Emanuela e Mirella vittime dell’opposizione all’Operazione Condor?

emanuela-orlandi-tuttacronacaContinuano a susseguirsi le ipotesi sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Dopo la recente accusa lanciata dalla giornalista romana Donatella Papi che su Facebook ha puntato il dito contro l’ex marito Angelo Izzo, ora Antonio Goglia, ex carabiniere che dalla provincia di Napoli studia da tempo il mistero della scomparsa sia della Orlandi che di Mirella Gregori, sostiene che le due ragazze sarebbero state vittime dell’opposizione alla “Operazione Condor” che bagnò di sangue il Sud America negli anni ’70. E’ lui stesso a raccontare la sua teoria a Pino Nicotra e a spiegare che si è orientato “al continente americano, a scoprire la storia misconosciuta della tortura e della negazione dei diritti civili ed umani in Brasile seguendo un percorso deduttivo”, spiegando di aver basato la sua ricerca”esclusivamente sul materiale di indagine senza divagare o immaginare chissà cosa”. Parlando della pratica della tortura nel grande paese sudamericano, Goglia sottolinea da una parte “l’impegno dei prelati cattolici brasiliani contro la dittatura, devono sottolinearsi in particolare gli sforzi dei Cardinali Avelar Brandao Vilela, Paulo Evaristo Arns, Helder Camara e Ivo Lorscheider. Relativamente a quest’ultimo osserviamo (…) che come altri suoi compatrioti si allontanò dalla Chiesa di Roma frustrato dall’indifferenza della Santa Sede di fronte alle sofferenze patite dalla popolazione brasiliana.” Dall’altra, il fatto che “il Primate del Brasile, Cardinale Avelar Brandao Vilela, e l’Arcivescovo emerito di San Paolo, Cardinale Paulo Evaristo Arns, è certa e notoria la loro adesione alle loggie massoniche brasiliane che operavano contro il regime di segurança nacional.” L’ex carabiniere passa quindi a spiegare: “proponendomi di trovare ulteriori conferme alla mia tesi inerente il collegamento tra la Pontificia Accademia Cultorum Martyrum e le posizioni della resistenza brasiliana ho ripreso in mano la documentazione inerente il ‘comitato direttivo’ che amministrò l’istituto pontificio dedicato al culto memoriale dei protomartiri tra il 1980 e il 1987. L’Accademia svolge, tutt’ora, anche un’attività di conservazione e promozione della tradizione rinascimentale della liturgia stazionale della Via Crucis. Di questo istituto, ricollegabile anche al Pontificio Istituto di Archeologia e Musica Sacra, parla anche la lettera anonima pervenuta nel 2005 alla trasmissione “Chi l’ha visto”, mai resa nota. Incontrai il riferimento alla Pontificia Accademia approfondendo la rivendicazione dell’Americano, l’interlocutore delle famiglie Orlandi e Gregori che parlava a nome dei sequestratori, del 6 settembre 1983 inerente la scadenza del 20 luglio e la Basilica di Santa Francesca Romana, rivendicazione riferibile, a parere fondato dello scrivente, ad un episodio avvenuto durante la settimana santa del 1578 quando una confraternita di frati conversi, “marrani” brasiliani, venne sciolta e i suoi componenti arsi vivi. Fu un noto giornalista che, valutando questa mia riflessione dimostrata da testi letterari che riportavano l’episodio narrato, mi mostrò la lettera anonima sopra citata nella quale si faceva riferimento proprio all’ Accademia Cultorum Martirum e alla liturgia stazionale!” In seguito, Goglia racconta di aver approfondito “lo studio sull’Accademia Cultorum Martyrum” restando colpito “dal legame dei suoi componenti dell’epoca con la realtà brasiliana e dalla veste di alcuni di questi di missionari e missionologi che avevano operato nel grande paese sudamericano.” Proseguendo nella sua ricerca, sempre lui racconta, “più Brasile veniva fuori, fino a immaginare e a sostenere l’operatività di una loggia massonica brasiliana o filobrasiliana a Roma a cavallo degli anni settanta e ottanta che si batteva per il rispetto dei diritti umani ed il ripristino del diritto di habeas corpus preventivo di cui all’art. 158 del Decreto Lei 1002/69 recante il Codigo do Proceso Penal Militar”. L’ex carabiniere ritiene che tutto questo sia in linea con quanto lui sostiene, ossia “che le ragazze, anche quelle statunitensi, furono sequestrate da ‘un gruppo brasiliano missionario a vocazione politica’ intenzionato a spingere i governi italiano, americano e vaticano, che a diverso titolo appoggiarono l’Operazione Condor, ad impegnarsi per il ristabilimento dei diritti umani e per un’amnistia per i detenuti politici in Brasile.” Goglia sottolinea poi che l’Accademia praticava la rievocazione teatrale del supplizio di Santa Agnese, “una giovinetta …come …Mirella ed Emanuela…testimonianze viventi di spontanea e fresca fede cristiana, adolescenti, caste vergini, coriste che inneggiavano al Signore.” Creando una correlazione tra la martire e le due ragazze, “ho scritto a Monsignor Vergari esponendogli il mio pensiero. Monsignor Vergari è stato cappellano della Pontificia Accademia Cultorum Martyrum, definita nella lettera già menzionata come

” una associazione molto chiusa che si occupa di culto memoriale, ma della quale certi membri hanno attività ben poco religiose….cioè fanatiche”..

Il prelato mi ha così risposto:

”Oramai sono tutti in paradiso”………

Ho diversi motivi per dissentire da questa affermazione…..e resto con un’ansiosa domanda – conclude l’ex carabiniere – : quale loggia massonica brasiliana o filobrasiliana che includeva religiosi, laici, diplomatici e sportivi era attiva a Roma sul principiare degli anni ottanta?”

Annuncio shock in Facebook: “Izzo parli dei suoi reati, a cominciare dalla Orlandi”

emanuela_orlandi_tuttacronacaIl 22 giugno 1983 spariva Emanuela Orlandi. Tutt’oggi, le “rivelazioni” continuano a susseguirsi, anche se di lei si sono perse le tracce. Ora è stata la giornalista romana Donatella Papi a parlare della scomparsa della ragazzina per la quale ha accusato suo marito Angelo Izzo, uno dei tre neofascisti autori del massacro del Circeo del 30 settembre 1975. In compagnia di Gianni Guido e Andrea Ghira, l’uomo stuprò e seviziò per 36 ore la 17 enne Maria Rosaria Lopez e la 20enne Donatella Colasanti. La prima delle due vittime venne poi affogata nella vasca da bagno, la seconda colpita a sprangate. I loro corpi vennero poi riposti in sacchi di plastica caricati nel portabagaglio della Fiat 127 di Guido, che la parcheggiò vicino casa prima di recarsi tutti e tre a cena, al termine della quale avevano intenzione di sbarazzarsi dei cadaveri. Una delle due giovani, Donatella Colasanti, si era però solo finta morta: scalciando nel portabagali riuscì ad allarmare i passanti e un metronotte. Izzo venne arrestato il giorno dopo e, l’anno successi, condannato all’ergastolo. Uscito in semilibertà, il 28 aprile 2005 torturò, stuprò e uccise la 47 enne Maria Carmela Linciano e la 14enne Valentina Maiorano a Ferrazzano, in provincia di Campobasso. Condannato nuovamente all’ergastolo, nel marzo 2010 nel carcere di Velletri ha sposato la giornalista Donatella Papi, cheperò ha chiesto la separazione dopo appena un anno:

“Angelo non è colpevole dei reati che gli sono attribuiti ma di altri fatti gravissimi per la nostra Repubblica e deve ora chiarire con la giustizia quello che ha detto a me”.

