I nostri 7 giorni: in attesa di scoprire una direzione…

7giorni-tuttacronacaSettimana intensa quella appena trascorsa, a partire dal nuovo presidente del Consiglio che, “pur non avendo l’età”, ha chiesto la fiducia al Senato e alla Camera, ottenendola. Ma se già non tutti erano convinti per la scelta dei ministri, ancora più critiche sono piovute al momento delle nomine di viceministri e sottosegretari. In particolare quella di Antonio Gentile fa discutere e dà la possibilità di criticare il (riconfermato) ministro degli Interni Angelino Alfano, che l’ha proposto. Ma la prima settimana di Renzi è stata particolarmente intensa su tutti i fronti: dalla prima uscita ufficiale a Treviso tra applausi e contestazioni alla questione marò, dallo scontro diretto con Marino alla questione Ucraina. Ma con un governo nuovo viene naturale chiedersi se questa volta qualcosa cambierà (in positivo) o se ancora una volta l’Aula boicotterà qualsiasi decisione per puro spirito di contestazione. E mentre il premier promette supporti a disoccupati e precari, moltissime persone aspettano di scoprire cosa farà in tema pensioni il neo ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Oltre all’Italia, tuttavia, Renzi deve tenere sotto controllo la questione interna del suo stesso partito, con molti non soddisfatti della sua mossa di scalzare Letta. Ma i problemi interni non sono solo in casa Pd: molto si è discusso anche tra i pentastellati e il molto parlare si è concluso con l’esclusione dei quattro dissidenti. Perchè sembra proprio che il motto numero 1 del Movimento sia “divieto di parola” (sempre che non ricalchi fedelmente quanto deciso da Grillo). Contestazioni non ce ne devono essere ed ecco che l’ex comico si ammanta improvvisamente del latore della verità assoluta. La pena per chi critica, l’espulsione. Non resta quindi che porsi innumerevoli domande, che iniziano tutte nello stesso modo: “Che direzione prenderà…?”

7-giorniMa tutta questa incertezza spesso si trasforma in facile paura: è il caso delle cinque scosse di terremoto nel Cilento nel giro di poche ore: non sono state di forte intensità, eppure le persone si sono spaventate. Non c’è del resto da meravigliarsi: in mancanza di “stabilità”, è facile spaventarsi di ogni piccola cosa. Quello che davvero preoccupa, per non dire terrorizza, sono i nuovi dati della disoccupazione: sapere che un giovane su due non ha lavoro porta necessariamente a chiedersi che ne sarà di tutte le nuove generazioni. Sempre con la speranza che non continui a diffondersi la “moda” delle baby squillo. Dubbi, innumerevoli. Che portano a mettere tutto in discussione. Ora ci s’interroga anche sulle forze dell’ordine. In particolar modo: come sono state condotte le ricerche dopo la scomparsa di Roberta Ragusa? Ma non è l’unico giallo italiano ancora senza risposte. Se per quel che riguarda la morte di Yara si pensa di archiviare il caso, ora che il presunto assassino del delitto di via Poma è stato assolto ci si chiede chi allora si è macchiato dell’atroce delitto. E intanto nuove morti popolano la cronacaAnche Sollecito ha dei dubbi e non capisce perchè Amanda si sia fatta la doccia in quel fatidico giorno. Siamo talmente circondati da punti di domanda che in rete impazza anche il dibattito sull’uscire o meno con una ragazza che viaggia. Forse è semplicemente il caso di non seguirne una intenzionata ad andare in Egitto, visto che la Farnesina sconsiglia! Certo, a furia di porsi domande e cercare di trovare una direzione a volte si rischia di restare immobili, in attesa. A volte è meglio “credere” e aprire mente e cuore. E poi andare…

GOOD NIGHT & GOOD LUCK!

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Depresso dopo aver perso il lavoro: 49enne si suicida davanti ai figli

disoccupato-suicidio-tuttacronacaDramma in provincia di La Spezia, ieri sera, dove un uomo si è tolto la vita davanti ai figli minorenni. L’uomo, un 49enne residente a Riccò del Golfo, si era inizialmente cosparso di benzina alla quale ha dato fuoco. Ma il figlio più grande è stato in grado di spegnere le fiamme. A quel punto il padre, caduto in depressione dopo aver perso il lavoro circa un anno fa alla fonderia di Follo, nonostante fosse agonizzante è stato in grado di prendere un coltello togliendosi la vita mentre i due figli scappavano in strada a chiedere aiuto.

Record italiano in negativo: disoccupazione al 12,9%, tra i giovani sale al 42,4%

disoccupazione-record-tuttacronaca12.9%. E’ questo il tasso di disoccupazione emerso dai dati provvisori Istat che mostrano quindi un aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 1,1 punti nei dodici mesi. I disoccupati sfiorano i 3,3 milioni. Si tratta del tasso più alto dall’inizio delle serie storiche mensili, ovvero gennaio 2004, e di quelle trimestrali, cioè il primo trimestre del 1977. Il numero di disoccupati, pari a 3 milioni 293 mila, aumenta dell’1,9% rispetto al mese precedente (+60 mila) e dell’8,6% su base annua (+260 mila). A farne le spese anche i giovani, con il tasso di disoccupazione che sale al 42,4%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4 punti nel confronto tendenziale. Anche in questo caso, si tratta del tasso più alto dall’inizio delle serie storiche mensili, ovvero gennaio 2004, e di quelle trimestrali, cioè il primo trimestre del 1977. I 15-24enni disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca sono 690 mila. Scrive l’Huffington Post:

La dimensione dell’emergenza occupazionale emerge anche se si guarda all’andamento del mercato del lavoro nell’intero 2013: secondo l’Istituto di statistica, l’anno scorso gli occupati sono diminuiti di 478 mila persone (-2,1%) rispetto al 2012, ovvero di quasi mezzo milione. Si tratta della maggiore emorragia di occupati dall’inizio della crisi. I disoccupati, nella media del 2013, hanno raggiunto quota 3,1 milioni con un aumento del 13,4% rispetto al 2012; quasi la metà dei disoccupati risiede nel Mezzogiorno (un milione 450 mila). L’anno scorso il tasso medio di disoccupazione è arrivato al 12,2%. Era al 10,7% l’anno precedente.

Di fronte a simili dati record, il neo ministro Matteo Renzi non poteva certo restare indifferente e già in mattinata si è rivolto agli utenti della rete con un Tweet:

tweet

Ruba soldi dalla cassa del negozio dove lavora: le aumentano lo stipendio

commessa-ruba-soldi-tuttacronacaE’ il quotidiano La Nazione a raccontare quanto accaduto in un negozio di Arezzo dove una commessa è stata sorpresa a sottrarre denaro dalla cassa. Nessuna denuncia per lei, nè il proprietario ha deciso di licenziarla: ha invece scelto di aumentarle lo stipendio. La donna ha infatti spiegato il motivo del suo gesto: “L’ho fatto per i miei figli, sono disperata, mio marito ha perso il lavoro da un anno”. Per questo motivo il capo, compreso il disagio della sua dipendente, l’ha perdonata e, anzi, le ha aumentato di 150 euro la bista paga mensile.

