I baci amari: arriva la cassa integrazione per i lavoratori Perugina

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La crisi è finita? La cassa integrazione resta e colpisce i lavoratori dei baci! Saranno 867 dipendenti a tempo pieno della Perugina Nestlé di San Sisto, a Perugia,a essere messi in cig almeno questo è quanto è stato deciso unilateralmente dall’azienda, ma la risposta dei sindacati è stata immediata:

“Siamo consapevoli della gravità della crisi in essere – riferiscono, in una nota congiunta, Flai-Cgil, Fai-Cisl, Uila-Uil e rsu – ma siamo altrettanto consapevoli che i suoi effetti sono amplificati oltremodo dalla mancata reazione, attraverso scelte industriali coraggiose ed investimenti, da parte del management italiano. Per questo non riteniamo accettabile scaricare in modo superficiale le conseguenze di questa situazione esclusivamente sul salario dei lavoratori, attraverso l’utilizzo di un ammortizzatore passivo e difensivo quale è la cassa integrazione”.

I sindacati e lavoratori propongono invece il contratto di solidarietà (applicato anche lo scorso anno) che al contrario presuppone un accordo su un piano industriale “che deve dare una prospettiva seria”.

“L’atteggiamento di Nestlé e la mancanza di un guida forte a livello di direzione azienda – concludono i sindacati – non offrono al momento queste garanzie”.

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Faida in Cgil, scoppia la rissa con i rappresentanti Fiom

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Faida in Cgil a Milano dove si teneva l’attivo regionale del sindacato, al quale partecipava anche Susanna Camusso. Qui una decina di rappresentanti della Fiom, che non è stata invitata all’incontro, guidata da Giorgio Cremaschi, ha fatto irruzione nella sala. Tra scontri verbali sono volati schiaffi e spintoni.

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Armi siriane a Gioia Tauro e scoppia la polemica!

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Prima erano solo voci, poi sono diventate certezze e quindi si sono sollevate le polemiche dopo la conferma ufficiale da parte del ministro degli Esteri Emma Bonino: le armi chimiche verranno distrutte nel porto di Gioia Tauro.

Così il il segretario regionale del Sindacato dei lavoratori portuali (Sul) della Calabria, Carmelo Cozza, chiama in causa tutti gli enti preposti e chiede di fare chiarezza.

“Le ultime notizie a disposizione – afferma il sindacato – raccontano sempre più insistentemente che le armi chimiche provenienti dalla Siria e depositate in circa 1500 container sulla nave danese Ark Futura transiteranno per il terminal di Gioia Tauro per essere trasbordate successivamente sulla nave americana Cape Ray”
“Quello che ci preoccupa – aggiunge – rispetto a tali notizie è soprattutto il silenzio istituzionale da parte di tutti gli enti preposti. A cominciare dalla Regione Calabria passando per l’Autorità Portuale e la Capitaneria di Porto di Gioia Tauro per finire al gestore del terminal, Medcenter Container Terminal Spa. Nessuna posizione di merito o di distinguo rispetto ad una problematica che se si realizzerà avrà un fortissimo impatto sulla sicurezza dei lavoratori, nell’eventualità di possibili danni a tali contenitori durante la movimentazione, nonchè sulla sicurezza del terminal intesa come attività di Security. 1500 contenitori di tale pericolosità da vigilare e monitorare richiederanno misure straordinarie trattandosi di sicurezza internazionale”.
“Pertanto – conclude Cozza – abbiamo richiesto un urgente incontro di merito alla Capitaneria di Porto, all’Autorità Portuale di Gioia Tauro e contestualmente al terminalista Medcenter Container Terminal Spa al fine di avere le necessarie informazioni sulla vicenda che ha necessità di essere affrontata con tempestività, competenza e risolutezza considerata l’estrema pericolosità delle sostanze trasportate”.

Niente prelievo sugli stipendi dei prof? Il governo ci prova con i bidelli

bidello-tuttacronacaIl governo non metterà le mani in tasca agli insegnanti… ora ci prova con il personale non docente, ossia soprattutto bidelli e chi nella scuola fa lavoro di segreteria. La denuncia arriva dai sindacati che fanno riferimento a una circolare del ministero dell’Istruzione nella quale si chiede la restituzione al personale ausiliario, tecnico e amministrativo della scuola dell’incentivo economico, stabilito con un accordo del 2011, per mansioni che vanno oltre i normali compiti. Francesco Scrima, segretario generale della Cisl scuola, ha affermato: “Noi impugneremo questo provvedimento perché  ingiusto, iniquo e offensivo. Riguarda il personale Ata, personale che ha delle retribuzioni tali che gridano vendetta al cielo!” Quello che prevede la circolare è il prelievo degli aumenti contrattuali legati alla professionalità (incentivi che vanno da un minimo di 600 a un massimo di 1.800 euro annui che si tra traducono mensilmente in una cifra che va dai 50 ai 150 euro). Ad essere interessate potrebbero essere 8mila persone e nel frattempo la Uil scuola ha già inviato una lettera al ministro Carrozza nella quale viene sollecitato il ritiro del provvedimento. “Va evitato – dice – un altro pasticcio”.

Marcia indietro sugli insegnanti! Il governo ha rischiato di farsi male da solo

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Gli insegnanti non restituiranno i 150 euro”: il Governo fa marcia indietro. Alla fine il Governo ha fatto marcia indietro sugli insegnanti: dalla riunione a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio, Enrico Letta, il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, e il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza è arrivata la decisione di sospendere il provvedimento che imponeva la restituzione degli scatti di anzianità del 2012. Il flash dell’Ansa è delle 10 e un quarto, a inizio mattinata il vicepremier Angelino Alfano aveva già rassicurato gli insegnanti e, di riflesso, l’alleato di maggioranza, il Pd che storicamente rappresenta la categoria: ”In questo modo il governo rischia di farsi male da solo. Entreremo nel merito della vicenda, i cui dettagli ancora non conosciamo, per evitare che si verifichi il prelievo”, aveva affermato Alfano, intervenuto alla “Telefonata” su Canale 5.

Tagli allo stipendio degli insegnanti: 150 euro in meno

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Ritorno amaro tra i banchi per gli insegnanti italiani che si sono trovati di fronte al taglio di 150 euro di stipendio. Il taglio è stato operato dal ministero dell’Economia  che chiede la restituzione degli scatti stipendiali già percepiti nel 2013 con una trattenuta appunto di 150 euro mensili, a partire da gennaio. Immediata l’ira dei docenti che si vedono così negare un diritto già acquisito, ma soprattutto la richiesta ha fatto anche sorgere un vero scontro all’interno del governo con il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, che si è schierata al fianco degli insegnanti e ha scritto immediatamente al collega Saccomanni.  Ma se i membri di un esecutivo si scontrano tra loro come è possibile governare un Paese ed effettuare delle riforme? Se non c’è coesione e un indirizzo unitario come si riesce a trovare un’intesa che consenta di dettare un agenda sul prossimo anno? Intanto al fianco dei lavoratori della scuola si sono schierati anche i sindacati che minacciano lo sciopero.

I sindacati già da giorni protestano con forza. «Le istruzioni impartite dal Ministero dell’Economia per un graduale recupero degli scatti maturati nel 2012 costituiscono una decisione inaccettabile che va bloccata, una vera e propria provocazione che se attuata non potrà rimanere senza risposta» ha tuonato il segretario generale della Cisl Scuola Francesco Scrima. E dalla Gilda è arrivato un aut aut: «Siamo stanchi di aspettare: vengano restituiti ai docenti gli scatti stipendiali 2012 o sarà sciopero generale». Per la Flc-Cgil si assiste «ancora una volta a un pesante intervento sui diritti acquisiti dei lavoratori della scuola, che saranno costretti a restituire le somme legittimamente e giustamente percepite». «La scuola – ricorda il sindacato guidato da Mimmo Pantaleo – ha già contribuito pesantemente al risanamento dei conti pubblici, finanziandolo con i tagli di personale (8 miliardi di euro), con il blocco del contratto di lavoro, con il taglio del salario e con l’aumento dei carichi di lavoro». Il segretario generale della Uil scuola, Massimo Di Menna, parla di «situazione gravissima, mai accaduta prima». La nota del ministero dell’Economia del 27 dicembre – ricorda – «produce come effetto che, senza che nessuno sia stato avvertito, senza che sia stata fornita nessuna spiegazione, si procede con il prelievo nello stipendio. Come a dire, poichè la scuola è centrale nelle scelte di Governo, apriamo il nuovo anno togliendo parte della retribuzione di quelli che l’avevano legittimamente percepita, perchè le regole sono cambiate. Il decreto, che viene interpretato in modo retroattivo, è di novembre e decide di togliere gli aumenti maturati a gennaio. Ed è qui il pasticcio vero, con un Governo che, in questa vicenda, infila un errore dopo l’altro, trattando il personale della scuola anziché come lavoratori titolari di diritti, come sudditi».