La svolta nei giorni scorsi, quando la giornalista ha scritto sulla sua pagina Facebook:

“Lo denuncio, parli dei suoi reati. A cominciare da Emanuela Orlandi”.

Quello che ci si chiede è se si tratti di uno scoop oppure della voglia di pubblicità. Ma ci si domanda anche quale potrà essere la reazione di Marco Fassoni Accetti, il fotografo romano che lo scorso aprile si era autoaccusato del “rapimento” di Emanuela. “Rapimento” che a suo dire avrebbe visto la ragazza consenziente perché avrebbe dovuto durare un tempo limitato: lo stretto necessario per mandare in Vaticano chissà quali “segnali”. Il problema della “rivelazione” della giornalista risiede nelle date: il delitto del Circeo avvenne nel ’75, otto anni prima della scomparsa della Orlandi. Izzo fu arrestato il 1 ottobre ’75 e condannato all’ergastolo il 29 luglio dell’anno successivo: come può un ergastolano avere fatto sparire la ragazza? Ma nel giugno ’83 era in galera o latitante, visto che nel ’93, cioè 10 anni dopo, è stato estradato dalla Francia dove era fuggito non si sa bene quando? Nel 2010 la Papi, per spiegare le nozze con l’ergastolano, scrisse in Facebook:

“Se ho sposato Angelo Izzo è stato per dimostrare che le condanne a lui comminate non erano relative a fatti realmente accaduti come emerso dai processi. Il primo processo relativo al delitto di Rosaria Lopez, che è stata una esecuzione rituale ben diversa da quello che si è voluto far credere fin qui. Il secondo un regolamento di conti che coinvolge bande italiane e kosovare che avevano avuto 30 mila euro per far sparire Carmela e Valentina Maiorano in seguito ad attività estorsive e compromissive verso alcuni magistrati di Bari della donna e della ragazza”.

E conclude:

“Izzo ha dimostrato sposandomi e amandomi di avere una indole, oltre che sana, di grande maturità e capacità emotive fino a quasi il trascendente. Ma la sua anima e la sua storia sono utilizzate da un sistema che incrocia Stato e Chiesa per uccidere. Questo che pare tanto grave e indicibile ora è a conoscenza di milioni di persone. La mia famiglia sa e chi ha potuto fare ha fatto. La famiglia Izzo cosa preferisce il papato o la dignità? E lo Stato pensa di elogiare il collaboratore Izzo proseguendo in questa doppia vita del mostro e dell’eroe?”.

Ora non resta che vedere come si srotolerà questa nuova pista…

Aggiornamento 4 ottobre 2013

Ci scrive la giornalista Donatella Papi:

Izzo e il caso Orlandi

Giorni fa, intorno al 30 settembre scorso, sono apparsi su alcuni giornali nazionali e locali articoli tratti dalla mia pagina Facebook secondo i quali io avrei detto che “fu Angelo Izzo a rapire Emanuela Orlandi”. I titoli sono quanto mai falsi e fuorvianti. Prima di tutto perchè all’epoca del sequestro Orlandi, datato il 22 giugno 1983, Izzo era in carcere e dunque non si capisce come potrebbe aver preso parte al sequestro. E comunque io non ho affatto detto questo. Il modo di attribuire affermazioni gravi, oltre che penalmente rilevante, è una strategia per depistare le verità.

Perchè effettivamente io su Emanuela Orlandi ho invece detto qualche cosa che ha determinato una svolta nelle indagini.

Del resto noi stessi, così come aveva fatto Blitz Quotidiano, avevamo notato l’incongruenza delle date, come manifestato nel passaggio: “Il problema della ‘rivelazione’ della giornalista risiede nelle date: il delitto del Circeo avvenne nel ’75, otto anni prima della scomparsa della Orlandi. Izzo fu arrestato il 1 ottobre ’75 e condannato all’ergastolo il 29 luglio dell’anno successivo: come può un ergastolano avere fatto sparire la ragazza? Ma nel giugno ’83 era in galera o latitante, visto che nel ’93, cioè 10 anni dopo, è stato estradato dalla Francia dove era fuggito non si sa bene quando?”

“Emanuela Orlandi è morta”, lo dice il pm!

Orlandi-emanuela-è-morta-pm-cataldo-tuttacronaca

E’ il pm Giancarlo Capaldo a non aver più dubbi “Emanuela Orlandi è morta”. Intanto Marco Fassoni Accetti, l’uomo che si è autoaccusato del sequestro di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori  ai pm Capaldo e Simona Maisto dice: “Tutto iniziò con le microspie nelle auto dei monsignori. Poi arrivammo ai sequestri”.

Questa non è una delle tante rivelazioni shock che per 30 anni hanno affollato le pagine dei giornali per poi rivelarsi infondate.  E’ lo stesso pm Capaldo ad aver dichiarato a un giornalista del Corriere della sera di essere vicino alla soluzione del caso.

Sul Corriere della Sera si ricostruisce uno “scenario” o meglio “una lotta tra fazioni all’ombra del Cupolone”:

“Di più: i nomi degli alti prelati ai quali (senza che ciò comporti un loro coinvolgimento) avrebbero fatto riferimento i gruppi di potere coperto dal cui scontro sarebbe germinato il sequestro di Emanuela e Mirella. Premessa necessaria: la Procura prende sul serio il superteste indagato. Finora non ha mostrato di curarsi del materiale artistico di Accetti – film e foto sui temi della morte, del potere, del sesso – che a taluni fanno balenare l’ipotesi pedofilia. Tanto più che lui stesso ha fornito le liberatorie per le riprese ai minori e il sito non è stato sequestrato. A Piazzale Clodio, piuttosto, intendono approfondire e riscontrare – vista la gran mole di eventi, inseriti nel loro contesto geopolitico – tutto ciò che l’uomo racconta”.

Ma da dove inizia il coinvolgimento di Accetti? Bisogna tornare ai tempi in cui il “supertestimone” era collegiale al al San Giuseppe De Merode.Qui conobbe alcuni  religiosi che gli mettono a disposizione abiti talari e locali per attività filmiche grazie all’interessamento del suo direttore spirituale Pierluigi Celata.

“«Sacerdoti un po’ peccatori mi proposero: visto che sei così bravo con la cinepresa, vuoi renderti utile?» Siamo alla fine dei ’70, tempo di guerra fredda. Di spie, cordate e camarille. Le azioni del «nucleo di controspionaggio», elenca Accetti, nascono per «tutelare il dialogo con i Paesi del Patto di Varsavia» (il che coincideva con la linea Casaroli) e contrastare la gestione di Ior e Apsa”.

E poi l’articolo continua tra microspie e possibili intrighi vaticani:

“«Volevamo condizionare in senso progressista le scelte del Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa… Agivamo nell’area di monsignor Backis (cardinale lituano presente al recente conclave, ndr)». Accetti comunque un episodio lo cita: «Nella sua Fiat collocammo microspie per attenzionare persone che erano con lui». Altre figure vicine erano «monsignor Martin, della Prefettura pontificia, e Deskur, preposto alle Comunicazioni sociali», nonché «il cardinal Hume, alle prese con i debiti della sua diocesi»”.

Il bersaglio, giunti alla fine del 1978, era il “papa polacco”:

“«Ci opponevamo ai finanziamenti a Solidarnosc e in generale alla spinta anticomunista di Wojtyla». Per questo, vittime di ricatti e dossieraggi sarebbero stati il cardinal Caprio (anni prima espulso dalla Cina, spiato con cimici «sotto la moquette gialla») e monsignor Hnilica (condannato per il caso Calvi), oltre a Marcinkus, discusso capo dello Ior, all’uomo d’affari Thomas Macioce e al cardinal O’Connor”.

