Il legale del marito della Ragusa e l’opinione pubblica: “Ricordo il caso Tortora…”

roberta-ragusa-tuttacronacaAntonio Logli, il marito di Roberta Ragusa, scomparsa nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012, per ora si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il suo legale, Roberto Cavani, ha detto: “Aspettiamo di vedere cosa ha in mano la procura e semmai a quel punto chiederemo di farci interrogare, perchè l’esame dell’indagato è anche uno strumento difensivo”. Logli è accusato di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Spiega ancora il legale: “Lo accusano di avere ucciso una persona ma qui non c’è neppure il cadavere. Mi pare difficile in queste condizioni riuscire a provare che il mio assistito sia un assassino. Noi siamo sereni e abbiamo sempre collaborato con gli inquirenti, ora attendiamo di vedere che cosa hanno in mano e poi decideremo come difenderci”. Il difensore di Logli mette inoltre in guardia l’opinione pubblica da eventuali processi sommari e giunge a scomodare anche Enzo Tortora: “In questi due anni, Antonio è stato letteralmente massacrato: sul web, dalla stampa e dalle tv. È già stato messo in croce e condannato, ma non è l’opinione pubblica che può condannarlo al processo.  Ricordo il caso Tortora, tutti lo ritenevano un mafioso ma poi è stato assolto con formula piena”. Infine, conclude richiamando tutti a essere prudenti circa le rivelazioni del cosiddetto supertestimone Loris Gozi: “Da mesi frequenta le trasmissioni televisive e non si limita a riferire ciò che avrebbe visto, ma si lascia andare anche a giudizi personali. Vedremo se quello che ha dichiarato nel corso dell’incidente probatorio è davvero così credibile”.

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La scomparsa di Roberta Ragusa: dubbi sulle indagini

roberta-ragusa-tuttacronacaRoberta Ragusa scompariva nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012 dalla sua casa di Gello di San Giuliano Terme in provincia di Pisa. Riguardo il mistero della sua sparizione, molte cose ancora non sono chiare ed è stata la trasmissione Chi l’ha visto, su Rai3, a tirare le somme delle indagini ponendo alcuni interrogativi. Tra questi, ci si chiede perchè non siano state controllate le telecamere di due negozi molto vicini alla casa di Roberta Ragusa? Uno dei proprietari spiega che si trattava di telecamere finte, tolte dopo la scomparsa di Roberta. Ma nessuno degli investigatori, secondo Chi l’ha visto, aveva mai chiesto informazioni su queste telecamere. Ma resta un punto interrogativo anche sulla storia del pozzo che si trova in un vecchio cascinale sempre nei pressi dell’abitazione della donna, pozzo che è stato chiuso con una grata dopo la scomparsa della donna e che, secondo le testimonianze raccolte, non è stato controllato.

“L’ho vista lì”, altra supertestimone nel caso Ragusa!

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L’ennesimo capitolo della storia della misteriosa scomparsa di Roberta Ragusa è andato in onda oggi, 30 gennaio, alle ore 17  durante il collegamento d’apertura della trasmissione Mediaset, Pomeriggio 5, condotta da Barbara d’Urso, che ha mostrato il video che ritrae un nuovo supertestimone del caso Ragusa. Il pubblico ha potuto vedere solo una donna che, seduta in motorino con in testa il casco, rilascia dichiarazioni all’inviata del programma di Canale 5. Barbara d’Urso, prima di mandare in onda il video, ha voluto specificare che è la prima volta che qualcuno riesce a intervistare la donna che sostiene di aver visto delle chiazze di sangue in Via Gigli mentre, col suo motorino, si recava in farmacia per prendere delle medicine che servivano al figlio. La nuova supertestimone afferma di aver visto il marito di Roberta Ragusa, Antonio Logli, quella notte in Via Gigli. Inoltre la signora ha detto di aver visto una signora con un pigiama rosa, lo stesso pigiama rosa della Ragusa sparito quella stessa notte del 13 gennaio 2012.

Le dichiarazioni della nuova supertestimone vanno dunque ad arricchire quella che era stata la tesi del primo supertestimone del caso Roberta Ragusa, Loris Gozi. Quest’ultimo nel settembre scorso ha rivelato di essere stato oggetto di pesanti insulti verbali da parte di Sara Calzolaio, l’amante di Antonio Logli, che avrebbe invaso la corsia stradale sulla quale viaggiava col proprio scooter costringendolo a compiere una manovra per poter evitare l’impatto con la macchina.

Roberta Ragusa, spunta un’altra super testimone. Anche lei abita nella stessa strada della mamma scomparsa, come l’altro super testimone. La teste ha detto a Pomeriggio 5, la trasmissione pomeridiana di Mediaset condotta da Barbara D’Urso, di aver visto una donna che correva con indosso un pigiama rosa nella via e ha parlato di uno scambio di auto.

“Era in un vicolo dove c’erano degli alberi. Ma io l’ho vista, lì ferma, questa signora”.

“E’ entrata in contatto con me”: il sensitivo indica dove cercare la Ragusa

roberta-ragusa-tuttacronaca“Roberta è entrata in contatto con me”. E’ quanto il sensitivo della Valdera, Anthony Michele Fois, ha riferito agli inquirenti indicando loro con precisione il punto in cui scavare. L’uomo, ascoltato alla Procura di Pisa dal pubblico ministero Aldo Mantovani ha spiegato che il corpo della Ragusa sarebbe molto vicino alla casa dove la donna abitava e lavorava in vita. La Nazione riporta che è arrivata una nuova richiesta di controlli: il cadavere sarebbe a Gello, vicino al campo sportivo. E il sensitivo, che ha già fatto un sopralluogo sul posto con un amico investigatore, avrebbe trovato “precisi riscontri a quello che avevo percepito nel contatto con l’entità”. Fois dice di esercitare la sua “arte” da quando, a 29 anni, si accorsi d “avere gli stessi poteri del nonno, cioè la facoltà di sentire, di entrare in contatto con l’aldilà”. Quella possibilità gli permette, dice, di “alleviare i problemi degli altri, e la gente ne ha davvero tanti”. Il sensitivo racconta di aver “incontrato” Roberta nella primavera del 2012, durante una trasmissione in tv sul giallo di Gello. “Mi è bastato cercare sul computer la mappa della zona in cui abitava Roberta per sentire una forte attrazione verso il campo sportivo di Gello”. E racconta la “visione”, in cui Roberta gli dice di cercare vicino a una pianta, vicino alla metna. Trova la pianta e il punto preciso. Poi rivede Roberta e qualcuno che la soffoca mettendole le mani al collo. Insomma, lui ne è sicuro: il corpo della donna si trovà la sotto.

Roberta Ragusa: una veggente dice di sapere dove si trova il corpo

roberta-ragusa-veggente-tuttacronacaCorteo organizzato in memoria di Roberta Ragusa, scomparsa dalla sua abitazione nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012 con circa un centinaio di persone che ha sfilato in corteo da San Giuliano Terme (Pisa) fino alla parrocchia di Gello dove il parroco don Tomasz ha celebrato un breve momento di preghiera. Prima del corteo Tiziano Vason, volontario della protezione civile di Firenze, ha raccontato che una sensitiva, in mattinata, è stata accompagnata in un luogo boschivo dove dice di avere individuato il cadavere: “So dov’è il corpo di Roberta Ragusa”, ha detto la donna. Il volontario ha quindi aggiunto: “La donna ha individuato un canalone a circa 400 metri di distanza dal centro abitato di Castelvecchio Compito, sul versante lucchese del Monte Serra”. L’uomo ha poi sottolineato che la sensitiva “è fortemente provata dal punto di vista emotivo e nelle prossime ore deciderà in quale forma mettersi in contatto con le forze dell’ordine”.Ha quindi concluso: “Ora vuole mantenere l’anonimato e non vuole essere contattata dai mass media però noi eravamo con lei e ci ha detto che il corpo si trova a un metro di profondità nel sottosuolo e credo che valga la pena andare subito a controllare”. Insieme alla sensitiva è arrivata in Toscana anche Donatella Raggini, da Cesena (Forlì), volontaria del gruppo Facebook ‘Troviamo Roberta Ragusa’: “La conosco bene – ha detto – e non è una persona in cerca di pubblicità. Il posto lo ha individuato attraverso le sue ‘visioni’: un sasso particolare, un frammento di nylon blu e un albero tagliato. Tutti indizi che oggi erano presenti e ben visibili nel luogo dove siamo andati”.

Roberta Ragusa: “Contro Antonio Logli indizi convergenti”

Antonio-Logli-tuttacronacaNei confronti di Antonio Loglio, marito della scomparsa Roberta Ragusa, ci sarebbe un ”convergente quadro indiziario” del quale tenere conto per chiedergli di fornire spiegazioni su alcuni punti ancora oscuri. E’ quanto ritengono i carabinieri. Inoltre, se l’uomo dovesse avvalersi della facoltà di non rispondere sarebbe un punto a favore dell’accusa per chiederne il rinvio a giudizio e ottenere un processo a suo carico. Al momento attuale, e in assenza del corpo della donna e di altre prove schiaccianti, quello che si ha sono elementi indiziari significativi tra i quali due testimonianze che smentiscono la versione dell’uomo secondo la quale la notte della scomparsa della moglie lui stesse dormendo nel suo letto mentre uno dei testimoni, Loris Gozi, ha riferito agli inquirenti di averlo visto litigare furiosamente con una donna in una strada vicina all’abitazione della coppia. Il giorno successivo, inoltre, Logli si recò nella casa di Gozi per chiedere notizie della moglie: fu l’unica abitazione a cui fece visita. Inoltre, il marito, venuto a conoscenza della testimonianza, simulò con un amico la scena che lo stesso Gozi avrebbe potuto vedere di notte ma collocandosi nel punto esatto in cui il giostraio disse di vederlo e che, secondo gli inquirenti, era coperto da segreto. Ancora, una vicina di casa dei Logli ha raccontato di avere visto il marito della Ragusa più o meno nella stessa strada e alla stessa ora in cui lo avrebbe visto Gozi. Infine, a suffragare questa tesi ci sarebbe la testimonianza del vigile del fuoco, Filippo Campisi, che sostiene di avere visto uscire di notte una donna in pigiama dalla casa della coppia.

Caso Ragusa: il nuovo testimone è un Vigile del Fuoco

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I carabinieri volevano vederci chiaro sul nuovo testimone che è entrato dopo 20 mesi di silenzio all’interno del caso della scomparsa di Roberta Ragusa. Così si sono presentati sul posto di lavoro: nella caserma dove il Vigile del Fuoco presta servizio, ma oggi non era in turno. Gli investigatori vogliono mantenere il massimo riserbo e hanno solo dichiarato ”Abbiamo chiesto solo alcune precisazioni”.

Quello che gli inquirenti vogliono capire è come mai il Vigile, che vive a Gello, si è confidato solo con qualche conoscente. Questo tipo di condotta, stando alle indiscrezioni, gli avrebbe creato qualche grattacapo anche sotto il profilo professionale e al pompiere sarebbe già stato chiesto di chiarire i motivi della sua mancata presentazione spontanea agli inquirenti.

 

Uomo arrestato per aver picchiato un supertestimone del caso Ragusa

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E’ stato arrestato un uomo, con l’accusa di aver picchiato il proprio padre, che è diventato uno dei possibili supertestimoni del caso di Roberta Ragusa,  la donna scomparsa dalla sua casa di Gello di San Giuliano, nei pressi di Pisa, la notte del 13 gennaio 2012.  Il testimone scrive oggi il Tirreno, aveva riferito che una donna era salita sull’auto di Antonio Logli, dopo l’ora in cui il marito aveva dichiarato di essere andato a dormire. Il figlio del testimone era già stato arrestato un mese fa per stalking nei confronti della sua compagna. Questa volta i carabinieri lo hanno arrestato per le violenze sul padre.