Ucciso dalla crisi, corpo ritrovato un mese e mezzo dopo nel Po

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Ucciso dalla crisi economica e soprattutto dai motivi economici che hanno portato l’imprenditore piacentino Renzo Rasparini, 61 anni di Pontenure, nel Piacentino a togliersi la vita. Il corpo è stato rinvenuto del Po circa un mese e mezzo dopo la scomparsa. L’uomo,sposato con due figli, aveva una piccola azienda di impianti tecnici e aveva contratto molti debiti con le banche a causa del lavoro. Il 6 gennaio era uscito di casa e non aveva più fatto rientro. L’unica testimonianza era quella di un tassista che aveva riferito ai carabinieri di averlo portato una sera nella zona dell’argine di Po a Piacenza. Il corpo è stato notato il 21 febbraio da un pescatore vicino a Cremona.

Disoccupazione giovanile: l’Italia raggiunge Portogallo e Cipro e tocca quota 40%

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Non è più allarme è solo catastrofica la situazione italiana sul fronte della disoccupazione giovanile. La penisola, secondogli ultimi dati si attesta al 40% dei giovani in cerca di lavoro, peggio di noi solo la Spagna e la Grecia che hanno toccato il 50% e il 60%. Le aspettative degli economisti europei parlano di una leggera ripresa dell’1% per quest’anno e dell’1,5% per l’anno prossimo, ma nessuna svolta nella disoccupazione. Ma la situazione sembra davvero in stallo se si guarda al futuro dove si parla già di un 1,7% nela 2016 e all’1,8% per il 2018… e i giovani? Sicuramente farnno in tempo a diventare vecchi!  «Dall’avvio della crisi finanziaria il tasso di disoccupazione giovanile, definito come il rapporto tra il numero dei giovani disoccupati (di età compresa fra i 15 e i 24 anni) e la forza lavoro nella stessa fascia d’età, ha registrato un aumento considerevole nell’area dell’euro, dal 15 per cento circa nel 2007 al 24 per cento nel 2013 1)», afferma la Bce. «Sia il livello sia l’incremento del tasso di disoccupazione risultano molto più elevati per i giovani (fascia di età 15-24 anni) che per gli agli altri lavoratori (oltre 24 anni)».  L’evoluzione del tasso di disoccupazione giovanile cela notevoli differenze fra paesi: in Austria e a Malta l’incremento è stato moderato e in Germania si è persino registrato un calo, il tasso di disoccupazione giovanile è aumentato in maniera particolarmente marcata nei paesi soggetti a tensioni di mercato, portandosi «nel 2013 su valori compresi fra il 50 e il 60 per cento in Grecia e in Spagna e raggiungendo livelli prossimi al 40 per cento in Italia, Portogallo e Cipro e al 30 per cento in Irlanda». «Per una serie di paesi, non solo quelli sottoposti a tensioni di mercato, livelli elevati di disoccupazione e di inattività giovanile non costituiscono un fenomeno nuovo, anche se sono stati esacerbati dalla crisi», afferma la Bce.  «In un tale contesto – sottolinea l’Eurotower – una disoccupazione giovanile alta e persistente rappresenta oggi una delle principali sfide per i responsabili delle politiche europei, alla luce dei cospicui costi che ne derivano sul piano sociale ed economico. Nonostante le diverse azioni intraprese a livello europeo a sostegno dell’occupazione giovanile, come le cosiddette youth guarantee schemes e youth unemployment initiatives, è necessario che le autorità nazionali prendano misure aggiuntive, intensificando in particolare l’attuazione delle riforme strutturali».

I segni della crisi: in Italia sempre più under 35 vivono con i genitori

bamboccioni-tuttacronacaAll’ultimo Rapporto sulla coesione sociale sono state allegate delle tabelle elaborate in base a dati Istati che hanno rilevato come 6 milioni 964 mila i giovani tra i 18 e i 34 anni vivano con almeno un genitore. Si tratta del 61,2% degli under 35 non sposati. Una percentuale che nel 2012 risulta in crescita di due punti sul 2011. L’indagine ha emergere che è in crescita il numero di under 35 non ancora indipendenti ma che si devono appoggiare ai genitori e che non sono ancora in grado di progettare un futuro. Si tratta di 31mila giovani in più rispetto all’anno precedente, che ancora mangiano e dormono con la mamma e il papà. E soprattutto non sono solo ventenni: se tra i 18 e i 24 anni vivono a casa con i genitori in 3 milioni 864 mila, la cifra non si abbassa più di tanto andando a guardare tra i 25-34enni (3 milioni 100 mila). In altre parole a cavallo tra i 20 e 30 anni chi ancora non si è sposato in quasi la metà dei casi se ne sta con i suoi piuttosto che andare a vivere per conto proprio. Tornando alle percentuali, riferite alle persone celibi e nubili under 35, si scopre come il fenomeno sia più accentuato al Sud (68,3%, pari a 2 milioni 36 mila ragazzi).

Essere disoccupati… perchè non si è studiato il tedesco

lingua-tedesca-tuttacronacaArrivano giovani qualificati, con tanto di certificazione bilingue, diploma, studi e preparazione. Ma c’è un problema fondamentale: dichiarano di conoscere il tedesco ma non sono in grado di sostenere una conversazione. Il problema è che chi cerca lavoro in campo alberghiero, da receptionist a front office a booking, sul litorale veneziano, si troverà ad avere a che fare con una clientela prevalentemente tedesca. Per questo gli alberghi della zona lanciano l’allarme. “A tutt’oggi, riferisce il responsabile commerciale di un hotel di Bibione, non siamo ancora riusciti a coprire un ruolo nella nostra struttura”. Il dato è inquietante visto il gran numero di giovani che non trovano lavoro, anche perchè in Italia e nel Nordest in particolare, il turismo è attività vitale e prospera. Ancora una volta, però, colpisce l’attenzione che i giovani terminano corsi di studio che non li preparano per venire immessi nel mondo del lavoro. “Non vale solo per il tedesco – spiega Marco Michielli, presidente di Federturismo – ma è anche più facile trovare un rumeno che parli correntemente inglese meglio di un italiano, mentre è più facile trovare ragazzi italiani che parlino spagnolo perchè magari vanno in vacanza dove lo si parla”.

