Indesit. l’accordo c’è, ma grava sulle finanze pubbliche

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Accordo tra Indesit e sindacati sul piano di riassetto in Italia che con l’ultima stesura «scongiura definitivamente ogni ipotesi di licenziamenti attraverso un adeguato utilizzo degli ammortizzatori sociali» nei cinque anni 2014-2018. Sì di Fim, Uilm e Ugl. non ha firmato la Fiom, si attende ora il referendum nelle fabbriche.

La discriminazione delle donne veste Prada?

prada-discriminazione-tuttacronacaRina Bovrisse è una nippo-americana che si è trasferita da New York a Tokio per Prada e, da quattro anni, è protagonista di una battaglia legale contro la casa di moda. Le accuse che la donna ha presentato sono di molestie sessuali e discriminazione, soprattutto ai danni delle dipendenti donne. L’ex dipendente è stata sconfitta nei tribunali nipponici, ma è riuscita a farsi ascoltare alle Nazioni Unite. La donna ha puntato il dito contro il ceo di Prada in Giappone, David Sesia, che avrebbe “licenziato o emarginato dipendenti donne giudicandole vecchie, grasse, brutte, disgustanti o senza il ‘look di Prada’”. Era il novembre 2012 quando il Tribunale di Tokio ha sì rimproverato Prada per generiche “discriminazioni”, ma ha dato torto alla Bovrisse che ha quindi deciso di rivolgersi all’Alto commissariato dell’Onu per i Diritti Umani. Dopo averla ascoltata, è stato redatto un comunicato nel quale si chiede al Giappone di “introdurre nella legislazione il reato di molestie sessuali, in particolare sul posto di lavoro, che comporta sanzioni proporzionate alla severità dell’offesa”. E aggiunge il comitato: “Lo Stato giapponese deve assicurare alla vittime di abusi la possibilità di fare causa senza temere ritorsioni”.  La Brovisse ha inoltre rilasciato un’intervista a Salon.com durante la quale ha aggiunto altri particolari delle “discriminazioni subite dalle dipendenti donne” arrivando ad accusare Prada di “controllare il peso e i denti” delle singole donne. Gli stessi argomenti verranno rilanciati, a dicembre, alla Camera di Commercio americana in Giappone, dov’è diventata una paladina dei “diritti dei lavoratori” per alcune ong cinesi, come “Labor Action China”. A questo punto arriva anche la risposta di Prada, attraverso il suo portavoce, che fa sapere che “si tratta solo di strumentalizzazioni” ovvero di “un tentativo di sfruttare questioni di grande importanza etica per meri fini personali”. “Il nostro intento è di far stabilire al Tribunale distrettuale di Tokio che le iniziative intraprese da Rina Bovrisse sui mezzi di informazione e con risalto pubblico costituiscono una diffamazione contro Prada, causando danni a Prada” termina il portavoce.

Il dramma del lavoro a Pordenone: Ideal Standard licenzia 450 persone

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Il dramma del lavoro squarcia lo stabilimento di Orcenico di Zoppola (Pordenone) dell’Ideal Standard che ha annunciato il licenziamento di 450 dipendenti dopo il fallimento delle trattative. nell’incertezza anche la  integrazione in deroga, che il governo si era impegnato a garantire, l’azienda intende far scattare la procedura di mobilità dal primo gennaio. I sindacati hanno espresso il loro “sconcerto” e hanno fatto sapere di essere pronti alla mobilitazione.

Il gruppo Marcegaglia chiude a Taranto e licenzia 140 persone.

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Si chiude! E 140 persone restano senza lavoro a Taranto da 31 dicembre. Questo è stato l’annuncio fatto oggi, 29 ottobre, da parte del gruppo Marcegaglia. Il gruppo ha comunicato la sua decisione ai sindacati di categoria e alle Rsu di Fim, Fiom e Uilm. 

”Un’ennesima mazzata per questo territorio”, sottolineano i sindacati. Un territorio – sottolineano nella nota congiunta le organizzazioni sindacali – ”già martoriato da una crisi senza precedenti, che continua a mietere perdite di posti di lavoro”. La fabbrica aveva dismesso un paio di anni fa la produzione di caldaie industriali per riconvertirsi al Fotovoltaico con la produzione in proprio le lamine flessibili a film sottile, in silicio amorfo.