Emanuela e Mirella vittime dell’opposizione all’Operazione Condor?

emanuela-orlandi-tuttacronacaContinuano a susseguirsi le ipotesi sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Dopo la recente accusa lanciata dalla giornalista romana Donatella Papi che su Facebook ha puntato il dito contro l’ex marito Angelo Izzo, ora Antonio Goglia, ex carabiniere che dalla provincia di Napoli studia da tempo il mistero della scomparsa sia della Orlandi che di Mirella Gregori, sostiene che le due ragazze sarebbero state vittime dell’opposizione alla “Operazione Condor” che bagnò di sangue il Sud America negli anni ’70. E’ lui stesso a raccontare la sua teoria a Pino Nicotra e a spiegare che si è orientato “al continente americano, a scoprire la storia misconosciuta della tortura e della negazione dei diritti civili ed umani in Brasile seguendo un percorso deduttivo”, spiegando di aver basato la sua ricerca”esclusivamente sul materiale di indagine senza divagare o immaginare chissà cosa”. Parlando della pratica della tortura nel grande paese sudamericano, Goglia sottolinea da una parte “l’impegno dei prelati cattolici brasiliani contro la dittatura, devono sottolinearsi in particolare gli sforzi dei Cardinali Avelar Brandao Vilela, Paulo Evaristo Arns, Helder Camara e Ivo Lorscheider. Relativamente a quest’ultimo osserviamo (…) che come altri suoi compatrioti si allontanò dalla Chiesa di Roma frustrato dall’indifferenza della Santa Sede di fronte alle sofferenze patite dalla popolazione brasiliana.” Dall’altra, il fatto che “il Primate del Brasile, Cardinale Avelar Brandao Vilela, e l’Arcivescovo emerito di San Paolo, Cardinale Paulo Evaristo Arns, è certa e notoria la loro adesione alle loggie massoniche brasiliane che operavano contro il regime di segurança nacional.” L’ex carabiniere passa quindi a spiegare: “proponendomi di trovare ulteriori conferme alla mia tesi inerente il collegamento tra la Pontificia Accademia Cultorum Martyrum e le posizioni della resistenza brasiliana ho ripreso in mano la documentazione inerente il ‘comitato direttivo’ che amministrò l’istituto pontificio dedicato al culto memoriale dei protomartiri tra il 1980 e il 1987. L’Accademia svolge, tutt’ora, anche un’attività di conservazione e promozione della tradizione rinascimentale della liturgia stazionale della Via Crucis. Di questo istituto, ricollegabile anche al Pontificio Istituto di Archeologia e Musica Sacra, parla anche la lettera anonima pervenuta nel 2005 alla trasmissione “Chi l’ha visto”, mai resa nota. Incontrai il riferimento alla Pontificia Accademia approfondendo la rivendicazione dell’Americano, l’interlocutore delle famiglie Orlandi e Gregori che parlava a nome dei sequestratori, del 6 settembre 1983 inerente la scadenza del 20 luglio e la Basilica di Santa Francesca Romana, rivendicazione riferibile, a parere fondato dello scrivente, ad un episodio avvenuto durante la settimana santa del 1578 quando una confraternita di frati conversi, “marrani” brasiliani, venne sciolta e i suoi componenti arsi vivi. Fu un noto giornalista che, valutando questa mia riflessione dimostrata da testi letterari che riportavano l’episodio narrato, mi mostrò la lettera anonima sopra citata nella quale si faceva riferimento proprio all’ Accademia Cultorum Martirum e alla liturgia stazionale!” In seguito, Goglia racconta di aver approfondito “lo studio sull’Accademia Cultorum Martyrum” restando colpito “dal legame dei suoi componenti dell’epoca con la realtà brasiliana e dalla veste di alcuni di questi di missionari e missionologi che avevano operato nel grande paese sudamericano.” Proseguendo nella sua ricerca, sempre lui racconta, “più Brasile veniva fuori, fino a immaginare e a sostenere l’operatività di una loggia massonica brasiliana o filobrasiliana a Roma a cavallo degli anni settanta e ottanta che si batteva per il rispetto dei diritti umani ed il ripristino del diritto di habeas corpus preventivo di cui all’art. 158 del Decreto Lei 1002/69 recante il Codigo do Proceso Penal Militar”. L’ex carabiniere ritiene che tutto questo sia in linea con quanto lui sostiene, ossia “che le ragazze, anche quelle statunitensi, furono sequestrate da ‘un gruppo brasiliano missionario a vocazione politica’ intenzionato a spingere i governi italiano, americano e vaticano, che a diverso titolo appoggiarono l’Operazione Condor, ad impegnarsi per il ristabilimento dei diritti umani e per un’amnistia per i detenuti politici in Brasile.” Goglia sottolinea poi che l’Accademia praticava la rievocazione teatrale del supplizio di Santa Agnese, “una giovinetta …come …Mirella ed Emanuela…testimonianze viventi di spontanea e fresca fede cristiana, adolescenti, caste vergini, coriste che inneggiavano al Signore.” Creando una correlazione tra la martire e le due ragazze, “ho scritto a Monsignor Vergari esponendogli il mio pensiero. Monsignor Vergari è stato cappellano della Pontificia Accademia Cultorum Martyrum, definita nella lettera già menzionata come

” una associazione molto chiusa che si occupa di culto memoriale, ma della quale certi membri hanno attività ben poco religiose….cioè fanatiche”..

Il prelato mi ha così risposto:

”Oramai sono tutti in paradiso”………

Ho diversi motivi per dissentire da questa affermazione…..e resto con un’ansiosa domanda – conclude l’ex carabiniere – : quale loggia massonica brasiliana o filobrasiliana che includeva religiosi, laici, diplomatici e sportivi era attiva a Roma sul principiare degli anni ottanta?”

Annuncio shock in Facebook: “Izzo parli dei suoi reati, a cominciare dalla Orlandi”

emanuela_orlandi_tuttacronacaIl 22 giugno 1983 spariva Emanuela Orlandi. Tutt’oggi, le “rivelazioni” continuano a susseguirsi, anche se di lei si sono perse le tracce. Ora è stata la giornalista romana Donatella Papi a parlare della scomparsa della ragazzina per la quale ha accusato suo marito Angelo Izzo, uno dei tre neofascisti autori del massacro del Circeo del 30 settembre 1975. In compagnia di Gianni Guido e Andrea Ghira, l’uomo stuprò e seviziò per 36 ore la 17 enne Maria Rosaria Lopez e la 20enne Donatella Colasanti. La prima delle due vittime venne poi affogata nella vasca da bagno, la seconda colpita a sprangate. I loro corpi vennero poi riposti in sacchi di plastica caricati nel portabagaglio della Fiat 127 di Guido, che la parcheggiò vicino casa prima di recarsi tutti e tre a cena, al termine della quale avevano intenzione di sbarazzarsi dei cadaveri. Una delle due giovani, Donatella Colasanti, si era però solo finta morta: scalciando nel portabagali riuscì ad allarmare i passanti e un metronotte. Izzo venne arrestato il giorno dopo e, l’anno successi, condannato all’ergastolo. Uscito in semilibertà, il 28 aprile 2005 torturò, stuprò e uccise la 47 enne Maria Carmela Linciano e la 14enne Valentina Maiorano a Ferrazzano, in provincia di Campobasso. Condannato nuovamente all’ergastolo, nel marzo 2010 nel carcere di Velletri ha sposato la giornalista Donatella Papi, cheperò ha chiesto la separazione dopo appena un anno:

“Angelo non è colpevole dei reati che gli sono attribuiti ma di altri fatti gravissimi per la nostra Repubblica e deve ora chiarire con la giustizia quello che ha detto a me”.

La svolta nei giorni scorsi, quando la giornalista ha scritto sulla sua pagina Facebook:

“Lo denuncio, parli dei suoi reati. A cominciare da Emanuela Orlandi”.

Quello che ci si chiede è se si tratti di uno scoop oppure della voglia di pubblicità. Ma ci si domanda anche quale potrà essere la reazione di Marco Fassoni Accetti, il fotografo romano che lo scorso aprile si era autoaccusato del “rapimento” di Emanuela. “Rapimento” che a suo dire avrebbe visto la ragazza consenziente perché avrebbe dovuto durare un tempo limitato: lo stretto necessario per mandare in Vaticano chissà quali “segnali”. Il problema della “rivelazione” della giornalista risiede nelle date: il delitto del Circeo avvenne nel ’75, otto anni prima della scomparsa della Orlandi. Izzo fu arrestato il 1 ottobre ’75 e condannato all’ergastolo il 29 luglio dell’anno successivo: come può un ergastolano avere fatto sparire la ragazza? Ma nel giugno ’83 era in galera o latitante, visto che nel ’93, cioè 10 anni dopo, è stato estradato dalla Francia dove era fuggito non si sa bene quando? Nel 2010 la Papi, per spiegare le nozze con l’ergastolano, scrisse in Facebook:

“Se ho sposato Angelo Izzo è stato per dimostrare che le condanne a lui comminate non erano relative a fatti realmente accaduti come emerso dai processi. Il primo processo relativo al delitto di Rosaria Lopez, che è stata una esecuzione rituale ben diversa da quello che si è voluto far credere fin qui. Il secondo un regolamento di conti che coinvolge bande italiane e kosovare che avevano avuto 30 mila euro per far sparire Carmela e Valentina Maiorano in seguito ad attività estorsive e compromissive verso alcuni magistrati di Bari della donna e della ragazza”.

E conclude:

“Izzo ha dimostrato sposandomi e amandomi di avere una indole, oltre che sana, di grande maturità e capacità emotive fino a quasi il trascendente. Ma la sua anima e la sua storia sono utilizzate da un sistema che incrocia Stato e Chiesa per uccidere. Questo che pare tanto grave e indicibile ora è a conoscenza di milioni di persone. La mia famiglia sa e chi ha potuto fare ha fatto. La famiglia Izzo cosa preferisce il papato o la dignità? E lo Stato pensa di elogiare il collaboratore Izzo proseguendo in questa doppia vita del mostro e dell’eroe?”.

Ora non resta che vedere come si srotolerà questa nuova pista…

Aggiornamento 4 ottobre 2013

Ci scrive la giornalista Donatella Papi:

Izzo e il caso Orlandi

Giorni fa, intorno al 30 settembre scorso, sono apparsi su alcuni giornali nazionali e locali articoli tratti dalla mia pagina Facebook secondo i quali io avrei detto che “fu Angelo Izzo a rapire Emanuela Orlandi”. I titoli sono quanto mai falsi e fuorvianti. Prima di tutto perchè all’epoca del sequestro Orlandi, datato il 22 giugno 1983, Izzo era in carcere e dunque non si capisce come potrebbe aver preso parte al sequestro. E comunque io non ho affatto detto questo. Il modo di attribuire affermazioni gravi, oltre che penalmente rilevante, è una strategia per depistare le verità.

Perchè effettivamente io su Emanuela Orlandi ho invece detto qualche cosa che ha determinato una svolta nelle indagini.

Del resto noi stessi, così come aveva fatto Blitz Quotidiano, avevamo notato l’incongruenza delle date, come manifestato nel passaggio: “Il problema della ‘rivelazione’ della giornalista risiede nelle date: il delitto del Circeo avvenne nel ’75, otto anni prima della scomparsa della Orlandi. Izzo fu arrestato il 1 ottobre ’75 e condannato all’ergastolo il 29 luglio dell’anno successivo: come può un ergastolano avere fatto sparire la ragazza? Ma nel giugno ’83 era in galera o latitante, visto che nel ’93, cioè 10 anni dopo, è stato estradato dalla Francia dove era fuggito non si sa bene quando?”

Un nuovo supertestimone nel caso Ragusa, incastrerebbe Logli.

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Ci sarebbe un nuovo supertestimone nel caso Ragusa. A rivelarlo è un servizio del TgCom che parla di un uomo rintracciato dalla trasmissione Quarto Grado, in onda questa sera su Rete 4. Il testimone nella sua dichiarazione dice di aver visto Roberta Ragusa salire nell’auto del marito Antonio Logli, intorno all’1 di notte, la stessa sera della scomparsa della donna. Il supertestimone sembrerebbe, ma è un dato ancora da appurare, che era a bordo della sua bici e di aver notato la coppia. Un racconto che, dopo quello di Loris Gozi che disse di avere visto Logli fuori dalla sua casa più o meno alla stessa ora, smentirebbe la versione dei fatti del marito che ha sempre raccontato di essere andato a dormire prima di mezzanotte lasciando la moglie in cucina mentre compilava la lista della spesa e di non averla più vista fino al mattino dopo quando si è accorto che non si era coricata ed era sparita nel nulla.

Quanto è attendibile il nuovo testimone?

«Sappiamo chi è ma non è ancora stato preso a verbale – ha detto all’ANSA il procuratore Ugo Adinolfi – e lo ascolteremo presto, certo è che si è presentato soltanto ora dopo venti mesi e qualche perplessità ce l’abbiamo». L’uomo nell’intervista a Quarto Grado ha affermato di avere visto Roberta Ragusa attraversare la strada in pigiama mentre lui la percorreva in bicicletta: «Faceva un freddo cane e ho notato quella donna in pigiama, poco prima dell’una di notte. L’ha vista anche il conducente di un’altra auto che sopraggiungeva in quel momento e alla guida della quale c’era una persona che conosco». Insomma, i nuovi testi potrebbero essere due. «Verificheremo il racconto – ha precisato Adinolfi – ma è presto per dire se davvero si tratta di una svolta alle indagini o se invece è qualcuno che cerca pubblicità».

Logli accusa i giornalisti e i media.

