Record italiano in negativo: disoccupazione al 12,9%, tra i giovani sale al 42,4%

disoccupazione-record-tuttacronaca12.9%. E’ questo il tasso di disoccupazione emerso dai dati provvisori Istat che mostrano quindi un aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 1,1 punti nei dodici mesi. I disoccupati sfiorano i 3,3 milioni. Si tratta del tasso più alto dall’inizio delle serie storiche mensili, ovvero gennaio 2004, e di quelle trimestrali, cioè il primo trimestre del 1977. Il numero di disoccupati, pari a 3 milioni 293 mila, aumenta dell’1,9% rispetto al mese precedente (+60 mila) e dell’8,6% su base annua (+260 mila). A farne le spese anche i giovani, con il tasso di disoccupazione che sale al 42,4%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4 punti nel confronto tendenziale. Anche in questo caso, si tratta del tasso più alto dall’inizio delle serie storiche mensili, ovvero gennaio 2004, e di quelle trimestrali, cioè il primo trimestre del 1977. I 15-24enni disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca sono 690 mila. Scrive l’Huffington Post:

La dimensione dell’emergenza occupazionale emerge anche se si guarda all’andamento del mercato del lavoro nell’intero 2013: secondo l’Istituto di statistica, l’anno scorso gli occupati sono diminuiti di 478 mila persone (-2,1%) rispetto al 2012, ovvero di quasi mezzo milione. Si tratta della maggiore emorragia di occupati dall’inizio della crisi. I disoccupati, nella media del 2013, hanno raggiunto quota 3,1 milioni con un aumento del 13,4% rispetto al 2012; quasi la metà dei disoccupati risiede nel Mezzogiorno (un milione 450 mila). L’anno scorso il tasso medio di disoccupazione è arrivato al 12,2%. Era al 10,7% l’anno precedente.

Di fronte a simili dati record, il neo ministro Matteo Renzi non poteva certo restare indifferente e già in mattinata si è rivolto agli utenti della rete con un Tweet:

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Capitale umano: quanto reddito produce ogni italiano?

capitale-umano-tuttacronacaL’Istat ha diffuso, per la prima volta, ”informazioni sperimentali circa il valore monetario attribuibile allo stock del capitale umano”, cioè la capacità di generare reddito. Per quel che riguarda il nostro Paese, ”Il capitale umano di ciascun italiano equivarrebbe a circa 342mila euro”. La cifra fa riferimento al 2008 e riguarda le attività di mercato. Ancora, l’Istat spiega che il valore dello stock totale di capitale umano è di circa 13.475 miliardi di euro, che trasformato in termini pro-capite si arriva, appunto, a poco più di 340 mila euro. Ancora, nel rapporto si legge: “Forti appaiono le differenze di genere nella dotazione di capitale umano: il 66 per cento dello stock complessivo si concentra nella componente maschile, per la quale il capitale umano pro capite è pari a 453 mila euro contro i 231 mila euro delle donne”. L’Istituto di statistica rivela inoltre che ”La stima monetaria calcolata a livello nazionale per lo stock di capitale umano dà una misura sperimentale dell’entità di questa dotazione di capitale rispetto alla ricchezza prodotta nel Paese”. Ecco che nel 2008 lo stock di capitale umano risulta pari a oltre otto volte e mezzo il valore del Pil dello stesso anno. L’Istat ha effettuato i calcoli considerando il valore attuale del reddito da lavoro lungo il ciclo di vita previsto senza scordare i possibili cambiamenti della retribuzione, la possibilità di acquisire ulteriore istruzione, i modelli differenziali di partecipazione alla forza lavoro e la mortalità. I modelli di calcolo dell’Istituto, quindi, tengono conto della formazione, delle condizioni del mercato del lavoro e delle tendenze demografiche. Fin qui le stime relative alle sole attività market, ovvero quelle che vengono vendute sul mercato. Ma l’Istituto non si è limitato a questo estendendo la stima alle attività fuori mercato, quantificandone il valore, sempre con riferimento al 2008 e alle persone tra i 15 e i 64 anni, in circa 16 mila miliardi di euro, pari a 10,2 volte il Pil, di cui oltre 6.100 relativi alla produzione familiare, traducibile con ‘lavoro casalingo’ (cure familiari, abitazione, eccetera), e 9.900 con riferimento all’uso del tempo libero (vita sociale, hobby, attività sportive). Il capitale umano che un italiano tipo impiega in queste attività equivarrebbe a circa 407 mila euro. L’Istat nel presentare il lavoro spiega come sia il risultato delle attività di ricerca sul tema della misurazione del capitale umano ”conseguenti alla partecipazione dell’Istituto alla creazione di un Consorzio internazionale in ambito Ocse”.

Buon San Faustino ai single: per loro la vita è più cara

san-faustino-tuttacronacaDopo la festa degli innamorati, ecco che arriva puntuale anche quella per i single. Ma appartenere al gruppo che celebra San Faustino non è certo una gioia per i portafogli. In Italia sono 7.7 milioni i single e tutti loro, per vivere da soli, si trovano ad affrontare in media un costo superiore del 66% rispettoa quello di un componente di una famiglia tipo. A far emergere un simile dato è un’analisi della Coldiretti, sulla base dei dati Istat, dalla quale si evidenzia che a festeggiare il giorno successivo a San Valentino è quasi un italiano su tre (31 per cento) che vive nelle cosiddette “famiglie unipersonali”. La stessa Coldiretti sottolinea che, per effetto dei profondi mutamenti demografici e sociali che si sono verificati in dieci anni, sono aumentati del 41 per cento gli italiani che vivono da soli. Tutti loro, oltre a fare i conti con la solitudine, si trovano a fare i conti con la difficoltà di far quadrare il bilancio, visto che la spesa media per alimentari e bevande per loro è di 332 euro al mese, il 62 per cento superiore a quella media di ogni componente di una famiglia tipo di 2,3 persone che è di 204 euro. Ancora Coldiretti riporta che per i single l’aumento di costi è più del doppio (101 per cento) per l’abitazione, del 76 per cento per i combustibili e per l’energia e del 29 per cento per i trasporti rispetto alla media per persona di una famiglia tipo. Per quel che riguarda l’alimentazione, spesso i single si trovano ad acquistare quantità maggiori di cibo visto che mancano formati adeguati e che, quand’anche sono disponibili, risultano molto più cari di quelli tradizionali. D’altra parte gli appartamenti e le case piu piccole hanno prezzi più elevati al metro quadro, sia in caso di acquisto che di affitto e usare l’automobile da soli costa di più, come pure riscaldare un appartamento.