Rimborsi d’oro in Sicilia, l’Ue minaccia lo stop ai fondi

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I pensionati d’oro saranno costretti al contributo di solidarietà, ma i rimborsi d’oro ai forestali? Chi ci pensa a tagliare le spese? La minaccia di bloccare i fondi alla Regione Sicilia arriva dall’Ue, che si scaglia contro a quei rimborsi che appaiono davvero troppo eccessivi. Basterebbe la sola voce che fa riferimento alla benzina per gridare allo scandalo. Se i conti riportati dai media infatti sono esatti e non ci sono, al momento, prove per dubitarne sarebbero 20 milioni di euro all’anno stanziati per il carburante. “O tagliate la spesa per i rimborsi chilometrici o niente fondi”, tuona l’Ue davanti alle spese e alle richieste di rimborsi presentate dai dipendenti dell’Azienda foreste.

Sono 15mila i forestali in Sicilia, a cui vanno aggiunti gli operai antincendio per un totale di 26mila addetti, scrive Emanuele Lauria su Repubblica:

“Decenni di politiche clientelari, nell’Isola, hanno allargato gli organici sino a un livello che non teme confronti: in Piemonte, per dire, i forestali sono 406, meno del piccoloComune di Solarino in provincia di Siracusa. E alla fine la cassa della Regione siciliana si è svuotata. Anche perché si scopre ora, con una denuncia dell’assessore alle Risorse Agricole Dario Cartabellotta, che i salari sono stati irrobustiti in virtù di benefici concessiallegramente: basti pensare che, in media, al costo di ogni lavoratore (82 euro) la Regione somma ogni giorno altri 12 euro di rimborsi chilometrici”.

Il governatore siciliano Rosario Crocetta parla di “cattiva organizzazione” e “furbizie”:

“Di “furbizie” parla proprio il governatore Crocetta che ora — davanti al disco rosso alzato da Bruxelles — ha deciso di inserire nella legge finanziaria in discussione all’Ars un taglio agli appannaggi di forestali. Ponendo un limite di 15 chilometri alle trasferte rimborsabili, bloccando il turn-over e i rinnovi contrattuali. I sindacati sono in rivolta e oggi manifesteranno in piazza”.

Anche il Pd si è schierato coi forestali, con il segretario regionale Giuseppe Lupo che ha detto:

“«Se c’è una cattiva organizzazione la responsabilità è del governo. Giusto abolire i privilegi, ma se ci sono diritti contrattuali quelli vanno rispettati. Così dovrebbe ragionare un’amministrazione di sinistra»”.

Una dichiarazione a cui Crocetta ha replicato duramente:

“«Essere di sinistra non significa essere illegali e parassitari»”.

I sindacati in piazza: manifestazione a Montecitorio per i lavoratori

palazzo-chigi-tuttacronacaSono scesi ancora in piazza i sindacati, che halle 9.30 hanno iniziato una manifestazione in piazza Montecitorio, a favore del futuro del lavoro. Quello che chiedono, con il presidio davanti a Palazzo Chigi al quale partecipano anche i segretari generali di Cgil Cisl e Uil Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, sono meno tasse per lavoratori dipendenti e pensionati attraverso un aumento delle detrazioni e una definizione di una norma che destini automaticamente le risorse provenienti dall’ evasione fiscale, dalla spending review e dalle rendite finanziarie. Per quel che riguarda la difesa del lavoro, inoltre, i sindacati chiedono la riapertura della contrattazione nei settori pubblici, il finanziamento della Cig e dei contratti di solidarietà e la rivalutazione delle pensioni. Infine, per il futuro del lavoro, ci si aspetta nuove politiche industriali, attuazione degli investimenti e politiche sociali.

Indesit. l’accordo c’è, ma grava sulle finanze pubbliche

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Accordo tra Indesit e sindacati sul piano di riassetto in Italia che con l’ultima stesura «scongiura definitivamente ogni ipotesi di licenziamenti attraverso un adeguato utilizzo degli ammortizzatori sociali» nei cinque anni 2014-2018. Sì di Fim, Uilm e Ugl. non ha firmato la Fiom, si attende ora il referendum nelle fabbriche.

Salta la prima all’Opera di Roma, scioperi in vista!

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Scioperi del personale della struttura e salta la prima dell’Opera di Roma prevista per il 27 novembre. Annullata tutta la produzione dell’Ernani diretto da Riccardo Muti. La protesta è stata decisa oggi durante  l’assemblea dei lavoratori del teatro, per protestare contro l’ipotesi di commissariamento, a renderlo noto sono stati i sindacati Cgil, Libersind e Fials.

Accordo trovato nel disaccordo e nella tensione… Genova quasi la Grecia

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Tanta rabbia, tensione e disaccordo nell’assemblea dei lavoratori di Amt che alla fine ha approvato la bozza di accordo  raggiunto nella notte tra venerdì 22 e sabato 23 dal comune diGenova, la Regione Liguria e i sindacati. Proprio quest’ultimi, i cui rappresentati sono stati anche ampiamente criticati, hanno chiesto ai lavoratori di votare la bozza.

Nel documento visionato dall’Ansa si legge: “Il combinato disposto dalla legge nazionale 422/97 e la legge regionale 33/2013 ha reso possibile dare vita ad un forte piano di riorganizzazione e rilancio del sistema di trasporto pubblico attraverso la creazione di un’agenzia che sarà pienamente operativa nella primavera del 2014. E’ questo l’appuntamento al quale arrivare con una Amt più efficiente e forte che rimarrà comunque pubblica”.

“Al fine di portare l’azienda all’appuntamento della gara per l’affidamento dei servizi nel bacino unico regionale, che rimane l’unica prospettiva strategica di sviluppo del servizio di trasporto pubblico in Liguria – prosegue il documento – è necessario mettere in atto misure di rafforzamento e razionalizzazione aziendale su più fronti. In primo luogo deve essere irrobustito l’investimento nel parco mezzi”.

Su questo punto la Regione si è impegnata a costituire e rendere operativa l’Agenzia regionale e a reperire fondi europei per il rinnovo del parco mezzi circolante: “Attraverso questo maggiore investimento nel parco mezzi – è spiegato nel documento – si otterrà l’obiettivo di un miglioramento del servizio e di una consistente diminuzione degli oneri a carico dell’azienda per l’attività di manutenzione”.

Per quanto riguarda il disavanzo previsto dal conto economico previsionale 2014 ammontante a circa 8,3 mln, “l’azienda e il comune reperiranno le risorse per 4,3 mln”. “In tale processo – si legge ancora – il Comune e l’azienda si impegnano, unitamente ad altre azioni, a verificare la possibilità di ricostituire il capitale sociale attraverso diverse misure”. I rimanenti 4 mln saranno ottenuti, attraverso opportune intese con le organizzazioni sindacali e a tal proposito verrà attivato un tavolo di confronto che dovrà produrre l’articolazione della proposta.

Genova quasi come la Grecia? I 4 milioni ricadranno sui lavoratori nel 2014? Chi sarà sacrificato per il debito?

In Indesit salta tutto e si va in mobilità

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Sembrava raggiunto l’accordo tra  Indesit Company e le parti sociali e invece nonostante  il sacrificio chiesto ai lavoratori  che avrebbero dovuto rinunciare a parte dello stipendio per attivare le misure straordinarie previste, e continuare a lavorare tutti, alla fine invece è saltata anche quest’ultima speranza.

Il braccio di ferro che va avanti dalla scorsa primavera ieri sembrava sulla buona strada: solo la Fiom non aveva sciolto le sue riserve, ma poi nella nottata le posizioni si sono irrigidite, e non è più stato possibile trovare un accordo. Anzi la Indesit ha risposto aprendo la procedura della mobilità, che è l’anticamera dei licenziamenti individuali. “Non ci sono altre soluzioni per chi ha cuore il bene della Indesit – spiega l’amministratore delegato del gruppo di elettrodomestici Marco Milani – ma abbiamo a cuore anche tutte le persone che per l’azienda lavorano, e siccome una soluzione alternativa ai licenziamenti esiste, mi auguro che presto si possa trovare un  accordo con tutte le parti sociali”.