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Antonio Logli, risponde ai media e ai giornalisti che non hanno “ritegno” per un uomo che è già stato provato dalla scomparsa della moglie e che vive nel terrore che possa succedere qualcosa anche ai suoi figli. Dai microfoni di Linea Gialla, Logli, unico indagato per l’omicidio della donna scomparsa dalla sua abitazione di Gello di San Giuliano Terme (Pisa) le notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012, ha affermato:

“Io voglio che mia moglie venga trovata ma ancora non si sa dove sia”. Logli lancia una frecciatina anche a tutte le signore che in questi mesi si sono dette amiche di Roberta: “Mia moglie aveva solo un’amica, adesso di lei tutti sanno tutto”. Logli si dice sconvolto per quello che è successo in particolare per come i media e i giornalisti hanno affrontato la vicenda. Non solo vive il dramma della scomparsa di sua moglie ma è costretto a vivere nell’incubo che ai suoi figli possa capitare qualcosa. Racconta infatti dell’insistenza dei giornalisti nel volere ascoltare i bambini tanto che davanti la scuola c’è sempre qualcuno. Racconta anche di come una maestra per mettere “in salvo” la sua bambina, l’abbia dovuta nascondere in bagno. Logli si dice deluso per l’atteggiamento della procura, dei carabinieri, dei magistrati e del sindaco. Nessuno ha fatto nulla per tutelare la sua privacy e quella della sua famiglia. In particolare c’è stato più interesse alla sua storia con Sara che alla ricerche per Roberta.

La golf bruciata intorno al caso Ragusa

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Si sta cercando di ovunque il corpo di Roberta Ragusa, ma nel frattempo, tra indagini e analisi di laboratorio, si lavora anche a ricostruire il profilo psicologico di Antonio Logli, marito di Roberta Ragusa, unico indagato per l’omicidio della donna scomparsa. Mentre è in atto questa frenetica attività nella redazione di Chi l’ha Visto arriva anche una lettera “di una donna angosciata” che decrive che Antonio Logli è un uomo “manesco e vendicativo” e poi si aggiunge “Sono in grado di fornire dei dettagli che forse possono essere di aiuto alle indagini perché la scomparsa di Roberta è per me un tarlo”.

La donna misteriosa aggiunge che “quando era alla guida non tollerava di essere sorpassato da nessuno” e che se ciò accadeva era solito inseguire la persona che aveva osato un tale affronto, “era abilissimo nell’aprire serrature e maneggiava con destrezza gli strumenti per farlo”.

Nella puntata del 25 settembre, la redazione di Chi l’ha visto ha anche indagato sul caso di una macchina bruciata, una Golf che apparteneva a un conoscente di Antonio Logli. Il veicolo fu trovato bruciato all’interno di un garage e se in un primo tempo si ritenne che l’incendio poteva essere doloso, poi con il tempo la colpa fu attribuita a un guasto meccanico. L’episodio accaduto circa 30 anni fa è tornato alla ribalta quando si è appreso che quell’uomo, in quel periodo, era nel mirino di Logli che lo accusava di avergli fatto un torto.  Quella macchina nuova che andò a fuoco è riconducibile in qualche modo ad Antonio Logli? Per il momento sono solo ipotesi prive di fondamento, ma i dubbi ora aleggiano.

Caso Ragusa. Gozi: “Sara Calzolaio ha avuto atteggiamenti intimidatori”

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Loris Gozi, a Quarto Grado, ha fatto sapere che Sara Calzolaio avrebbe compiuto nei suoi confronti atti intimidatori. In particolare Gozi ha riferito che l’amante di Antonio Logli  avrebbe invaso la sua corsia stradale, mentre lui transitava con un motorino. La donna, a bordo della sua automobile, avrebbe insultato Loris Gozi e lo avrebbe costretto ad una manovra per evitare la vettura. Gozi dice di aver paura non tanto per sé quanto per la sua famiglia:

«La mia coscienza mi ha fatto dire tutta la verità. Pochi giorni fa, Sara Calzolaio mi viene incontro con l’auto, si scaglia parolacce. Ero in motorino. Ora ho paura», Gozi, ha affermato di assumersi la  responsabilità totale di ciò che stava dichiarando. Il testimone ha aggiunto che non ha sporto denuncia poichè la situazione potrebbe andare ad aggravarsi ulteriormente.

Roberta Ragusa: ora si cerca nel cimitero!

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Si è cercata ovunque Roberta Ragusa, ma forse, non si è cercato bene nel cimitero, tra le lapidi di San Giuliano Terme, non lontano dalla casa dove abitava con il marito Antonio Logli. Si torna indietro dopo gli esiti negativi sulle auto dell’amante e del padre di Logli nonché sul furgone che lo stesso marito della Ragusa usava per lavoro e nel quale una collega aveva ritrovato fazzolettini sporchi di sangue? Si va avanti con il georadar, ma si guarda laddove le analisi effettuate con altri mezzi non hanno avuto esito. Ancora nelle orecchie degli inquirenti non suona la giustificazione fornita proprio da Logli dopo che aveva denunciato la scomparsa della moglie affermando che la donna si era allontanata a seguito di un vuoto di memoria causato da un colpo che si era procurata in testa. Il marito affermò che si era recato, dopo la scomparsa della moglie, nel cimitero perché aveva ritenuto di poter trovare la donna accanto alla tomba della madre. Dopo la battuta d’arresto sulle nuove indagini che non hanno portato nessuna novità, si torna quindi ad analizzare meglio i dettagli già in possesso delle forse dell’ordine sperando che una scansione con il georadar capace di “vedere” fino a tre metri sotto terra possa dare esiti positivi e riaprire la strada alla speranza di trovare una spiegazione a un mistero sempre più fitto. 

 

Roberta Ragusa: traccia biologica nell’auto di Sara Calzolaio

ragusa-tracce-biologiche-tuttacronacaI carabinieri del Ris di Parma avrebbero trovato una traccia biologica sull’automobile di Sara Calzolaio, l’attuale compagna di Antonio Logli del quale, alcuni giorni fa, i militari avevano ispezionato il furgone in uso. Il marito di Roberta Ragusa, scomparsa dalla sua abitazione di Gello di San Giuliano Terme (Pisa) la notte tra il 12 e il 13 gennaio 2012, è indagato per omicidio volontario e occultamento di cadavere. La Calzolaio ha ricevuto di recente l’avviso di garanzia con l’accusa di favoreggiamento, proprio per consentire l’ispezione della vettura mentre Valdemaro Logli è accusato di concorso in occultamento di cadavere. Sull’auto del suocero della Ragusa le analisi hanno escluso la presenza di tracce, mentre due reperti biologici sono stati trovati nel vano di carico del furgone di Antonio Logli e nell’auto di Sara Calzolaio. La prima però, stando a quanto si apprende da fonti investigative, è troppo piccola e dunque inutilizzabile. Gli accertamenti, quindi, si stanno effettuando su quella repertata su un tappetino dell’abitacolo dell’auto della Calzolaio. Nel frattempo, i carabinieri proseguono le loro indagini e stanno ultimando una mappatura di luoghi sui quali effettuare nuove ispezioni con il georadar alla ricerca del corpo di Roberta Ragusa.

Roberta Ragusa serve un’altra settimana prima di svelare il mistero?

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Sembra che occorra un’ulteriore settimana per avere i risultati dei tamponi effettuati dai Ris di Roma sul furgone della Geste in uso ad Antonio Logli e sull’auto della sua nuova compagna Sara Calzolaio nell’ambito delle indagini sul caso della scomparsa di Roberta Ragusa.

“Lo giudichiamo un fatto positivo ai fini dell’accertamento della verità – ha spiegato il procuratore Ugo Adinolfi – perché le tracce repertate sono piccolissime e i Ris ci avevano già detto che sarebbe stato difficile ricavare risposte utili. Tuttavia se ci chiedono altro tempo significa che possiamo sperare che quei minuscoli reperti possano comunque fornire indicazioni utili, pur se parziali, alle nostre investigazioni.”

La Baronessa Rothschild uccisa per un segreto che riguardava la Orlandi?

rothschild-orlandi-tuttacronacaPotrebbe esserci una svolta, dopo 33 anni dalla morte, sul caso di Gabriella Guerin, la donna di Ronchis, in provincia di Udine, governante della baronessa Rothschild, uccisa in circostanze misteriose nel novembre del 1980 sui monti Sibillini, nelle Marche, in provincia di Macerata. Un’ipotetica riapertura dell’inchiesta ruoterebbe attorno a due casi: quello di Emanuela Orlandi e quello della nobildonna inglese Ellen Dorothy Jeannette Bishop, meglio nota come baronessa Rothschild. La Guerin lavorò proprio per la nobildonna inglese, prima come cuoca e poi come governante e segretaria fino a quel novembre dell’80 quando entrambe scomparvero e vennero ritrovate, cadaveri, nel gennaio 1982. La prima ipotesi fu quella di morte per assideramento e solo nel 1989 fu associata a un duplice omicidio premeditato. Il killer è rimasto ignoto ma sembra abbia ucciso le sue vittime per strangolamento.  Quello che resta ignoto è il movente. Le indagini, incentrate negli ultimi anni sul legame tra la Banda della Magliana, “Renatino” De Pedis, i cardinali Marcinkus e Poletti, i rapimenti della Orlandi e della giovane romana Mirella Gregori, potrebbero estendersi, grazie alle dichiarazioni di un “supertestimone”, anche al giallo insoluto dell’assassinio della baronessa. E con lei anche a quello della friulana Guerin. S’ipotizza infatti che la Rothschild, amica del cardinale Marcinkus, potente esponente della banca vaticana dello Ior, possa essere venuta a conoscenza di qualche segreto, fatto che avrebbe reso necessaria la morte sua e della governante, che nel tempo era divenuta anche amica e confidente. Un segreto che forse potrebbe avere a che fare proprio con il rapimento della Orlandi.

CASO RAGUSA: trovate tracce biologiche nell’auto dell’amante di Logli

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Sembrava che i rilievi effettuati ieri (9 luglio) dai i Ris di Roma sui mezzi dell’amante di Logli, Sara Calzolaio e su quella del padre di Antonio Loglio, Valdemaro, non avessero portato a nulla. Invece è notizia delle ultime ore che i rilievi dei Ris di Roma avrebbero individuato macchioline sia nel vano di carico del furgone della Geste, usato da Antonio Logli, sia nell’auto di  Sara Calzolaio. Ora bisogna attendere gli esami di laboratorio che arriveranno nei prossimi giorni.

Antonio Logli è indagato nell’ambito dell’inchiesta per la scomparsa di Roberta Ragusa, insieme al padre e all’amante.

“In entrambi i casi tuttavia, spiegano gli inquirenti, si tratta di reperti molto piccoli dai quali non sara’ facile estrarre evidenze scientifiche utili alle indagini. Nelle prossime settimane saranno invece sentiti nuovi testimoni che potrebbero fornire indicazioni soprattutto sulla notte della scomparsa di Roberta Ragusa. I magistrati mantengono il massimo riserbo sulla loro identità, anche se non sembrano aspettarsi comunque rivelazioni decisive.”

Sono in corso i rilevamenti sui mezzi per far luce sul caso Ragusa

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Sono in corso da ore le ispezioni sui tre veicoli posti sotto sequestro nel caso Ragusa dopo la testimonianza di una dipendente della ditta in cui lavora anche Logli che ha raccontato, nei giorni scorsi, agli inquirenti di aver rinvenuto alcuni mesi fa dei fazzoletti sporchi di sangue in un mezzo usato per lavoro dal marito di Roberta Ragusa. Oltre al mezzo di lavoro, i Ris, stanno analizzando anche l’auto dell’amante di Logli, Sara Calzolaio, e quella del padre del principale indagato. Per poter effettuare queste analisi l’amante e il padre di Logli sono stati iscritti nel registro degli indagati.  

In particolare i Ris di Roma vogliono rintracciare tracce ematiche riconducibili alla donna scomparsa.

Sia il padre del principale sospettato che la sua attuale compagna stanno assistendo ai rilievi scientifici condotti dai Ris in compagnia dei loro avvocati.

Aggiornamento 9 Luglio 2013, 21,50: Sembrerebbero senza esito i rilievi compiuti oggi dai Ris, sulla  Mercedes grigia di Valdemaro Logli e la Ford Fiesta rossa di Sara Calzolaio. In particolare a risultare negativo sarebbe stato proprio l’esame del luminol che non avrebbe rilevato eventuali tracce di sangue. Stesso esito, per il furgone della Geste, la municipalizzata dei servizi del comune di San Giuliano Terme.

Il caso Ragusa rimane avvolto nel mistero.

 

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“Emanuela Orlandi è morta”, lo dice il pm!