I segni della crisi: in Italia sempre più under 35 vivono con i genitori

bamboccioni-tuttacronacaAll’ultimo Rapporto sulla coesione sociale sono state allegate delle tabelle elaborate in base a dati Istati che hanno rilevato come 6 milioni 964 mila i giovani tra i 18 e i 34 anni vivano con almeno un genitore. Si tratta del 61,2% degli under 35 non sposati. Una percentuale che nel 2012 risulta in crescita di due punti sul 2011. L’indagine ha emergere che è in crescita il numero di under 35 non ancora indipendenti ma che si devono appoggiare ai genitori e che non sono ancora in grado di progettare un futuro. Si tratta di 31mila giovani in più rispetto all’anno precedente, che ancora mangiano e dormono con la mamma e il papà. E soprattutto non sono solo ventenni: se tra i 18 e i 24 anni vivono a casa con i genitori in 3 milioni 864 mila, la cifra non si abbassa più di tanto andando a guardare tra i 25-34enni (3 milioni 100 mila). In altre parole a cavallo tra i 20 e 30 anni chi ancora non si è sposato in quasi la metà dei casi se ne sta con i suoi piuttosto che andare a vivere per conto proprio. Tornando alle percentuali, riferite alle persone celibi e nubili under 35, si scopre come il fenomeno sia più accentuato al Sud (68,3%, pari a 2 milioni 36 mila ragazzi).

Aereo, quanto mi costi! I prezzi aumentati del 13,8% in un anno

prezzo-volo-tuttacronacaE’ l’Istat a rivelare che, nell’ultimo anno, i biglietti aerei sono diventati notevolmente più salati, con un aumento del costo di viaggio del 13.8% su base annua contro il +4.2% del 2012. Ad aumentare sono stati soprattutto i voli europei, +22,3%. L’Istituto spiega che il rialzo è dovuto principalmente agli incrementi nei prezzi dei voli low cost. Per di più, la dinamica dei prezzi dei voli risulta in controtendenza perfino all’interno del suo stesso settore, visto che i trasporti nella media del 2013 sono saliti di appena l’1,1%, dopo l’accelerazione registrata nel 2012. Ma se benzina e diesel sono diventati molto più economici nel corso dell’anno, non possono dipendere da loro gli aumenti segnalati. Il trasporto aereo nel suo complesso ha quindi visto nel 2013 crescere le tratte internazionali (+14,9%), riscaldate più che dalle rotte intercontinentali (+3,3%), da quelle del Vecchio Continente, schizzate di oltre il 20% (dal 2,5% del 2012), su cui i low cost, precisa l’Istat, pesano per circa il 50%. Al contrario i voli nazionali nella media del 2013 hanno registrato un dimezzamento, anche se i rincari sono proseguiti (a +8,6% da +17,4%). Ripercorrendo l’andamento dei prezzi dei voli durante l’anno risulta come l’impennata si sia verificata con il sopraggiungere dell’estate per poi smorzarsi alla fine del 2013. Ma se volare ora risulta notevolmente più caro, sono diminuti i costi dei biglietti per i traghetti, che dopo i rialzi record del 2011 hanno visto i prezzi addirittura calare (-2,8%). Anche i treni si sono limitati a un aumento quasi in linea con il tasso d’inflazione generale (+1,3%). Un pò più alti si sono tenuti i taxi (+3,4%) e gli autobus (+3,0%). Tuttavia nell’ultimo scorcio dell’anno il caro-voli si è attenuato, dopo avere toccato i picchi in estate, a causa sia delle vacanze sia del rapporto con un periodo del 2012 di ribassi, almeno per i voli europei.

Quale futuro per i nostri giovani? I nuovi, allarmanti dati Istat

neet-tuttacronacaL’Istat lancia nuovi dati allarmanti: una stima sui cosiddetti Neet (Not in education, employment or training) ampliata alla fascia dei 30-34 anni, infatti, mostra come under 35 in questa condizione nel terzo trimestre sono 3,75 milioni. Al Sud la percentuale è del 36,2%, oltre 2 milioni di persone. Qeusto significa che oltre il 27% dei giovani tra i 15 e i 34 anni non studia, non lavora e non è in un percorso di formazione. Rispetto al terzo trimestre del 2012, i Neet di questa fascia sono aumentati di oltre 300.000 unità, passando da 3,43 milioni a 3,75 milioni toccando la quota record del 28,5% (era 25,8% nel terzo trimestre 2012). Si legge ne Il Sole 24 Ore:

Finora l’Istat aveva diffuso le rilevazioni sui Neet fino ai 29 anni (27,4% nel terzo trimestre 2013 a fronte del 24,9% nello stesso periodo del 2012), fascia di età nella quale coloro che non studiano nè lavorano sono 2,564 milioni contro i 2,344 del terzo trimestre 2012. Nella media 2012 i neet under 35 in Italia erano il 25% del totale dei giovani (17,3% la media nell’area euro), percentuale inferiore solo alla Bulgaria e alla Grecia. Oltre la metà dei Neet (2.010.000 su 3.755.000) sono al Sud con una percentuale che sfiora il 40% (il 39,6% degli under 35 contro il 36,9 del terzo trimestre 2012). Se si guarda agli under 29 nel Mezzogiorno sono fuori dal percorso lavorativo, formativo e di istruzione il 36,2% dei giovani a fronte del 34,7% del terzo trimestre 2012 (1,344 milioni su 2,564 milioni di neet under 29). Nel complesso ci sono quasi 1,2 milioni di Neet tra i 30 e i 34 anni di cui 666.000 al Sud. Su 3,755 milioni di neet under 35 complessivi ci sono oltre 1,5 milioni di giovani con bassissima scolarità (fino alla licenza media) mentre 1,8 milioni hanno il diploma di maturità e 437.000 hanno nel cassetto una laurea o un titolo post laurea. Le donne neet sono 2.112.000 mentre gli uomini sono 1.643.000.

La strage dei lavoratori!

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Se il lavoro in Italia andava già male, ora va anche peggio. Questa è la fotografia fatta dall’Istat. La ripresa c’è, ma ancora non si è vista, il lavoro invece scompare.  Oltre 3 milioni di disoccupati, quasi 2 milioni di ‘scoraggiati’ (che non cercano più lavoro perché sicuri di non trovarlo), e soprattutto, oltre 4 giovani su 10 senza un impiego. Questo è l’ennesimo nuovo record negativo del nostro Paese.

Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a ottobre balza al 41,2%. Si tratta di un record storico assoluto, il valore più alto sia dall’inizio delle serie mensili, gennaio 2004, sia di quelle trimestrali, primo trimestre 1977. Per la classe di età 18-29 anni il tasso di disoccupazione si attesta al 28% (+5,2 punti su base annua), con un numero di disoccupati che giunge a 1 milione 68 mila (+17,2%, pari a 157.000 unità). I disoccupati tra 15 e 24 anni sono 663 mila, in aumento dell’1,4% nell’ultimo mese (+9 mila) e del 5,5% rispetto a dodici mesi prima (+35 mila). E la loro incidenza sulla popolazione in questa fascia di età è pari all’11,0%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,6 punti su base annua. Il tasso di disoccupazione risulta invece in rialzo di 0,7 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,8 punti nel confronto tendenziale.

La disoccupazione a ottobre a fatto segnare il 12,5% e resta ai massimi,  da settembre, dove il dato era identico. E questo è il livello più alto che si sia  mai segnato  dall’inizio delle serie mensili, gennaio 2004, sia delle trimestrali, primo trimestre 1977. Su base annua l’aumento è di 1,2 punti. Il numero di disoccupati a ottobre, è pari a 3 milioni 189 mila, sostanzialmente invariato rispetto al mese precedente ma in aumento del 9,9% su base annua (+287 mila). Terzo trimestre a 11,3% Il tasso di disoccupazione nel terzo trimestre è pari all’11,3%, in crescita di 1,5 punti percentuali su base annua, comunica l’Istat (dati grezzi), spiegando che a livello trimestrale e in base a confronti annui si tratta del tasso più alto dal terzo trimestre 1977, ovvero dall’inizio delle serie storiche. E nel Mezzogiorno il tasso è al 18,5%.

Ma quello che più preoccupa è che è in calo anche il numero dei precari. Il lavoro atipico infatti secondo l’Istat subisce un nuovo calo, il terzo consecutivo. Nel terzo trimestre del 2013, infatti, il numero di dipendenti a tempo determinato e di collaboratori scende a 2 milioni 624 mila, in calo di 253 mila unità (-8,8% su anno). Si tratta di una diminuzione ancora più forte rispetto a quella registrata per i dipendenti a tempo indeterminato (-1,3%).

Il numero degli scoraggiati, coloro che non cercano lavoro perchè ritengono di non trovarlo, nel terzo trimestre del 2013 sale a 1 milione 901 mila. Lo rileva l’Istat, spiegando come non si era mai registrato un livello così elevato. Inoltre il numero di occupati è fermo a  22 milioni 358 mila a ottobre, mentre cala dell’1,8% su base annua, ovvero si contano 408 mila persone in meno a lavoro.

Di male in peggio, aumenta il numero delle famiglie in difficoltà

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2013: di male in peggio. Se nel 2012 infatti si era registrato un aumento dell 55,8% di famiglie che avevano peggiorato la loro situazione economica, nel 2013 non solo non migliora, ma anzi peggiora il dato, attestandosi sul 58,6% . “Il calo è generalizzato sul territorio, ma maggiore al Nord”, si legge nel rapporto dell’Istat.

La ripresa che non ci sarà e la crisi del commercio!

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«Il 2014 non sarà certo l’anno di una ripresa sostanziale», il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio,  nel suo intervento nella giornata di mobilitazione nazionale per la legalità, ha parlato di abusivismo, contraffazione e della crisi che per le imprese continua a farsi sentire ancora molto forte. «Non sarà l’anno della ripresa — ha aggiunto Sangalli — anche per gli effetti di una legge di stabilità, che se non verrà corretta in parlamento, lascerà di fatto irrisolti i problemi strutturali della nostra economia, e soprattutto non avvierà quella stagione di riforme che auspichiamo da tempo». Poi l’intervento di Sangalli si è occupato di legalità: «Sette esercizi su 100 sono abusivi — ha spiegato — nei mercati ambulanti del Mezzogiorno si arriva a un abusivo su tre. Siamo in una situazione di allarme rosso e chiediamo, dunque, tolleranza zero contro ogni forma di illegalità».

Come spiega il Corriere della Sera:

Confcommercio ha realizzato infatti un’indagine su dati Istat e Censis che ha analizzato i riflessi economici dei mercati irregolari. Si tratta di «stime per difetto», ha fatto sapere l’associazione secondo cui a causa dell’illegalità rischiano di sparire 43.000 negozi regolari all’anno, insieme a 79.000 lavoratori. Lo studio, presentato dal direttore Ufficio Studi Confcommercio, Mariano Bella, evidenzia inoltre che il fatturato sottratto al commercio al dettaglio legale nel 2013 dovrebbe attestarsi a 8,8 miliardi di euro, pari al 4,9% del fatturato regolare. Il dato dell’illegalità nel commercio, ha spiegato Bella, «è molto superiore al Sud e nelle Isole rispetto al resto del paese». Riguardo al settore turistico, bar e ristoranti, nel 2013, il fatturato abusivo nel 2013 dovrebbe attestarsi a circa 5,2 miliardi, il 10% del volume d’affari del settore ( con rischio sopravvivenza per 27.000 imprese e 106.000 occupati regolari).

«Tanti imprenditori — ha aggiunto Sangalli — abituati da sempre a rimboccarsi le maniche hanno, lasciatemelo dire, incredibilmente ancora fiducia. Non chiedono allo Stato di lavorare per loro ma si meritano, e noi lo chiediamo a gran voce, una vita decisamente più facile, meno onerosa e più sicura nell’esercizio delle loro attività».

La risposta del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, a Roma per l’inaugurazione dell’anno di studi 2013/2014 della Scuola di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza non si è fatta attendere: «Dopo una grave e prolungata crisi l’attività economica dell’Italia si sta stabilizzando e il paese si sta avviando ad una graduale ripresa. Nel 2014 — ha aggiunto — la dinamica del prodotto è stimata pari all’1,1%. A partire dal 2015 la crescita del Pil si porterebbe sui livelli vicini al 2%». Per quanto riguarda la legge di Stabilità il ministro è stato chiaro. «Non abbiamo a disposizione soluzioni semplici per reperire ulteriori risorse e concedere sgravi fiscali più ampi — ha detto —. Ora spetta al parlamento approvare la legge apportando quei miglioramenti considerati necessari nel rispetto dei saldi. L’elevato numero emendamenti non ci spaventa».