Dalla richiesta della mobilità, passeranno 75 giorni prima che si passi alla fase successiva e ieri anche le parti sociali, tornavano a essere possibiliste. “ Bisogna recuperare il buonsenso e lavorare affinché venga riaperto il confronto su Indesit” ha detto il segretario nazionale della Fim Cisl, Anna Trovò. “Nella trattativa – ha aggiunto – importanti novità sulle quali l’azienda si era resa disponibile a trattare” a partire da missioni produttive esclusive e specializzate sulle produzioni di gamma alta per gli stabilimenti italiani e contratti di solidarietà. Un accordo condiviso che confermi le fabbriche italiane e gli organici mantenendo i livelli occupazionali rimane per la Fim “un obiettivo alla portata delle parti” nonostante l’interruzione del negoziato e l’apertura della procedura di mobilità per 1400 lavoratori da parte della Indesit sia “un atto di rottura unilaterale pesante per il suo significato ed esplosivo per i suoi effetti se dovesse essere portato a termine”.

Scontro di stabilità! Tensione nei cortei e cariche della polizia a Bologna

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Scontri, cariche e tensioni, la legge di Stabilità diventa terreno di battaglia in molte città dove oggi stanno sfilando i cortei dei sindacati confederali. Da Roma a Milano, insieme a Cgil, Cisl e Uil anche gli studenti. I tafferugli si sono registrati soprattutto a Bologna dove il traffico è andato in tilt,  vetrine delle banche imbrattate di vernice e la polizia ha respinto gli studenti del collettivo autonomo Cas. Mentre il corteo di Cgil-Cisl e Uil ha sfilato pacificamente da porta San Felice a Piazza Maggiore, gli studenti medi organizzati hanno prima bloccato i viali all’altezza del ponte Matteotti, poi sfilato in via Indipendenza, paralizzando il traffico. Il serpentone si è poi diviso in due, procedendo in parte su via Irnerio e in parte verso via Marconi. I ragazzi del Cas (Collettivo autonomo studentesco) sono invece tornati a marciare verso Palazzo Malvezzi dietro allo striscione ‘Assediamo la Provincià come avevano fatto nei giorni scorsi. Questa volta, però, è volata qualche manganellata. I giovani, dove aver tentato di entrare nel Palazzo, sferrando anche calci al portone, sono stati più volte respinti su via Zamboni dalla Polizia. Mancanza di spazi di socialità, tagli all’istruzione, austerity e caro-vita sono i motivi della protesta studentesca, messa in atto a suon di musica a tutto volume e con l’accensione di alcuni fumogeni.

Invasione di studenti anche nella sede milanese di Google a Milano. Entrati nell’atrio del palazzo di corso Europa che ospita gli uffici del colosso di Mountain View, i ragazzi hanno imbrattato con vernice spray – con le ormai consuete ‘V’ del personaggio del fumetto e del film ‘V per vendettà – le pareti dell’ingresso, tappezzato di cartelli che con vari slogan accusano Google di lucrare sulla privacy degli utenti del web. Il gruppo si era staccato poco prima dal corteo studentesco che, andato via via ingrandendosi, sta marciando per Milano per protestare contro la crisi economica. Tensioni tra gli studenti che stanno manifestando in corteo nel centro di Torino e la polizia. All’altezza di uno dei corsi centrali, un gruppo di manifestanti ha tentato di forzare un cordone posto a difesa di una filiale dell’Unicredit. La polizia ha risposto allontanandoli con gli scudi e brandendo i manganelli. La situazione è tesa. Gli studenti, circa un migliaio, protestano contro i tagli alla scuola pubblica. Brandendo cartelli con l’immagine di Enrico Letta, lanciano slogan contro le politiche governative sull’istruzione.

Il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni, che ha raggiunto la testa del corteo di Milano per lo sciopero generale contro la Legge di Stabilità, chiede di «cambiare subito la questione fiscale» che come è affrontata dal Governo «ci pare davvero molto debole non solo per i lavoratori e i pensionati, ma anche per l’economia». «Le tasse – prosegue – saranno la tomba dell’economia e della democrazia in Italia». «Non c’è più tempo, il Paese non ha più bisogno di soluzione che non vengono, ma ha bisogno di risposte», ha detto Susanna Camusso, leader della Cgil nel corso del suo comizio conclusivo alla manifestazione di Milano. «Il tempo -ha proseguito – non è una variabile indipendente, non si può continuare cosi con quella politica che ha fatto male al Paese». Camusso cita nel suo intervento i casi di Alitalia, Telecom e in generale della siderurgia. «Si chiudono le nostre aziende strategiche, ci stiamo giocando questo tema qui e oggi».

Air France non atterra ad Alitalia: ora sono 1000 gli esuberi

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Il piano per Alitalia si farà, ma non con Air France. La compagnia francese infatti non è convinta e soprattutto non ha sicurezze per investire in Italia, nonostante Letta continui a confermare che la stabilità politica è necessaria anche per infondere fiducia negli investitori esteri… quale migliore occasione? Alitalia poteva davvero rappresentare un esempio in tal senso, ma invece Air France si defila e resta solo il piano delle poste. Ritornano quindi di triste attualità anche gli esuberi che si stima possano essere circa 1000. Cosa ha fatto allontanare Air France? Prima di tutto le banche, non è infatti chiaro se parteciperanno o escuteranno i debiti. L’ad Gabriele Del Torchio e il nuovo partner Poste stanno definendo un loro piano industriale: saranno davvero solo 1000 gli esuberi?

Naturalmente sono a rischio anche i circa 2mila contratti a termine. Tutto ora ruota intorno alla capacità di Alitalia di reagire alla crisi, aumentando il fatturato in tempi rapidi… cioè quello che già si era auspicato con il precedente salvataggio. Come spiega Il Messaggero: 

Proprio a questo scopo la compagnia ha lanciato ieri un serie di proposte commerciale per attirare nuovi viaggiatori, le famiglie in particolare, con biglietti a prezzi ridotti che partono da 99 euro.

Air France-Klm passerà dal 25% all’11% come riporta il quotidiano francese Les Echos. Sull’altro versante, quello europeo, aperto da British che ha puntato il dito contro Alitalia parlando di un vero e proprio aiuto di Stato e di fatto catalizzando gli occhi dell’Europa sull’operazione di Poste Italiane nella sottoscrizione delle quote, ora l’Italia si giustifica  parlando di “passo transitorio” come ribadito dallo stesso Fassina. 

La compagnia di bandiera italiana incassa i 130 milioni di euro da banche e soci, ma secondo il quotidiano francese il valore di Alitalia si aggirerebbe intorno ai 30 milioni di euro. Forse è sottostimato dai francesi, ma la stessa assemblea dei soci aveva stimato il valore della compagnia intorno ai 50 milioni. Proprio per questo motivo l’Air France avrebbe fatto il decisivo passo indietro e decidere di non sborsazre la quota di 75% dell’aumento di capitale e di fatto andando in minoranza passando all’11%.  Uno scenario, questo, che per i francesi non comporterebbe grandi cambiamenti. Allo scadere del vincolo di ‘lock up’ (il 28 ottobre), il gruppo franco-olandese perderà il proprio diritto di veto e non potrà più opporsi all’ingresso di un investitore straniero, ma a Parigi – scrive Les Echos – restano persuasi che tutti gli operatori esteri potenzialmente interessati (Aeroflot, Etihad, Lufthansa o Air China) abbiano gettato la spugna. Una fonte di Air France, però, non conferma e non fa commenti.

 

Quel timido sciopero di 4 ore dei sindacati contro la Stabilità

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Chi si aspettava una mobilitazione di massa, dovrà ricredersi. Nel giorno in cui Bruxelles esamina la Legge di Stabilità italiana, Cgil, Cisl e Uil decidono di indire scioperi territoriali per metà novembre della durata di 4 ore. Quindi nessun movimento unitario come invece sembrava che dovesse esserci, né una serie di scioperi a catena ma solo un “timido” avviso di dissenso contro una “soft” legge finanziaria che ha scontentato quasi tutti senza poter però alzare la voce poiché stavolta le bastonate sono meno evidenti di altre anche se alcuni sentori già ci sono: con la Tasi ci sarà chi pagherà più dell’Imu e inoltre, a lungo andare, i tagli si ripercuoteranno sui cittadini, la ripresa e l’occupazione tarderanno ad arrivare e allora sì che la mobilitazione si farà sentire… ma ci sarà ancora tempo per protestare?

 

Alitalia: chi resta a bordo? I consiglieri d’amministrazione e le dimissioni

alitalia-tuttacronacaE’ stato deliberato all’unanimità dall’assemblea dei soci di Alitalia l’aumento di capitale di 300 milioni di euro, da offrire in opzione ai soci in proporzione alla quota di capitale posseduta. A partire da domani, 16 ottobre, soci avranno 30 giorni di tempo per sottoscrivere le azioni di nuova emissione. Ma i consiglieri di amministrazione hanno già manifestato l’intenzione di rassengare le loro irrevocabili dimissioni dalla carica, questo in previsione del possibile mutamento degli assetti proprietari. Le dimissioni avranno effetto dalla data dell’assemblea, che sarà convocata subito dopo l’esecuzione dell’aumento di capitale. Massimo Sarmi, amministratore delegato di Poste Italiane, si recherà nel frattempo a Parigi per incontrare i vertici di Air France. L’intenzione è contrattare con i francesi le modalità dell’eventuale ingresso di Poste nel capitale della compagnia aerea italiana.