Poi nella storia entrano anche il destino di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori nel 1981:

“È dall’81, con l’attentato al papa in piazza San Pietro – in vista del quale il «ganglio» (come rivelato dal Corriere lo scorso 18 maggio) avrebbe svolto «azioni di supporto» a favore dei Lupi grigi – che il loro destino inizia a essere segnato. «Le prelevammo dopo la promessa dei servizi segreti ad Agca di liberarlo entro due anni: la Gregori, cittadina italiana, serviva a premere per la grazia presidenziale. Io ci misi le mie capacità di sceneggiatura…»”.

Poi l’articolo però si conclude con l’ennesimo dubbio:

“Accetti sostiene che Katy Skerl, la diciassettenne strangolata nel gennaio 1984 a Grottaferrata, fu uccisa nell’ambito dello stesso scontro di potere. È tale narrazione circostanziata e minuziosissima, seppure mai suffragata da chiamate in correità, che induce la Procura all’ottimismo?”.

Sconvolgenti rivelazioni sull’Orlandi: quanto è attendibile Accetti?

gregori-orlandi-marco-fassoni-accetti-tuttacronaca

Convocato ieri nuovamente a Piazzale Clodio, Marco Fassoni Accetti, il fotografo che ha raccontato di aver partecipato al sequestro Orlandi e di essere stato uno dei telefonisti  (la perizia fonica è in corso), ha raccontato i motivi che, secondo lui, avrebbero portato il gruppo che sequestrò la ragazza a non liberarla subito. Ci furono dei fatti «non preventivati» che fecero «precipitare la situazione». Doveva tornare presto a casa ma fu «trattenuta», con il risultato di trasformare un «finto sequestro» in un giallo infinito.

Interrogato per ore dal   procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo alla presenza dell’avvocatessa Maria Calisse, nel confronto di ieri il magistrato ha cercato di avere nomi “sicuri” di complici e avversari del gruppo. Un gruppo «formato da laici ed ecclesiastici, con il supporto di fiancheggiatori della Stasi» che lo stesso Accetti ha coinvolto nelle dichiarazioni di maggio scorso, quando sostenne che l’accordo firmato dallo Ior sul crack Ambrosiano nel 1984 fu dettato dal ricatto dei sequestratori.

«Io non faccio chiamate in correità – insiste il superteste – fornisco il contesto e numerosi riscontri». Un quadro dettagliato, questo è certo. Il «nucleo di controspionaggio» avrebbe rapito la Orlandi e Mirella Gregori (46 giorni prima) per compiere pressioni per conto di ecclesiastici «orientati in senso progressista». Due gli obiettivi: indurre Alì Agca a ritrattare le accuse ai bulgari di complicità nell’attentato al papa (in cambio di una sua futura liberazione) e colpire lo Ior di Marcinkus.

«Nostra controparte – specifica Accetti – erano persone legate all’avvocato Ortolani (poi condannato per il crak Ambrosiano) e altre vicine a Thomas Marcinkus». La guerra all’ombra del Vaticano, quindi, troverebbe nuovi spunti. Emanuela «doveva tornare a casa in 24 ore», ma ciò fu impedito «prima perché il 23 giugno non avevamo in mano la denuncia di scomparsa da produrre in fotocopia ad Agca». E questo trova riscontro: la famiglia fu invitata a non sporgere subito denuncia al Collegio romano, nella speranza di una «scappatella».

In un secondo momento – e siamo al 24-25 giugno – «perché ci arrivò voce che la commissione bilaterale tra Stato vaticano e italiano per esaminare la situazione dello Ior, fissata al 30 giugno, non sarebbe arrivata a un accordo». «E’ bene tenerle», sarebbe stato l’ordine impartito da non meglio precisati ambienti agli esecutori dei sequestri.

Poi avvennero due eventi deflagranti secondo Accetti: l’appello del 3 luglio di papa Wojtyla, che diede al caso rilievo planetario, e il rilancio delle accuse ai bulgari da parte di Agca, l’8 luglio, al grido di «Sono lo strumento del Kgb!».

Terrorismo,scandali finanziari e fazioni politiche in Vaticano che si sarebbero intrecciate con il destino delle due ragazza scomparse ai tempi della guerra fredda. Ora lo Ior, nelle cronache degli ultimi giorni, è ancora nella bufera, ma sulla verità dell’Orlandi e della Gregori ancora non si vede la luce a 30 anni dalla scomparsa.

 

Emanuela Orlandi è morta? Questa sera una fiaccolata per lei

emanuela-orlandi

Presente a un incontro della terza edizione del Festival Trame a Lamezia, il procuratore aggiunto di Roma, Giancarlo Capaldo, parla della scomparsa della 16enne romana di cui si sono perse le tracce il 22 giugno 1983: “Emanuela Orlandi è morta, ma il caso della sua scomparsa potrebbe risolversi. Finora ci sono state molte false piste e molti depistaggi”. E aggiunge: “La verità sulla fine di Emanuela non si è trovata per molto tempo perché troppi temevano che dietro questa storia si nascondesse una verità scomoda… Che Emanuela Orlandi sia morta è evidente. Che altro si può pensare di una persona scomparsa che non s’è fatta mai viva con nessuno per ben 30 anni di fila?”. Intanto oggi ci sarà una fiaccolata organizzata per lei. Spiega il fratello della ragazza Pietro Orlandi: “Sarà un po’ come riportarla a casa”. La manifestazione si terrà alle 19.30, la stessa ora in cui Emanuela uscì per l’ultima volta dalla scuola di musica che si trovava vicino alla chiesa di Sant’Apollinare a Roma. E proprio da questa piazza si metterà in moto la fiaccolata che raggiungerà il Vaticano. “Abbiamo denominato l’iniziativa Ritorno a casa – dice il fratello di Emanuela – e vorremmo entrare in piazza San Pietro: la mia speranza è che possa arrivare un segnale dal Papa, che papa Francesco possa essere presente in piazza”. Pietro Orlandi e Bergoglio si sono visti, rapidamente, in un’occasione, pochi giorni dopo l’elezione del pontefice:  “Mi disse: ‘Lei sta in cielo’. Una frase che mi ha fatto gelare il sangue”, ha ammesso Pietro. “Stiamo organizzando la marcia per sabato 22 giugno e abbiamo ricevuto tantissime adesioni”, aggiunge Pietro, che continua a promuovere la sua petizione per chiedere verità e giustizia sulla vicenda di Emanuela, a cui hanno aderito in oltre 153 mila. “E sono centinaia anche le persone che in queste settimane mi hanno comunicato la loro partecipazione alla marcia del 22 – aggiunge Pietro -. Ho ricevuto adesioni da 30 città, dalla Sicilia a Lugano. Una volta a San Pietro, libereremo in aria delle lanterne cinesi e poi inizierà una veglia di preghiera e per ricordare che siamo ancora in attesa di risposte e di collaborazione anche da parte del Vaticano. La mia speranza che anche il Papa vorrà pregare con noi”.

“Lei sta in cielo” così Francesco su Emanuela Orlandi

Papa-orlandi-tuttacronaca

«”Lei sta in cielo”. È questa la frase che papa Francesco ha detto prima a mia madre e poi a me quando, come tanti altri fedeli, lo abbiamo incontrato dopo la messa che celebrò nella parrocchia di S. Anna in Vaticano pochi giorni dopo la sua elezione: parole che mi hanno fatto gelare il sangue». Così il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi che poi ha aggiunto «Da quando è stato eletto il nuovo papa – spiega – ho chiesto più volte di poter avere un incontro personale con lui. Ho inviato quattro fax diretti al suo segretario personale, mi sono accertato che li avesse ricevuti, ma per ora non ho avuto risposta. A questo punto, vedo poche possibilità».