Solo sangue, di sudore non ce nè! 2014 aumenterà la disoccupazione

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Sudore e sangue? No, non si suderà più. La situazione secondo i dati Istat per il mercato del lavoro il prossimo anno non migliorerà. Dal +12,1% nel 2013 si passerà al +12,4% “Nei mesi estivi la caduta dell’occupazione che ha caratterizzato la prima parte dell’anno si è arrestata, ma la situazione del mercato del lavoro permane fortemente deteriorata. Il calo misurato in termini di input di lavoro, proseguirebbe per tutto il 2013 (-1,6%), mentre per il 2014 è previsto un lento e graduale miglioramento (+0,1%) che seguirebbe la ripresa dell’attività economica”, sostiene l’Istat.”Date le condizioni di debolezza del mercato del lavoro, le retribuzioni per dipendente continuerebbero a mostrare una dinamica moderata (+1,4%, sia nel 2013 sia nel 2014) dovuta al blocco retributivo nel settore pubblico e alla sostanziale equiparazione tra l’andamento delle retribuzioni di fatto e quelle contrattuali. Come risultato di questi andamenti la produttività del lavoro si stabilizzerebbe nel 2013 per tornare a crescere lievemente nel 2014 – conclude – mentre il costo del lavoro per unità di prodotto è previsto in rallentamento in entrambi gli anni”.

Di male in peggio la disoccupazione giovanile in Italia

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Di male in peggio, questo è il tragico bilancio dei dati sulla disoccupazione italiana. Nuovo record dal ’77 toccato nel mese di settembre con un aumento che arriva al 12,5%  in rialzo di 0,1 punti percentuali su agosto e di 1,6 punti su base annua.  È il valore più alto dall’inizio sia delle serie mensili, gennaio 2004, sia delle trimestrali, primo trimestre 1977. Per i giovani poi il dato si aggrava. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a settembre registra un altro record, salendo al 40,4%, in aumento di 0,2 punti percentuali su agosto e di 4,4 su base annua. In totale si è a quota 3 milioni 194 mila disoccupati.

 

Ci si inabissa ancora… cala il Pil e raddoppiati i poveri

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Cattive notizie per il governo? No solo un ritocco al ribasso del Pil che nel terzo trimestre peggiora ancora, ma invece di fermarsi al -1,7 come previsto dall’Istat tocca invece -1,8%. Cosa è mai lo 0,1% in meno? Di per sé il calo non è un dato positivo ma non sarebbe da mettersi le mani nei capelli se non fosse per le ripercussioni che tale valore può avere non solo a livello nazionale ma anche e soprattutto europeo o mondiale. L’Istat corre ai ripari e afferma che però ci sarà “una debole variazione positiva” che dovrebbe arrivare a fine anno dovrebbe quindi “terminare la fase recessiva iniziata nel secondo semestre del 2011”. Quindi tutto risolto? Speriamo che la variazione auspicata dall’Istat non siano i panettoni e gli spumanti per Natale e l’anno nuovo… Ma l’altro dato invece sconvolgente arriva sempre dall’Istat e stavolta la cattiva notizia è delle più pesanti e porta “gravi conseguenze” come affermato dallo stesso istituto di ricerca: dal 2007 al 2012 il numero di individui in povertà assoluta è raddoppiato da 2,4 a 4,8 milioni. Quasi la metà (2,3 milioni) sono al Sud e di questi poco più di 1 milione sono minori. Aumentano le famiglie che comprano meno: il 65%.

Ma se questo già basterebbe a mettere in ginocchio il Paese arriva anche l’inflazione: Secondo le previsioni Istat, per il 2014 – in presenza dell’aumento dell’aliquota Iva – l’aumento dei prezzi acquisito a fine 2013 e trasferito al 2014 risulterebbe di 0,3 punti percentuali più elevato rispetto ad una situazione di assenza di manovra.

 

Sfiducia e disoccupazione, i mali che uccidono gli italiani. Si corre sui muri?

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La disoccupazione italiana non è nei dati, ma nella sfiducia. La disoccupazione ormai rischia di diventare “endemica” per un problema psicologico che sta distruggendo un intero popolo che ha perso anche la voglia di cercare un lavoro che non si trova. Le persone potenzialmente impiegabili nel processo produttivo sono oltre 6 milioni, se ai 3,07 milioni di disoccupati si sommano i 2,99 milioni di persone che non cercano, ma sono disponibili a lavorare (gli scoraggiati sono tra questi), oppure cercano lavoro, ma non sono subito disponibili. Lo si legge nelle tabelle Istat sul II trimestre 2013.

Nel secondo trimestre 2013 – secondo la tabella sulle ‘forze lavoro potenziali’ – c’erano 2.899.000 persone tra i 15 e i 74 anni che pur non cercando attivamente lavoro sarebbero state disponibili a lavorare (con una percentuale dell’11,4% più che tripla rispetto alla media europea pari al 3,6% nel secondo trimestre 2013). A queste si aggiungono circa 99.000 persone che pur cercando non erano disponibili immediatamente a lavorare.

Nel primo gruppo, ovvero gli inattivi che non cercano pur essendo disponibili a lavorare, ci sono quasi 1,3 milioni di persone ‘scoraggiate’, ovvero che non si sono attivate nella ricerca di un lavoro pensando di non poter trovare impiego.

I miraggi poi di trovare un lavoro resta al Sud e tra i giovani:  su 3.075.000 disoccupati segnati nel secondo trimestre 2013 quasi la metà sono al Sud (1.458.000) mentre oltre la metà sono giovani (1.538.000 tra i 15 e i 34 anni, 935.000 se si considera la fascia 25-34 anni). Se si guarda alle forze lavoro potenziali il Sud fa la parte del leone con 1.888.000 persone sui 2.998.000 inattivi potenzialmente occupabili.

Se si guarda alla fascia dei più giovani sono potenzialmente occupabili nel complesso (ma inattivi) 538.000 persone tra i 15 e i 24 anni e 720.000 tra i 25 e i 34 anni con una grandissima prevalenza di coloro che non cercano pur essendo disponibili a lavorare. L’Istat infine individua nell’area della «sotto-occupazione» nel secondo trimestre 2013 circa 650.000 persone mentre oltre 2,5 milioni di persone sono occupati con un ‘part time involontariò, in crescita di oltre 200.000 unità rispetto allo stesso periodo del 2012.