Il ministro del Lavoro: “Sei disoccupato? Comincia come barista”

barista-tuttacronacaIl ministro del Lavoro inglese, Miss Esther McVey, ha dato un suggerimento forse non dei più originali ma sempre valido: “Disoccupato? Comincia come barista”. Sì, perchè se vuoi lavorare devi prendere quello che c’è e iniziare anche dai livelli più bassi. E così la dritta che dà ai giovani è quella di farsi “assumere ai Costa Coffee (famosa catena di caffetterie, ndr.)”. Del resto se in Italia i giovani hanno difficoltà a trovare lavoro, non va molto meglio neanche in Inghilterra: dei 941 mila giovani tra i 16 e i 24 anni che nel 2013 non hanno trovato lavoro è difficile dire quanti siano preparati ad essere inseriti nel mondo del lavoro: pochi, dicono le statistiche, meno comunque degli agguerriti concorrenti provenienti da ogni parte del mondo. Ma proprio chi arriva dall’estero, oltre ad avere una preparazione migliore, sono anche maggiormente disposti ad accettare modesti livelli occupazionali. Una realtà, del resto, nota anche in Italia. Come ricorda Blitz Quotidiano: “Secondo Miss McVey qui sta il punto che non consente di tirare troppo per le lunghe accettare un posto di lavoro, purchessia: solo quando si inizia a lavorare si capisce cosa serve per ottenere l’impiego dei propri sogni, soprattutto si capisce quali sono i requisiti che ancora non si possiedono. In effetti, McVey, 46 anni, tirocinio ed esordio di lavoro nella ditta di famiglia prima di fornire consulenza online per le start-up e della popolarità in tv, non è esattamente rappresentativa dei problemi e delle aspirazioni lavorative dei giovani inglesi. Ma il dibattito è aperto e non vale solo per il Regno Unito”.

Lavoro? Lo voglio ma non lo cerco

disoccupati-tuttacronacaUno studio sul terzo trimestre del 2013 l’Eurostat ha rilevato che in Italia ci sono quasi 3,3 milioni di persone che sarebbero disponibili a lavorare ma non cercano impiego. Si tratta del 13,1% della forza lavoro, oltre tre volte la media Ue-28 (4,1%). Secondo l’Eurostat, questa percentuale è salita su base tendenziale in Ue di 0,4 punti e in Italia di 0,9 punti. Sempre con riferimento a quell’arco temporale, in Italia i disoccupati in senso stretto erano 2,84 milioni con un tasso di disoccupazione pari all’11,3%, in crescita di 1,5 punti percentuali rispetto a un anno prima (in Ue nello stesso periodo il tasso dei senza lavoro era al 10,5% in crescita di appena 0,2 punti). Al contrario, nel Belpaese si riscontra una percentuale inferiore alla media di part time involontari, con il 2,2% a fronte del 4% medio europeo (4,1% in Germania, 6% nel Regno Unito). Questo significa che nel nostro Paese ci sono oltre 6,15 milioni di persone ”sfiduciate” sulla possibilità di trovare un lavoro, tra persone che risultano disoccupate (2,84 milioni nel terzo trimestre 2013 mentre a ottobre e novembre secondo i dati mensili si sono sforati i 3,2 milioni) e coloro che pur essendo disponibili a lavorare non entrano nemmeno nel mercato (3,3 milioni nel terzo trimestre mentre il dato mensile non è disponibile). Circa la metà di chi, pur dichiarandosi disponibile a lavorare non cerca impiego, si dice “sfiduciato” circa la possibilità di trovarlo. Le previsioni di Bankitaliaparlano di un tasso di disoccupazione che in Italia è destinato a salire fino al 12,9% nel 2015 e che – d’altra parte – fanno il paio con l’osservatorio sulla cassa integrazione della Cgil: lo scorso anno oltre mezzo milione di lavoratori sono stati in cig a zero ore con un taglio alla busta paga di 8mila euro a testa.

I giovani italiani non sono adatti a lavorare

disoccupazione-tuttacronacaE’ stato presentato ieri a Bruxelles, presso il centro di ricerca Bruegel, il rapporto McKinsley, condotto su otto Paesi Ue. E se il primo dato è già noto: “La disoccupazione giovanile in Italia è raddoppiata dal 2007, toccando il 40% nel 2013”. (41,6% oggi, ndr), la seconda notizie è anche più allarmante: “Tuttavia, questa cifra è solo parzialmente dovuta alla crisi economica: i problemi ribollono molto più nel profondo… Il 47% dei datori di lavoro italiani riferiscono che le loro aziende sono danneggiate dalla loro incapacità di trovare i lavoratori giusti, e questa è la percentuale più alta fra tutti i Paesi esaminati”. Infatti, guardando agli altri stati, si trova lo stesso lamento fra il 45% degli imprenditori greci, il 33% degli spagnoli, il 26% dei tedeschi. Quello che manca quindi in Italia, e che pure gli imprenditori cercano ma senza successo, sono gli skill , le attitudini, le capacità, i talenti richiesti da questo o quel settore. “Non hanno le informazioni su come prendere decisioni strategiche”. Domanda e offerta non si incontrano, e nessuno spread riesce a farle metterle in contatto, a far scattare il semaforo. Sempre il dossier spiega che “la Ue ha il più alto tasso di disoccupazione ovunque nel mondo, a parte il Medio Oriente e il Nord Africa”. Per poi sferzare: “In Italia, Grecia, Portogallo e Regno Unito sempre più studenti stanno scegliendo corsi di studio collegati alla manifattura, alla lavorazione, nonostante il brusco calo nella domanda in questi settori. E in generale, non è una cosa positiva vedere un ampio numero di giovani scommettere il loro futuro su industrie in decadenza… Ci sono abbinamenti sbagliati, educatori e imprenditori non stanno comunicando fra loro”. Ed è quanto accade in Italia: “Datori e fornitori di lavoro o di istruzione hanno percezioni molto differenti. Il 72% degli educatori in Italia pensano che i ragazzi abbiano le attitudini di cui avranno bisogno alla fine della scuola; ma solo il 42% degli imprenditori concorda con questo. La percezione di questo divario riflette una mancanza basilare di comunicazione. Solo il 41% dei datori di lavoro dice di comunicare regolarmente con i dirigenti delle scuole, e solo il 21% considera questa comunicazione effettiva”. Quello che è necessario, quindi, è “incoraggiare gli educatori a insegnare quello che gli imprenditori richiedono”. Ancora una volta, il problema è quello che gli imprenditori desiderano e le competenze reali dei giovani. Ad esempio, in Italia, il “desiderio” o bisogno imprenditoriale di una buona conoscenza dell’inglese fra i propri dipendenti è soddisfatto solo dal 23% degli aspiranti, e quello di una competenza informatica appena dal 18%. Mentre la richiesta di creatività, che in Germania trova solo un 13% di risposte fra i giovani, in Italia arriva al 19%. Ma resta anche un concetto assai vago. Gli imprenditori, inoltre, desiderano innanzitutto “conoscenza pratica”, in qualunque settore (risposta del ventenne: ma dove la faccio, l’esperienza, se tu non mi assumi?). Mentre il lavoro più ambito dai nostri giovani è il creatore di siti Web (61% contro il 58% di «sì» dei giovani tedeschi): e però cercansi attitudini supportate da conoscenze, anche qui. E per quel che riguarda gli stage, i periodi di rodaggio in azienda, un tempo considerati isole di speranza e anello diretto fra la scuola e il lavoro? Il 61% in media dei giovani europei trova un posto di lavoro al termine di uno stage. In Italia, sono meno del 46%. E ancora: Portogallo, Italia e Grecia hanno la più alta percentuale di giovani che riferiscono di non aver potuto frequentare l’università per ragioni economiche; “ed è in questi tre Paesi che la più bassa proporzione di giovani (sotto il 40%) ha completato l’istruzione post-secondaria”.

