”. Ecco allora il suo appello: “È giunto il momento di affiancare a questo approccio anche un impegno etico, quello di essere vicino al malato e non lasciarlo solo di umanizzazione delle cure ho parlato anche con il ministro Giovannini, presenteremo delle nuove idee nelle prossime settimane. Quello di non sentirsi solo è un bisogno del malato a cui non possiamo non dare risposta”. Il ministro si ripropone inoltre di comprendere perchè alcune Regioni non siano ancora state attrezzate.

Le situazione è ancora più critica in riferimento alle cure palliative domiciliari, considerato che, stando ai dati raccolti dal ministero e relativi a dicembre 2010, solo il 22 per cento dell’assistenza domiciliare rispetta lo standard minimo previsto dal decreto ministeriale n. 43 del 22 febbraio 2007, ovvero uno standard d’assistenza maggiore o uguale al 65 per cento dei malati sul territorio mentre Il 63.8 per cento della popolazione assistita non può ancora disporre di équipe dedicate. La situazione, inoltre. è ancora più grave per oltre sei milioni di cittadini per i quali l’unico operatore che il Servizio Sanitario Nazionale prevede gratuitamente e costantemente presente a fianco dei malati morenti è solo il Medico di Medicina Generale mentre il medico di famiglia è coinvolto solo nel 2.7 per cento delle equipe.

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C’è quindi ancora molto da fare, soprattutto stando al V Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, nel quale si evidenzia come nella metà degli ospedali italiani manchino anche servizi di riabilitazione fondamentali per la qualità di vita dei pazienti colpiti da tumore mentre quelli presenti sono disponibili solo in caso di tumore al seno. Per non parlare dell’assistenza domiciliare, quanto mai carente. In compenso migliorano i servizi di terapia del dolore e sembra esserci anche maggiore attenzione per il benessere mentale dei pazienti. Sembra quindi che i risultati ci siano, qualora la legge venga applicata, ma che ci possano essere dei problemi politici alla base per poter offrire, al cittadino malato, quella dignità a cui ha diritto. Anche i costi, infatti, a livello di cura, non sono di quelli probitivi. Come spiega Giuseppe Casale, fondatore di Antea, “queste cure 24 ore su 24 hanno un costo di circa 100 euro, una degenza ospedaliera invece ha un costo di circa 600-700 euro al giorno”. Ciò che manca è invece la formazione dei volontari, fondamentali nel loro compito di seguire i pazienti. Bisogna siano poi le Asl a monitorare l’effettiva spesa, anche se, al riguardo, la senatrice Binetti, in collaborazione con il collega Gigli, hanno presentato un’interrogazione in cui chiedono se sia stato istituito “un ufficio per il monitoraggio dei dati relativi alla prescrizione e all’utilizzazione di farmaci nella terapia del dolore, dello sviluppo delle due reti e del loro stato di avanzamento, delle attività di formazione, informazione e ricerca e più in generale delle prestazioni erogate e dei loro esiti” e se

“intenda intervenire, anche con opportune campagne di informazione, per prevenire la richiesta di eutanasia da parte di malati che versano in condizioni terminali, mentre le loro famiglie ritengono di non ricevere terapie sufficienti per controllare un livello di sofferenza così insopportabile da rendere loro difficile continuare a vivere. Inoltre se non ritenga opportuno verificare che, nell’applicazione della attuale legge, siano garantiti criteri di solida competenza professionale in quanti dovranno creare e coordinare le nuove reti regionali, valorizzando adeguatamente coloro che sono già da tempo impegnati in questo campo e supportando con adeguati investimenti l’effettiva realizzazione di quanto contenuto nella legge 38 del 2010”.

Un problema politico e culturale dunque, in un Paese dove non è prevista l’eutanasia e lo scontro sia spesso di tipo etico. In quanto tale, però, l’attuazione delle cure rischia di diventare più complicata proprio per una questione di applicazione e metodo. Se poi, oltre alla disomogeneità della presenza delle cure sul territorio, si somma la mancanza di professionalità, si comprende la difficoltà della strada intrapresa.

Gas e luce ci costeranno meno dal 1 aprile!

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È il primo calo in tre anni: dal primo aprile le tariffe del gas e della luce scenderanno del 4,2% e dell’1%, apportando un risparmio calcolato mediamente in 60 euro a famiglia all’anno. Lo ha deciso l’Autorità per l’Energia, che ha così inaugurato il nuovo metodo di calcolo per il gas. Le tariffe valgono per il periodo aprile-giugno.

Quello scandalo che fa uova d’oro: la Concordia!