C’è solo da correre sui muri, magari a testa in giù?

Quei tagli alla sanità che vanno e vengono

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Tagli sì o tagli no? Sembrerebbe che dalla Legge di Stabilità il servizio sanitario non ne esca indenne. Dopo le proteste di Regioni accompagnate e sostenute da quelle del ministro Beatrice Lorenzin l’articolo era stato cancellato, salvo poi fare la sua ricomparsa nel testo definitivo dove il decurtamento arriverà nel 2015. La stretta sui rinnovi contrattuali del pubblico impiego,- in cui è compreso anche il personale sanitario – estesa fino alla fine del prossimo anno  nonché la riduzione dell’indennità di vacanza contrattuale, si applicheranno ad una platea in ogni caso più vasta di quella prevista nel 2010, quando la stretta fu introdotta per la prima volta. Tra l’altro è prevista una definizione più larga delle amministrazioni pubbliche interessate: vi rientrano tutte quelle inserite nell’apposito elenco redatto dall’Istat, che comprende anche realtà non del tutto pubbliche come le casse di previdenza professionali. Nel pacchetto pubblico impiego è poi inserito il taglio delle risorse destinate al trattamento accessorio.

Per la sanità l’effetto è di 540 milioni per il 2015 e di 610 milioni l’anno a partire dal 2016: lo Stato ridurrà quindi in proporzione il livello del proprio finanziamento. Come di consueto, toccherà alle Regioni ripartire al proprio interno la minore disponibilità, con decisione da prendere entro il 30 giugno del prossimo anno: qualora ciò non avvenisse, si procederà secondo i criteri di ripartizione del fabbisogno sanitario nazionale standard. Nella manovra ha poi trovato posto un’altra novità potenzialmente di grande rilevanza: a partire dal 2015 anche le società (non quotate) possedute dalle Regioni e dagli enti locali dovranno concorrere agli obiettivi di finanza pubblica e saranno quindi sottoposte al patto di stabilità interno. Prudentemente, nella relazione tecnica alla legge non è quantificato l’effetto positivo sui conti, che però almeno sulla carta potrebbe essere di tutto rispetto; nell’ultimo decennio Regioni e Comuni hanno spesso fatto ricorso a società esterne (in molti casi create ad hoc) per aggirare i vincoli finanziari imposti dallo Stato centrale.
Le novità riguarderanno aziende speciali, istituzioni e società non quotate a partecipazione pubblica di maggioranza, che abbiano servizi in affidamento da soggetti pubblici per una quota superiore all’80 per cento del valore della produzione. Per tutte queste realtà scatta l’obbligo di conseguire un saldo economico (inteso come margine operativo lordo) non negativo. Chi non centra l’obiettivo, l’anno successivo dovrà automaticamente ridurre i propri costi in proporzione al disavanzo e non potrà assumere personale sotto nessuna forma. Inoltre per il presidente, l’amministratore delegato e i componenti del consiglio di amministrazione scatterà una riduzione dei compensi dell’ordine del 30 per cento.

#Socialbookday: le celebrazioni per chi non può fare a meno della pagina scritta

#socialbookday-tuttacronacaQuanto si legge in Italia? I dati Istat dell’anno scorso riportano che

Nel 2012, oltre 26 milioni di persone di 6 anni e più dichiarano di aver letto almeno un libro nei 12 mesi precedenti l’intervista, per motivi non strettamente scolastici o professionali. Rispetto al 2011, la quota di lettori di libri rimane sostanzialmente stabile (46%).

Le donne leggono più degli uomini: nel corso dell’anno ha letto almeno un libro il 51,9% della popolazione femminile rispetto al 39,7% di quella maschile. La differenza di comportamento fra i generi comincia a manifestarsi già a partire dagli 11 anni e tende a ridursi solo dopo i 75.

La fascia di età nella quale si legge in assoluto di più è quella tra gli 11 e i 14 anni (60,8%).

Non sono quindi molti i lettori appassionati e proprio per questo gli amanti dei libri hanno accolto con fervore l’iniziativa di Libreriamo: è stato chiesto loro di dichiarare il proprio amore per le pagine scritte sui social network e così oggi si celebra il primo #socialbookday in Italia. Già dalla mattina sono arrivate le prime citazioni da 140 caratteri, per tenere alto l’onore di chi ancora frequenta le librerie. Un dato in calo in Italia, come ha testimoniato Gian Artuto Ferrari dopo la Fiera di Francoforte. E anche per questo motivo le case editrici hanno accolto positivamente l’iniziativa, prendendo a loro volta parte a questa celebrazione virtuale.

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Spesso il male di vivere ho incontrato: la disoccupazione giovanile

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Il Rapporto 2012-203 sottolinea che questo ”è certamente l’anno peggiore della storia dell’economia italiana dal secondo dopoguerra”, ma è anche quello che può ”intercettare il punto di svolta del ciclo economico”. Diplomaticamente l’Istat prima parla di catastrofe economica e poi ci rassicura innescando la speranza di una svolta che possa dare nuova linfa all’Italia produttiva. Pur restando aggrappati alla speranza di un’inversione di rotta i dati restano  raccapriccianti.

Si è toccato quota 40,1% della disoccupazione giovanile, il che significa che quasi un giovane su due non ha lavoro. Il balzo di 0,4 punti percentuali su luglio e di 5,5 punti su base annua ci ha fatto superare la soglia psicologica del 40%.

In generale la disoccupazione ad agosto è salita al 12,2%, in rialzo di 0,1 punti percentuali su luglio e di 1,5 punti rispetto allo scorso anno. I dati provvisori dell’Istat rivelano che siamo tornati al massimo già raggiunto a maggio, il livello più alto dall’inizio sia delle serie mensili, gennaio 2004, sia delle trimestrali, primo trimestre 1977.

Il numero di disoccupati ad agosto è tornato a crescere, dopo due mesi di stop, raggiungendo quota 3 milioni 127 mila, in aumento dell’1,4% rispetto al mese precedente (+42 mila) e del 14,5% su base annua (+395 mila).