E’ stata la frase di un uomo di chiesa che cerca di consolare i genitori di una ragazza scomparsa da 30 anni o è una frase da Capo di un Stato che rivela una triste verità?

Nulla di fatto sul flauto dell’Orlandi

flauto-manuela-orlandi-marco-fassoni-accetti-esame-dna-tuttacronaca

Il Messaggero pubblica i risultati sull’esame del Dna del flauto fatto ritrovare da Marco Fassoni Accetti che doveva appartenere, secondo il “testimone”, ad Emanuela Orlandi:

Non ci sono tracce di dna di Emanuela Orlandi sul flauto “Rampone e Cazzani” che l’autore- fotografo Marco Fassoni Accetti ha fatto ritrovare a Castel Romano, dove un tempo c’erano vecchi studi cinematografici. Si tratta delle prime indiscrezioni sulla perizia che è ancora in corso nei laboratori della polizia scientifica. Per avere i risultati definitivi bisognerà aspettare ancora qualche giorno, ma quello strumento così simile al flauto che aveva con sé la ragazza al momento della scomparsa sembrerebbe non aver dato riscontri positivi. Questo, naturalmente, non vuol dire che non sia lo stesso suonato da Emanuela: sono passati trent’anni da quando la ragazza è stata rapita e le tracce potrebbe essere sparite durante la strana e incredibile conservazione.

Intanto Fassoni Accetti è stato interrogato per la settima volta dai magistrati, da indagato per concorso in sequestro di persona.

Marco Fassoni Accetti vs Chi l’ha visto… non c’è tregua sul caso Orlandi!

emanuela-orlandi-tuttacronaca

Marco Fassoni non ci sta alle accuse latenti e ai sospetti che hanno iniziato ad aleggiare intorno alla sua figura e scrive a Pietro Orlandi:

“Pietro, quel che ti avevo annunciato tempo fa si è verificato. La Rai significa lo Stato, e lo Stato suggerisce di non implicare responsabilità dello stesso e di altri Stati, ed indirizzare tutto ad un solo individuo, come già fatto con Enrico De Pedis.

Gli adolescenti da me fermati? Sono nelle opere cinematografiche e fotografiche pubblicate nel mio sito, con le liberatorie firmate dai genitori già presenti in studio al momento delle riprese, altrimenti non le avrei potuto pubblicare. Ma nelle opere vi sono più adulti e anziani. “Anche loro tutti fermati strada facendo. Ma trent’anni fa, per il fatto della pineta, quando i carabinieri perquisirono l’archivio del mio studio, prelevarono solo i nominativi degli adolescenti, tralasciando i nominativi degli adulti, che erano la maggior parte, e scrivendo poi nel rapporto letto nella trasmissione Rai: “Costui è uso a fermare adolescenti” .

Poi nel processo dibattimentale precisai che fermavo chiunque e mostrai le mie opere che non sono di carattere pornografico. Ed anche questo contribuì alla mia assoluzione con formula piena. La trasmissione legge verbali di adolescenti che dichiarano di essere stati da me fermati con la mia proposta di riprenderli … e poi?

Non segue più nulla. Si racconta di atti di libidine o situazioni di genere sessuale? Nulla! Ecco come suggestionano il pubblico, il quale, in modo subliminale, percepisce che sia accaduto contrariamente qualcosa di grave. Basterebbe rintracciare le ragazze dei verbali e chiedergli su quanto è successo in seguito.

Avevo dichiarato nella prima udienza con il Giudice [Giancarlo] Capaldo ed a Fiore De Rienzo che la Orlandi aveva risieduto in Neauphle-le-Chateau solo per gli anni ’84 e ’85; e in trasmissione hanno fatto credere che vi fosse stata fino a poco tempo fa, organizzando una trasferta inutile a spese del contribuente.

A tutto questo io rispondevo nella lunga intervista completamente censurata. Chiedete a Fiore de Rienzo, se mai lo desidera, di mostrarvi le interviste integrali. Chiarivo, come ho chiarito con il giudice Capaldo, mentre loro creano una cortina di confusione. Ancora una volta ho chiamato in diretta per delucidare e mi è stato negato l’intervento. E quel che è più grave è che le altre testate giornalistiche seguono pedissequamente, senza verificare, quel che dice questa trasmissione.

Un esempio: sul blog del Fatto Quotidiano della giornalista Rita Di Giovacchino si legge: “Adescava ragazzini con l’esca dei servizi fotografici”. La signora si è chiesta se esistono rapporti di polizia che confermino questa accusa? Anche lei denunciata per calunnia aggravata. Questa è la “profondità” di certa stampa che pretenderebbe di risolvere i misteri italiani.

Del fatto della pineta, sempre nella trasmissione, non hanno riportato parti di verbali che avrebbero chiarito alcuni aspetti, ed hanno falsificato molte dichiarazioni contenute negli stessi. Ho una documentazione che li smentisce e che contraddice assolutamente la manipolazione televisiva. Tutto è nelle mani del magistrato e dei miei legali. Sono io ad aver raccontato della pineta chiedendo, sin dalla prima udienza, di riaprire le indagini sul fatto.

“Comunque, Pietro, ti confermo quanto ti dissi dopo la prima puntata Rai. Io ho sospeso la mia collaborazione coi magistrati. Innanzitutto perché questi gravi fatti di depistaggio possono aver intimidito le persone a cui mi ero appellato per presentarci insieme e raccontare. Si può pensare che delle donne sui 40-45 anni con figli si prestino ad entrare in una tale tensione mediatica che racconta solo di pedofilia e omicidi? Questi testimoni sono coscienti che non vi è stata alcuna pedofilia né tanto meno omicidi. L’episodio della pineta mi ha visto assolto con formula piena dall’accusa di volontarietà.

Vogliamo delegittimare il lavoro dei giudici e la sentenza d’una Corte d’Assise? E allora per quale motivo dovrei andare a testimoniare presso una magistratura le cui future decisioni sarebbero ugualmente sbeffeggiate? Ho chiesto alla Procura d’indagare su questa più che sospetta operazione di mistificazione operata dai signori autori del programma.

Vogliamo fare un gesto totalmente chiarificatore? Riuniamoci in uno spazio per un confronto con i suddetti autori, Pietro e tutte le persone della petizione che desiderino venire. Invitate i rappresentanti della stampa che desiderate. Registriamo tutto quanto potremmo dire e lo diffondendolo su Internet. “Questa è la trasparenza democratica. Chiariamo gli equivoci, reintegriamo le omissioni, eliminando ogni censura ed io tornerò a collaborare con i magistrati. Se qualcuno si dovesse sottrarre a questa opera di chiarezza se ne assumerà le responsabilità. Ma immagino che gli autori del programma rifiuteranno l’incontro perché il loro compito è, al momento, falsificare. E con la mia presenza, che si avvale dei documenti e delle testimonianze, la diffamazione non può partire. Ecco perché hanno sempre negato ogni mio intervento in diretta ed ogni confronto. Ora vi aspetto, incontriamoci, e al di là della Rai creiamola noi, insieme, la ricerca della verità con tutto quel che metto a disposizione di chiunque non sia prevenuto”.

Opere di Marco Fassoni Accetti

Questo slideshow richiede JavaScript.