 

Fatebenefratelli in stato di crisi: chiusure e licenziamenti in vista

fatebenefratelli-crisi-tuttacronaca170 lavoratori in esubero su un totale di 936, tra dipendenti e consulenti esterni. 170 professionisti a cui il Fatebenefratelli, che ha indetto lo stato di crisi, dovrà rinunciare. Così come dovrà cancellare i 500 ricoveri del servizio psichiatrico di diagnosi e cura effettuati ogni anno, ben 11.250 sacche di sangue del servizio trasfusionale e 18.599 prestazioni di dialisi. Non solo, sull’Isola Tiberina si taglieranno anche le attività terapeutiche oncologiche di 2500 unità e 1300 ricoveri in convenzione, di terapia intensiva e di 30 mila prestazioni di radioterapia. La manovra è stata presentata ieri dal dal vicepresidente Fra Giampiero Luzzato: “Dobbiamo adottare decisioni difficili che comportano una riduzione di programmi destinati agli utenti più bisognosi. Dover licenziare il personale è una decisione angosciante, che talvolta però deve essere presa: con questo piano l’ospedale tornerà ad essere in equilibrio anche se con i livelli di produzione ridotti”. Tutto questo perchè, visti i conti, la struttura non riesce a sopravvivere. E poco importa l’ira dei sindacati: troppi problemi economici. Alla loro base, il contenzioso per gli anni 2006/2009 con abbattimenti tariffari, livelli di produzione non riconosciuti e funzioni come la terapia intensiva neonatale, l’emergenza e la rianimazione non remunerate per un importo di 70 milioni di euro, il decreto del commissario Bondi del 2012 che ha tagliato il 7% del budget a prestazione già erogate e la riduzione delle funzioni da 18 a 8 milioni. Lo stato di crisi rischia di portare al collasso quello che è uno degli ospedali più prestigiosi del Centro, che ora deve ricorrere a misure drastiche per sopravvivere.

L’american dream si trasforma in incubo: Paramount licenzia

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La Paramount Pictures, colosso della cinematografia americana ha annunciato il licenziamento di 110 dipendenti tra Los Angeles e il resto del mondo. I comparti più colpiti il reparto finanziario, le risorse umane, i servizi informatici, la distribuzione internazionale di dvd, il settore legale ed il marketing.

Sano come un Plasmon… disoccupato?

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«A meno di tre mesi dall’operazione di acquisto della Heinz Plasmon (azienda che deteneva il marchio dal 1953) da parte di Berkshire Hathaway e di 3G Capital i nostri peggiori timori si sono dimostrati drammaticamente reali». La notizia è arrivata ieri, a margine del coordinamento nazionale del gruppo in una nota unitaria Giorgio Galbusera, coordinatore Nazionale Fai-Cisl, Mauro Macchiesi, segretario nazionale Flai-Cgil e Tiziana Bocchi, segretario Uila-Uil. A perdere il posto di lavoro sarebbero 204 dipendenti su 946.

“L’azienda ha rifiutato il confronto con il sindacato su un piano industriale che dia garanzie per il futuro e dentro il quale si possono trovare soluzioni alternative ai licenziamenti”, affermano i sindacati in una nota. In assenza di risposte dalla proprietà, i sindacati confermano che la mobilitazione negli stabilimenti di Ozzano (Parma), Latina (Roma) e negli uffici della sede a Milano. proseguirà anche nei prossimi giorni. D’altra parte, Fai, Flai e Uila restano in attesa della convocazione presso il ministero dello Sviluppo Economico auspicando “che il gruppo Heinz non rifiuti l’incontro dando uno schiaffo non solo ai dipendenti ed al sindacato, ma al Paese intero dove intere generazioni sono cresciute con gli omogeneizzati e i biscotti Plasmon”.

Quello che serve, chiedono i sindacati al governo, è invece “un impegno serio su un piano industriale che ad oggi non c’è”. Domani si terrà anche una manifestazione davanti alla sede milanese dell’azienda. “Dovrebbe esserci anche l’amministratore delegato – dice Alessandro Marchesetti, segretario Fai Cisl di Milano – al quale presenteremo una lettera; proporremo alla società strumenti diversi cercando di studiare insieme delle soluzioni”. Tra queste, spiega Marchesetti, sono compresi gli ammortizzatori sociali: “Speriamo che ci siano  un’apertura da parte dell’azienda e un futuro industriale per il gruppo”.

Secondo i sindacati, tra l’altro, i nuovi proprietari “hanno già fatto procedure di ristrutturazione in giro per il mondo per Heinz. “Fortunatamente – conclude il sindacalista – la legge italiana prevede dei tempi di discussione e noi in questo periodo vogliamo capire quale sarà il futuro degli stabilimenti e i piani di investimento per mantenere e rilanciare il marchio Plasmon in Italia”.

3000 esuberi! Saltano anche alcuni giornalisti nella Thomson-Reuters

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