Mentre il Cnel sottolinea come parte della disoccupazione generata nella crisi sia ormai da ritenersi strutturale. E prevede che per riportare il tasso di disoccupazione all’8% entro il 2020, il tasso di crescita del Pil dovrà superare il 2% all’anno. “Un target non eccezionale, ma oggi forse non alla portata del nostro sistema”. L’Italia negli anni di crisi ha perso circa 750.000 posti di lavoro ma, sostiene il Cnel, “se l’occupazione fosse diminuita quanto il Pil, le perdite sarebbero oggi pari a 1.870.000 occupati”.

Vendite in calo, mai così male dal 2001

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Vendite al dettaglio in calo e si tocca il minimo storico degli ultimi 12 anni. Nelle serie storiche Istat l’indice destagionalizzato del valore delle vendite scende a 95,3, il dato più basso dal novembre del 2001.

A luglio l’indice destagionalizzato delle vendite al dettaglio diminuisce dello 0,3% rispetto al mese di giugno. Nella media del trimestre maggio-luglio 2013 l’indice registra una diminuzione dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti. Nel confronto con giugno 2013, diminuiscono dello 0,1% le vendite di prodotti alimentari e dello 0,3% quelle di prodotti non alimentari. Rispetto a luglio 2012, l’indice grezzo del totale delle vendite segna una flessione dello 0,9%, sintesi di un aumento dello 0,2% per le vendite di prodotti alimentari e di una diminuzione dell’1,6% per quelle di prodotti non alimentari.

I dati quindi parlano di mercato contratto e di una lenta, ma progressiva diminuzione anche delle vendite nei prodotti alimentari.

In 3 anni persi quasi 1 milione di posti di lavoro per gli under 35

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La ripresa ci sarà, il lavoro è ancora un’incognita, ma la disoccupazione è una certezza. Si sono persi in tre anni quasi 1 milione di posti di lavoro in Italia per gli under 35. I dati come sempre non lasciano molto spazio al dibattito: dal 2010 al 2013 si è passati da 6,3 a 5,3 milioni di occupati nella fascia d’età  25 e i 34 anni.

L’imbuto davanti al quale si è trovata la generazione dei ”giovani adulti” è dovuto in parte alla stretta sull’accesso alla pensione (riforma Fornero) che ha tenuto al lavoro i più anziani (il tasso di occupazione nella fascia tra i 55 e i 64 anni è passato nel triennio considerato dal 36,6% al 42,1%), in parte alla crisi economica e al generale calo dell’occupazione nelle imprese private insieme al blocco del turn over nella pubblica amministrazione che di fatto ha ridotto al lumicino le assunzioni nel pubblico. Il tasso di occupazione è calato soprattutto tra i giovani uomini del Sud (dal 60,5% al 51% con quasi 10 punti) mentre per gli uomini del Nord il calo si è limitato a 5 punti (dall’86,6% all’81,4%).

E’ quasi 40%! Record della disoccupazione giovanile in Italia

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Sale e sembra non esserci limite per la disoccupazione giovanile. L’Istat rileva che le persone in cerca di lavoro, nella fascia 15-24 anni, sono 635 mila e rappresentano il 10,6% della popolazione in questa fascia d’età. Il tasso di disoccupazione giovanile, ovvero l’incidenza dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 39,5%. In aumento rispetto al mese precedente di quasi mezzo punto percentuale (0,4%) e di 4,3 punti nel confronto tendenziale con l’anno scorso.

 

Disoccupazione alle stelle e lavoro part-time: dove è la ripresa?

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Lavoratori sottoccupati, è boom per i part-time. Negli ultimi cinque anni il loro numero è cresciuto in maniera esponenziale, fino ai 605mila segnalati dall’Istat nel 2012. Nel giro degli ultimi dodici mesi l’aumento di chi lavora a tempo parziale è stato pari a 154mila (+34,1%), mentre rispetto al 2007 siamo a più 241mila (+66,1%). Tra i sottoccupati part-time quelli qualificati “a carattere involontario” sono nove su dieci.

Inoltre oggi è uscito anche l’analisi del centro studi della Confederazione dell’artigianato, entro dicembre 2013 gli italiani che non hanno lavoro potrebbero arrivare a 3 milioni e mezzo. Nei primi sei mesi dell’anno 548 milioni di ore di cassa integrazione.

L’Italia un “vaso rotto”? Il Pil continua a calare… record negativo!

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Secondo trimestre del 2013 ennesimo dato negativo ed è l’ottavo consecutivo. L’Istat comunicando il dato ricora che un’analoga situazione non si è mai verificata dall’inizio delle serie storiche, a partire cioè dal primo trimestre 1990. L’istituto di statistica evidenza anche come tutti i settori economici che contribuiscono al Pil siano col segno meno: in particolare vanno giù agricoltura, industria e servizi. Il calo è del -2% su base annua.

Ma poi si dovrebbe “gioire” se si vede la produzione industriale di giugno che fa segnale un +0,3.  Rispetto a giugno 2012, il dato (corretto per gli effetti di calendario) resta negativo, -2,1%

Ci sarà davvero la ripresa? Quello che lascia perplessi è che tutti i settori fanno segnare un calo, non vi è quindi un comparto che possa spingere l’indotto a risollevarsi. Non tirano i servizi, né l’industria… ma anche l’agricoltura che poteva essere davvero il nuovo motore, ammesso che si riconvertisse al biologico e al km 0, sembra non avere le risorse necessarie per rinnovarsi. Il quadro appare quindi quantomeno stazionario in quelle nicchie economiche che ancora non sono in calo, ma che non riescono, data la scarsa disponibilità di risorse e i prestiti bloccati dalle banche, ad alzare la testa. Mai come ora servirebbe avere il coraggio di investire, ma chi vuole rischiare i capitali in un quadro internazionale depresso e un clima politico italiano in bilico?

6,7 milioni di dipendenti in “coma” in attesa del contratto

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E’ stata raggiunta quota 52,1% ovvero, come era già accaduto a maggio, sono di più i lavoratori che attendono il rinnovo rispetto a coloro che hanno un contratto in vigore. I dati Istat poi rivelano che di circa 6,7 milioni di dipendenti almeno 2,9 milioni lavorano nel settore pubblico. Oltre al rinnovo dei contratti c’è attesa anche per ben 51 accordi che anch’essi devono essere rinnovati. Esecutivo al servizio dei cittadini o esecutivo che continua a prendere tempo perché non si trovano voti con i quali approvare le urgenze del Paese?