Disoccupazione da record: che domani ci attende?

disoccupazione-giovanile-tuttacronacaLetta continua a festeggiare per la diminuzione dello spread e a lanciare messaggi ottimistici ma quella che gli italiani continuano a vivere sulla propria pelle è una situazione che non mostra segnali di miglioramento. L’Istat ha infatti rilevato che il tasso di disoccupazione giovanile è cresciuto ancora toccando il 41,6% in aumento di 0,2 punti rispetto a ottobre (dato rivisto al rialzo al 41,4%) e di quattro punti rispetto a novembre 2012. Non solo, il tasso è al top dall’inizio delle serie storiche, ovvero dal 1977. Sempre secondo i dati diffusi, inoltre, anche la disoccupazione generale è aumentata: a novembre, secondo i dati diffusi dall’Istat, il tasso di disoccupazione sale al 12,7%, in aumento di 0,2 punti percentuali in termini congiunturali e di 1,4 punti nei dodici mesi. Ancora, viene rilevato che a novembre gli occupati sono 22 milioni 292 mila, in diminuzione dello 0,2% rispetto al mese precedente (-55 mila) e del 2,0% su base annua (-448 mila). Il tasso di occupazione, pari al 55,4%, diminuisce di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e di 1,0 punti rispetto a dodici mesi prima. Il numero di disoccupati, pari a 3 milioni 254 mila, aumenta dell’1,8% rispetto al mese precedente (+57 mila) e del 12,1% su base annua (+351 mila). Ancora, si scopre che la crescita tendenziale della disoccupazione è più forte per gli uomini (+17,2%) che per le donne (+6,1%). Ma non è sereno neanche chi un lavoro ce l’ha: la principale fonte di preoccupazione nel 2014 è infatti il pericolo di perdere il posto, come testimonia un’indagine Coldiretti-Ixè: sono sette italiani su dieci (70%) a vivere questa paura. La stessa indagine rileva che, per quanto riguarda la situazione generale, la percentuale di quanti sono pessimisti per il futuro e pensano che la situazione peggiorerà sono il 35% mentre al contrario – sottolinea la Coldiretti – sono il 51% coloro che ritengono che non ci saranno cambiamenti mentre sono solo il 14% quelli convinti che ci sarà un miglioramento. Oltre la metà degli italiani (53%) teme per il futuro di non riuscire ad avere un reddito sufficiente per mantenere la propria famiglia. Se il 42% degli italiani vive infatti senza affanni, il 45% riesce a pagare appena le spese senza permettersi ulteriori lussi, mentre il 10% non hanno reddito a sufficienza neanche per l’indispensabile a vivere.

Quale futuro per i nostri giovani? I nuovi, allarmanti dati Istat

neet-tuttacronacaL’Istat lancia nuovi dati allarmanti: una stima sui cosiddetti Neet (Not in education, employment or training) ampliata alla fascia dei 30-34 anni, infatti, mostra come under 35 in questa condizione nel terzo trimestre sono 3,75 milioni. Al Sud la percentuale è del 36,2%, oltre 2 milioni di persone. Qeusto significa che oltre il 27% dei giovani tra i 15 e i 34 anni non studia, non lavora e non è in un percorso di formazione. Rispetto al terzo trimestre del 2012, i Neet di questa fascia sono aumentati di oltre 300.000 unità, passando da 3,43 milioni a 3,75 milioni toccando la quota record del 28,5% (era 25,8% nel terzo trimestre 2012). Si legge ne Il Sole 24 Ore:

Finora l’Istat aveva diffuso le rilevazioni sui Neet fino ai 29 anni (27,4% nel terzo trimestre 2013 a fronte del 24,9% nello stesso periodo del 2012), fascia di età nella quale coloro che non studiano nè lavorano sono 2,564 milioni contro i 2,344 del terzo trimestre 2012. Nella media 2012 i neet under 35 in Italia erano il 25% del totale dei giovani (17,3% la media nell’area euro), percentuale inferiore solo alla Bulgaria e alla Grecia. Oltre la metà dei Neet (2.010.000 su 3.755.000) sono al Sud con una percentuale che sfiora il 40% (il 39,6% degli under 35 contro il 36,9 del terzo trimestre 2012). Se si guarda agli under 29 nel Mezzogiorno sono fuori dal percorso lavorativo, formativo e di istruzione il 36,2% dei giovani a fronte del 34,7% del terzo trimestre 2012 (1,344 milioni su 2,564 milioni di neet under 29). Nel complesso ci sono quasi 1,2 milioni di Neet tra i 30 e i 34 anni di cui 666.000 al Sud. Su 3,755 milioni di neet under 35 complessivi ci sono oltre 1,5 milioni di giovani con bassissima scolarità (fino alla licenza media) mentre 1,8 milioni hanno il diploma di maturità e 437.000 hanno nel cassetto una laurea o un titolo post laurea. Le donne neet sono 2.112.000 mentre gli uomini sono 1.643.000.