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“Il relitto della Costa Concordia va portato via dal Giglio in condizioni di sicurezza ambientale e smantellato secondo le regole. Chi inquina paga”. Lo ribadisce il ministro dell’ambiente Corrado Clini che mantiene ferma la scelta di Piombino per lo smantellamento e avverte: “Si rassegni chi si illude di poter giocare sulla transizione” tra due governi. Denuncia quindi “una evidente campagna di disinformazione per impedire il completamento delle operazioni in condizioni di legalità”.

Qualcuno vuole approfittare, ma qualcuno lo ha già fatto con la propria inefficienza e con il proprio tornaconto. Come è possibile che è passato un anno e ancora il relitto si trovi lì? Come mai non è stato rimosso in tempo utile? In qualsiasi altro paese civile a un mese dall’incidente si sarebbe già provveduto a rimuovere il relitto, noi invece ci inginocchiamo alla sciagura e ci facciamo il segno della croce passando con le navi da crociera accanto al luogo dell’orrore! E’ quasi un attrazione turistica… un mausoleo, invece che una vergogna! La notizia è passata di moda e non interessa a nessuno operare con efficenza ed efficacia. Aspetteremo 30 anni per avere giustizia e poi scopriremo chi ha innalzato i costi della rimozione e in quali tasche quei soldi sono capitati ” a sua insaputa”!

Inciuci Chiesa-Stato… e il popolo paga!

inciuci chiesa-stato - tuttacronaca

I Patti Lateranensi assicurano ai luoghi di culto la totale esenzione fiscale, non importa dove siano situati, non interessa quanto sia costata l’acquisizione di tali strutture, non è di rilievo neanche che il luogo di culto di una Chiesa che combatte strenuamente l’omosessualità sorga accanto alla sauna gay più grande d’Italia, l’Europa Multiclub.

In Italia non ci scandalizziamo più di nulla e non ci stupisce che Tremonti, dopo aver ristrutturato gratis la sua abitazione, abbia dichiarato l’edificio extraterritoriale dopo esser diventato Ministro dell’Economia con l’insediamento a Palazzo Chigi di Berlusconi. Procediamo un passo per volta.

Nel 2008 il Cardinale e Segretario di Stato Bertone caldeggia l’acquisizione di alcuni locali di un palazzo nobiliare situato in Via Carducci, numero 2, non distante dal ministero dell’Economia. Per la modica cifra di 23 milioni di euro, il Vaticano segue il consiglio e trova così il luogo che ospiterà

la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (Propaganda Fide) e l’appartamento, di 12 vani, in cui risiede il cardinale Ivan Dias, prefetto emerito della Congregazione e già sua guida fino al maggio del 2011, oltre agli appartamenti e il refettorio di una quindicina di sacerdoti che lavorano per la Congregazione.

Sembra ci fossero imbarazzo e timori circa l’acquisizione, considerato che in corrispondenza della terrazza del Cardinale vi è l’ingresso all’Europa Multiclub Saune&Gim, un circolo ricreativo riservato ai soli possessori della tessera Arcigay il cui sito, www. Europamulticlub.com, annuncia feste a tema come “ Orsi, orsetti e…. Cacciatori”, con il video dei “Subwoofer sauna night”, in cui “Bruno”, un pelosissimo e sovrappeso pastore di anime, si libera a suon di musica del suo clergyman, rimanendo in tanga, perché “Vuole mettere a nudo anima e corpo”. Ma per Bertone, supportato dal suo amico e consigliere Marco Simeon, non è stato un ostacolo l’adiacenza ad un club che rivendica «l’impegno nell’affermazione dei diritti civili delle persone omosessuali e in particolare nel diritto all’affermazione dell’identità personale». Così il 30 maggio 2008 viene stipulato un contratto preliminare di compravendita per l’acquisto di 19 unità immobiliari per 20 milioni 233 mila euro da versare ad una piccola società di mediazione immobiliare di Busto Arsizio, la “Mag. Industrie srl.”, che ha sua volta ha acquisito, in leasing, quella porzione di immobile dalla “Banca Italease”, Istituto coinvolto in una lunga tormenta giudiziaria della Procura di Milano. Certo Eligio Cucchetti, presidente e amministratore unico della “Mag. Industrie”, è un ottimo affarista: lo stesso giorno si impegna a riscattare dalla Italease la porzione di immobile per un totale di 9 milioni di euro ricavando così, dalla successiva vendita, una plusvalenza di 11 milioni. A quanto pare tutto si è svolto con e si presume siano dello stesso avviso anche due ulteriori “mediatori” dell’affare, entrambi iscritti ad Arezzo: la “Cig immobiliare srl”, cui si è appoggiata la “Mag” e che per questo riceve 346.200 euro e la “Arrigucci Immobiliare di Nepitella Irene & C.” che ha assistito la Congregazione a fronte di un compenso di 300 mila euro.
Tutti soddisfatti insomma, forse un po’ meno i membri della congregazione che sono spesso raggiunti dagli effluvi della sauna…

Tutti soddisfatti tranne gli italiani! Grazie a rapporti eccellenti con le sfere politiche questo edificio, nella porzione acquistata dal Vaticano, gode dell’extraterritorialità ed è quindi dispensato da qualsiasi tassazione, che in questo caso equivarrebbe ad oltre 4 milioni di euro, soldi che non arrivano all’Erario che quindi li chiede… ai soliti noti, ossia i cittadini!