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E’ il pm Giancarlo Capaldo a non aver più dubbi “Emanuela Orlandi è morta”. Intanto Marco Fassoni Accetti, l’uomo che si è autoaccusato del sequestro di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori  ai pm Capaldo e Simona Maisto dice: “Tutto iniziò con le microspie nelle auto dei monsignori. Poi arrivammo ai sequestri”.

Questa non è una delle tante rivelazioni shock che per 30 anni hanno affollato le pagine dei giornali per poi rivelarsi infondate.  E’ lo stesso pm Capaldo ad aver dichiarato a un giornalista del Corriere della sera di essere vicino alla soluzione del caso.

Sul Corriere della Sera si ricostruisce uno “scenario” o meglio “una lotta tra fazioni all’ombra del Cupolone”:

“Di più: i nomi degli alti prelati ai quali (senza che ciò comporti un loro coinvolgimento) avrebbero fatto riferimento i gruppi di potere coperto dal cui scontro sarebbe germinato il sequestro di Emanuela e Mirella. Premessa necessaria: la Procura prende sul serio il superteste indagato. Finora non ha mostrato di curarsi del materiale artistico di Accetti – film e foto sui temi della morte, del potere, del sesso – che a taluni fanno balenare l’ipotesi pedofilia. Tanto più che lui stesso ha fornito le liberatorie per le riprese ai minori e il sito non è stato sequestrato. A Piazzale Clodio, piuttosto, intendono approfondire e riscontrare – vista la gran mole di eventi, inseriti nel loro contesto geopolitico – tutto ciò che l’uomo racconta”.

Ma da dove inizia il coinvolgimento di Accetti? Bisogna tornare ai tempi in cui il “supertestimone” era collegiale al al San Giuseppe De Merode.Qui conobbe alcuni  religiosi che gli mettono a disposizione abiti talari e locali per attività filmiche grazie all’interessamento del suo direttore spirituale Pierluigi Celata.

“«Sacerdoti un po’ peccatori mi proposero: visto che sei così bravo con la cinepresa, vuoi renderti utile?» Siamo alla fine dei ’70, tempo di guerra fredda. Di spie, cordate e camarille. Le azioni del «nucleo di controspionaggio», elenca Accetti, nascono per «tutelare il dialogo con i Paesi del Patto di Varsavia» (il che coincideva con la linea Casaroli) e contrastare la gestione di Ior e Apsa”.

E poi l’articolo continua tra microspie e possibili intrighi vaticani:

“«Volevamo condizionare in senso progressista le scelte del Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa… Agivamo nell’area di monsignor Backis (cardinale lituano presente al recente conclave, ndr)». Accetti comunque un episodio lo cita: «Nella sua Fiat collocammo microspie per attenzionare persone che erano con lui». Altre figure vicine erano «monsignor Martin, della Prefettura pontificia, e Deskur, preposto alle Comunicazioni sociali», nonché «il cardinal Hume, alle prese con i debiti della sua diocesi»”.

Il bersaglio, giunti alla fine del 1978, era il “papa polacco”:

“«Ci opponevamo ai finanziamenti a Solidarnosc e in generale alla spinta anticomunista di Wojtyla». Per questo, vittime di ricatti e dossieraggi sarebbero stati il cardinal Caprio (anni prima espulso dalla Cina, spiato con cimici «sotto la moquette gialla») e monsignor Hnilica (condannato per il caso Calvi), oltre a Marcinkus, discusso capo dello Ior, all’uomo d’affari Thomas Macioce e al cardinal O’Connor”.

Poi nella storia entrano anche il destino di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori nel 1981:

“È dall’81, con l’attentato al papa in piazza San Pietro – in vista del quale il «ganglio» (come rivelato dal Corriere lo scorso 18 maggio) avrebbe svolto «azioni di supporto» a favore dei Lupi grigi – che il loro destino inizia a essere segnato. «Le prelevammo dopo la promessa dei servizi segreti ad Agca di liberarlo entro due anni: la Gregori, cittadina italiana, serviva a premere per la grazia presidenziale. Io ci misi le mie capacità di sceneggiatura…»”.

Poi l’articolo però si conclude con l’ennesimo dubbio:

“Accetti sostiene che Katy Skerl, la diciassettenne strangolata nel gennaio 1984 a Grottaferrata, fu uccisa nell’ambito dello stesso scontro di potere. È tale narrazione circostanziata e minuziosissima, seppure mai suffragata da chiamate in correità, che induce la Procura all’ottimismo?”.

Svolta nel caso Ragusa: altri due indagati oltre il marito

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Si aggiungono al registro degli indagati per il caso Roberta Ragusa altre due persone. Si tratta di  Sara Calzolaio, amante di Logli, e del padre di quest’ultimo, Valdemaro Logli. La procura di Pisa sospetterebbe i due per favoreggiamento nel delitto. Ora è probabile che nei prossimi giorni le forze dell’ordine perquisiranno le auto del padre e dell’amante di Logli alla ricerca di nuovi indizi, anche alla luce di alcuni fazzoletti sporchi di sangue visti nel furgone, usato sul posto di lavoro dal marito della Ragusa. Questa potrebbe essere la svolta che si attendeva per trovare le risposte al mistero della donna scomparsa nel gennaio 2012.

I fazzoletti sporchi di sangue nel caso Ragusa

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Dopo i continui appelli degli investigatori e della famiglia di Roberta Ragusa a coloro che conoscono la verità ma che stanno tacendo per paura qualcuno sembra essersi fatto finalmente avanti.

«Non ce la faccio più a tenermi dentro questa cosa…» ha detto, lunedì scorso, una dipendente della Geste al suo direttore. La donna, sulla cinquantina, abita in un paese dell’hinterland pisano, è una collega di Logli che per la società di servizi comunali ha lavorato come elettricista a tempo pieno fino alla scomparsa della moglie, ora, invece, fa un part time. La donna ha preferito prima confidarsi con il dirigente, il quale ha avvisato immediatamente i carabinieri e martedì la donna è stata ascoltata in Procura dal magistrato che conduce l’inchiesta, il sostituto procuratore Aldo Mantovani. La deposizione è durata quasi due ore e in particolare la testimone ha raccontato che intorno a febbraio-marzo dello scorso anno, ha trovato  due fazzolettini di carta macchiati di sangue, mentre stava pulendo uno dei furgoncini della Geste. I fazzolettini sono poi stati buttati dalla testimone nella spazzatura. Si tratta di un Fiat Fiorino che fino al novembre del 2011 era solitamente usato per lavoro da Antonio Logli. Il quale, appunto un paio mesi prima della scomparsa della moglie, disse che quel furgoncino non andava più e, quindi, Geste gliene mise a disposizione un altro. In realtà quel Fiorino aveva bisogno solo di un intervento di manutenzione di poco conto, quindi chi aveva le chiavi o sapeva dove trovarle avrebbe potuto servirsene senza problemi. Quando il 29 febbraio 2012 i Ris dei Carabinieri di Roma vennero a Gello per la prima volta, quel veicolo non fu preso in considerazione, essendo ‘ufficialmente’ fermo da tre mesi. Ora il  furgoncino è stato posto sotto sequestro e sarà sottoposto agli accertamenti tecnico-scientifici del caso.

Sconvolgenti rivelazioni sull’Orlandi: quanto è attendibile Accetti?

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Convocato ieri nuovamente a Piazzale Clodio, Marco Fassoni Accetti, il fotografo che ha raccontato di aver partecipato al sequestro Orlandi e di essere stato uno dei telefonisti  (la perizia fonica è in corso), ha raccontato i motivi che, secondo lui, avrebbero portato il gruppo che sequestrò la ragazza a non liberarla subito. Ci furono dei fatti «non preventivati» che fecero «precipitare la situazione». Doveva tornare presto a casa ma fu «trattenuta», con il risultato di trasformare un «finto sequestro» in un giallo infinito.

Interrogato per ore dal   procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo alla presenza dell’avvocatessa Maria Calisse, nel confronto di ieri il magistrato ha cercato di avere nomi “sicuri” di complici e avversari del gruppo. Un gruppo «formato da laici ed ecclesiastici, con il supporto di fiancheggiatori della Stasi» che lo stesso Accetti ha coinvolto nelle dichiarazioni di maggio scorso, quando sostenne che l’accordo firmato dallo Ior sul crack Ambrosiano nel 1984 fu dettato dal ricatto dei sequestratori.

«Io non faccio chiamate in correità – insiste il superteste – fornisco il contesto e numerosi riscontri». Un quadro dettagliato, questo è certo. Il «nucleo di controspionaggio» avrebbe rapito la Orlandi e Mirella Gregori (46 giorni prima) per compiere pressioni per conto di ecclesiastici «orientati in senso progressista». Due gli obiettivi: indurre Alì Agca a ritrattare le accuse ai bulgari di complicità nell’attentato al papa (in cambio di una sua futura liberazione) e colpire lo Ior di Marcinkus.

«Nostra controparte – specifica Accetti – erano persone legate all’avvocato Ortolani (poi condannato per il crak Ambrosiano) e altre vicine a Thomas Marcinkus». La guerra all’ombra del Vaticano, quindi, troverebbe nuovi spunti. Emanuela «doveva tornare a casa in 24 ore», ma ciò fu impedito «prima perché il 23 giugno non avevamo in mano la denuncia di scomparsa da produrre in fotocopia ad Agca». E questo trova riscontro: la famiglia fu invitata a non sporgere subito denuncia al Collegio romano, nella speranza di una «scappatella».

In un secondo momento – e siamo al 24-25 giugno – «perché ci arrivò voce che la commissione bilaterale tra Stato vaticano e italiano per esaminare la situazione dello Ior, fissata al 30 giugno, non sarebbe arrivata a un accordo». «E’ bene tenerle», sarebbe stato l’ordine impartito da non meglio precisati ambienti agli esecutori dei sequestri.

Poi avvennero due eventi deflagranti secondo Accetti: l’appello del 3 luglio di papa Wojtyla, che diede al caso rilievo planetario, e il rilancio delle accuse ai bulgari da parte di Agca, l’8 luglio, al grido di «Sono lo strumento del Kgb!».

Terrorismo,scandali finanziari e fazioni politiche in Vaticano che si sarebbero intrecciate con il destino delle due ragazza scomparse ai tempi della guerra fredda. Ora lo Ior, nelle cronache degli ultimi giorni, è ancora nella bufera, ma sulla verità dell’Orlandi e della Gregori ancora non si vede la luce a 30 anni dalla scomparsa.

 

La tecnologia al servizio del caso Ragusa: arriva il georadar

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Sarà un sistema georadar di ultima generazione a cercare i resti di Roberta Ragusa, la donna scomparsa dalla sua abitazione di Gello di San Giuliano Terme (Pisa) la notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012, in alcune zone del territorio della provincia di Pisa. Le ricerche scatteranno nei prossimi giorni e saranno effettuate con uno strumento capace di ”vedere” in profondita’ variabili del sottosuolo fino a oltre 3 metri e con la capacita’ di penetrare qualsiasi terreno e materiali.

Emanuela Orlandi è morta? Questa sera una fiaccolata per lei

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Presente a un incontro della terza edizione del Festival Trame a Lamezia, il procuratore aggiunto di Roma, Giancarlo Capaldo, parla della scomparsa della 16enne romana di cui si sono perse le tracce il 22 giugno 1983: “Emanuela Orlandi è morta, ma il caso della sua scomparsa potrebbe risolversi. Finora ci sono state molte false piste e molti depistaggi”. E aggiunge: “La verità sulla fine di Emanuela non si è trovata per molto tempo perché troppi temevano che dietro questa storia si nascondesse una verità scomoda… Che Emanuela Orlandi sia morta è evidente. Che altro si può pensare di una persona scomparsa che non s’è fatta mai viva con nessuno per ben 30 anni di fila?”. Intanto oggi ci sarà una fiaccolata organizzata per lei. Spiega il fratello della ragazza Pietro Orlandi: “Sarà un po’ come riportarla a casa”. La manifestazione si terrà alle 19.30, la stessa ora in cui Emanuela uscì per l’ultima volta dalla scuola di musica che si trovava vicino alla chiesa di Sant’Apollinare a Roma. E proprio da questa piazza si metterà in moto la fiaccolata che raggiungerà il Vaticano. “Abbiamo denominato l’iniziativa Ritorno a casa – dice il fratello di Emanuela – e vorremmo entrare in piazza San Pietro: la mia speranza è che possa arrivare un segnale dal Papa, che papa Francesco possa essere presente in piazza”. Pietro Orlandi e Bergoglio si sono visti, rapidamente, in un’occasione, pochi giorni dopo l’elezione del pontefice:  “Mi disse: ‘Lei sta in cielo’. Una frase che mi ha fatto gelare il sangue”, ha ammesso Pietro. “Stiamo organizzando la marcia per sabato 22 giugno e abbiamo ricevuto tantissime adesioni”, aggiunge Pietro, che continua a promuovere la sua petizione per chiedere verità e giustizia sulla vicenda di Emanuela, a cui hanno aderito in oltre 153 mila. “E sono centinaia anche le persone che in queste settimane mi hanno comunicato la loro partecipazione alla marcia del 22 – aggiunge Pietro -. Ho ricevuto adesioni da 30 città, dalla Sicilia a Lugano. Una volta a San Pietro, libereremo in aria delle lanterne cinesi e poi inizierà una veglia di preghiera e per ricordare che siamo ancora in attesa di risposte e di collaborazione anche da parte del Vaticano. La mia speranza che anche il Papa vorrà pregare con noi”.