Preoccupazione e inquietudine: ritratto dell’Italia in tempo di crisi

crisi-italia-tuttacronacaIl Censis, che ha rilevato  nel suo Rapporto annuale come una famiglia su quattro faccia fatica a pagare tasse o bollette mentre il 70% si trova in difficoltà se deve affrontare una spesa imprevista, parla di “fragilità” per “una larga parte del Paese”. L’incertezza “ha preso il sopravvento” sulle famiglie assumendo “la forma della preoccupazione e dell’inquietudine”. Il Censis ha sottolineato anche che il 50% delle famiglie teme di non riuscire a mantenere il proprio tenore di vita e il 52% delle famiglie sente di avere difficoltà a preservare i propri risparmi. “Una larga parte del Paese scopre un’intima fragilità: più del 70% delle famiglie – si legge nel Rapporto – si sentirebbe in difficoltà se dovesse affrontare spese impreviste di una certa portata, come quelle mediche, il 24% ha qualche difficoltà a pagare tasse e tributi” e il 23% le bollette.  Ma non solo, il Rapporto evidenza ancora come non solo sei milioni di persone vivono nella precarietà, ma anche il il 14% dei lavoratori teme di perdere il posto. “Il 2013 si chiude con la sensazione di una dilagante incertezza sul futuro del lavoro”, senza contare che sono 4,3 milioni le persone che non trovano un’occupazione. C’è un’area di “disagio”, di instabilità lavorativa e sottoccupazione che interessa il 25,9% dei lavoratori: una platea di 3,5 milioni di persone ha contratti a termine, occasionali, sono collaboratori o finte partite Iva. Ci sono poi 4,4 milioni di italiani che non riescono a trovare un’occupazione “pure desiderandola”. Per il Censis “2,7 milioni sono quelli che cercano attivamente un lavoro ma non riescono a trovarlo, un universo che dallo scoppio della crisi è quasi raddoppiato (+82% tra il 2007 e il 2012)”. Ci sono poi 1,6 milioni di italiani che, “pur disponibili a lavorare, hanno rinunciato a cercare attivamente un impiego perché convinti di non trovarlo”. La mancanza di fiducia nella possibilità di crearsi un futuro in patria, inoltre, porta all’aumento dell’esodo di italiani all’estero: nell’ultimo decennio il numero di chi ha trasferito la residenza è più che raddoppiato, da 50.000 a 106.000. Ma è stato soprattutto nel 2012 che l’incremento ha visto un boom: +28,8% tra il 2011 e il 2012. Sono soprattutto giovani: il 54,1% ha meno di 35 anni. Ma tra chi non lascia l’Italia si registra un altro dato: emergono infatti nel mondo dell’imprenditoria di soggetti nuovi che si sono rimboccati le maniche mettendosi in proprio. È il caso delle donne e degli immigrati. Le imprese “rosa” nell’ultimo anno sono aumentate di 5.000 unità e la variazione è di +0,3% rispetto al complessivo +0,1%. I tratti dell’imprenditoria femminile sono: “Capacità di resistenza ma anche di innovazione, di adattamento difensivo, di rilancio e cambiamento”. E anche gli immigrati, “di fronte alle difficoltà di trovare un lavoro dipendente, costretti a lavorare per rimanere in Italia, si assumono il rischio di aprire nuove imprese”. Nel 2012 – riferisce il Censis – sono 379.584 gli imprenditori nati all’estero che lavorano in Italia, con una crescita del 16,5% tra il 2009 e il 2012 e del 4,4% nel solo ultimo anno. “Tutto questo – fa notare il Censis nel Rapporto annuale – mentre le imprese gestite dai nostri connazionali diminuiscono del 4,4% nei quattro anni considerati e dell’1,8% nel solo ultimo anno”.

Lavorare un mese per un euro in busta paga: “la legge costringe all’elemosina”

disperazione-tuttacronacaUna lettrice del Mattino ha voluto condividere la sua busta paga, che le ha riservato una tragica sorpresa: a causa dell’acconto Irpef anticipato e delle detrazioni per il fatto di avere il marito a carico, la donna si è ritrovata a lavorare per un mese per poter mettersi in tasca 1 euro. Questa la lettera della donna:

Gentile redazione del Mattino.it,

sono un’ incaricata annuale monoreddito, con due figli che frequentano la scuola. Mio marito in seguito alla grave crisi economica, sono ormai due anni che non lavora. Quindi le spese sono tutte a mio carico. Questo mese ho aperto il mio statino ed ho trovato 1€ in busta paga, con le seguenti motivazioni: acconto irpef € 797.27 anticipato pur non avendo altri redditi, mentre gli altri soldi sono dovuti per le detrazioni in quanto avevo mio marito a carico. Egli ha ricevuto a dicembre 2013 un indennizzo di disoccupazione in un’unica soluzione di € 3000 in tal modo superando i 2850 € annui stabiliti dalla legge per essere a carico del coniuge ho dovuto restituirne 400 il mese di agosto e il restante il mese di novembre. La mia domanda è questa: è possibile che vi siano leggi che debbano permettere alle famiglie di elemosinare il cibo? Tutto questo che sta accadendo per me è una vera vergogna nei riguardi dei nostri giovani figli ai quali sono stati rubati i sogni e le speranze».

A. C.

busta-paga-euro-tuttacronaca

La strage dei lavoratori!

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Se il lavoro in Italia andava già male, ora va anche peggio. Questa è la fotografia fatta dall’Istat. La ripresa c’è, ma ancora non si è vista, il lavoro invece scompare.  Oltre 3 milioni di disoccupati, quasi 2 milioni di ‘scoraggiati’ (che non cercano più lavoro perché sicuri di non trovarlo), e soprattutto, oltre 4 giovani su 10 senza un impiego. Questo è l’ennesimo nuovo record negativo del nostro Paese.

Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a ottobre balza al 41,2%. Si tratta di un record storico assoluto, il valore più alto sia dall’inizio delle serie mensili, gennaio 2004, sia di quelle trimestrali, primo trimestre 1977. Per la classe di età 18-29 anni il tasso di disoccupazione si attesta al 28% (+5,2 punti su base annua), con un numero di disoccupati che giunge a 1 milione 68 mila (+17,2%, pari a 157.000 unità). I disoccupati tra 15 e 24 anni sono 663 mila, in aumento dell’1,4% nell’ultimo mese (+9 mila) e del 5,5% rispetto a dodici mesi prima (+35 mila). E la loro incidenza sulla popolazione in questa fascia di età è pari all’11,0%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,6 punti su base annua. Il tasso di disoccupazione risulta invece in rialzo di 0,7 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,8 punti nel confronto tendenziale.

La disoccupazione a ottobre a fatto segnare il 12,5% e resta ai massimi,  da settembre, dove il dato era identico. E questo è il livello più alto che si sia  mai segnato  dall’inizio delle serie mensili, gennaio 2004, sia delle trimestrali, primo trimestre 1977. Su base annua l’aumento è di 1,2 punti. Il numero di disoccupati a ottobre, è pari a 3 milioni 189 mila, sostanzialmente invariato rispetto al mese precedente ma in aumento del 9,9% su base annua (+287 mila). Terzo trimestre a 11,3% Il tasso di disoccupazione nel terzo trimestre è pari all’11,3%, in crescita di 1,5 punti percentuali su base annua, comunica l’Istat (dati grezzi), spiegando che a livello trimestrale e in base a confronti annui si tratta del tasso più alto dal terzo trimestre 1977, ovvero dall’inizio delle serie storiche. E nel Mezzogiorno il tasso è al 18,5%.

Ma quello che più preoccupa è che è in calo anche il numero dei precari. Il lavoro atipico infatti secondo l’Istat subisce un nuovo calo, il terzo consecutivo. Nel terzo trimestre del 2013, infatti, il numero di dipendenti a tempo determinato e di collaboratori scende a 2 milioni 624 mila, in calo di 253 mila unità (-8,8% su anno). Si tratta di una diminuzione ancora più forte rispetto a quella registrata per i dipendenti a tempo indeterminato (-1,3%).

Il numero degli scoraggiati, coloro che non cercano lavoro perchè ritengono di non trovarlo, nel terzo trimestre del 2013 sale a 1 milione 901 mila. Lo rileva l’Istat, spiegando come non si era mai registrato un livello così elevato. Inoltre il numero di occupati è fermo a  22 milioni 358 mila a ottobre, mentre cala dell’1,8% su base annua, ovvero si contano 408 mila persone in meno a lavoro.