Per aggiungere la beffa al danno, evidentemente decidendo che la lotta all’omosessualità è valida solo sul pulpito ma nella vita quotidiana è una realtà verso cui dimostrare la più alta tolleranza… il 4 marzo del 2011 a quei primi locali si è aggiunto un attico di 12 vani, per un prezzo di 2 milioni e 900 mila euro, acquistato dal “Fondo di Previdenza per i dirigenti di aziende commerciali e di spedizione e Trasporto Mario Negri”. Ovviamente il solerte e laico Stato Italiano ha fatto sì che il Ministero dei Beni Culturali e la Sovrintendenza ai beni archeologici dichiarassero l’immobile «non soggetto a vincolo di interesse culturale». Un nullaosta arrivato in meno di 30 giorni.

Come avranno festeggiato il nuovo acquisto? Pregando per il popolo italiano?

Siamo stati presi a pesci in faccia! Per il consigliere 800 euro di salmone.

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Emergono altri dettagli nell’inchiesta sulle spese di rappresentanza da parte di una ventina di consiglieri regionali, di più gruppi consiliari, del Friuli Venezia Giulia, indagati tutti per peculato. Tra le spese contestate dai pm ci sarebbero acquisti in farmacia, dal ferramenta e in pescheria: 800 euro per comprare salmone. Non manca il salto in negozi d’elettronica, dove primeggiano gli acquisti di un iPhone e la riparazione di un comando per auto.

A colpire tra i rimborsi anche un seggiolino per bimbi dal costo di circa 90 euro oltre a uno scontrino da 300 euro per generici articoli per neonati. La Procura ha analizzato le somme a disposizione dei gruppi nel 2011, per una cifra di oltre 2,6 milioni di euro. Sotto la lente d’ingrandimento, le spese del 2011 ma presto, fanno sapere fonti investigative, potrebbero essere passate al setaccio anche i “costi” del 2012.

Tolleranza zero al chewing gum

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Il chewing gum bandito nella citta’ di Milton Keynes, nel sud-est dell’Inghilterra. Le autorita’ locali, sul modello di Singapore, sono pronte a introdurre un divieto sulle ‘gomme’ per evitare che poi finiscano sulla strada e si appiccichino alle scarpe di qualche sfortunato passante. L’iniziativa e’ di un gruppo di negozianti locali che ha denunciato i costi sempre piu’ alti per ripulire il centro della citta’ dalle migliaia di ‘cicche’.

INGOVERNABILITA’, MA QUANTO CI COSTI?

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La febbre da spread potrebbe riacutizzarsi nel clima di incertezza politica emersa dal voto del 24 e 25 febbraio. E un’impennata del differenziale tra i Btp italiani e i Bund tedeschi potrebbe far lievitare ancora gli interessi che paghiamo sul debito nazionale. Non solo. Visto che le maggiori banche possiedono moltissimi titoli di debito italiani, le loro azioni in Borsa rischiano di crollare bruciando miliardi su miliardi. E se un nuovo Governo non azzererà o cambierà al più presto le riforme avviate da Monti, entreranno in vigore gli aumenti dell’Iva e della pressione fiscale in genere. Ecco qual è il quadro economico dell’attuale situazione di ingovernabilità politica.

(differenziale tra Btp e Bund a 10anni):
– 6 marzo: 317 punti
– 26 febbraio: 348 punti
– 29 gennaio: 246 punti

Ogni 100 punti base di aumento dello spread
si traducono in un aumento
del costo del debito italiano di:
– 3,1 miliardi il 1° anno
– 6,2 miliardi il 2° anno
– 8 miliardi dal 3° anno

ESISTE CHI CI SPECULA SULL’INGOVERNABILITA’? ESISTE UNA OLIGARCHIA CHE GOVERNA IL MONDO ATTRAVERSO L’ALTA FINANZA? QUANTO GUADAGNA LA GERMANIA DALLA NOSTRA INGOVERNABILITA’? QUANTO CI COSTERA’ LA CADUTA DEL GOVERNO BERSANI SE MAI SI RIUSCIRA’ A FARLO?

CHI PAGA? GLI ITALIANI, MA NON TUTTI, SOLO QUELLI ONESTI, I POVERI, LA CLASSE MEDIA (CHE MEDIA NON E’ PIU’) E I PENSIONATI!

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