Nuova testimone per caso Ragusa “Logli fece sesso con me”

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Un matrimonio infelice e quello che confessò Logli a una partner con cui ebbe un rapporto sessuale,  tra il giugno e il settembre 2011, e che ora ha testimoniato in procura. La nuova testimone avrebbe dichiarato: “Antonio Logli confidò quasi un anno prima della scomparsa della moglie di vivere un matrimonio infelice e di avere anche un’amante, ma di non potersi separare per motivi economici”.

Al termine dell’interrogatorio, la notizia sarebbe stata confermata alla stampa dal procuratore della repubblica, Ugo Adinolfi: “Riteniamo credibile questa signora che si è presentata spontaneamente e non ha alcun motivo di mentire. Dice di avere riconosciuto Antonio Logli vedendo il caso in Tv e comunque ce lo ha descritto minuziosamente anche in sede di interrogatorio. Alla luce di questa testimonianza potremmo decidere di risentire anche l’amante di Antonio Logli“.

Caso Ragusa: in Procura una nuova testimone

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Potrebbe rivelare dettagli importarti sul rapporto di Roberta Ragusa e del marito la nuova testimone che verrà ascoltata oggi in Procura. Gli inquirenti sperano possano emergere nuovi particolari grazie alla donna, un’amica di Antonio Logli, dopo quasi 17 mesi d’indagini che non hanno portato a una soluzione definitiva al caso. La Nazione rende noto che, nel frattempo, sono già stati ascoltati i familiari della coppia, il collaboratore dell’autoscuola della Ragusa e Sara Calzolaio, l’amante (ex baby-sitter dei figli ed ex segretaria della stessa autoscuola) di Logli, indagato per omicidio e occultamento di cadavere.

“Lei sta in cielo” così Francesco su Emanuela Orlandi

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«”Lei sta in cielo”. È questa la frase che papa Francesco ha detto prima a mia madre e poi a me quando, come tanti altri fedeli, lo abbiamo incontrato dopo la messa che celebrò nella parrocchia di S. Anna in Vaticano pochi giorni dopo la sua elezione: parole che mi hanno fatto gelare il sangue». Così il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi che poi ha aggiunto «Da quando è stato eletto il nuovo papa – spiega – ho chiesto più volte di poter avere un incontro personale con lui. Ho inviato quattro fax diretti al suo segretario personale, mi sono accertato che li avesse ricevuti, ma per ora non ho avuto risposta. A questo punto, vedo poche possibilità».

E’ stata la frase di un uomo di chiesa che cerca di consolare i genitori di una ragazza scomparsa da 30 anni o è una frase da Capo di un Stato che rivela una triste verità?

Le cugine di Roberta Ragusa contro l’amante di Logli!

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Dramma e querele sembrano essere tutte in famiglia per il caso di Roberta Ragusa, la donna toscana scomparsa il 14 gennaio del 2012. Oggi c’è la risposta delle cugine di Roberta,  Sonia e Giovanna, che hanno giudicato infamanti le accuse rivolte alla loro famigliare da Sara Calzolaio, l’amante del marito della donna scomparsa. Sara infatti avrebbe affermato davanti agli inquirenti che Roberta sarebbe ancora viva, ma che non ha intenzione di tornare e che spererebbe che Antonio Logli venga condannato per il suo presunto omicidio. Secondo le cugine queste accuse minerebbero l’immagine di Roberta, prima di tutto davanti agli occhi dei figli e danneggerebbero anche i parenti della scomparsa. Secondo le cugine, Sara Calzolaio, sta cercando davanti agli inquirenti di alleggerire la posizione del suo amante e per farlo ha deciso di infangare la memoria di Roberta. Un caso che dopo un anno e mezzo non sembra essere arrivato a nessuna svolta e nel quale ancora i sospetti e i dubbi restano tali non trovando un vero riscontro nella realtà. Le prove in mano agli inquirenti sono poche, mentre sono tanti  i depistaggi che sono stati messi in atto durante le indagini.

 

Caso Ragusa: la testimonianza di Sara, l’amante di Logli

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Si torna a parlare del caso Ragusa, a Quarto Grado, e ci si sofferma sulla recente testimonianza di Sara Calzolaio in procura. La donna ha confermato in tutto e per tutto la versione del suo uomo, Antonio Logli, il marito di Roberta Ragusa. Parlando del testimone Loris Gozi, ha affermato che è tutto falso, tutto sbagliato, e che lui mente. Rifiuta di parlare con i giornalisti, perchè ha “parlato con chi di dovere”. Ha anche spiegato che le telefonate di quella notte erano la loro routine, prima una di 50 minuti, poi una di 40, infine una terza, di soli 17 secondi, “forse perchè è caduta la linea, forse è morta la batteria”. E per quel che riguarda Roberta? Ancora una volta appoggia la tesi di Logli, che la donna si sia allontanata e, anzi, si augura che torni presto. Da parte loro gli inquirenti si sono dettti soddisfatti dell’interrogatorio, durante il quale la donna si è mostrata a parte remissiva e altre più aggressiva. Il procuratore le ha chiesto se vivesse con Logli due volte, ricevendo risposta negativa. Quando le è stato ricordato che potrebbe essere incriminata di falsa testimonianza, la donna ha ammesso che sì, vivono assieme ha quando la madre l’ha cacciata da casa dopo la morte del padre per problemi circolatori e della quale la accusa. Sara ha anche dichiarato che Logli le sta preparando un appartamento dove lei si trasferirà. Si sono conosciuti nel 2005, lei e Logli, e per questa relazione è stata anche cacciata dalla sua comunità di Testimoni di Geova. Una sua amica racconta che lei era davvero innamorata di quest’uomo, che probabilmente per lei è stato il primo e che ora è l’unico affetto che le è rimasto. Così come lo sono i suoi figli, ai quali lei aveva fatto da baby-sitter diventando anche amica di Roberta.

Caso Ragusa: il giorno della testimonianza di Sara Calzolaio, l’amante di Logli

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E’ arrivata in procura stamattina alle 8.30, da sola e con un cappuccio in testa e un ombrello per coprirsi il volto e non essere così presa d’assalto da cameraman, giornalisti e fotografi, Sara Calzolaio. L’amante di Antonio Logli, marito di Roberta Ragusa e unico indagato per omicidio volontario e occultamento di cadavere per la scomparsa della moglie avvenuta la notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012 sarà ascoltata come testimone dal pm Aldo Mantovani e il suo è uno degli interrogatori più attesi perché dovrà rispondere sia sui rapporti familiari precedenti ai fatti sia su quelli successivi alla scomparsa di Roberta Ragusa. La donna, infatti, non solo continua ad avere una relazione sentimentale con Logli ma anche a frequentare la casa di famiglia e i figli della coppia. Il pm ha già ascoltato per quattro ore, lo scorso lunedì, il fratello e la cognata del marito di Roberta e, al centro dell’interrogatorio, c’è stata la figura dell’amante e della sua relazione con l’indagato. “Secondo le ipotesi degli inquirenti la scoperta del tradimento del marito e della giovane donna che lei stessa aveva assunto potrebbero essere all’origine della lite di quella notte.”

Caso Ragusa: si continua a cercare Roberta. Ma l’amnesia era reale?

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Alla trasmissione Quarto Grado il nuovo supertestimone del caso Ragusa racconta di aver visto due uomini portare un sacco nero in mezzo alla pineta, a circa 20 km da casa di Roberta. Il 26enne, tunisino, inizialmente aveva pensato si potesse trattare di una macchinetta del videopoker, che da poco era stato portato via in quel periodo da un locale. Il ragazzo stava tornando a casa con un amico dopo essere stato in discoteca quando ha visto queste due persone, una delle quali corrisponde alla descrizione di Logli. L’uomo, agli arresti domiciliari, non ha nessun motivo per esporsi e la sua testimonianza è al vaglio degli inquirenti, mentre lui confessa di non riuscire più a dormire pensando il fatto. Nel frattempo sono iniziate le ricerche nella zona da lui indicata.

Logli, fin dal primo giorno dopo la scomparsa, ha raccontato, anche al momento della denuncia della sparizione, di un problema di amnesia della moglie a seguito di un incidente domestico. Ma il medico dell’autoscuola, che l’aveva vista la sera prima, la ricorda lucida come sempre. Le ricerche di una persona affetta da perdita di memoria hanno sottratto tempo alle indagini, nel caso non fosse reale il fatto. Del resto contro Logli, tutt’ora, non risultano prove a carico. Certo che Roberta prima di sparire aveva scritto la lista della spesa, segno di una lucidità recuperata.

Il tunisino nel caso Roberta Ragusa

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E’ tunisino il nuovo testimone che entra nel caso Ragusa. Fin’ora non aveva mai parlato perché non vede la tv e non conosceva la storia.,Ma da qualche mese è costretto in casa agli arresti domiciliari e così ha visto una puntata di Chi l’ha visto e ha deciso di raccontare la sua verità. Si è ricordato di quella notte di gennaio dello scorso anno in cui rientrando con un suo amico da una discoteca ha visto due uomini nella pineta in  Bufalini-Migliarino, non molto lontano dall’abitazione della donna, che stavano bruciando un sacco di oltre un metro. Il testimone dice che non ha visto bene gli uomini anche perché era notte, ricorda solo che uno dei due era  alto e magro, con il volto lungo, un identikit che potrebbe ricordare la fisionomia di Antonio Logli. Interrogato l’amico si è avuto un riscontro immediato del racconto.

 

Ragusa una nuova verità?

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Il caso di Roberta Ragusa è forse giunto a una nuova verità dopo che la polizia ha ispezionato la C3 azzurra appartenuta alla donna. Vettura che è stata vista dal testimone Gozi allontanarsi a bordo con il marito della vittima e una donna, probabilmente proprio Roberta, la tragica notte della scomparsa. Ora l’accusa è di omicidio preterintenzionale per il marito. Probabilmente quella notte Roberta sbatte così forte la testa (forse a causa di una colluttazione con  il marito) che ne provocò poi il decesso. Un incidente durante una lite? Può essere che il colpo sentito da Gozi non fosse quello della portiera ma bensì il colpo della testa della Ragusa che sbatteva contro il parabrezza o all’interno della vettura?

La donna quindi sarebbe deceduta in seguito a quel colpo e il corpo sarebbe stato poi occultato in un luogo sicuro o come si è supposto addirittura cremato nel cimitero della zona. Solo ipotesi al momento, ma che aprono la pista a una nuova indagine che tuttavia rischia ancora di essere archiviata se il corpo della donna non viene rinvenuto. Intanto continuano le ricerche tra Migliarino e Torre del Lago, ma anche sul Monte Serra. Nei prossimi giorni verranno nuovamente ascoltati i figli minorenni della vittima, il padre , l’amante di quest’ultmo, i geologi e un collaboratore della scuola guida . Si parla anche, secondo alcune indiscrezioni, di un nuovo testimone che avrebbe visto Logli con un enorme sacco nero in spalla. Il nuovo supertestimone sarebbe ritenuto credibile in quanto, oltre alla testimonianza, ha presentato un’autoaccusa. Non ha chiesto facilitazioni in cambio del suo racconto: l’uomo, in quelle ore, avrebbe visto Logli, in compagnia di un’altra persona, intento a trasportare il sacco in una zona appartata che lui frequentava in quanto spacciatore. Sembra che la continua presentazione mediatica del caso lo abbia portato a rivangare nella memoria fino a ricordare quel dettaglio. Lo stesso Gozi aveva parlato di una persona che accompagnava il presunto colpevole la mattina dopo la scomparsa di Roberta.

Caso Ragusa analizzata l’auto della moglie di Logli

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Erano circa le 20.30 quando è finita l’ispezione dei Ris a casa Logli. In particolare la scientifica si è concentrata sulla Citroen C3 azzurra appartenuta a Roberta Ragusa. I Ris stavano esaminando qualcosa all’interno dell’abitacolo. L’auto è quella che è stata vista da Loris Gozi, il testimone-chiave dell’inchiesta, quando ha raccontato  di aver riconosciuto Antonio Logli, indagato per omicidio volontario e occultamento di cadavere ben oltre l’orario in cui invece il marito della donna aveva riferito agli inquirenti di essere andato a dormire. E’ quell’auto la protagonista accanto a cui litigavano Logli e sua moglie secondo Loris. Inoltre il supertestimone ha asserito, anche in incidente probatorio, di aver riconosciuto Logli, ma non la donna, mentre sbatteva con forza lo sportello dell’auto prima di allontanarsi proprio a  bordo di quell’autovettura.