 

Sempre più stranieri residenti in Italia ma molti anche quelli che se vanno

immigrati-istat-tuttacronacaL’Istat ha rilevato che li stranieri residenti in Italia al primo gennaio 2013 erano quasi 4,4 milioni, 334 mila in più rispetto all’anno precedente (+8,2%). Aumenta anche la quota di cittadini stranieri sul totale dei residenti (italiani e stranieri): dal 6,8% del 1 gennaio 2012 al 7,4% del primo gennaio dell’anno successivo. Il numero degli stranieri residenti nel corso del 2012 cresce soprattutto per effetto dell’immigrazione dall’estero (321 mila individui) ma, in parte, anche delle nascite di bambini stranieri (80 mila, +1% sull’anno precedente), che costituiscono il 15% del totale dei nati da residenti in Italia. Resta non uniforme la loro distribuzione sul territorio italiano: l’86% degli stranieri risiede nel Nord e nel Centro del Paese, il restante 14% nel Mezzogiorno. Gli incrementi maggiori nel corso del 2012 si sono manifestati tuttavia nel Sud (+12%) e nelle Isole (+10,9%). Ad aumentare anche il numero di coloro che acquisiscono la cittadinanza italiana: + 16.4%. Ma un altro dato che l’Istat ha registrato è l’aumento degli stranieri che, per effetto della crisi economica, sono rientrati nel loro Paese o si sono trasferiti in un altro stato estero. Si tratta di 38.218 persone, pari al 17,9%

Italia da record (in negativo): aumenta il numero delle persone in povertà assoluta

povertà-italia-tuttacronacaNel report sulla povertà in Italia redatto dall’Istat si legge che nel nostro Paese le persone in povertà relativa sono 9 milioni 563 mila, ossia il 15,8% della popolazione contro il 13,6% dell’anno precedente. Di questi, 4 milioni e 814 mila (8%) sono i poveri assoluti, persone che non sono in grado di acquistare nè beni nè servizi essenziali per una vita dignitosa. Nel 2011, una simile condizione toccava il 5,7% della popolazione. Si tratta di un record dal 2005. Per quello che riguarda le famiglie, a trovarsi in condizioni di povertà assoluta sono il 6,8%. Dal 2011 al 2012 l’incidenza aumenta tra le famiglie con tre (dal 4,7% al 6,6%) , quattro (dal 5,2% all’8,3%) e cinque o più componenti (dal 12,3% al 17,2%); tra le famiglie composte da coppie con tre e più figli, quelle in povertà assoluta passano dal 10,4% al 16,2%. Se si tratta di tre figli minori, dal 10,9% si raggiunge il 17,1%. Aumenti della povertà assoluta vengono registrati anche nelle famiglie di monogenitori (dal 5,8% al 9,1%) e in quelle con membri aggregati (dal 10,4% al 13,3 %).

L’Italia sull’orlo del baratro, dopo il default arrivano i rincari.

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La S&P ha messo l’Italia sull’orlo del baratro, lo spread ne ha risentito (anche se secondo gli analisti la colpa è del Portogallo) e nonostante ci siano i riscaldamenti spenti, gli italiani dovranno subire una nuova ondata di rincari. I dati Istat sono negativi: nel mese di giugno l’inflazione ha registrato un aumento pari al 1,2% rispetto allo stesso mese del 2012. Su questa base le associazioni dei consumatori hanno già calcolato che gli aggravi per le famiglie, calcolando un nucleo di 3 persone, vadano dai 400 ai 600 euro su base annua. Un rincaro quindi anche di 50 euro al mese che per molte famiglie possono diventare insostenibili.
Su cosa ci saranno i rincari?
Sale il prezzo dei carburanti, con la verde che tocca il nuovo record di 1,865 al litro. L’aumento ‘alla pompa’ porta il prezzo ai valori più alti dallo scorso 25 marzo.
Sale il carrello della spesa e tocca l’1,7%. A subire i maxi rincari sono soprattutto gli alimenti freschi, in particolare la frutta che in un solo mese, da maggio a giugno, ha subito un rincaro del 6,9%. La Coldiretti lo giustifica con “l’effetto maltempo e nubifragi estivi che ha interessato questa estate”. La verdura fresca così subisce un aumento dell’11%.

Altra spesa che aumenta sono i pacchetti vacanze.  Da maggio a giugno i pacchetti vacanza nazionali sono rincarati del 12,8% mentre quelli internazionali del 6,9%. Stesso discorso per villaggi vacanze e campeggi (+6,6% in un mese). Sempre legati alle ferie degli italiani sono gli aumenti dei trasporti: per gli aerei +5,7% rispetto a maggio e +16,1% rispetto a giugno 2012. Anche i traghetti in un mese sono aumentati del 13,1%; per i treni invece i costi dei biglietti risultano in calo (-2,9% da maggio a giugno; ma rispetto a giugno 2012 la variazione è +3,1%). Proprio per questo motivo, sottolinea Confartigianato, circa 7,8 milioni di italiani dovranno rinunciare alle vacanze estive e altri 23,3 milioni di nostri connazionali andranno al risparmio. In questa spesa rientrano anche hotel, ristoranti e ogni divertimento estivo.

La città più cara è Reggio Calabria con un aumento pari al 2,9% a giugno 2012. A seguire Venezia, Potenza, Bologna e Genova.

Crollano i consumi delle famiglie… mai così male!

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Si parla di nuovo di Imu, di Iva e di nuove tasse che potrebbero colpire gli italiani già in autunno, ma intanto i cittadini sono già alla fame! Crolla la qualità e quantità degli acquisti alimentari degli italiani, che secondo l’Istat, ormai colpisce 6 famiglie su 10. Ci si rifugia nelle offerte dei supermercati, e chi può, coltiva nel giardino di casa. Quello che era un hobby è una necessità. Sottomarche, cibo spazzatura e riduzione drastica della spesa questo sembra essere l’ultimo report in Italia. Dati che fanno riflettere se poi si considera che proprio nella Penisola da sempre il cibo è un’eccellenza della nostra economia. Ma se l’alimentare va male ci sono settori che vanno peggio. Crollano le vendite nei mobilifici (forse anche perché negli anni passati si è comprato troppo) e crollano le spese per la cultura. In particolare i settori più colpiti sono il cinema, il teatro e i musei.