Non arrabbiarti! E altre regole d’oro per un colloquio di successo

stress-colloquio-lavoro-tuttacronacaSi chiama stressed interview ed è la nuova tattica utilizzata dai recruiter, ossia da chi conduce un colloquio di lavoro e lo valuta, per sondare il livello di stress del candidato. Chi si presenta in cerca di lavoro si troverà quindi di fronte a domande poste con un atteggiamento che potrebbe sembrare scortese, ma che in realtà è una strategia per testare il livello di resistenza allo stress e valutare come i candidati potrebbero reagire in situazioni particolarmente ostili sul luogo di lavoro. A rivelare la tendenza è stata un’indagine-test condotta dal Servizio Placement dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Il 21% delle aziende ricorre alla stressed interview, in alternativa o insieme alla classica prova individuale o di gruppo su un caso aziendale (32%), un test di personalità (26%), un test di logica (21%), o il colloquio in una lingua straniera (21%). Ancora dall’indagine, come riassume La Stampa, vengono presi in considerazione i tre momenti salienti della candidatura: curriculum vitae, lettera di presentazione e colloquio. Avete dimenticato di inserire l’autorizzazione ai dati personali? Attenzione, è più importante che scrivere il percorso di studio e gli esami sostenuti: lo dice il 71% delle aziende contro il 51% che ritiene invece non debba mancare nel curriculum iter di studio ed esami. Tirate fuori dal cassetto le autorizzazioni linguistiche: sono significative per il 63% delle aziende. Inoltre un cv, per riuscire a farsi notare, deve segnalare anche esperienze extracurriculari (77%), un periodo di studio o lavoro all’estero (77%) e un voto di laurea superiore a 105: è considerato un elemento importante. E ancora vengono apprezzati flessibilità, problem solving e competenze comunicativo-relazionali. Anche la lettera di presentazione non va sottovalutata: oltre la metà delle aziende ha dichiarato di leggerla sempre. Caratteristiche apprezzate: sinteticità, matching tra le vostre competenze e quelle richieste, conoscenza dell’azienda. Altre “regole base” per un colloquio efficace? Mostrarsi interessati a conoscere l’azienda (l’86% lo valuta positivamente), a mettersi in gioco e imparare (piace al 77% delle aziende). Ci sono, inoltre, degli errori da evitare assolutamente: non conoscere l’azienda, rispondere a monosillabi e vestirsi trasandati ed essere pronti a rispondere a tre domande: ’quali sono i suoi punti di forza e di debolezza’, ’perché si è candidato per la nostra azienda’ e ’mi parli del suo percorso universitario’.

Precario oggi, povero domani: il rapporto dell’Ocse

agenzie-lavoro-tuttacronacaE’ l’Ocse a sostenere che i poveri di domani potrebbero essere i giovani precari di oggi, questo a causa del metodo contributivo e dell’assenza di pensioni sociali. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ritiene infatti che “L’adeguatezza dei redditi pensionistici potrà essere un problema” per le generazioni future, e “i lavoratori con carriere intermittenti, lavori precari e mal retribuiti sono più vulnerabili al rischio di povertà durante la vecchiaia”. Lo si legge nel rapporto ‘Pensions at a Glance 2013′. Sempre secondo l’Ocse, i contributi previdenziali in Italia sono al top dell’area dei Paesi aderenti all’organizzazione. I contributi previdenziali in Italia infatti nel 2012 sono al 33% del totale lordo della retribuzione, complessivamente pari al 9% del Pil e al 21,1% del totale delle tasse. La media Ocse è del 19,6%, pari al 5,2% del Pil e al 15,8% del totale delle tasse. “Lavorare più a lungo potrebbe aiutare a compensare parte delle riduzioni”, si legge nel rapporto, “ma, in generale, ogni anno di contributi produce benefici inferiori rispetto al periodo precedente tali riforme”, sebbene “la maggior parte dei paesi abbia protetto dai tagli i redditi piu’ bassi”. Ma, al contrario, i salari che vengono percepiti nel nostro Paese sono al di sotto della media Ocse. In media in Italia nel 2012 un lavoratore percepisce 28.900 euro, pari a 38.100 dolari, al di sotto dei 42.700 dollari medi dell’Ocse, sui quali pesano i 94.900 dollari degli svizzeri, i 91 mila dollari dei norvegesi, i 76.400 dollari degli australiani, i 59 mila dollari dei tedeschi e i 58.300 dollari degli inglesi, superiore ai 47.600 dollari degli statunitensi. Ai livelli più bassi i messicani con 7.300 dollari e i 12.500 dollari degli ungheresi.

2014, si abbassano le stime di ripresa? Per l’Ocse in Italia sarà 0,6%

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Dopo aver abbassato l’indice da 0,5% a 0,4%, le nuove stime vedono una crescita dello 0,6%. Sottile miglioramento ma comunque inferiore a tutte la altre maggiori previsioni (+0,7 per Istat e la Commissione Ue, +1,1% secondo il governo).

E dall’Ocse arriva anche una sostanziale conferma del monito lanciato la scorsa settimana da Bruxelles, quando la Commissione ha evidenziato molte critiche sulla bozza di legge di stabilità inviata a ottobre. Rilievi che riguardavano soprattutto possibili rallentamenti nel cammino di riduzione del debito incoraggiato invece dall’Unione Europea. Un passo falso che, se confermato, non consentirebbe al nostro Paese di potere usufruire dei tre miliardi della clausola per investimenti. Ora anche l’Ocse conferma questo allarme segnalando che l’indebitamento, anche a causa della debolezza dell’economia, appare orientato a salire dal 145,7% del Pil nel 2013 al 146,7% del Pil l’anno successivo, per poi ripiegare al 146,1% del Pil nel 2015.

Niente occupazione. In Italia nonostante la debolissima ripresa economica, secondo l’organizzazione di Parigi la disoccupazione “è destinata a restare alta, in quanto è probabile che l’impatto della crescita della domanda si traduca inizialmente in un aumento dell’orario di lavoro medio delle persone già occupate”. L’organizzazione di Parigi prevede che il tasso di disoccupazione italiano salga nel 2014 al 12,4% dall’attuale 12,1%, per poi tornare al 12,1% nel 2015.

Ue ancora contro l’Italia nel mirino il debito pubblico

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Analisi approfondita per l’Italia e per la prima volta indagini anche sulla Germania. Questa la linea dura intrapresa dalla Commissione Ue che sta esplorando gli squilibri macroeconomici come il debito elevato, la disoccupazione, la perdita delle quote di mercato.

«Il debito molto elevato resta una vulnerabilità significativa dell’Italia, in particolare vista la prospettiva debole di crescita», scrive la Commissione spiegando che mantenere un surplus primario elevato è importantissimo per mettere il debito su un terreno di discesa.