La mamma di Logli sentita in procura… è ancora giallo sul caso Ragusa

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Un interrogatorio di più di un’ora per la madre di Logli, Giancarla Tabucchi, sentita in pprocura come persona informata dei fatti. Nessuna indiscrezione è trapelata sul colloquio che la donna ha avuto con il pm Aldo Mantovani. Quando è uscita dalla procura la mamma di Logli, accompagnata dall’avvocato Roberto Cavani, difensore dell’indagato, non ha risposto alle domande dei giornalisti.

 

Nulla di fatto sul flauto dell’Orlandi

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Il Messaggero pubblica i risultati sull’esame del Dna del flauto fatto ritrovare da Marco Fassoni Accetti che doveva appartenere, secondo il “testimone”, ad Emanuela Orlandi:

Non ci sono tracce di dna di Emanuela Orlandi sul flauto “Rampone e Cazzani” che l’autore- fotografo Marco Fassoni Accetti ha fatto ritrovare a Castel Romano, dove un tempo c’erano vecchi studi cinematografici. Si tratta delle prime indiscrezioni sulla perizia che è ancora in corso nei laboratori della polizia scientifica. Per avere i risultati definitivi bisognerà aspettare ancora qualche giorno, ma quello strumento così simile al flauto che aveva con sé la ragazza al momento della scomparsa sembrerebbe non aver dato riscontri positivi. Questo, naturalmente, non vuol dire che non sia lo stesso suonato da Emanuela: sono passati trent’anni da quando la ragazza è stata rapita e le tracce potrebbe essere sparite durante la strana e incredibile conservazione.

Intanto Fassoni Accetti è stato interrogato per la settima volta dai magistrati, da indagato per concorso in sequestro di persona.

Caso Ragusa… Logli non era solo?

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In un’intervista della tv pisana 50 Canale, il supertestimone Loris Gozi rivela: “Quando Logli venne a bussare alla mia porta era insieme a un altro: a questa persona dico di presentarsi agli inquirenti prima che loro arrivino a lui”. Il testimone si riferiva alla visita che il marito della donna scomparsa, indagato per omicidio e occultamento di cadavere, gli fece il giorno dopo la sparizione dell’imprenditrice.

 Nuovi misteri sul caso di Roberta Ragusa!

Marco Fassoni Accetti vs Chi l’ha visto… non c’è tregua sul caso Orlandi!

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Marco Fassoni non ci sta alle accuse latenti e ai sospetti che hanno iniziato ad aleggiare intorno alla sua figura e scrive a Pietro Orlandi:

“Pietro, quel che ti avevo annunciato tempo fa si è verificato. La Rai significa lo Stato, e lo Stato suggerisce di non implicare responsabilità dello stesso e di altri Stati, ed indirizzare tutto ad un solo individuo, come già fatto con Enrico De Pedis.

Gli adolescenti da me fermati? Sono nelle opere cinematografiche e fotografiche pubblicate nel mio sito, con le liberatorie firmate dai genitori già presenti in studio al momento delle riprese, altrimenti non le avrei potuto pubblicare. Ma nelle opere vi sono più adulti e anziani. “Anche loro tutti fermati strada facendo. Ma trent’anni fa, per il fatto della pineta, quando i carabinieri perquisirono l’archivio del mio studio, prelevarono solo i nominativi degli adolescenti, tralasciando i nominativi degli adulti, che erano la maggior parte, e scrivendo poi nel rapporto letto nella trasmissione Rai: “Costui è uso a fermare adolescenti” .

Poi nel processo dibattimentale precisai che fermavo chiunque e mostrai le mie opere che non sono di carattere pornografico. Ed anche questo contribuì alla mia assoluzione con formula piena. La trasmissione legge verbali di adolescenti che dichiarano di essere stati da me fermati con la mia proposta di riprenderli … e poi?

Non segue più nulla. Si racconta di atti di libidine o situazioni di genere sessuale? Nulla! Ecco come suggestionano il pubblico, il quale, in modo subliminale, percepisce che sia accaduto contrariamente qualcosa di grave. Basterebbe rintracciare le ragazze dei verbali e chiedergli su quanto è successo in seguito.

Avevo dichiarato nella prima udienza con il Giudice [Giancarlo] Capaldo ed a Fiore De Rienzo che la Orlandi aveva risieduto in Neauphle-le-Chateau solo per gli anni ’84 e ’85; e in trasmissione hanno fatto credere che vi fosse stata fino a poco tempo fa, organizzando una trasferta inutile a spese del contribuente.

A tutto questo io rispondevo nella lunga intervista completamente censurata. Chiedete a Fiore de Rienzo, se mai lo desidera, di mostrarvi le interviste integrali. Chiarivo, come ho chiarito con il giudice Capaldo, mentre loro creano una cortina di confusione. Ancora una volta ho chiamato in diretta per delucidare e mi è stato negato l’intervento. E quel che è più grave è che le altre testate giornalistiche seguono pedissequamente, senza verificare, quel che dice questa trasmissione.

Un esempio: sul blog del Fatto Quotidiano della giornalista Rita Di Giovacchino si legge: “Adescava ragazzini con l’esca dei servizi fotografici”. La signora si è chiesta se esistono rapporti di polizia che confermino questa accusa? Anche lei denunciata per calunnia aggravata. Questa è la “profondità” di certa stampa che pretenderebbe di risolvere i misteri italiani.

Del fatto della pineta, sempre nella trasmissione, non hanno riportato parti di verbali che avrebbero chiarito alcuni aspetti, ed hanno falsificato molte dichiarazioni contenute negli stessi. Ho una documentazione che li smentisce e che contraddice assolutamente la manipolazione televisiva. Tutto è nelle mani del magistrato e dei miei legali. Sono io ad aver raccontato della pineta chiedendo, sin dalla prima udienza, di riaprire le indagini sul fatto.

“Comunque, Pietro, ti confermo quanto ti dissi dopo la prima puntata Rai. Io ho sospeso la mia collaborazione coi magistrati. Innanzitutto perché questi gravi fatti di depistaggio possono aver intimidito le persone a cui mi ero appellato per presentarci insieme e raccontare. Si può pensare che delle donne sui 40-45 anni con figli si prestino ad entrare in una tale tensione mediatica che racconta solo di pedofilia e omicidi? Questi testimoni sono coscienti che non vi è stata alcuna pedofilia né tanto meno omicidi. L’episodio della pineta mi ha visto assolto con formula piena dall’accusa di volontarietà.

Vogliamo delegittimare il lavoro dei giudici e la sentenza d’una Corte d’Assise? E allora per quale motivo dovrei andare a testimoniare presso una magistratura le cui future decisioni sarebbero ugualmente sbeffeggiate? Ho chiesto alla Procura d’indagare su questa più che sospetta operazione di mistificazione operata dai signori autori del programma.

Vogliamo fare un gesto totalmente chiarificatore? Riuniamoci in uno spazio per un confronto con i suddetti autori, Pietro e tutte le persone della petizione che desiderino venire. Invitate i rappresentanti della stampa che desiderate. Registriamo tutto quanto potremmo dire e lo diffondendolo su Internet. “Questa è la trasparenza democratica. Chiariamo gli equivoci, reintegriamo le omissioni, eliminando ogni censura ed io tornerò a collaborare con i magistrati. Se qualcuno si dovesse sottrarre a questa opera di chiarezza se ne assumerà le responsabilità. Ma immagino che gli autori del programma rifiuteranno l’incontro perché il loro compito è, al momento, falsificare. E con la mia presenza, che si avvale dei documenti e delle testimonianze, la diffamazione non può partire. Ecco perché hanno sempre negato ogni mio intervento in diretta ed ogni confronto. Ora vi aspetto, incontriamoci, e al di là della Rai creiamola noi, insieme, la ricerca della verità con tutto quel che metto a disposizione di chiunque non sia prevenuto”.

Opere di Marco Fassoni Accetti

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Dany Astro entra nel caso Orlandi per difendere Accetti

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Nel cold case Emanuela Orlandi fa il suo ingresso anche Dany Astro, modella di Marco Fassoni Accetti che da 12 anni collabora con l’artista. Lei difende le posizioni del fotografo scrivendo una mail a Pino Nicotri dal titolo “Vogliamo la verità su Emanuela Orlandi”. Ecco il contenuto della mail:

“Ero presente all’intervista dove Marco ha spiegato, con documenti alla mano, molti dubbi posti nella trasmissione di [mercoledì] sera. Intanto Emanuela [Orlandi] era stata a Neauphle-le-Chateau soltanto nel ’84, e non come dice CLV fino a pochi mesi fa.Il fatto della pineta lo ha spiegato ampiamente e non hanno usato quasi nulla di questa testimonianza, nella quale diceva che nel primo interrogatorio con il giudice [Giancarlo] Capaldo faceva presente che si era presentato per riaprire innanzitutto il fatto della pineta, e per farlo era obbligato a raccontare della Orlandi. Inoltre, basta guardare nelle sue fotografie come nei suoi film, ci sono più gli anziani ed adulti che non adolescenti. Hanno omesso di dire che nello studio di Marco vi sono già dagli anni ’80 decine e decine di indirizzi e liberatorie degli anziani ritratti. E che tutti gli adolescenti sono venuti con le famiglie che dovevano firmare le obbligatorie liberatorie per essere pubblicate. Io sono testimone di questa procedura da 12 anni e prima di me conosco le altre ragazze che ha avuto Marco, che mi hanno testimoniato della stessa procedura anche negli anni ’80 e ’90. Le stesse adolescenti contattate non possono lamentare alcuna molestia subita, se non riferire solo dell’intenzione di Marco di fotografarle nelle opere che conoscete, e che non sono affatto di erotismo o pornografia. Inoltre CLV non ha letto un documento del processo, che Marco può anche produrre in questo sito, che riporta le dichiarazioni del personale dell’ambulanza che, non essendo attrezzati degli strumenti atti a verificare la morte, decisero comunque di portare subito il corpo all’ospedale. E non come si è raccontato perché il ragazzo doveva essere necessariamente vivo per il fatto d’essere stato trasportato in ospedale. Inoltre continuano a non leggere il titolo posto sotto la fotografia “Martire adolescente posta sotto l’altare” e la presentano invece come una semplice, macabra “ragazza in una bara”. Marco ha chiamato in diretta per la seconda volta anche in questa puntata per puntualizzare quanto ho detto, ma gli è stato negato ancora una volta d’intervenire, mentre, un’altra ragazza ha avuto la possibilità di entrare in diretta per raccontare solo il fatto che, abitando nello stesso palazzo di Marco, questi le aveva chiesto di posare per una sua opera. Tutto questo Marco lo riferirà mercoledì nell’udienza che ha con il giudice Capaldo, indicando come questa censura e mistificazione possa essere il tentativo di addossare tutto ad una sola persona isolata, e non mettendo alla luce i legami con lo Stato Vaticano e lo Stato Italiano”.

Ora che Marco Fassoni Accetti è indagato per il rapimento della ragazza emergono però altri agghiaccianti verità su quest’uomo:

“Quando aveva 17 anni ha partecipato a un assalto al liceo Tasso di Roma insieme a un estremista di destra, Sergio Mariani, poi diventato famoso perché è stato il primo compagno di Daniela Di Sotto, ex consorte di Gianfranco Fini. La sua partecipazione all’assalto era stata estemporanea. Accetti non c’entrava nulla con Mariani e non faceva parte del Fronte della Gioventù eppure era lì. Aveva poi militato nei Radicali e secondo il padre (un imprenditore che aveva fatto fortuna in Libia dove Accetti è nato) aveva anche avuto qualche contatto con Lotta Continua.”

Quindi è un uomo di sinistra che non disdegnava la destra? Un singolo episodio di violenza o il primo di una serie? Un ragazzo che cercava l’azione, il gesto già come simbolo di una follia latente o solo un episodio in cui un ragazzo 17enne si è trovato coinvolto?

Cosa accade in una mente allucinata se il rituale delle foto non si compie esattamente come nelle intenzioni dell’artista? Può esserci nel simbolo un disagio profondo e il racconto di una verità che dopo anni vuole essere svelata? Un segreto che non si riesce a contenere? Perché le foto di Marco Fassoni Accetti non sono mai state analizzate da uno psicologo?

martire adolescente posta sotto l'altare.

martire adolescente posta sotto l’altare.