British Airways accende il riflettore su Alitalia: Ue intervenga su aiuti di Stato

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L’Alitalia Day è arrivato! Oggi consiglio di amministrazione e l’assemblea della linea aerea sono chiamati ad approvare l’operazione di salvataggio da 500 milioni di cui 300 milioni di aumento di capitale. Un’operazione che come noto prevede l’intervento delle Poste Italiane, controllate dal ministero dell’Economia. Oltre alle polemiche che ha suscitato questa scelta sulla sua opportunità in termini di politica economica, ora si levano anche serie proteste internazionali che ragionano in termini di diritto e concorrenza. “Ci aspettiamo che la Commissione europea intervenga per sospendere questo aiuto manifestamente illegale”, commenta la Iag, holding che controlla British Airways, Iberia e Vueling, commenta con l’Ansa gli ultimi sviluppi su Alitalia, sottolineando di essere “stati sempre contrari agli aiuti di Stato”.

Tornando all’operazione comunque in via di approvazione, il dubbio resta intorno alle intenzioni di Air France-Klm, che pure venerdì scorso ha approvato l’impianto dell’operazione. Il socio industriale di maggioranza tra i privati (25%) dovrebbe sborsare intorno a 75 milioni: non sta attraversando un periodo di salute ottimale e già a febbraio ne ha messi quasi 40 per il prestito ponte arrivato dai soci e ben presto rivelatosi insufficiente. Una fonte vicina alla compagnia ha dichiarato al quotidiano economico francese Les Echos: “Non è un piano definitivo bisogna ancora trovare un’intesa su una  ristrutturazione del debito e una revisione del piano industriale”. Malgrado le pressioni del ministro dei trasporti italiano, Maurizio Lupi, che ha invitato Air France-Klm a sottoscrivere la sua quota, Les Echos sottolinea che il gruppo franco-olandese ha intenzione di utilizzare il termine di un mese previsto dagli accordi per aderire al piano o diluire la propria quota all’11%.

“Abbiamo approvato il piano, che va nella giusta direzione, ma rimane insufficiente”, hanno fatto sapere, ricordando che una ristrutturazione del debito (di oltre un miliardo di euro) rimane un requisito indispensabile per qualsiasi impegno definitivo. Lupi aveva già risposto alle reticenze francesi senza mezzi termini: “Alitalia non sarà la Cenerentola di Air France”, ha detto ricordando che in caso di mancata sottoscrizione dell’aumento “verrà meno ogni vincolo per la ricerca di nuovi partner”. Proprio sui partner si è espresso il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, stamane a Radio1Rai: “Ci vuole un alleato, ma non credo che i francesi facciano al caso nostro”, ha sentenziato. Secondo Bonanni “loro vogliono solo il loro hub, tant’è che hanno detto che loro aderirebbero” all’aumento di capitale “alla sola condizione che Alitalia non apra nuove tratte internazionali e non acquisti nuovi veicoli. Anzi: hanno fatto di tutto perchè noi fossimo bloccati nell’acquisizione di nuove tratte che rappresentano le occasioni più remunerative per un’azienda Con loro noi andremmo in ulteriore default; meglio allearsi con i tedeschi oppure con altre compagnie di altre realtà regionali”. Tra i possibili partner, Lufthansa ha messo in chiaro di non essere interessata.

I cittadini mettono mano al portafoglio per pagare Alitalia: esposto alla Ue

alitalia-tuttacronacaIl ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Maurizio Lupi, aveva dichiarato che lo Stato Italiano “non ha messo soldi, neanche un euro dei soldi dei cittadini” per il salvataggio dell’Alitalia. Stando al Codacons, però, la verità è ben diversa. Meglio, “è vero esattamente il contrario”. L’associazione spiega infatti che “Saranno proprio gli utenti, attraverso la società controllata al 100% dal Tesoro, Poste Italiane, a ripianare i debiti della compagnia aerea. L’intera operazione Alitalia avrà effetti diretti sulla tasche dei cittadini italiani, e il ministro Lupi lo sa bene. Questo perchè lo sforzo economico di Poste andrà inevitabilmente ad intaccare i servizi universali gestiti dall’azienda, a tutto danno degli utenti, specie le fasce più deboli, che indirettamente si troveranno a pagare il prezzo dell’operazione”. Il Codacons, al riguardo, presenterà domani alla Ue un esposto urgente secondo il quale Poste Italiane “E’ una società per azioni che nel caso di Alitalia acquista titoli azionari, ma l’assetto proprietario di Poste vede la partecipazione totalitaria del ministero dell’Economia, e l’attività di controllo contabile sono affidate a una società di revisione e soggette al controllo della Corte dei Conti sulla gestione del bilancio e del patrimonio”. Così stando le cose, afferma ancora l’associazione, non solo vengono smentite le dichiarazioni di Lupi, ma si configura un aiuto statale che è l’intera collettività a pagare.

Poste salva Alitalia… o prova a salvare se stessa?

poste-alitalia-tuttacronacaSi è detto che il governo ha scelto un socio per Alitalia che abbia anche un know how e che Poste, oltre a 75 milioni di euro, possono garantire la condivisione di infrastrutture logistiche, informatiche e di controllo attraverso la compagnia aerea controllata Air Mistral. Il problema è che della flotta, nelle mani di Poste al 100% dal 2005, l’anno scorso si era annunciata la vendita a causa di continui risultati economici negativi, con bilanci sono in perdita continua negli ultimi anni. Come sottolinea Giornalettismo: “Poco sembra aver insegnato la ‘lezione’ del passato ‘salvataggio dei patrioti del Cai’, voluto dal governo Berlusconi. Quello che per i contribuenti è costato circa 5 miliardi di euro, secondo le stime di Sergio Rizzo. Più del gettito Imu. E che non è certo riuscito ad aggiustare i conti della compagnia di bandiera italiana, considerati i debiti che ammontano a circa 1 miliardo e 300 milioni di euro”. Mistral è stata nel 1981 dall’attore Carlo Pedersoli, meglio noto come Bud Spencer, diventando operativa nel 1984. In seguito passata in mano al gruppo olandese Tnt, nel 2002 finì in mano a Poste Italiane quando ancora erano amministrate da Corrado Passera. Costo: 9 milioni di euro. Della flotta fanno parte 8 velivoli, tra cui 4 Boeing. I mezzi sono adibiti al trasporto pacchi e lettere di notte, mentre, durante il giorno, trasportano passeggeri verso mete e luoghi di culto. Per quel che riguarda le perdite, come ricorda anche Il Fatto, nel 2010 si registrava un -1.5, passato a -2.2 l’anno successivo mentre nel 2012 ha fatto registrare una perdita netta di 8,2, tanto che l’ad Massimo Sarmi chiese una ricapitalizzazione di 3 milioni di euro. E annunciò la volontà di venderla. Ma per Mistral Air sono passati anche altri nomi. Dal luglio 2008 all’agosto 2010 ne fu presidente il berlusconiano Antonio Martuscello, ex dirigente di Publitalia e ora commissario Agcom. Praticamente con l’offrire Poste come socio per ricapitalizzare Alitalia con 75 mln di euro e studiando “strategie” e “sinergie” tra le due compagnie di volo, Sarmi tenterebbe di ricadere sotto la bandiera italiana con un obiettivo che potrebbe essere quello, nota Giornalettismo,  “di puntare su viaggi a lungo raggio, in particolare verso le capitali e le grandi città d’Oriente, soprattutto se ci sarà una collaborazione crescente con Air France Klm, il gruppo franco olandese che detiene già il 25% di Alitalia e che era in corsa per salire al 50%.” Per quel che riguarda la compagnia d’Oltralpe, al momento resta in stand-by,  per capire quali saranno le mosse definitive, aspettando anche il consiglio d’amministrazione del gruppo. Dopo aver già fatto capire di non essere intenzionata a farsi carico dei debiti di Alitalia, dovrà decidere se ricapitalizzare o tirarsene fuori.

