M.F.A. è un superteste che nell’ultimo mese è stato interrogato cinque volte e ha rivelato particolari che secondo gli inquirenti potrebbero essere attendibili e che sarebbero una svolta all’interno delle indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, la figlia di un messo pontificio sparita il 22 giugno 1983. L’uomo si autodenuncia e racconta di essere stato uno dei principali telefonisti del sequestro Orlandi che sarebbe stato organizzato «dal nucleo di intelligence di cui facevo parte per esercitare pressioni sulla Santa Sede». La ragazza sarebbe stata vittima di una lotta tra fazioni diverse della Curia Romana. Il giorno del rapimento, il testimone racconta di essere stato «appostato per scattare fotografie alla Bmw su cui c’era De Pedis», ed avrebbe poi incontrato molte volte Emanuela «che restò a Roma fino al dicembre del 1983».
Perché parlare solo dopo 30 anni? Perchè ora, secondo il supertestimone, ci sarebbe un clima diverso in Vaticano, lo stesso Papa Francesco vorrebbe che si facesse chiarezza e c’è la speranza che la verità possa veramente venire alla luce. Il testimone rivela particolari fondamentali anche sulla sparizione di Mirella Gregori, scomparsa un mese e mezzo prima della Orlandi. Entrambe sarebbero state rapite dal gruppo che agiva come «lobby di controspionaggio» nell’ambito di scontri tra opposte fazioni vaticane per condizionare la Curia. L’uomo parla per entrambe di «allontanamento volontario», poiché Mirella si innamorò di un operatore dei servizi e lo segui in Francia, mentre Emanuela sarebbe stata convinta a salire sull’auto di fronte al Senato da un’amica. Emanuela Orlandi «non subì violenze, visse in due appartamenti e in due camper, le procurammo un pianoforte e la rassicuravamo dicendole che la famiglia era al corrente», ma dal dicembre 1983 il presunto telefonista non fornisce altri dettagli e ipotizza che Emanuela, trasferita all’estero nei sobborghi di Parigi, potrebbe essere ancora viva.