Orlandi mistero di una scomparsa, di delitto, di un ricatto?

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Tra due mesi il caso Orlandi, potrebbe andare in prescrizione se non si riesce a dimostrare che la ragazza sia stata uccisa.

Partendo da questo presupposto ricostruiamo ciò che è avvenuto negli ultimi mesi. Qualcuno probabilmente ha tutto l’interesse che il caso sia prescritto… forse 30 anni sono ancora troppo pochi per far emergere verità così rilevanti in ambito internazionale e c’è ancora la santificazione di Papa Wojtyla che potrebbe sfumare se le rivelazioni fossero legate alla figura di Giovanni Paolo II.

Quanti poteri ruotano intorno al rapimento di Emanuela?

Il Vaticano, la banda della Magliana, Cosa Nostra e i Servizi Segreti.

Chi fa ritrovare il flauto, forse, ma solo forse, appartenuto a Emanuela?

Marco Fassoni Accetti.Un visionario, un fotografo che nel 1983,  con l’intento di  voler fare le foto ad alcuni ragazzini,  li contattava grazie alla posta di Topolino. In quello stesso periodo, l’uomo fece anche un servizio fotografico con il benestare del preside di una scuola presso la chiesa di Sant’Agnese frequentata dall’Orlandi.

L’uomo precedentemente ha rivelato che il tranello teso nei confronti di Emanuela Orlandi doveva essere soltanto un’azione dimostrativa, che aveva lo scopo di proteggere il dialogo fra la Curia Romana e i Paesi del Patto di Varsavia.

Ma Marco Fassoni Accetti è anche l’uomo che nel 1983 “travolse” Josè Garramon, il figlio dodicenne di un diplomatico uruguayano, uscito di casa per tagliarsi i capelli e ritrovato venti chilometri di distanza, ucciso dal furgone guidato da Accetti . In ogni “testimonianza” del regista c’è qualcosa di “mitico” e di delirante, lo stesso stile che usa anche nelle sue fotografie per ritrarre bambini rapiti o morti. Accetti adescò una ragazza sulla spiaggia di Ostia: la sera in cui fu fermato per l’incidente aveva con sé tutto l’occorente per un servizio fotografico e agli inquirenti disse che stava andando proprio da lei, anche se erano d’accordo che si sarebbero visti solo dopo le feste di Natale.Una figura emblematica, sicuramente con molti lati oscuri, che sfiorano una follia latente?

 Quello che è certo è che Tra i numeri di telefono trovati nella rubrica di Accetti c’è anche quello di un bambino di 12 anni: negli atti l’uomo racconta di averlo incontrato in Corso Vittorio Emanuele, vicino a Corso Rinascimento dove Emanuela fu vista mentre parlava con un uomo che le offrì molti soldi per un lavoretto. Che tipo di lavoretto era? Qualche scatto? 

Perché non fu mai approfondita quella testimonianza che arrivò il 23 giugno 1983, dopo alcune ore dalla scomparsa di Emanuela? Un pescatore raccontò di aver visto due giovani, nei pressi del ponte della Magliana, che si guardavano attorno in maniera circospetta, vicino ad una Fiat 127. L’auto fu fatta precipitare in acqua da una scarpata. Dal finestrino posteriore penzolava un braccio. Si cercò di ispezionare il fondale, ma la corrente ostacolò le ricerche.

Troppi dubbi emergono da queste nuove testimonianze e altri iniziano a trovare invece delle collocazioni all’interno di un puzzle sempre più complesso… ma se la verità fosse più facile di quella che si pensa? Se il puzzle fosse frutto di uno sviamento voluto per ottenere l’archiviazione del caso? Se quel puzzle fosse stato messo lì per farlo ricostruire celando sotto di esso altre verità?

Ascoltato il supertest del caso Ragusa… Logli esce dal retro

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Il supertestimone del caso Ragusa, Loris Gozi, all’uscita dal tribunale ha dichiarato che  «L’udienza? È andato tutto bene». Poi si è allontanato in fretta, in compagnia di sua moglie,  Natascia Marini, e del suo avvocato, per non ricevere altre domande dai giornalisti.  Anche il il procuratore capo Ugo Adinolfi, dopo circa un’ora e mezza di udienza, si è dichiarato soddisfatto dell’interrogatorio. E’ uscito invece dal retro del Tribunale, Antonio Logli, unico indagato per omicidio volontario e occultamento di cadavere. Ci sarà una svolta nei prossimi giorni?

Ultime novità sul caso Orlandi… l’omicidio di Caterina-Katy Skerl.

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Manuela Orlandi e le troppe morti che emergono intorno a una vicenda che da anni si ripropone alla ribalta e poi viene sedata. Ora sembra che sia arrivato il momento, forse il clima giusto in cui è possibile parlare. Forse ha contribuito anche l’elezione di un Papa non europeo, un Papa che viene quasi dalla fine del mondo. Ma bisogna anche fare attenzione ai mitomani, a chi dice di sapere e forse non sa poi così tanto perchè ne è venuto a conoscenza in modo frammentario. Ancora più attenzione bisogna invece farla a non considerare attendibili fonti che potrebbero rivelare indizi fondamentali e finalmente scoprire una verità che da troppi anni è sotterrata da omertà e da intrighi interni alle mura del Vaticano.

Marco Fassoni Accetti qualche giorno fa si è “costituito” e ha confessato di essere stato uno dei telefonisti del caso Orlandi e immediatamente sono scattati i dubbi e le contraddizioni, ma anche una nuova pista che forse fino a oggi non era mai stata presa in considerazione: collegare la scomparsa di Manuela con altre morti.

30 anni fa la famiglia Orlandi, dopo il rapimento della figlia fu contattata telefonicamente. Marco Fassoni Accetti ha confessato che alcune volte sarebbe stato lui a chiamare la famiglia, ma che non era lui l’Amerikano, quel tale che secondo le analisi svolte dalle forze dell’ordine, sarebbe (o sarebbe stato) un tale di elevata cultura, familiarità con la lingua latina e una certa permanenza in Italia visto il modo di parlare, che alcuni al tempo accostarono – senza alcuna prova – alla figura dell’arcivescovo Paul Marcinkus, allora onnipotente signore dello IOR (la banca vaticana) dimissionato nel 1990 ed esiliato (senza promozione cardinalizia) a Sun City, USA, dove è morto nel 2006. Esistono ancora i nastri di quelle telefonate? E’ possibile, attraverso le nuove tecnologie, svolgere accertamenti più mirati? Perchè non sono mai stati ripresi quei nastri? Ora dove si trovano?

Altro punto che mostra diversi dubbi e su cui si stanno facendo diverse ipotesi è il flauto che grazie a Marco Fassoni Accetti  è stato ritrovato e sembra possa essere quello usato da Emanuela alla scuola di musica che frequentava.

Se però si guarda tra le foto del sito di Marco Fassoni Accetti ce n’è una con sullo sfondo una figura umana che impugna un flauto, ben visibile, che si direbbe simile o eguale a quello fatto ritrovare.

Foto che artisticamente ha un forte significato simbolico come tutta l’opera di Marco Fassoni Accetti: in primo piano un uomo a torso nudo, in parte coperto con un lenzuolo che ne lascia scoperte le spalle e sul fondo, che potrebbe essere costituito da un dipinto originale o da un fotomontaggio, c’è il dipinto policromo di una figura femminile, una Madonna quasi, che tiene tra le mani proprio un flauto. Era quello che poi è stato fatto ritrovare? E’ uno simile?

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La foto si trova in una sezione chiamata Collegio in cui i personaggio vengono genericamente chiamati  “Frère” (fratello). Il freré è tutto vestito di nero, i Fratelli cristiani di San Giovanni Battista de la Salle o i Maristi.

Sul flauto c’è stata molta polemica anche nei corridoi del palazzo di giustizia. Fonti ben informate hanno rivelato che la polizia scientifica avrebbe mostrato il suo dissenso per come Chi l’ha visto avesse abusato di quel ritrovamento per fare il proprio scoop non facendo attenzione a preservare le tracce che potevano trovarsi sullo strumento rinvenuto il 3 aprile e rimasto per 24h nelle mani della troupe della trasmissione e mostrato anche a Pietro Orlandi fratello della vittima e quindi con un dna simile a quello di manuela che sicuramente ha manomesso le tracce organiche. Si teme anche che l’emozione abbia spinto qualcuno degli Orlandi a provare il flauto, per sentire più vicina Emanuela. Questa ultima ipotesi sembra meno probabile, ma aver lasciato per 24 h un oggetto così importante nelle mani di Chi l’ha visto è sicuramente stato un errore gravissimo.

Altro dubbio degli inquirenti è la sicurezza mostrata da Pietro Orlandi nell’affermare che si trattasse proprio del flauto di sua sorella. Come fa a dire a distanza di anni che sia veramente quel flauto? Comprensibile la voglia di arrivare alla soluzione dopo 30 anni di smentite e conferme che hanno portato a un nulla di fatto, ma prima di poter affermare la proprietà dello strumento bisogna veramente analizzarlo a fondo.  Ci sono poi le tesi “complottistiche” che circolano su internet e che vorrebbero ricollegare la data del ritrovamento con il giorno dedicato alla Madonna di Fatima (che per altro richiama la figura ammantata sullo sfondo della foto di Marco Fassoni Accetti), quando in Italia è stato pubblicato il libro con l’autobiografia di Alì Agca, il terrorista turco che nell’81 sparò a Papa Wojtyla. Proprio Alì Agca, che come ricordiamo più di una volta aveva dato versioni diverse sul rapimento dell’Orlandi.

Il superteste afferma di aver fatto parte di un gruppo di intelligence per esercitare pressioni sulla Santa Sede. A quale scopo? Nel 1983 il Papa è Giovanni Paolo II, che sta conducendo una battaglia nemmeno tanto sotterranea per la libertà della Polonia. Perché rapire una ragazzina figlia di un commesso della Prefettura della Casa pontificia? La Prefettura si occupa di gestire gli accessi al Santo Padre, organizza incontri e viaggi. Certamente è un buon punto di pressione per la sua vicinanza al Pontefice. Ma la domanda resta: a quale scopo?

L’uomo dice di essere stato chiamato a far parte di un gruppo di controspionaggio nato per combattere le fazioni in Vaticano e intimidendo ecclesiastici e vari personaggi con foto e ricatti. Al tempo stesso però lui era in Corso Rinascimento a Roma, il 22 giugno di 30 anni fa, a scattare le foto alla BMW su cui Renatino De Pedis stava portandosi via Emanuela.

Marco Fassoni Accetti è stato mostrato da “Chi l’ha visto?” intento in una performance televisiva di una ventina d’anni fa con Giancarlo Magalli. Che lo presenta in quell’occasione come sosia di Roberto Benigni. Come è possibile che un imitatore di Benigni possa essere appartenente a un gruppo d’intelligence e vada in Tv a fare l’imitazione di un comico molto famoso?

Altro tema caldo che avvalorerebbe l’ipotesi che negli anni del rapimento di Emanuela Orlandi ci fosse stato un gruppo di pressione c’è anche l’adozione del nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983. Che però era già pronto in bozza verso il 1980.  A differenza di quello precedente del 1917, il Pio-benedettino come viene chiamato, traduce in canoni tutto il corpus di norme accumulatosi nel corso dei secoli. Codice che alla data del rapimento di Emanuela Orlandi era già stato promulgato (il 25 gennaio) e sarebbe poi entrato in vigore il 27 novembre dello stesso anno.

È il 21 dicembre scorso quando un turista segnala una busta sospetta lasciata dietro a un colonnato di San Pietro. C’è scritto in inglese «non toccare». Sul posto arrivano gli investigatori e scoprono che contiene un teschio. Il medico legale al quale viene consegnato, fa una prima indagine e conclude che si tratta di ossa abbastanza vecchie. I risultati finali delle analisi, però, non sono ancora completi. Quello che salta all’occhio è la scritta, eseguita con una calligrafia particolare.

Circa quattro mesi dopo, a casa di Antonietta Gregori, sorella di Mirella, l’altra ragazza scomparsa misteriosamente, e di Raffaella Monzi, amica di Emanuela, vengono recapitate due lettere. Contengono ritagli di giornali scritti in tedesco che parlano del corpo delle guardie svizzere, una ciocca di capelli, e la foto di un altro teschio con uno strano marchio inciso. Una breve indagine permetterà di accertare che si tratta di un teschio conservato in una chiesa di via Giulia, e che risale ad epoca medioevale.

Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il sostituto Simona Maisto noteranno, però, una certa somiglianza tra la calligrafia del biglietto che accompagna il pacco recuperato sotto al colonnato e quella del messaggio contenuto nelle lettere. Già dodici anni fa un teschio lasciato nella chiesa di San Gregorio VII aveva fatto riaprire le indagini. I periti, all’epoca, non si trovarono d’accordo: per qualcuno poteva essere di una donna giovane, per altri di un uomo. E non se ne fece nulla.