Dany Astro entra nel caso Orlandi per difendere Accetti

dany astro-tuttacronaca

Nel cold case Emanuela Orlandi fa il suo ingresso anche Dany Astro, modella di Marco Fassoni Accetti che da 12 anni collabora con l’artista. Lei difende le posizioni del fotografo scrivendo una mail a Pino Nicotri dal titolo “Vogliamo la verità su Emanuela Orlandi”. Ecco il contenuto della mail:

“Ero presente all’intervista dove Marco ha spiegato, con documenti alla mano, molti dubbi posti nella trasmissione di [mercoledì] sera. Intanto Emanuela [Orlandi] era stata a Neauphle-le-Chateau soltanto nel ’84, e non come dice CLV fino a pochi mesi fa.Il fatto della pineta lo ha spiegato ampiamente e non hanno usato quasi nulla di questa testimonianza, nella quale diceva che nel primo interrogatorio con il giudice [Giancarlo] Capaldo faceva presente che si era presentato per riaprire innanzitutto il fatto della pineta, e per farlo era obbligato a raccontare della Orlandi. Inoltre, basta guardare nelle sue fotografie come nei suoi film, ci sono più gli anziani ed adulti che non adolescenti. Hanno omesso di dire che nello studio di Marco vi sono già dagli anni ’80 decine e decine di indirizzi e liberatorie degli anziani ritratti. E che tutti gli adolescenti sono venuti con le famiglie che dovevano firmare le obbligatorie liberatorie per essere pubblicate. Io sono testimone di questa procedura da 12 anni e prima di me conosco le altre ragazze che ha avuto Marco, che mi hanno testimoniato della stessa procedura anche negli anni ’80 e ’90. Le stesse adolescenti contattate non possono lamentare alcuna molestia subita, se non riferire solo dell’intenzione di Marco di fotografarle nelle opere che conoscete, e che non sono affatto di erotismo o pornografia. Inoltre CLV non ha letto un documento del processo, che Marco può anche produrre in questo sito, che riporta le dichiarazioni del personale dell’ambulanza che, non essendo attrezzati degli strumenti atti a verificare la morte, decisero comunque di portare subito il corpo all’ospedale. E non come si è raccontato perché il ragazzo doveva essere necessariamente vivo per il fatto d’essere stato trasportato in ospedale. Inoltre continuano a non leggere il titolo posto sotto la fotografia “Martire adolescente posta sotto l’altare” e la presentano invece come una semplice, macabra “ragazza in una bara”. Marco ha chiamato in diretta per la seconda volta anche in questa puntata per puntualizzare quanto ho detto, ma gli è stato negato ancora una volta d’intervenire, mentre, un’altra ragazza ha avuto la possibilità di entrare in diretta per raccontare solo il fatto che, abitando nello stesso palazzo di Marco, questi le aveva chiesto di posare per una sua opera. Tutto questo Marco lo riferirà mercoledì nell’udienza che ha con il giudice Capaldo, indicando come questa censura e mistificazione possa essere il tentativo di addossare tutto ad una sola persona isolata, e non mettendo alla luce i legami con lo Stato Vaticano e lo Stato Italiano”.

Ora che Marco Fassoni Accetti è indagato per il rapimento della ragazza emergono però altri agghiaccianti verità su quest’uomo:

“Quando aveva 17 anni ha partecipato a un assalto al liceo Tasso di Roma insieme a un estremista di destra, Sergio Mariani, poi diventato famoso perché è stato il primo compagno di Daniela Di Sotto, ex consorte di Gianfranco Fini. La sua partecipazione all’assalto era stata estemporanea. Accetti non c’entrava nulla con Mariani e non faceva parte del Fronte della Gioventù eppure era lì. Aveva poi militato nei Radicali e secondo il padre (un imprenditore che aveva fatto fortuna in Libia dove Accetti è nato) aveva anche avuto qualche contatto con Lotta Continua.”

Quindi è un uomo di sinistra che non disdegnava la destra? Un singolo episodio di violenza o il primo di una serie? Un ragazzo che cercava l’azione, il gesto già come simbolo di una follia latente o solo un episodio in cui un ragazzo 17enne si è trovato coinvolto?

Cosa accade in una mente allucinata se il rituale delle foto non si compie esattamente come nelle intenzioni dell’artista? Può esserci nel simbolo un disagio profondo e il racconto di una verità che dopo anni vuole essere svelata? Un segreto che non si riesce a contenere? Perché le foto di Marco Fassoni Accetti non sono mai state analizzate da uno psicologo?

martire adolescente posta sotto l'altare.

martire adolescente posta sotto l’altare.

Orlandi mistero di una scomparsa, di delitto, di un ricatto?

marco-fassoni-accetti-emanuela-orlandi-tuttacronaca

Tra due mesi il caso Orlandi, potrebbe andare in prescrizione se non si riesce a dimostrare che la ragazza sia stata uccisa.

Partendo da questo presupposto ricostruiamo ciò che è avvenuto negli ultimi mesi. Qualcuno probabilmente ha tutto l’interesse che il caso sia prescritto… forse 30 anni sono ancora troppo pochi per far emergere verità così rilevanti in ambito internazionale e c’è ancora la santificazione di Papa Wojtyla che potrebbe sfumare se le rivelazioni fossero legate alla figura di Giovanni Paolo II.

Quanti poteri ruotano intorno al rapimento di Emanuela?

Il Vaticano, la banda della Magliana, Cosa Nostra e i Servizi Segreti.

Chi fa ritrovare il flauto, forse, ma solo forse, appartenuto a Emanuela?

Marco Fassoni Accetti.Un visionario, un fotografo che nel 1983,  con l’intento di  voler fare le foto ad alcuni ragazzini,  li contattava grazie alla posta di Topolino. In quello stesso periodo, l’uomo fece anche un servizio fotografico con il benestare del preside di una scuola presso la chiesa di Sant’Agnese frequentata dall’Orlandi.

L’uomo precedentemente ha rivelato che il tranello teso nei confronti di Emanuela Orlandi doveva essere soltanto un’azione dimostrativa, che aveva lo scopo di proteggere il dialogo fra la Curia Romana e i Paesi del Patto di Varsavia.

Ma Marco Fassoni Accetti è anche l’uomo che nel 1983 “travolse” Josè Garramon, il figlio dodicenne di un diplomatico uruguayano, uscito di casa per tagliarsi i capelli e ritrovato venti chilometri di distanza, ucciso dal furgone guidato da Accetti . In ogni “testimonianza” del regista c’è qualcosa di “mitico” e di delirante, lo stesso stile che usa anche nelle sue fotografie per ritrarre bambini rapiti o morti. Accetti adescò una ragazza sulla spiaggia di Ostia: la sera in cui fu fermato per l’incidente aveva con sé tutto l’occorente per un servizio fotografico e agli inquirenti disse che stava andando proprio da lei, anche se erano d’accordo che si sarebbero visti solo dopo le feste di Natale.Una figura emblematica, sicuramente con molti lati oscuri, che sfiorano una follia latente?

 Quello che è certo è che Tra i numeri di telefono trovati nella rubrica di Accetti c’è anche quello di un bambino di 12 anni: negli atti l’uomo racconta di averlo incontrato in Corso Vittorio Emanuele, vicino a Corso Rinascimento dove Emanuela fu vista mentre parlava con un uomo che le offrì molti soldi per un lavoretto. Che tipo di lavoretto era? Qualche scatto? 

Perché non fu mai approfondita quella testimonianza che arrivò il 23 giugno 1983, dopo alcune ore dalla scomparsa di Emanuela? Un pescatore raccontò di aver visto due giovani, nei pressi del ponte della Magliana, che si guardavano attorno in maniera circospetta, vicino ad una Fiat 127. L’auto fu fatta precipitare in acqua da una scarpata. Dal finestrino posteriore penzolava un braccio. Si cercò di ispezionare il fondale, ma la corrente ostacolò le ricerche.

