Convocato ieri nuovamente a Piazzale Clodio, Marco Fassoni Accetti, il fotografo che ha raccontato di aver partecipato al sequestro Orlandi e di essere stato uno dei telefonisti (la perizia fonica è in corso), ha raccontato i motivi che, secondo lui, avrebbero portato il gruppo che sequestrò la ragazza a non liberarla subito. Ci furono dei fatti «non preventivati» che fecero «precipitare la situazione». Doveva tornare presto a casa ma fu «trattenuta», con il risultato di trasformare un «finto sequestro» in un giallo infinito.
Interrogato per ore dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo alla presenza dell’avvocatessa Maria Calisse, nel confronto di ieri il magistrato ha cercato di avere nomi “sicuri” di complici e avversari del gruppo. Un gruppo «formato da laici ed ecclesiastici, con il supporto di fiancheggiatori della Stasi» che lo stesso Accetti ha coinvolto nelle dichiarazioni di maggio scorso, quando sostenne che l’accordo firmato dallo Ior sul crack Ambrosiano nel 1984 fu dettato dal ricatto dei sequestratori.
«Io non faccio chiamate in correità – insiste il superteste – fornisco il contesto e numerosi riscontri». Un quadro dettagliato, questo è certo. Il «nucleo di controspionaggio» avrebbe rapito la Orlandi e Mirella Gregori (46 giorni prima) per compiere pressioni per conto di ecclesiastici «orientati in senso progressista». Due gli obiettivi: indurre Alì Agca a ritrattare le accuse ai bulgari di complicità nell’attentato al papa (in cambio di una sua futura liberazione) e colpire lo Ior di Marcinkus.
«Nostra controparte – specifica Accetti – erano persone legate all’avvocato Ortolani (poi condannato per il crak Ambrosiano) e altre vicine a Thomas Marcinkus». La guerra all’ombra del Vaticano, quindi, troverebbe nuovi spunti. Emanuela «doveva tornare a casa in 24 ore», ma ciò fu impedito «prima perché il 23 giugno non avevamo in mano la denuncia di scomparsa da produrre in fotocopia ad Agca». E questo trova riscontro: la famiglia fu invitata a non sporgere subito denuncia al Collegio romano, nella speranza di una «scappatella».
In un secondo momento – e siamo al 24-25 giugno – «perché ci arrivò voce che la commissione bilaterale tra Stato vaticano e italiano per esaminare la situazione dello Ior, fissata al 30 giugno, non sarebbe arrivata a un accordo». «E’ bene tenerle», sarebbe stato l’ordine impartito da non meglio precisati ambienti agli esecutori dei sequestri.
Poi avvennero due eventi deflagranti secondo Accetti: l’appello del 3 luglio di papa Wojtyla, che diede al caso rilievo planetario, e il rilancio delle accuse ai bulgari da parte di Agca, l’8 luglio, al grido di «Sono lo strumento del Kgb!».
Terrorismo,scandali finanziari e fazioni politiche in Vaticano che si sarebbero intrecciate con il destino delle due ragazza scomparse ai tempi della guerra fredda. Ora lo Ior, nelle cronache degli ultimi giorni, è ancora nella bufera, ma sulla verità dell’Orlandi e della Gregori ancora non si vede la luce a 30 anni dalla scomparsa.