E’ il 21 dicembre 2012 quando scatta l’allarme a San Pietro. Un turista segnala una busta sospetta lasciata dietro a un colonnato di San Pietro. C’è scritto in inglese «non toccare». Sul posto arrivano gli investigatori e scoprono che contiene un teschio. Il medico legale al quale viene consegnato, fa una prima indagine e conclude che si tratta di ossa abbastanza vecchie. I risultati finali delle analisi, però, non sono ancora completi. Quello che salta all’occhio è la scritta, eseguita con una calligrafia particolare.

Circa quattro mesi dopo, a casa di Antonietta Gregori, sorella di Mirella, l’altra ragazza scomparsa misteriosamente, e di Raffaella Monzi, amica di Emanuela, vengono recapitate due lettere. Contengono ritagli di giornali scritti in tedesco che parlano del corpo delle guardie svizzere, una ciocca di capelli, e la foto di un altro teschio con uno strano marchio inciso. Una breve indagine permetterà di accertare che si tratta di un teschio conservato in una chiesa di via Giulia, e che risale ad epoca medioevale.

Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il sostituto Simona Maisto noteranno, però, una certa somiglianza tra la calligrafia del biglietto che accompagna il pacco recuperato sotto al colonnato e quella del messaggio contenuto nelle lettere. Già dodici anni fa un teschio lasciato nella chiesa di San Gregorio VII aveva fatto riaprire le indagini. I periti, all’epoca, non si trovarono d’accordo: per qualcuno poteva essere di una donna giovane, per altri di un uomo. E non se ne fece nulla.

Ci sono poi le ultime notizie in cui Marco Fassoni Accetti ha associato il giallo dell’Orlandi non solo con la scomparsa di Mirella Gregori, altra ragazza rapina pochi giorni prima di Emanuela, ma anche con l’omicidio di Caterina-Katy Skerl. 

Chi era? Una studentessa 17enne di liceo artistico, figlia di un regista americano, che abitava a Montesacro (Roma) e che venne trovata uccisa (per strangolamento) il 22 gennaio 1984 a Grottaferrata, in una vigna.La ragazza era scomparsa da casa nel primo pomeriggio del 21 gennaio, il giorno prima del ritrovamento del suo cadavere, dopo essersi recata sulla Tuscolana per incontrare un’amica. Dopo, il buio, e un mostro che l’attendeva con un fil di ferro. Cosa può collegare questo terribile omicidio di un’adolescente, ai rapimenti di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori che il superteste aveva definito “sequestri bluff“, organizzati con la complicità di amiche compiacenti per ricattare e destabilizzare ambienti vicini alla Santa Sede?

Una cosa è certa le tre ragazzine  frequentavano ambienti vicini all’organizzazione in cui Marco Fassoni Accetti – di professione regista cinematografico indipendente – recitava il ruolo di “telefonista“.  Che ruolo ha veramente avuto Marco Fassoni nell’intera vicenda? Era veramente solo uno dei telefonisti?

E perché, se Emanuela e Mirella vennero rapite solo a scopo dimostrativo, e oggi sarebbero entrambe vive a Parigi, la povera Caty venne invece “fatta fuori”?

Restano tanti, troppi dubbi e domande senza risposta, intrecci non svelati e punti interrogativi che riguardano la stessa persona di Fassoni Accetti, reo di aver ucciso, mettendolo sotto con il suo furgone, un 12enne figlio di un funzionario uruguayano dell’ONU, Josè Garramon, nel 1983. Un incidente, dovuto all’oscurità, così si era giustificato il superteste (assolto in fase processuale), dichiarando, però, che il ragazzino era stato spinto sotto l’auto, di proposito. Da chi? Ragazzini e ragazzine coinvolte in gioco di spionaggio più grande di loro?

Fassoni  è stato anche intercettato al telefono con la sua fidanzata. Lei  molto arrabbiata,  gli dice: «Ora basta, ne hai fatte di tutti i colori, persino in quella storia di Emanuela Orlandi». Si tratta solo di un mitomane? Di qualcuno che è stato ossessionato dalla scomparsa di Mirella e Emanuela… Ma perchè è stato poi coinvolto nell’uccisione di José Garramon? Solo un tragico incidente?

 

Loris Gozi: il perno centrale del caso Ragusa

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Martedì Logli dovrà ripetere il suo racconto nel corso dell’incidente probatorio. Le informazioni che ha dato agli inquirenti riguardano gli avvistamenti fatti la notte di Roberta Ragusa. La prima volta, verso mezzanotte e mezza, ha visto Logli, marito di Roberta, da solo in un’auto parcheggiata lungo la strada mentre, più tardi, ha assistito ad un litigio tra una coppia, anche se, vista la lontananza, non è in grado di affermare si trattasse del principale indagato con la moglie. Gozi ha testimoniato solo 7 mesi dopo l’accaduto e, pur essendo attendibile come teste, non è obbligatorio che il suo racconto venga definito credibile.

Caso Ragusa: martedì l’incidente probatorio con Gozi

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A seguito della richiesta del pm Aldo Mantovani di far acquisire le dichiarazioni del giostraio Loris Gozi, il supertestimone che vide Logli per strada e poi udì una coppia litigare per strada la stessa notte in cui scomparve Roberta Ragusa, la procura di Pisa ha richiesto l’incidente probatorio, che si svolgerà martedì alle 10 di mattina. Gozi ha testimoniato di aver assistito alla lite intorno all’una di notte, orario in cui è scomparsa Roberta e che intacca l’alibi di Logli che ha sempre riferito di essere andato a dormire prima di mezzanotte. La scelta dell’incidente probatorio potrebbe essere frutto di una strategia processuale ben delineata e che prelude al successivo interrogatorio di Logli, che non è più stato sentito dagli investigatori da quando è stata formulata l’ipotesi accusatoria nei suoi confronti. Però sarà un banco di prova anche per Gozi, che dovrà confermare la solidità delle sue dichiarazioni agli inquirenti anche sotto la pressione delle domande della difesa di Logli e dei legali delle parti civili.

Roberta Ragusa è stata cremata?

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Secondo quanto sostiene la criminologa  Immacolata Giuliani, fondatrice dell’associazione “Per Roberta”, il corpo della Ragusa, scomparsa dalla sua casa nel gennaio 2012 potrebbe essere stato cremato dal marito Antonio Logli, dopo averla uccisa.  A sostenere le ipotesi della Giuliani ci sarebbero numerosi indizi  Antonio Logli ha ammesso pubblicamente di essere andato al cimitero di Orzignano il giorno dopo la scomparsa di Roberta Ragusa, dicendo che stava cercando la moglie e che pensava potesse essere al cimitero a piangere sulla tomba della madre; in quell’occasione Antonio Logli lasciò la macchina nei pressi del cimitero di Orzignano e tornò a casa con un amico, proprio il giorno in cui gli inquirenti con i cani cercavano le tracce ematiche di Roberta.

 Inoltre secondo la criminologa, per Logli non è difficile aver accesso al cimitero di Orzignano poiché è dipendente di una cooperativa che fa anche sevizi cimiteriali.

La teoria della cremazione del corpo di Roberta Ragusa è al vaglio degli inquirenti, che ritengono a ragione assolutamente necessario risalire ai resti del corpo della donna, per poter formalizzare un’accusa fondata verso Antonio Logli.

Emanuela Orlandi è viva ed è nei sobborghi di Parigi?

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M.F.A. è un superteste che nell’ultimo mese è stato interrogato cinque volte e ha rivelato particolari che secondo gli inquirenti potrebbero essere attendibili e che sarebbero una svolta all’interno delle indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, la figlia di un messo pontificio sparita il 22 giugno 1983. L’uomo si autodenuncia e racconta di essere stato uno dei principali telefonisti del sequestro Orlandi che sarebbe stato organizzato  «dal nucleo di intelligence di cui facevo parte per esercitare pressioni sulla Santa Sede». La ragazza sarebbe stata vittima di una lotta tra fazioni diverse della Curia Romana. Il giorno del rapimento, il testimone racconta di essere stato «appostato per scattare fotografie alla Bmw su cui c’era De Pedis», ed avrebbe poi incontrato molte volte Emanuela «che restò a Roma fino al dicembre del 1983».

Perché parlare solo dopo 30 anni? Perchè ora, secondo il supertestimone, ci sarebbe un clima diverso in Vaticano, lo stesso Papa Francesco vorrebbe che si facesse chiarezza e c’è la speranza che la verità possa veramente venire alla luce.   Il testimone rivela particolari fondamentali anche sulla sparizione di Mirella Gregori, scomparsa un mese e mezzo prima della Orlandi. Entrambe sarebbero state rapite dal gruppo che agiva come «lobby di controspionaggio» nell’ambito di scontri tra opposte fazioni vaticane per condizionare la Curia. L’uomo parla per entrambe di «allontanamento volontario», poiché Mirella si innamorò di un operatore dei servizi e lo segui in Francia, mentre Emanuela sarebbe stata convinta a salire sull’auto di fronte al Senato da un’amica. Emanuela Orlandi «non subì violenze, visse in due appartamenti e in due camper, le procurammo un pianoforte e la rassicuravamo dicendole che la famiglia era al corrente», ma dal dicembre 1983 il presunto telefonista non fornisce altri dettagli e ipotizza che Emanuela, trasferita all’estero nei sobborghi di Parigi, potrebbe essere ancora viva.

Caso Ragusa: tra testimonianze e la telefonata ricevuta da Sara

roberta ragusa - tuttacronaca

Gli inquirenti sono convinti di riuscire arrivare ad una verità sul caso Ragusa e determinati a raggiungerla. Nel frattempo prende corpo l’ipotesi che, oltre a Gozi, ci potrebbe essere un’altra persona che ha visto qualcosa, come il supertestimone aveva affermato, tra le righe, la settimana scorsa durante la trasmissione Quarto Grado: “Chi sa, che si faccia avanti”. Tra i possibili testimoni ci potrebbero essere gli abitanti di una casa accanto al luogo in cui Loris aveva visto, la fatidica notte, prima Logli e poi una coppia che litigava. L’abitazione sorge però vicino alla ferrovia ed i vetri spessi alle finestre potrebbero aver impedito di sentire qualcosa avvenuto all’esterno. Un altro elemento che chi conduce le indagini sta prendendo in considerazione è il fatto che, il giorno successivo alla scomparsa, il marito di Roberta si è recato a casa del testimone cercando di scoprire se l’uomo avesse in mano qualche informazione ma sembra non abbia interpellato nessun altro, nonostante a Gozi avesse manifestato la sua preoccupazione per la scomparsa della donna. Si continua quindi ad auspicare che qualcun altro possa fornire nuovi dati, speranza che anche i magistrati nutrono in attesa di sentire, prossimamente, Sara, l’amante di Logli. La donna ha infatti ricevuto una telefonata, della quale dovrà rispondere, della durata di pochi secondi prima della scomparsa di Roberta. Di fronte ad una tale prova, non può continuare ad affermare di non sapere nulla se non vuole rischiare un’accusa di favoreggiamento. Nel frattempo gli inquirenti hanno anche fatto richiesta di acquisizione delle immagini dei satelliti scattate quella notte. Ancora una volta, si cerca la verità, augurandosi che possa venire a galla al più presto donando la meritata pace alla vittima.

Nel frattempo è arrivata una nuova notizia: Logli ha chiesto al tribunale di Pisa di essere il curatore speciale dei due figli visto che la moglie è scomparsa. Il ruolo è andato però ad una persona terza, estranea alla famiglia, un legale. Una decisione che fa sorgere diversi interrogativi per la decisione di escludere dalla nomina i parenti dei bambini.

Gozi, il supertestimone del caso Ragusa, si è sentito minacciato

Loris Gozi-ragusa - tuttacronaca

Dopo l’apparizione a volto scoperto alla trasmissione Quarto Grado, Loris Gozi è tornato a parlare a Chi l’ha visto, dove era già intervenuto senza mostrarsi. L’uomo ha raccontato di essersi sentito minacciato da quando ha dato pubblicamente la sua testimonianza circa i fatti avvenuti la notte del 14 gennaio 2012, la stessa in cui è scomparsa Roberta Ragusa. Come avevamo già riportato (Il racconto del supertestimone del caso Ragusa), Gozi, in quell’occasione, ha visto una prima volta Logli a bordo della sua auto e, in seguito, ha assistito al litigio di una coppia. Il giorno successivo ha poi ricevuto una visita del marito di Roberta che, mostrando una foto della donna, chiedeva informazioni affermando che fosse scomparsa in seguito ad una caduta che le aveva causato la perdita di memoria.

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