Troppi dubbi emergono da queste nuove testimonianze e altri iniziano a trovare invece delle collocazioni all’interno di un puzzle sempre più complesso… ma se la verità fosse più facile di quella che si pensa? Se il puzzle fosse frutto di uno sviamento voluto per ottenere l’archiviazione del caso? Se quel puzzle fosse stato messo lì per farlo ricostruire celando sotto di esso altre verità?

Ultime novità sul caso Orlandi… l’omicidio di Caterina-Katy Skerl.

emanuela orlandi-marco fassoni accetti-mirella-gregoraci

Manuela Orlandi e le troppe morti che emergono intorno a una vicenda che da anni si ripropone alla ribalta e poi viene sedata. Ora sembra che sia arrivato il momento, forse il clima giusto in cui è possibile parlare. Forse ha contribuito anche l’elezione di un Papa non europeo, un Papa che viene quasi dalla fine del mondo. Ma bisogna anche fare attenzione ai mitomani, a chi dice di sapere e forse non sa poi così tanto perchè ne è venuto a conoscenza in modo frammentario. Ancora più attenzione bisogna invece farla a non considerare attendibili fonti che potrebbero rivelare indizi fondamentali e finalmente scoprire una verità che da troppi anni è sotterrata da omertà e da intrighi interni alle mura del Vaticano.

Marco Fassoni Accetti qualche giorno fa si è “costituito” e ha confessato di essere stato uno dei telefonisti del caso Orlandi e immediatamente sono scattati i dubbi e le contraddizioni, ma anche una nuova pista che forse fino a oggi non era mai stata presa in considerazione: collegare la scomparsa di Manuela con altre morti.

30 anni fa la famiglia Orlandi, dopo il rapimento della figlia fu contattata telefonicamente. Marco Fassoni Accetti ha confessato che alcune volte sarebbe stato lui a chiamare la famiglia, ma che non era lui l’Amerikano, quel tale che secondo le analisi svolte dalle forze dell’ordine, sarebbe (o sarebbe stato) un tale di elevata cultura, familiarità con la lingua latina e una certa permanenza in Italia visto il modo di parlare, che alcuni al tempo accostarono – senza alcuna prova – alla figura dell’arcivescovo Paul Marcinkus, allora onnipotente signore dello IOR (la banca vaticana) dimissionato nel 1990 ed esiliato (senza promozione cardinalizia) a Sun City, USA, dove è morto nel 2006. Esistono ancora i nastri di quelle telefonate? E’ possibile, attraverso le nuove tecnologie, svolgere accertamenti più mirati? Perchè non sono mai stati ripresi quei nastri? Ora dove si trovano?

Altro punto che mostra diversi dubbi e su cui si stanno facendo diverse ipotesi è il flauto che grazie a Marco Fassoni Accetti  è stato ritrovato e sembra possa essere quello usato da Emanuela alla scuola di musica che frequentava.

Se però si guarda tra le foto del sito di Marco Fassoni Accetti ce n’è una con sullo sfondo una figura umana che impugna un flauto, ben visibile, che si direbbe simile o eguale a quello fatto ritrovare.

Foto che artisticamente ha un forte significato simbolico come tutta l’opera di Marco Fassoni Accetti: in primo piano un uomo a torso nudo, in parte coperto con un lenzuolo che ne lascia scoperte le spalle e sul fondo, che potrebbe essere costituito da un dipinto originale o da un fotomontaggio, c’è il dipinto policromo di una figura femminile, una Madonna quasi, che tiene tra le mani proprio un flauto. Era quello che poi è stato fatto ritrovare? E’ uno simile?

marco-fassoni-aaccetti-frere-pensa-d-essere-scultore-nel-passato-con-modella

La foto si trova in una sezione chiamata Collegio in cui i personaggio vengono genericamente chiamati  “Frère” (fratello). Il freré è tutto vestito di nero, i Fratelli cristiani di San Giovanni Battista de la Salle o i Maristi.

Sul flauto c’è stata molta polemica anche nei corridoi del palazzo di giustizia. Fonti ben informate hanno rivelato che la polizia scientifica avrebbe mostrato il suo dissenso per come Chi l’ha visto avesse abusato di quel ritrovamento per fare il proprio scoop non facendo attenzione a preservare le tracce che potevano trovarsi sullo strumento rinvenuto il 3 aprile e rimasto per 24h nelle mani della troupe della trasmissione e mostrato anche a Pietro Orlandi fratello della vittima e quindi con un dna simile a quello di manuela che sicuramente ha manomesso le tracce organiche. Si teme anche che l’emozione abbia spinto qualcuno degli Orlandi a provare il flauto, per sentire più vicina Emanuela. Questa ultima ipotesi sembra meno probabile, ma aver lasciato per 24 h un oggetto così importante nelle mani di Chi l’ha visto è sicuramente stato un errore gravissimo.

Altro dubbio degli inquirenti è la sicurezza mostrata da Pietro Orlandi nell’affermare che si trattasse proprio del flauto di sua sorella. Come fa a dire a distanza di anni che sia veramente quel flauto? Comprensibile la voglia di arrivare alla soluzione dopo 30 anni di smentite e conferme che hanno portato a un nulla di fatto, ma prima di poter affermare la proprietà dello strumento bisogna veramente analizzarlo a fondo.  Ci sono poi le tesi “complottistiche” che circolano su internet e che vorrebbero ricollegare la data del ritrovamento con il giorno dedicato alla Madonna di Fatima (che per altro richiama la figura ammantata sullo sfondo della foto di Marco Fassoni Accetti), quando in Italia è stato pubblicato il libro con l’autobiografia di Alì Agca, il terrorista turco che nell’81 sparò a Papa Wojtyla. Proprio Alì Agca, che come ricordiamo più di una volta aveva dato versioni diverse sul rapimento dell’Orlandi.

Il superteste afferma di aver fatto parte di un gruppo di intelligence per esercitare pressioni sulla Santa Sede. A quale scopo? Nel 1983 il Papa è Giovanni Paolo II, che sta conducendo una battaglia nemmeno tanto sotterranea per la libertà della Polonia. Perché rapire una ragazzina figlia di un commesso della Prefettura della Casa pontificia? La Prefettura si occupa di gestire gli accessi al Santo Padre, organizza incontri e viaggi. Certamente è un buon punto di pressione per la sua vicinanza al Pontefice. Ma la domanda resta: a quale scopo?

L’uomo dice di essere stato chiamato a far parte di un gruppo di controspionaggio nato per combattere le fazioni in Vaticano e intimidendo ecclesiastici e vari personaggi con foto e ricatti. Al tempo stesso però lui era in Corso Rinascimento a Roma, il 22 giugno di 30 anni fa, a scattare le foto alla BMW su cui Renatino De Pedis stava portandosi via Emanuela.

Marco Fassoni Accetti è stato mostrato da “Chi l’ha visto?” intento in una performance televisiva di una ventina d’anni fa con Giancarlo Magalli. Che lo presenta in quell’occasione come sosia di Roberto Benigni. Come è possibile che un imitatore di Benigni possa essere appartenente a un gruppo d’intelligence e vada in Tv a fare l’imitazione di un comico molto famoso?

Altro tema caldo che avvalorerebbe l’ipotesi che negli anni del rapimento di Emanuela Orlandi ci fosse stato un gruppo di pressione c’è anche l’adozione del nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983. Che però era già pronto in bozza verso il 1980.  A differenza di quello precedente del 1917, il Pio-benedettino come viene chiamato, traduce in canoni tutto il corpus di norme accumulatosi nel corso dei secoli. Codice che alla data del rapimento di Emanuela Orlandi era già stato promulgato (il 25 gennaio) e sarebbe poi entrato in vigore il 27 novembre dello stesso anno.