La perdita di quote di mercato «resta significativamente sopra la soglia di guardia», e la performance dell’export «compete in modo sfavorevole rispetto a quelle delle economie avanzate». La disoccupazione, sebbene non abbia raggiunto la soglia di guardia, è aumentata e quella giovanile «è molto alta».

L’Italia «deve evitare compiacenza e instabilità che possono mettere a rischio il cammino delle riforme», ha detto Barroso. Il presidente ha spiegato di voler inviare un messaggio all’Italia: «Con i progressi raggiunti finora si è vista una reazione positiva dei mercati, che ora sono più stabili ma sempre vulnerabili alle azioni dei leader politici. Ma quando hanno una chiara percezione della volontà dei governi di fare le riforme, le ricompense arrivano sempre».

«In Italia si cominciano ad intravedere i primi segnali di ripresa ma si tratta di una ripresa molto fragile per questo non si deve mettere a rischio il percorso delle riforme» ha aggiunto Barroso.

«L’Europa è davanti a una svolta economica e la ripresa è in corso» ha detto il commissario per gli affari economici Olli Rehn. Ma la ripresa è «ancora fragile» ha poi aggiunto Barroso, secondo il quale comunque il «ritorno alla crescita dimostra che le nostre politiche funzionano».

Sempre nel rapporto della Commissione viene comunque sottolineato che il surplus commerciale della Germania «può mettere pressione sull’apprezzamento dell’euro e rendere difficile il recupero della competitività dei Paesi periferici dell’Eurozona». E con questa dichiarazione l’Ue per la prima volta apre un’indagine approfondita anche sulla Germania.

 

Moody’s e quell’Italia disoccupata, ma… in ripresa!

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Sempre più disoccupazione, ma in ripresa! Questo il quadro impietoso dell’agenzia di rating Moody’s per il 2014. Moody’s si aspetta un ritorno della crescita in Italia dopo due anni di recessione, in un clima globale ”meno incerto”. L’agenzia vede per l’Italia un Pil 2013 fra -2 e -1% (tre mesi fa era fra -2,5% e -1,5%) e fra zero e +1% nel 2014 (era -0,5% e +0,5%).

Continua però la crescita della disoccupazione, prevista fra il 12 e 13% nel 2014.

Crescita senza occupazione, la produzione che non produce posti di lavoro: questa è la “ripresa” economica nell’Eurozona al tempo del capitalismo finanziario.

L’occupazione di Ikea crea disoccupazione!

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Ikea a Milano non la vogliono più. Forse è solo la concorrenza che spara sul mobilificio internazionale, ma forse invece il fenomeno va compreso in ogni sua forma. Secondo alcuni infatti i nuovi posti di lavoro creati dall’Ikea ne avrebbero distrutti molti di più. Basti pensare a tutti i mobilifici che sono costretti a chiudere non essendo competitivi con il colosso svedese. A quanta manodopera spesso specializzata si rinuncia? Quanti artigiani del legno vengono annientati dal fai da te che permette all’azienda di abbassare i costi?
La Confcommercio di Milano è scesa in campo contro il progetto di un nuovo insediamento, nel comune di Rescaldina a 30 chilometri da Milano e a 5 da Legnano:  74 mila metri quadrati di cui 22 mila destinati a ospitare mobili e arredamenti Ikea e altri 52 mila per una galleria commerciale a tutto campo.

È, ha scritto Dario Di Vico sul Corriere della Sera,

“il nuovo format dell’Ikea che ha visto una prima realizzazione a Villesse, in provincia di Gorizia e a ridosso della autostrada A4 e ora sbarca nell’Alto Milanese per poi puntare su Brescia”.

Il rischio, scrive ancora Il Corriere:

“quella che i commercianti denunciano come «un’overdose di centri commerciali» perché sull’asse Rho-Gallarate ne esistono già 13 oltre a un altro centro shopping sempre nel territorio di Rescaldina che occupa 46 mila metri quadri”.

Oltre ai danni che il centro Ikea provocherebbe per i negozi costretti a chiudere i battenti, nel corso di una assemblea di un centinaio di commercianti a Legnano e con la presenza di un paio di sindaci della zona, assessori e consiglieri regionali è stato denunciato

«un consumo di suolo di ulteriori 280 mila metri quadrati sottratti al verde e all’agricoltura in un’area già fortemente urbanizzata».

La Confcommercio aggiunge Dario Di Vico,

“contesta anche i dati sull’occupazione, secondo il suo ufficio studi per 840 nuovi posti di lavoro creati con l’insediamento Ikea se ne distruggerebbero 1.085 nelle piccole imprese della zona e quindi il saldo sarebbe negativo”.

[…]

“L’Ikea per ora non ha intenzione di replicare direttamente, ha affidato all’università di Castellanza uno studio sull’impatto del nuovo insediamento. Si sa che l’investimento sarà di 250 milioni di euro e che gli 840 saranno i soli posti di lavoro diretti ai quali va aggiunto il potenziale indotto. L’operazione non sarà tutte sulle spalle degli svedesi ma sono previsti dei partner immobiliari che si suddivideranno, ad esempio, i costi di realizzazione di nuove infrastrutture di viabilità stimati in 25 milioni”.

Ikea, conclude Di Vico,

“non sembra disposta a esaminare subordinate. O tutto o niente, ma siamo solo alla prima puntata”.

 

A 70 anni se non si va in pensione si offende l’università: ministro vs prof

università-carrozza-tuttacronacaIl ministro all’Istruzione Maria Chiara Carrozza è stata intervistata da Sergio Nava durante la trasmissione Giovani Talenti, su Radio 24. Ai microfoni il ministro ha puntato il dito contro i docenti che, passati i settant’anni, rimangono in ruolo, offendendo tanto i giovani che la stessa università. “A 70 anni i professori universitari, se fossero generosi e onesti, dovrebbero andare in pensione e offrirsi di fare gratuitamente seminari, seguire laureandi od offrire le proprie biblioteche all’università.” E ancora: “Sono sempre stata per un pensionamento rapido, magari non uguale per tutti, non si può tenere il posto e pretendere di rimanere, solo perchè è un diritto. Prima di tutto bisogna pensare ai propri doveri. In un momento di sacrifici per tutti, a maggior ragione li devono fare le persone che hanno settant’anni e che hanno avuto tanto in questo mondo.” Il ministro ha inoltre criticato il blocco del turnover negli atenei: “Abbiamo pensato di risparmiare bloccando il turnover anni, il che significa la morte nell’università e nella ricerca. Risparmiare sul turnover significa chiudere le porte a ciò che è fondamentale per l’università: il ricambio generazionale.” La Carrozza ha anche sottolineato tre punti d’azione per contrastare la fuga dei cervelli, tra quelli avviati nei primi mesi di governo. Il primo è l’aver portato il turnover al 50% nel 2014, il secondo l’aver reperito dei fondi da mettere su un programma per giovani ricercatori e terzo c’è la volontà di premiare gli atenei dove siano giovani ricercatori ad esssere i responsabili dei progetti di ricerca.”