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Le Poste entrano in Alitalia: la compagnia di bandiera torna in quota?

alitalia-posteitaliane-tuttacronacaRiguardo la situazione dell’Alitalia, Enrico Enrico Letta, dopo aver vagliato diverse possibilità, si è concentrato sull’opportunità di un socio che abbia anche un know how specifico per quel che riguarda Alitalia. Come spiega Ansa le Poste, attraverso la compagnia aerea controllata Air Mistral, possono garantire la condivisione di infrastrutture logistiche, informatiche e di controllo. E questo per il governo rappresenta un punto cruciale per avviare quella discontinuità che ad un certo punto Letta decide di imporre con un obiettivo sicuramente ambizioso: quello di non far vivacchiare Alitalia ancora un po’ e poi svenderla ma rilanciarla facendo fare a ciascun attore, anche gli attuali azionisti, la sua parte per bene e fino in fondo. La morale è che ora Alitalia potrà contare sull’innesto di capitali freschi: un totale di 300 milioni, di cui 75 provenienti dalle Poste, 150 da privati, e con altre formule comprese le obbligazioni azionarie. Da parte sua governo scende in campo da garante per dare fiducia agli azionisti, dopo il fallimento del progetto Fenice, e rendere Alitalia nuovamente competitiva e pronta ad affrontare qualsiasi trattativa decidendo da sola il suo destino in una cornice che rafforzi il progetto, punta di diamante del programma dell’Esecutivo, del ‘fare sistema’.

In mattinata, ai microfoni di Sky Tg 24, Corrado Passera, sul tema Alitalia, ha detto: “Non erano prevedibili cinque anni di recessione così forte che ha toccato fortemente i ricavi dell’azienda: l’impegno dei dipendenti e dei soci privati era servito per superare il fallimento della vecchia Alitalia, che grazie all’intervento della nuova Alitalia aveva permesso di salvare 30.000 posti di lavoro e rendere meno oneroso per le casse pubbliche le conseguenze di quel fallimento che va addebitato alla gestione precedente”. E ha aggiunto: “Non so se Alitalia è salva, bisogna vedere se si porta fino in fondo questo aumento di capitale che in gran parte mi sembra che i soci privati siano disposti a coprire. Certamente è un lavoro che da molti anni si sta facendo”.

Da parte sua Carlo De Benedetti, a margine dell’Internet Festival di Pisa, non ha risparmiato un attacco a queste dichiarazioni: “Sconvolgenti ma non sorprendenti le dichiarazioni di Passera sulla vicenda Alitalia. Certo c’è stata la crisi da noi come altrove ma la combinazione tra il marketing elettorale di Berlusconi e il marketing politico di Passera si è dimostrata disastrosa per tutti meno che per loro”. Ha quindi precisato: “più di 5 miliardi del denaro dei contribuenti è stato bruciato sull’altare delle ambizioni personali”, e proseguito: “Tutto ciò ha portato al risultato economico-finanziario-strategico che oggi vediamo. Con il fallimento della politica “liberale” di Berlusconi e per la inconcludente esperienza politica di Passera, questa sì, giudicata da tutti un’irrecuperabile delusione”.

Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha invece spiegato di essere “sempre molto perplesso di fronte agli interventi della mano pubblica in una società privata. Certo, se è un cerotto per tamponare una situazione di emergenza, passi; però bisognerà una volta per tutte fare una riflessione seria per avere un piano di medio-lungo termine”. Squinzi ha anche sottolineato la complessità della situazione, aggiungendo cheForse l’Italia è diventata un paese troppo piccolo per permettersi una grande compagnia di bandiera, bisognerà fare una riflessione forte da questo punto di vista”.

Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupo, a Radio anch’io Rai, ha invece spiegato la mossa del governo, spiegando che è intervenuto affinché i privati facessero la loro parte nel risanamento e rifinanziamento e per un “fortissimo piano industriale all’insegna della discontinuità”, perché Alitalia era in condizioni “disastrose”. Ha quindi precisato che “Poste Italiane certamente può essere non un aiuto da parte del pubblico, ma l’individuazione di un’azienda sana come partner industriale in un settore che è sempre di più complementare”.

Ad appoggiare le scelte del Governo Letto i segretari della Uil e della Cisl. Luigi Angeletti ha spiegato che l’intervento dello Stato per Alitalia a questo punto, al di là delle ideologie, è necessario, visto che la compagnia è “sull’orlo del fallimento” e “il capitalismo italiano non riesce a mantenere certe dimensioni aziendali”. Un fallimento di Alitalia “avrebbe comportato una piccola catastrofe economica per il Paese, che non possiamo permetterci. Per questo l’intervento del governo è necessario, non è una scelta politica. Quindi per il segretario Uil, ad un certo punto è meglio parlare di un intervento dello Stato in modo meno ideologico”. Da parte sua Raffaele Bonanni ha detto che l’ingresso di Poste in Alitalia ”è una buona cosa, Alitalia ha bisogno di un po’ di giorni per prendere fiato e vedere un po’ cosa costruire per utilizzare un’energia davvero potentissima”. ”Il nostro bacino utenti – ha detto – è il quinto del mondo, quindi molto appetibile. Ed è un peccato distruggerlo insieme ad un’azienda che oggi è in difficoltà per varie ragioni. Bisogna poi costruire una joint venture con altre realtà”.

Quello che è certo è che c’è da augurarsi che, una volta risanata, la compagnia di bandiera abbia ali forti per ricominciare a volare e tenersi in quota, senza “atterraggi d’emergenza” tra un’altra manciata d’anni. Solo cinque anni fa Crozza cantava:

La guerra della terza età? I pensionati pronti alla piazza

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I pensionati sono pronti all’attacco? E’ possibile che se non arrivino segnali forti dalla legge di stabilità, i pensionati invaderanno le piazze nei primi di novembre. La decisione definitiva sarà  presa dai direttivi unitari di Spi-Cgil, Fnp -Cisl e Uilp convocati il 21 ottobre. Già in una lettera inviata al presidente del Consiglio a fine settembre si denunciavano «le difficili condizioni di vita della popolazione anziana del nostro Paese», a nome dei «circa 6 milioni di pensionati che rappresentiamo unitariamente» i tre sindacati sollecitavano una «decisa inversione di tendenza nelle politiche fin qui attuate», chiedendo che «venga garantita l’indicizzazione delle pensioni all’inflazione» e che si «utilizzi la leva fiscale per restituire ai pensionati parte del potere d’acquisto perso negli ultimi anni».

«I pensionati sono gli unici ad aver pagato una patrimoniale – ha detto Carla Cantone -. Spero non rinnovino il blocco delle rivalutazioni. Se il governo pensa di colpire ancora i pensionati altro che mobilitazione. Chiederemo alle altre categorie, gli attivi, di scendere in piazza con noi».

Come ricorda il Sole 24 ore:

…Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, intervenendo recentemente ad un convegno della Fiom, aveva annunciato l’intenzione di non confermare dal 2014 il blocco delle indicizzazioni per le pensioni fino a sei volte il minimo (2.886 euro lordi), introdotto per il biennio 2012-2013 dal governo Monti. Sopra questo livello , quindi, il blocco rimarrebbe. Evidentemente le parole del ministro non hanno rassicurato i sindacati che chiedono al Governo di fare di più.

Terrore Troika, Squinzi lancia l’allarme

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Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, teme che la crisi politica che ha colpito il nostro Paese possa portare poi al commissariamento.

”Mi auguro che tutta questa instabilità non porti a una precettazione da parte dell’Europa e a una gestione commissariale” poi ha aggiunto ”E’ fondamentale che la legge di stabilità sia realizzata con le decisioni giuste che abbiamo già indicato al presidente del Consiglio Enrico Letta”.

Le medesime preoccupazioni sono condivise dai sindacati. A dare voce ai timori è il leader della Uil, Angeletti, nel corso di una conferenza stampa congiunta: “L’alternativa a un governo vero è un commissariamento vero da parte della troika che farà scelte che mal si conciliano con gli interessi degli italiani”.

Angeletti, insieme con i segretari generali di Cgil e Cisl, Susanna Camusso e Raffaele Bonanni, “esprimono la loro preoccupazione per la crisi istituzionale causata dall’irresponsabilità di chi vorrebbe anteporre interessi personali alle condizioni del paese”. E preannunciano assemblee permanenti, presidi e volantinaggi sabato e domenica per protestare con la “irresponsabilità” che ha portato alla attuale situazione.

Dopo una riunione dei tre segretari generali, con un documento comune, Cgil, Cisl e Uil avvertono che “l’incertezza di queste ore determina gravi ripercussioni sulla nostra economia e rischia di far aumentare lapressione fiscale su lavoro e pensioni”. In primo luogo “ribadiscono che occorre una buona legge di stabilità che inverta le scelte recessive compiute in questi anni”. Per questo “serve un vero governo del Paese, capace di compiere le scelte necessarie a rispondere alle richieste del mondo del lavoro”.
Per i sindacati la legge di stabilità dovrà prevedere “un’effettiva restituzione fiscale a lavoratori dipendenti e pensionati; una riduzione fiscale alle imprese collegata ad investimenti e occupazione; il completo finanziamento della cassa integrazione in deroga e la definitiva soluzione ai problemi degli esodati e dei precari della pubblica amministrazione, della scuola e della ricerca”. 