 

Sale ancora la pressione fiscale: 39,2%

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Sembra inarrestabile la corsa della pressione fiscale in Italia,  nel primo trimestre del 2013 sale al39,2%, risultando superiore di 0,6 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Lo rileva l’Istat, diffondendo il conto economico delle Amministrazioni pubbliche. Di solito nei primi tre mesi dell’anno la pressione fiscale risulta meno accentuata rispetto ai trimestri successivi. L’andamento, infatti, nella maggiora parte dei casi è crescente durante i 12 mesi dell’anno, per toccare i massimi nel quarto trimestre. Quindi non possiamo che attenderci dati peggiori? 

Pil in calo e la stampa estera critica gli stipendi troppo alti

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Il Pil è in calo… anzi è in ormai in fondo a un precipizio! E cosa accade? C’è chi come il  Wall Street Journal critica i salari: “stipendi troppo alti in Italia e Francia hanno eroso la competitività dei loro prodotti sui mercati globali”.

Ma analizzando i dati del Pil secondo quanto ha dichiarato l’Istat  “il calo congiunturale è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto nei comparti dell’industria e dei servizi e di un aumento nel settore dell’agricoltura”. Cosa è successo ancora una volta al nostro Pil?

L’industria e il terziario non tirano più. Bisogna trovare nuove nicchie di mercato. Non possiamo essere competitivi su una merce dozzinale o sulla bassa qualità, dovremo invece esserlo nei cosiddetti beni di lusso… su quei prodotti che da sempre sono le nostre eccellenze. Perché l’agricoltura, ad esempio il bio, sta facendo segnare dati positivi? Perché le richieste dei consumatori stanno cambiando mentre le industrie e il terziario sono settori in cui non si è più investito e continuano a produrre merce ad alto costo che non è più competitiva sul mercato invaso dal low budget asiatico. Il nostro Pil quindi risente oltre che della crisi finanziaria di un problema strutturale legato a processi produttivi troppo rigidi che continuano a immettere prodotti obsoleti. Il terziario che doveva essere l’asso nella manica dell’Italia è diventato un boomerang quando è andato in crisi di idee… i servizi anche qui non vanno più incontro ai cittadini… sembra che offerta e domanda abbiano preso due rette parallele che non si incontreranno mai!

Se prendiamo il comparto dell’alta moda, che è uno dei pochissimi settori che nonostante la crisi continua a dare segnali positivi, vedremo che la ricerca di nuovi tessuti, di nuovi tagli, di integrare culture diverse ha generato quel circolo virtuoso che si è concretizzato in un profitto. Quindi qui si è riusciti a far incontrare domanda e offerta!

Può essere quindi che il Pil risenta di due componenti, una crisi economica e una crisi di idee? Può essere che la ripresa economica deve  essere accompagnata da un attento ascolto alla domanda? Ma dove prendere i soldi per la riconversione industriale che può portare alla produzione di beni davvero redditizi? Magari dai fondi europei che l’Italia non ha mai sfruttato fino in fondo…  Serve quindi, investire su idee giovani!!!

Dove andremo a finire? Giù negli abissi il potere d’acquisto.

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Giù negli abissi il potere d’acquisto.

Anche tenendo conto dell’inflazione nel 2012, rispetto all’anno precedente si è ridotto il nostro potere d’acquisto almeno del 4,8%. Lo dice l’Istat ma ce ne accorgiamo ogni giorno facendo la spesa o pagando una bolletta (nonostante ci dicano che l’energia ci costerà di meno per qualche mese).  Si può vedere dai dati rilasciati dall’Istat che il quarto trimestre del 2012 sia stato il più dilaniato con una flessione pari a -5,4%. Naturalmente se si abbassa il nostro valore di acquisto si abbassa anche la nostra propensione al risparmio, quindi ci saranno meno soldi nelle banche… insomma la nostra stabilità bancaria sta risentendo pesantemente della perdita di potere d’acquisto, non siamo più le piccole formichine che accumulavano in banca e compravano titoli di stato… oggi non si arriva a fine mese e chi ci arriva ha paura di non farlo più tra qualche mese…

 Allarme sociale? Rinviamolo al prossimo governo!

La crisi dei discount, sintomo dell’Italia che annega!

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I morsi della crisi non si sono allenatati a inizio anno. Questo è ormai sempre più evidente per le rilevazioni economiche emerse e per le sensazioni del quotidiano della popolazione. Un nuovo dato pubblicato oggi dall’Istat, insieme all’andamento dell’industria, testimonia quanto il quadro sia pesante. A gennaio, infatti, il commercio al dettaglio ha segnato un calo dello 0,5% congiunturale e del 3% tendenziale. Il risultato mensile si deve a una contrazione dello 0,6% degli alimentari e dello 0,4% dei non alimentari; su base tendenziale, invece, il calo è del 2,3% per gli alimentari e del 3,3% per i non alimentari. A gennaio iniziano a scendere anche le vendite nei discount alimentari, che rispetto agli altri esercizi avevano mostrato vitalità anche in tempi di profonda crisi.

Cambia il paniere! Ora anche smartphone, metano per auto

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La cena è servita! Secondo L’Istat in italia è diventato il pasto principale

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8 mln di poveri! Secondo l’Istat il 13,6% della popolazione

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Crisi e ancora crisi!

INFLAZIONE AL 3% E CARRELLO AL 4,3% RECORD DAL 2008

INPS: RICHIESTE 1,1 MLN DI ORE PER LA CASSA INTEGRAZIONE NEL 2012

SALDI: -8% DI CLIENTI E IL 68,7% SPENDERA’ MENO DI 200 EURO PER GLI ACQUISTI

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Non si vende! Da alimentari ad abbigliamento consumi a picco in Italia

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Finiremo tutti così? In un solo anno il 50% delle famiglie è più povero

 

Misera Italia: un quarto degli italiani è a rischio povertà

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Dati terzo trimestre ISTAT: -0,2, -2,4 annuo

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ISTAT: + 1,5% su base annua. Salgono le retribuzioni orarie a ottobre!

Dati Istat: produttività italiana ferma da 20 anni

Ed è una notizia?

Istat: Giù i consumi del 3,2%

Contrazione dei consumi come diretta conseguenza della crisi. Anche per il 2013 è previsto un calo dello 0,7  per ”le persistenti difficolta’ sul mercato del lavoro e della debolezza dei redditi nominali”.

Istat : disoccupazione al 11,4 nel 2013

In aumento la disoccupazione italiana. Per il 2013 è prevista al 11,4%.  In salita vertiginosa rispetto al 10,6% del 2012. Benvenuti in Italia!

 

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