È il 21 dicembre scorso quando un turista segnala una busta sospetta lasciata dietro a un colonnato di San Pietro. C’è scritto in inglese «non toccare». Sul posto arrivano gli investigatori e scoprono che contiene un teschio. Il medico legale al quale viene consegnato, fa una prima indagine e conclude che si tratta di ossa abbastanza vecchie. I risultati finali delle analisi, però, non sono ancora completi. Quello che salta all’occhio è la scritta, eseguita con una calligrafia particolare.

Circa quattro mesi dopo, a casa di Antonietta Gregori, sorella di Mirella, l’altra ragazza scomparsa misteriosamente, e di Raffaella Monzi, amica di Emanuela, vengono recapitate due lettere. Contengono ritagli di giornali scritti in tedesco che parlano del corpo delle guardie svizzere, una ciocca di capelli, e la foto di un altro teschio con uno strano marchio inciso. Una breve indagine permetterà di accertare che si tratta di un teschio conservato in una chiesa di via Giulia, e che risale ad epoca medioevale.

Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il sostituto Simona Maisto noteranno, però, una certa somiglianza tra la calligrafia del biglietto che accompagna il pacco recuperato sotto al colonnato e quella del messaggio contenuto nelle lettere. Già dodici anni fa un teschio lasciato nella chiesa di San Gregorio VII aveva fatto riaprire le indagini. I periti, all’epoca, non si trovarono d’accordo: per qualcuno poteva essere di una donna giovane, per altri di un uomo. E non se ne fece nulla.

E’ il 21 dicembre 2012 quando scatta l’allarme a San Pietro. Un turista segnala una busta sospetta lasciata dietro a un colonnato di San Pietro. C’è scritto in inglese «non toccare». Sul posto arrivano gli investigatori e scoprono che contiene un teschio. Il medico legale al quale viene consegnato, fa una prima indagine e conclude che si tratta di ossa abbastanza vecchie. I risultati finali delle analisi, però, non sono ancora completi. Quello che salta all’occhio è la scritta, eseguita con una calligrafia particolare.

Circa quattro mesi dopo, a casa di Antonietta Gregori, sorella di Mirella, l’altra ragazza scomparsa misteriosamente, e di Raffaella Monzi, amica di Emanuela, vengono recapitate due lettere. Contengono ritagli di giornali scritti in tedesco che parlano del corpo delle guardie svizzere, una ciocca di capelli, e la foto di un altro teschio con uno strano marchio inciso. Una breve indagine permetterà di accertare che si tratta di un teschio conservato in una chiesa di via Giulia, e che risale ad epoca medioevale.

Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il sostituto Simona Maisto noteranno, però, una certa somiglianza tra la calligrafia del biglietto che accompagna il pacco recuperato sotto al colonnato e quella del messaggio contenuto nelle lettere. Già dodici anni fa un teschio lasciato nella chiesa di San Gregorio VII aveva fatto riaprire le indagini. I periti, all’epoca, non si trovarono d’accordo: per qualcuno poteva essere di una donna giovane, per altri di un uomo. E non se ne fece nulla.

Ci sono poi le ultime notizie in cui Marco Fassoni Accetti ha associato il giallo dell’Orlandi non solo con la scomparsa di Mirella Gregori, altra ragazza rapina pochi giorni prima di Emanuela, ma anche con l’omicidio di Caterina-Katy Skerl. 

Chi era? Una studentessa 17enne di liceo artistico, figlia di un regista americano, che abitava a Montesacro (Roma) e che venne trovata uccisa (per strangolamento) il 22 gennaio 1984 a Grottaferrata, in una vigna.La ragazza era scomparsa da casa nel primo pomeriggio del 21 gennaio, il giorno prima del ritrovamento del suo cadavere, dopo essersi recata sulla Tuscolana per incontrare un’amica. Dopo, il buio, e un mostro che l’attendeva con un fil di ferro. Cosa può collegare questo terribile omicidio di un’adolescente, ai rapimenti di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori che il superteste aveva definito “sequestri bluff“, organizzati con la complicità di amiche compiacenti per ricattare e destabilizzare ambienti vicini alla Santa Sede?

Una cosa è certa le tre ragazzine  frequentavano ambienti vicini all’organizzazione in cui Marco Fassoni Accetti – di professione regista cinematografico indipendente – recitava il ruolo di “telefonista“.  Che ruolo ha veramente avuto Marco Fassoni nell’intera vicenda? Era veramente solo uno dei telefonisti?

E perché, se Emanuela e Mirella vennero rapite solo a scopo dimostrativo, e oggi sarebbero entrambe vive a Parigi, la povera Caty venne invece “fatta fuori”?

Restano tanti, troppi dubbi e domande senza risposta, intrecci non svelati e punti interrogativi che riguardano la stessa persona di Fassoni Accetti, reo di aver ucciso, mettendolo sotto con il suo furgone, un 12enne figlio di un funzionario uruguayano dell’ONU, Josè Garramon, nel 1983. Un incidente, dovuto all’oscurità, così si era giustificato il superteste (assolto in fase processuale), dichiarando, però, che il ragazzino era stato spinto sotto l’auto, di proposito. Da chi? Ragazzini e ragazzine coinvolte in gioco di spionaggio più grande di loro?

Fassoni  è stato anche intercettato al telefono con la sua fidanzata. Lei  molto arrabbiata,  gli dice: «Ora basta, ne hai fatte di tutti i colori, persino in quella storia di Emanuela Orlandi». Si tratta solo di un mitomane? Di qualcuno che è stato ossessionato dalla scomparsa di Mirella e Emanuela… Ma perchè è stato poi coinvolto nell’uccisione di José Garramon? Solo un tragico incidente?

 

Emanuela Orlandi è viva ed è nei sobborghi di Parigi?

emanuela-orlandi-flauto-supertestimone-tuttacronaca

M.F.A. è un superteste che nell’ultimo mese è stato interrogato cinque volte e ha rivelato particolari che secondo gli inquirenti potrebbero essere attendibili e che sarebbero una svolta all’interno delle indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, la figlia di un messo pontificio sparita il 22 giugno 1983. L’uomo si autodenuncia e racconta di essere stato uno dei principali telefonisti del sequestro Orlandi che sarebbe stato organizzato  «dal nucleo di intelligence di cui facevo parte per esercitare pressioni sulla Santa Sede». La ragazza sarebbe stata vittima di una lotta tra fazioni diverse della Curia Romana. Il giorno del rapimento, il testimone racconta di essere stato «appostato per scattare fotografie alla Bmw su cui c’era De Pedis», ed avrebbe poi incontrato molte volte Emanuela «che restò a Roma fino al dicembre del 1983».

Perché parlare solo dopo 30 anni? Perchè ora, secondo il supertestimone, ci sarebbe un clima diverso in Vaticano, lo stesso Papa Francesco vorrebbe che si facesse chiarezza e c’è la speranza che la verità possa veramente venire alla luce.   Il testimone rivela particolari fondamentali anche sulla sparizione di Mirella Gregori, scomparsa un mese e mezzo prima della Orlandi. Entrambe sarebbero state rapite dal gruppo che agiva come «lobby di controspionaggio» nell’ambito di scontri tra opposte fazioni vaticane per condizionare la Curia. L’uomo parla per entrambe di «allontanamento volontario», poiché Mirella si innamorò di un operatore dei servizi e lo segui in Francia, mentre Emanuela sarebbe stata convinta a salire sull’auto di fronte al Senato da un’amica. Emanuela Orlandi «non subì violenze, visse in due appartamenti e in due camper, le procurammo un pianoforte e la rassicuravamo dicendole che la famiglia era al corrente», ma dal dicembre 1983 il presunto telefonista non fornisce altri dettagli e ipotizza che Emanuela, trasferita all’estero nei sobborghi di Parigi, potrebbe essere ancora viva.