In questo quadro “Cgil, Cisl e Uil impegnano le loro strutture ad attuare, da subito, assemblee in tutti i luoghi di lavoro, ad indire presidi in tutti i territori e ad organizzare, nelle giornate di sabato e domenica prossimi, volantinaggi con le proposte dei sindacati nelle piazze e nei punti di maggiore incontro dei cittadini”.

I No Tav alzano il tiro: buste con proiettili

notav-proiettili-tuttacronaca“No Tav No Terzo Valico – alzare il tiro pagherete caro pagherete tutto”. E’ quanto recita il messaggio recapitato assieme a dei proiettili calibro 7.65 in tre buste spedite alle sedi torinesi di Cgil, Cisl e Uil. I desitnatari sono dei funzionari dei sindacati che si sono detti favorevoli alla Tav. I carabinieri, i cui investigatori assieme alla Digos hanno aperto un’indagine coordinata dal pool anti-terrorismo della procura di Torino, hanno provveduto a sequestrare le tre buste.

Sano come un Plasmon… disoccupato?

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«A meno di tre mesi dall’operazione di acquisto della Heinz Plasmon (azienda che deteneva il marchio dal 1953) da parte di Berkshire Hathaway e di 3G Capital i nostri peggiori timori si sono dimostrati drammaticamente reali». La notizia è arrivata ieri, a margine del coordinamento nazionale del gruppo in una nota unitaria Giorgio Galbusera, coordinatore Nazionale Fai-Cisl, Mauro Macchiesi, segretario nazionale Flai-Cgil e Tiziana Bocchi, segretario Uila-Uil. A perdere il posto di lavoro sarebbero 204 dipendenti su 946.

“L’azienda ha rifiutato il confronto con il sindacato su un piano industriale che dia garanzie per il futuro e dentro il quale si possono trovare soluzioni alternative ai licenziamenti”, affermano i sindacati in una nota. In assenza di risposte dalla proprietà, i sindacati confermano che la mobilitazione negli stabilimenti di Ozzano (Parma), Latina (Roma) e negli uffici della sede a Milano. proseguirà anche nei prossimi giorni. D’altra parte, Fai, Flai e Uila restano in attesa della convocazione presso il ministero dello Sviluppo Economico auspicando “che il gruppo Heinz non rifiuti l’incontro dando uno schiaffo non solo ai dipendenti ed al sindacato, ma al Paese intero dove intere generazioni sono cresciute con gli omogeneizzati e i biscotti Plasmon”.

Quello che serve, chiedono i sindacati al governo, è invece “un impegno serio su un piano industriale che ad oggi non c’è”. Domani si terrà anche una manifestazione davanti alla sede milanese dell’azienda. “Dovrebbe esserci anche l’amministratore delegato – dice Alessandro Marchesetti, segretario Fai Cisl di Milano – al quale presenteremo una lettera; proporremo alla società strumenti diversi cercando di studiare insieme delle soluzioni”. Tra queste, spiega Marchesetti, sono compresi gli ammortizzatori sociali: “Speriamo che ci siano  un’apertura da parte dell’azienda e un futuro industriale per il gruppo”.

Secondo i sindacati, tra l’altro, i nuovi proprietari “hanno già fatto procedure di ristrutturazione in giro per il mondo per Heinz. “Fortunatamente – conclude il sindacalista – la legge italiana prevede dei tempi di discussione e noi in questo periodo vogliamo capire quale sarà il futuro degli stabilimenti e i piani di investimento per mantenere e rilanciare il marchio Plasmon in Italia”.

San Marino in rivolta contro le tasse: lacrimogeni e uova.

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Rivolta nel piccolo Stato di San Marino.  Lo sciopero generale è stato indetto dalla Centrale sindacale unitaria contro la riforma fiscale che il Governo è in procinto di varare e che in alcuni casi aumenterebbe le tasse per i dipendenti anche di 6 volte, così oltre cinquemila persone hanno invaso piazza della Libertà, il cosiddetto “Pianello“, dove ha sede palazzo pubblico e dove si è riunito il Consiglio grande e generale, il parlamento sammarinese. L’adesione allo sciopero è stata quasi totale. Vi hanno aderito anche i dipendenti della televisione di Stato.

La protesta ha visto salire la tensione tra manifestanti e forze dell’ordine: sono stati lanciati anche fumogeni e uova.

 

La Fiat minaccia di investire all’estero, l’Italia strangolata?

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A ritorno dalle ferie, la tensione in una delle fabbriche simbolo nel nostro Paese sale. E’ stata la sentenza della Corte Costituzionale del 23 luglio scorso che aveva dichiarato illegittima quella parte dell’articolo 19 delle legge 300 – lo Statuto dei lavoratori – che consente la rappresentanza solo ai sindacati firmatari dei con tratti, a infiammare i vertici Fiat. Ora devono accettare la nomina dei delegati Fiom.

Ma la Fiat ribadisce anche che senza legge sulla rappresentanza si mette a rischio il suo impegno industriale. Scrive: «In ogni caso, come peraltro suggerito anche dalla Corte Costituzionale, un intervento legislativo è ineludibile: la certezza del diritto in una materia così delicata come quella della rappresentanza sindacale e dell’esigibilità dei contratti è una condicio sine qua non per la continuità stessa dell’impegno industriale di Fiat in Italia».

Allo scenario delineato dal Lingotto reagisce Roberto Di Maulo, segretario generale della Fismic: «La situazione è molto grave. Il governo Letta sta dimostrando una assoluta inettitudine per affrontare i problemi reali del Paese e in particolare dell’industria manifatturiera». E aggiunge: «Rischiamo la completa delocalizzazione non solo della Fiat ma di tutti i gruppi industriali rimasti nel Paese senza quadro di riferimento certo per il sistema di relazioni industriali». Polemico con la Fiat, invece, il segretario Uilm, Rocco Palombella: «Per noi gli investimenti vanno rispettati, non possono essere subordinati a un intervento legislativo pur importante e necessario. Per gli investimenti c’è stata con la Fiat una fase di confronto molto sofferta. Chiediamo il rispetto degli impegni assunti dall’azienda in Italia».

Arriva il “salva precari” per i precari della P.A., sindacati scettici.

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I precari della P.A. saranno salvi, “ma” verranno stabilizzati solo chi tra il 2008 e il 2013 ha lavorato almeno tre anni con contratti di collaborazione, i vecchi co. co. co., o i contratti a progetto. Ed è su quel “ma” che i sindacati sono scettici. Cgil, Cisl e Uil chiedono che il governo fissi le tappe per un percorso di stabilizzazione per tutti i precari della Pubblica Amministrazione: niente soluzioni “a macchia di leopardo che ne includano una parte e ne lascino a casa un’altra”, ammonisce il segretario generale della Uil-PA, Benedetto Attili. Altrimenti, dice il segretario generale della Fp-Cgil Rossana Dettori, “risponderemo in maniera dura, con la mobilitazione a settembre, che valuteremo insieme con Cisl e Uil”.

Fino a 50mila euro a chi lascia “di sua volontà”: raggiunto l’accordo a Geox

geox-incentivi-tuttacronacaTrovato l’accordo tra i vertici della Geox e i sindacati: ” Ai lavoratori cassintegrati e in contratto di solidarietà che, al termine dei due anni di ammortizzatore sociale, accetteranno di accedere volontariamente alla mobilità andranno dai 30 ai 50mila euro, a seconda dell’inquadramento attuale.” E’ questo il risultato finale dopo che, la settimana scorsa, era stato raggiunto l’accordo che definiva il numero del personale in esubero: 71 su 560 addetti. Per 44 di loro sarà chiesto un periodo di 12 + 12 mesi di cassa integrazione straordinaria, mentre per gli altri 27 sarà adottato il criterio dei contratti di solidarietà. L’intesa raggiunta prevede che, per i primi, il trattamento di Cigs venga integrato dall’azienda di Montebelluna fino al raggiungimento del 75% della retribuzione lorda (circa l’83% della busta paga netta, data la diversa tassazione alla quale sono soggette le somme dedicate ad incentivo). Trascorsi i due anni tutti loro, se accetteranno la mobilità e quindi non impugneranno il licenziamento, avranno diritto a riscuotere una somma compresa fra i 30mila euro (fino al quarto livello) ed i 50mila euro (settimo livello e quadri). Il colosso veneto si è anche reso disponibile al finanziamento di corsi di formazione a vantaggio dei dipendenti in Cigs e finalizzati ad un’eventuale ricollocazione interna o, attraverso agenzie specializzate, in mansioni richieste dal mercato del lavoro esterno. “Si tratta – hanno commentato le organizzazioni sindacali – delle condizioni incentivanti più alte mai conseguite per questa categoria”.

Scandalo Carla Bruni Sarkozy: biglietto aereo da 11mila euro gratis

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E’ il Mediapart, il giornale francese on line capace di far cadere ministri che attacca l’ex première dame su un biglietto aereo da 11mila euro che la cantante Carla Bruni avrebbe ricevuto gratis. Proprio grazie al suo nome, infatti, non le sono stati addebitati costi per il viaggio Parigi-New York-Parigi, in business class, con andata il 23 giugno e ritorno il 27. In quell’occasione la Bruni si era recata negli Usa per promuovere il suo ultimo album: Little French Songs, e rilasciare qualche intervista.
Anche se la somma di 11mila euro per un andata e ritorno Parigi-New York-Parigi sembra eccessiva anche per la prima classe, ma essendoci varie tariffe è possibile che una prenotazione effettuata all’ultimo momento possa aver fatto lievitare i costi, quello su cui, invece, si battono invece i sindacati, in particolare Sud Aérien, non è tanto su  Carla Sarkozy, ma su una pratica considerata «inaccettabile in un momento in cui la direzione si appresta a rendere ancora più duro il piano di risanamento». Per i sindacati è stato il biglietto che ha fatto traboccare il vaso: c’è chi viaggia gratis in prima classe, e «noi intanto facciamo sacrifici, congeliamo gli stipendi, riduciamo gli equipaggi, accettiamo condizioni di lavoro più dure». La polemica non può che imbarazzare il neo presidente di Air France, Alexandre de Juniac, entrato in funzione il primo luglio e in passato ex consigliere proprio di Nicolas Sarkozy.
 

Colosseo ancora chiuso… altra assemblea sindacale

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Nuova chiusura per uno dei monumenti più famosi al mondo. Nuovo stop alle visite del Colosseo per un’altra assemblea dei lavoratori dei Beni Culturali che è stata convocata dal sindacato autonomo Flp. Queste chiusure, che stanno interessando i beni culturali della Capitale, hanno infastidito non poco i turisti venuti da tutto il mondo che si trovano a fare file chilometriche sotto il caldo e l’afa.

Sindacati e Confindustria hanno siglato l’accordo sulla rappresentanza

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Dopo quattro ore di confronto, i leader dei sindacati, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti ed il presidente degli industriali, Giorgio Squinzi, hanno siglato l’intesa: Cgil, Cisl e Uil e Confindustria sono quindi riusciti a raggiungere l’accordo sulla rappresentanza e la democrazia sindacale. La leader della Cigl, Susanna Camusso, ha dichiarato: “E’ un accordo storico che mette fine a una lunga stagione di divisioni e definisce le regole”. Anche il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha sottolineato il fatto che si tratti di un accordo storico prima di sottolineare: “Dopo 60 anni raggiungiamo le regole per la rappresentanza, che ci permette di avere contratti nazionali pienamente esigibili”. Il leader della Uil, Luigi Angeletti ha notato che “E’ un accordo importante che regolerà i rapporti, le relazioni industriali in modo più chiaro e trasparente. La dimostrazione che le parti sociali sono capaci di autoregolarsi”. Reazione positiva anche da parte del premier Letta: “Una bella notizia l’accordo appena firmato Confindustria-sindacati: e’ il momento di unire, non di dividere per combattere la disoccupazione”.

Elio e le storie tese pentiti del primo maggio! VIDEO.

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Elio e le storie tese si scusano con Taranto… impegnati a Roma nel Concertone classico non hanno potuto prender parte a quello alternativo… che sembra invece essere molto più interessante. Pentiti  Civas, Elio, Faso e Meyer hanno giustificato l’assenza a Taranto perché la richiesta dell’organizzazione del contro-concertone è arrivata per seconda. A seguire Elio mima un attacco cardiaco e mentre Civas improvvisa un interevento con defribillatore i componenti del gruppo giocano sul doppio senso “Taranto – Libera”. La notizia arriverà in tempi record a Taranto?

 

Da vittime a carnefici così si trasformano i disoccupati. Buon 1° maggio

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La Presidente della Camera Laura Boldrini non ha dubbi “L’emergenza lavoro” fa sì che “la vittima diventi carnefice, come purtroppo e’ successo nei giorni scorsi davanti a Palazzo Chigi” e auspica che “risposte tempestive all’emergenza delle emergenze”.

Che valore ha oggi la festa dei lavoratori?

In un clima di crescente disoccupazione che colpisce principalmente giovani e donne, ma che non risparmia neppure i 50enni ricorre il 1° maggio. Una festa che nel 2013 suona quasi macabra… sembra quasi essere diventata la “festa” dei disoccupati, peccato che non ci sia nulla da festeggiare. Così a Torino piovono uova sul corteo pd e insulti al sindaco Fassino, mentre a Perugia sfilano i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Camusso, Bonanni e Angeletti in ricordo di un “dramma del lavoro”: l’omicidio di due impiegate della Regione uccise da un imprenditore che, poi, si è suicidato.

Si spezza, così, il cordone ombelicale che da sempre teneva uniti sindacati e lavoratori. L’accordo Pd-Pdl sembra aver creato una voragine fra istituzioni e popolazione, soprattutto nei militanti del centrosinistra che non vedono il governo Letta come un esecutivo per dare risposte, ma come l’ennesimo tentativo di curare interessi particolari… sopratutto quelli del Cavaliere. I lavoratori si sentono orfani di quel primo maggio che in alcune città verrà celebrato insieme agli “storici nemici” di Confindustria, in una sorta di “minestrone” che suggella ancor di più una politica di  compromessi. I disoccupati, nel giorno della festa del lavoro, si sentono emarginati.

E’ un primo maggio storico, potrebbe essere l’ultimo da vivere con risentimento e odio… potrebbe essere una speranza per il futuro, potrebbe essere un auspicio per la ripresa… ma poi pesano ancora le parole del neo ministro agli Esteri Emma Bonino: “L’Italia non può rinegoziare il 2,9%”. Moriamo sull’austerity, che fra l’altro deriva da una teoria con conti matematici errati?

E allora perchè sognare un Primo Maggio propositivo se i primi che remano contro a una politica di crescita sono coloro che dovrebbero favorirla?

Ci hanno scippato il Primo Maggio…

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I tempi cambiano… Siamo nell’era del grande blob politico… Con il Pdl che è diventato il Partito Di Letta e con il Pd che è ormai un Partito Disperso forse vittima di stalking e sciolto nell’acido. Siamo nell’era in cui si parla di larghe intese e non di vittoria berlusconiana, di ritorno della dc, ma con un abito da 2.0, dove il governo “serve l’Imu di giugno nel piatto di settembre” quasi fresca di giornata e rimodulata. Dove il menù del giorno è una ricetta fatta di buoni propositi… che prima o poi arriveranno. Siamo nell’era in cui Confindustria sale sul palco del primo maggio… il compromesso storico? No, commistione di interessi! Ma gli industriali non riescono a fare una festa da soli? La destra riesce a pensare qualcosa di autonomo? La sinistra riesce a non farsi scippare almeno la festa del primo maggio dopo che si è fatta rubare il governo?

Sembra proprio l’era dell’Integrazione… ci integriamo così bene che ogni volta perdiamo diritti invece di acquisirli.

Intanto c’è la paura di attentati, c’è una festa che si blinda, il primo maggio che diventa un sorvegliato speciale.

Siamo stanchi… siamo stanchi del terrore e della paura… siamo stanchi come generazione che convive da sempre con lo “stai attento/a”. Siamo stanchi perché siamo la generazione che non ha avuto paura della guerra, ma abbiamo avuto paura l’Aids che ci ha tolto l’istinto di fare l’amore liberamente. Poi la paura dei sentimenti, poi la paura del lavoro,  poi la paura delle tasse,  la paura dello spread,  la paura dell’Europa, la paura di sentirti in balia di una politica governata da un vuoto di saggezza… e ora la certezza di avere di nuovo la Dc. Quella grande balena bianca, quel Moby Dick che si rinnova e si trasforma in una piovra che usa i suoi tentacoli per raggiungere i suoi obiettivi… ma c’era un giorno in cui potevamo forse ancora sentirci di sinistra, non dico rossi che ormai di rosso ci sono rimaste solo le nostre allergie alla Germania, ma almeno di sentirci leggermente rosati… quel giorno era il Primo Maggio, ei fu… e siamo in apnea!