Emanuela Orlandi e Mirella Gregori sono davvero casi separati?

manuela-orlandi-tuttacronaca

Si torna su un antico dilemma a “Chi l’ha visto?” se la scomparsa di Mirella Gregori avvenuta il  7 maggio 1983 e quella di Emanuela Orlandi avvenuta invece  22 giugno 1983 possano essere collegati. Solo 46 giorni di differenza da una scomparsa all’altra e poi le lettere recapitate ai parenti che sono simili. Quella recapitata a Antonietta, sorella di Mirella fa riferimento a “due belle more” poi c’è anche un monito per Mercurio, l’allora fidanzato della sorella, oggi diventato suo marito, “Mercurio vola in sella dal suo ciclomotore”. Proprio lui ricevette la telefonata dell’Amerikano. Si torna a mostrare la vecchia lettera con la scritta V. Fiume e gli esercizi per flauto fatti ritrovare nei mesi successivi al rapimento.

Questo slideshow richiede JavaScript.

Dopo la visione del teschio riprodotto nel secondo negativo, Chi l’ha visto “ritrova” il teschio originale nell’Ipogeo. Il terzo negativo si scopre essere la foto del papa ferito da Agça e Alois Estermann, comandante delle Guardie Svizzere morto per mano di Cedric Tornay secondo la giustizia vaticana. La lettera porta scritto: “Non cantino le belle more”, e il riferimento alle due ragazze pare palese.

“Con biondi capelli nella vigna del signore”, altra frase della lettera anonima, è considerato un riferimento a un altro caso di cronaca: una ragazza trovata uccisa sempre nel 1983. Insomma il caso Orlandi si complica sempre di più e dopo anni in cui era calato un silenzio quasi tombale torna invece in primo piano… speriamo che si possa fare chiarezza una volta per tutte!

Emanuela Orlandi: prima il flauto, ora una busta…

emanuela-orlandi-flauto-tuttacronaca

Cristina Orlandi, sorella di Emanuela, ha confermato che il flauto ritrovato nella chiesa di Sant’Apollinare dietro una formella della Via Crucis potrebbe essere quello appartenuto alla ragazza, questo perchè la custodia dello strumento della giovane presentava gli stessi angoli consumati. La redazione di Chi l’ha visto si è quindi recata nel negozio dove la famiglia l’aveva acquistato, usato, cercando la conferma e nella speranza di risalire all’insegnante di musica che l’aveva venduto. Il titolare del negozio, confrontando lo strumento con quello di una foto in cui Emanuela suona il suo, ha confermato si tratta dello stesso modello. Al momento il flauto è in mano alla polizia, che spera di estrarne il dna dal beccuccio. Nel frattempo, una busta anonima è stata recapitata ad una ex compagna della scuola di musica dell’Orlandi. All’interno, delle foto di guardie svizzere nell’atto del giuramento, con alcune scritte e date che ricordano un codice e dei negativi di foto non decifrabili, eccetto per una che raffigura un teschio con una scritta sulla fronte. All’interno del plico c’erano anche una bustina che contiene un ciuffo di capelli, un fiore di tulle, un pezzo di stoffa e del materiale non identificato, simile a terriccio. Il tutto è ora in mano agli inquirenti.

Quel flauto maledetto… sarà dell’Orlandi?

flauto, orlandi, ritrovamento, tuttacronaca

La magistratura sta facendo tutte le rilevazioni per appurare se quel flauto sia veramente appartenuto a Emanuela Orlandi o invece sia un depistaggio come ce ne sono stati tanti in questi anni. Quel che di sicuro non è difficile è entrare in possesso, oggi, di un flauto della ditta Rampone e Cazzani dei primi anni ’80. Basta andare su Google e digitare “Flauto traverso Ramponi e Cazzani”. Oltre che tramite eBay e Kijiji, se ne possono trovano in vendita a Milano, a Udine, a Palermo, etc…

Si scopre così che ne sono stati venduti alcuni esemplari in diverse località italiane.

Più complesso sarebbe avere a disposizione il Dna dell’Orlandi, bisognerebbe fare un vero e proprio appostamento e far toccare loro casualmente l’oggetto (cosa veramente irrealistica) o raccogliere un fazzoletto di carta che è stato usato da uno della famiglia (il che è quasi impossibile).

Indagini sul flauto ritrovato… si cercano tracce!

caso-orlandi-flauto-tracce-tuttacronaca

La Procura di Roma ha disposto indagini tecniche sul flauto, recuperato grazie a una segnalazione alla trasmissione “Chi l’ha visto”. Gli inquirenti vogliono ora verificare la presenza di tracce organiche per confrontarle eventualmente con quelle della giovane scomparsa. Sicuramente il ritrovamento del flauto ha aperto un nuovo filone per le indagini investigative, anche se resta da appurare se quel flauto sia proprio di Emanuela.

Il flauto di Manuela Orlandi!

tuttacronaca- emanuela-orlandi-flauto-chi-lha-visto

“Io so dov’è il flauto di Emanuela Orlandi”. Il messaggio è arrivato alla redazione di Chi l’ha visto da qualcuno che ha voluto rimanere anonimo. Lo strumento si trovava dietro una formella della via Crucis della basilica di Sant’Apollinare, dove la ragazza si era recata per la sua consueta lezione di musica, prima di sparire nel nulla.
La sorella Natalina Orlandi ha esaminato il flauto che era chiuso nella sua custodia e avvolto in un giornale del 1985, in cui c’è stampata anche un’intervista ai genitori della ragazza scomparsa, e ha detto di ricordare solo la custodia, che tuttavia non presentava nessuna segno particolare da poterla distinguerlo da tutte le altre.
La redazione ha verificato con i fabbricanti che il modello è stato prodotto prima della sparizione di Emanuela, ricevendo risposta positiva, e Federica Sciarelli ha quindi lanciato un appello per chiedere agli altri ex allievi della scuola frequentata al tempo da Emanuela, chiedendo se qualcuno di loro è ancora in grado di ricordare il modello usato dalla ragazza.

Il regno di newwhitebear

I colori della fantasia

RunningWithEllen's Blog

Two sides of God (dog)

Que Onda?

Mexico and beyond

Just a Smidgen

..a lifestyle blog filled with recipes, photography, poems, and DIY

Silvanascricci

NON SONO ACIDA, SONO DIVERSAMENTE IRONICA. E SPARGO INSINCERE LACRIME SU TUTTO QUELLO CHE NON TORNA PIU'

Greenhorn Photos

A fantastic photo site

mysuccessisyoursuccess

Just another WordPress.com site

blueaction666

Niente che ti possa interessare.....

rfljenksy - Practicing Simplicity

Legendary Whining and Dining World Tour.

metropolisurbe

Just another WordPress.com site

Real Life Monsters

Serial killers and true crime

"ladivinafamiglia"

"Solo quando amiamo, siamo vivi"

Vagenda Vixen

*A day in the life of the Vixen, a blog about EVERYTHING & ANYTHING: Life advice, Sex, Motivation, Poetry, Inspiration, Love, Rants, Humour, Issues, Relationships & Communication*

lazylauramaisey

The Adventures of Danda and Yaya