Quando ricominceremo a respirare? Quando cominceremo di nuovo ad avere delle carte in mano da giocare? Noi non vogliamo bluffare ma vogliamo essere artefici del nostro futuro, non succubi di un destino di disoccupazione. Vogliamo quella festa in cui la musica va oltre le note e ti fa pensare che forse potevano costruirci un mondo migliore, un mondo così:

 

Jovanotti prende le difese di Fabri Fibra!

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“Mi sembra assurda questa censura a Fabri Fibra da parte del “minculpop” dei sindacati. Fibra è un acceleratore di immagini, la sua è arte”. Una difesa di categoria. Da (ex) rapper e a rapper, Jovanotti prende le difese di fabri Fibra, escluso dal concerto del primo maggio dopo che l’assocazione D.i.re, Donne in rete contro la violenza, aveva chiesto il ritiro dell’invito accusandolo di lanciare attraverso le sue canzoni messaggi “misogini, sessisti, omofobi”.

Ecco un breve riassunto della classifica di parolacce dette da Fabri Fibra nelle sue canzoni (non completo):

S.A.I.C.(Succhiateci ancora il cazzo) 2004 – 16 tipi diversi di parolacce

Rap in vena 2004 – 14 tipi diversi di parolacce

Solo una botta 2004 –  21 tipi diversi di parolacce

Coccole – 2004 – 4 parolacce (anche in una canzone che si chiama coccole è riuscito a mettere 4 parolacce)

Venerdì 17- 2004 – 11 parolacce (tra cui froci, recchioni, puttane)

Non fare la puttana -2004 – 7 parolacce

Dobbiamo festeggiare il primo maggio a suon di parolacce?  Sono termini condivisibili quelli della canzona Venerdì 17? Sono termini che richiamano i diritti dei lavoratori o delle donne?

 

Monti: la crisi è colpa delle imprese e dei sindacati

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Se Bersani ha problemi di premiership all’interno del partito, Monti ha il problema del suo ruolo in politica. Scelta Civica è stata un fallimento, i suoi sostenitori sono stati i primi ad abbandonarlo dopo il deludente risultato delle urne e il premier  si è trovato a gestire il più grande vuoto istituzionale della storia della nostra Repubblica. Un Presidente a fine mandato, un governo impossibile da formare a causa dei protagonismi individuali di alcuni politici che hanno prevalso sul bene comune italiano e una crisi che ha divorato le imprese. Ma che risposta dà Monti al Paese?

«Se l’Italia non cresce cio è dovuto a lacune della politica, ma moltissimo anche a sindacati e imprese». Lo ha detto il premier Mario Monti durante la registrazione di ‘Che tempo che fà. Secondo Monti sindacati e imprese «devono cambiare, non possono chiamarsi fuori.  Il mondo del capitalismo non ha saputo ammodernarsi e il mondo dei sindacati ha responsabilità storiche nell’arretratezza. Mi fa piacere che ora sindacati e Confindustria prendano posizioni comuni – ha proseguito – ho dedicato buona parte del 2012 a ottenere questo». Nelle parole di Monti si nota uno scarico totale di responsabilità, un essersi adoperato perché i sindacati e Confindustria prendessero posizioni comuni, cioè aver facilitato la morte stessa dell’idea di sindacato che deve difendere i lavoratori e non allearsi con gli imprenditori. L’arretratezza attribuita ai sindacati invece che alla voragine del debito pubblico nei confronti dell’impresa è veramente negare l’evidenza di una politica che ha pensato solo ai propri privilegi incurante della sofferenza di un paese intero. L’incapacita di Monti di contrattare con l’Europa, la volontà di piegare la testa a una politica che se ci ha salvato dal baratro ci ha portato dritti sull’orlo del precipizio, nell’immobilità istituzionale e nel ricatto costante dell’Alta finanza. Dove sono finite le agenzie di rating che ci dovevano declassare se non facevamo un governo? Scomparse nel nulla quando il governo non si è fatto! Quindi era solo una “minaccia” per facilitare tattiche politiche e sacrificare ancor di più gli italiani con un ulteriore manovra? Stritolarci con la paura della Greciao di Cipro? Ma il “gioco al massacro” non è riuscito perchè l’Italia, quella degli imprenditori o dei ceti più piccoli, ha protestato in silenzio, con dignità, levandosi la vita. Ancora dobbiamo ascoltare l’illuminazione degli economisti che devono far quadrare il bilancio sulla pelle degli italiani?

“SITUAZIONE DRAMMATICA”, così Bersani sulla crisi… Non c’è via d’uscita!

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“La verità è che c’è una situazione drammatica”. Lo dice riferendosi alla crisi il leader del Pd Pier Luigi Bersani parlando con i cronisti in una pausa delle sue consultazioni che sono ricominciate con i sindacati Cgil, Cisl, Uil e Ugl. “Avete visto quello che ha detto Confindustria?”, ha aggiunto il presidente preincaricato da Napolitano spiegando che anche da parte dei sindacati è stata manifestata la stessa preoccupazione. Dunque, secondo il segretario la crisi non è “ancora davanti” e per questo serve un governo: “Anzi – sorride – servirebbe un governo che fa miracoli”.

Togliere l’Imu sulla prima casa fino a mille euro, taglio dei costi della politica, un governo a tutti i costi. Queste le richieste avanzate dai sindacati al presidente “pre-incaricato”. Il programma prevede che il leader del centrosinistra incontri alle 12 Rete Imprese Italia, alle 13 rappresentanti del mondo ambientalista, alle 15 don Luigi Ciotti, alle 15,30 esponenti del Forum dei giovani; alle 16 rappresentanti del Movimento europeo e del Movimento federalista europeo.

“Abbiamo chiesto – ha dichiarato Susanna Camusso – di togliere il pagamento dell’Imu sulla prima casa fino a mille euro”. Camusso ha anche detto che le prossime scadenze estive tra Tares, Imu e aumento Iva sono “una miccia che va disinnescata”. La situazione è “drammatica”, ha aggiuntoLuigi Angeletti. “Le affermazioni del presidente incaricato – spiega il segretario della Uil –  cci hanno confortato, condividendo la necessità di dare questi segnali in modo radicale”. “Siamo contrarissimi – afferma Raffaele Bonanni – a che si torni a votare. L’Italia rischia di finire come Weimar per i gravi pregiudizi alla stabilità democratici. Si estenderebbe il populismo che porta solo atteggiamenti autoritari. Per questo bisogna fare un governo, farlo a tutti costi. Non capiamo le differenziazioni a non volersi alleare. La situazione è drammatica e la politica è l’arte dell’accordo. E’ quello che fa una classe politica avveduta”.

Stop a bus, tram e metro! Inizia lo sciopero, disagi in città

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Oggi si ferma il trasporto pubblico nelle maggiori città italiane.  Per 24 ore niente autobus, metro, tram se non nelle fasce protette. Sembra che l’adesione sia già molto estesa e i disagi nelle grandi città hanno già iniziato a farsi sentire. Lo sciopero è stato indetto  da Cgil, Cisl, Uiltrasporti, Ugltrasporti, Faisa Cisal e Fast a seguito della rottura delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro scaduto da cinque anni.

“La decisione – spiegano i sindacati e le associazioni di categoria – è dovuta alla persistente incertezza sul quadro complessivo delle risorse finanziarie destinate al trasporto locale ed al mancato avanzamento del negoziato per il rinnovo contrattuale”.
La manifestazione desta comunque dubbi, poichè non essendoci un esecutivo non è comunque possibile agire sulle risorse finanziarie destinate al trasporto locale in quanto se è vero che molte delle decisioni sono prese dai comuni, in questo caso sarebbe però necessario rivedere a livello nazionale una riorganizzazione del sistema trasporto e i contratti di settore!

Troppi suicidi in fabbrica cinese e così si apre ai sindacati.

La Foxconn fa componentistica per Apple, Hewlett Packard e Sony. E’ entrata al centro della bufera quando Apple ha scoperto che alcuni dei giovanissimi dipendenti si erano suicidati e molti avevano tentato di farlo. Così la Fair Labor Association ha costretto l’azienda ad aprire ai sindacati.

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Trovato accordo Renzi e sindacati: stop licenziamenti al Maggio musicale

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Incidenti sul lavoro alla Scala… sindacati vogliono incontro con Pisapia

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Rio de Janeiro arde: prende fuoco un magazzino di olio combustibile

Renzi taglia 200 euro ai dipendenti, ira dei sindacati

L’unico che rispetta la spending review viene accusato? Se non volevano i tagli ai dipendenti perché non hanno tagliato i finanziamenti ai partiti o gli stipendi ai parlamentari?

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