Le larghe intese cotte a puntino?

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Le larghe intese sono cotte a puntino? Sembra che il Governo di coalizione stia dando i suoi nefasti frutti. Il Pdl è a rischio scissione diviso tra chi vuole rimanere al governo e chi invece vuole andare a elezioni. Al centro c’è ancora la questione giudiziaria di Berlusconi, la copertura dell’Imu della seconda rata che stenta a trovarsi e un’economia stagnante che fa alzare gli indici di disoccupazione e peggiorare il Pil. La destra italiana è divisa poi tra falchi,colombe, pitonesse e leonesse, non manca davvero nessuno all’appello. L’esercito del Cavaliere disarcionato è al completo… pronto per essere servito in tavola dopo lo scontro finale per la decadenza. Dall’altra parte il Pd veleggia sulle correnti del Congresso e il tesseramento diventa un boomerang. Ed ecco che il timoniere Epifani vuole cambiare rotta e imprimere un passo diverso alla corsa per la segreteria, impedendo il tesseramento, ma dall’altra parte è pronto a sparare sulla barca “amica-nemica” Pippo Civati che afferma «Capisco l’appello di Epifani ma mi sembra che la risposta sia peggiore del danno. Io vorrei trovare una soluzione ma questa mi sembra possa essere controproducente anche perché così chi ha fatto un milione di tessere ha vinto», ha detto Civati. «Epifani, Cuperlo e Renzi sono d’accordo per fermare il tesseramento. Questa è una proposta tardiva e insufficiente. Le irregolarità si sono consumate nelle scorse settimane, 34 federazioni su 118, ovvero quasi una su tre, non hanno fornito dati sul tesseramento e sono da considerare, quindi, irregolari. La nostra proposta è di sanzionare il tesseramento selvaggio e chi ha violato le regole, senza penalizzare quelli che genuinamente scelgono di aderire al partito democratico». E anche a sinistra siamo cotti a puntino?

Solo sangue, di sudore non ce nè! 2014 aumenterà la disoccupazione

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Sudore e sangue? No, non si suderà più. La situazione secondo i dati Istat per il mercato del lavoro il prossimo anno non migliorerà. Dal +12,1% nel 2013 si passerà al +12,4% “Nei mesi estivi la caduta dell’occupazione che ha caratterizzato la prima parte dell’anno si è arrestata, ma la situazione del mercato del lavoro permane fortemente deteriorata. Il calo misurato in termini di input di lavoro, proseguirebbe per tutto il 2013 (-1,6%), mentre per il 2014 è previsto un lento e graduale miglioramento (+0,1%) che seguirebbe la ripresa dell’attività economica”, sostiene l’Istat.”Date le condizioni di debolezza del mercato del lavoro, le retribuzioni per dipendente continuerebbero a mostrare una dinamica moderata (+1,4%, sia nel 2013 sia nel 2014) dovuta al blocco retributivo nel settore pubblico e alla sostanziale equiparazione tra l’andamento delle retribuzioni di fatto e quelle contrattuali. Come risultato di questi andamenti la produttività del lavoro si stabilizzerebbe nel 2013 per tornare a crescere lievemente nel 2014 – conclude – mentre il costo del lavoro per unità di prodotto è previsto in rallentamento in entrambi gli anni”.

Di male in peggio la disoccupazione giovanile in Italia

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Di male in peggio, questo è il tragico bilancio dei dati sulla disoccupazione italiana. Nuovo record dal ’77 toccato nel mese di settembre con un aumento che arriva al 12,5%  in rialzo di 0,1 punti percentuali su agosto e di 1,6 punti su base annua.  È il valore più alto dall’inizio sia delle serie mensili, gennaio 2004, sia delle trimestrali, primo trimestre 1977. Per i giovani poi il dato si aggrava. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a settembre registra un altro record, salendo al 40,4%, in aumento di 0,2 punti percentuali su agosto e di 4,4 su base annua. In totale si è a quota 3 milioni 194 mila disoccupati.

 

“Don Chisciotte” cerca lavoro: gira l’Europa a cavallo e viene assunto!

JesúsJiménezMirón-tuttacronacaEra disposto a percorrere oltre 2mila kilometri in sella al suo cavallo Campeòn il 32enne spagnolo Jesús Jiménez Mirón, partendo dal suo paese, Gemuño, in provincia di Avila, e arrivando ad Hannover, in Germania, dove sperava di trovare lavoro. Un nuovo caso di “cervello in fuga”… su quattro zampe però! Il “Don Chisciotte di Avila”, come alcuni l’hanno ribattezzato, ha iniziato la sua avventura lo scorso 5 ottobre, con l’appoggio di alcuni conoscenti e amici, tra i quali Julián Burguillo, proprietario di una macelleria che a cadenza regolare lo “riforniva” di cibo. E proprio l’uomo ha raccontato a Efe di essere stato lui ad avere l’idea, “un po’ per scherzo un po’ sul serio”, in un periodo in cui vedeva il 32enne quasi tutti i giorni “depresso, perchè non trovava lavoro”. “Dovresti attirare l’attenzione in qualche modo per trovare un lavoro, ad esempio andare in Germania su un asino”, gli aveva detto. E Jesús l’ha preso sul serio. Così dopo poco si è ripresentato nel negozio dicendo che aveva bisogno di  “calze, stivali e delle borse per portare le cose”. Julián, a quel punto, gli ha fatto notare che aveva bisogno anche di vivande e da quel giorno non ha mai smesso di rifornirlo, parlare con lui e incoraggiarlo. Non solo, assieme a un suo collega, Rodrigo González, hanno aperto per lui una pagina Facebook, “A caballo desde España a Alemania“, attraverso la quale seguirne le imprese. E proprio qui è stata comunicata la bella notizia: l’impresa olandese Equitrainer, specializzata in installazioni ippiche, ha fatto sapere che hanno un lavoro per Jesús! Don Chisciotte 2.0 è riuscito a battere i mulini a vento della disoccupazione!

Esprimi un desiderio… con Facebook!

facebook-ricerca-lavoro-tuttacronacaSi scrivono sempre tante cose in Facebook: pillole di quello che è successo durante il giorno, pensieri sparsi, idee captate in giro. Se non si ha altro da dire, si dà un saluto a chi si conosce. E se il social blu venisse utilizzato per altro? Per esempio per esprimere un desiderio. E non per se stessi, ma per qualcuno a cui teniamo. Giovanna Gallo l’ha fatto. Ha aperto la sua pagina ed ha lanciato sulla rete un messaggio con la speranza di poter aiutare il padre, un 57enne ex tipografo che ha subito la stessa sorte di molti altri: ha perso il lavoro, a causa della crisi economica. E’ bastata qualche ora e il lungo post è diventato virale. Ecco cos’ha scritto Giovanna:

Mio padre ha perso il lavoro l’anno scorso. Da allora – vive in Calabria – un posto dove la crisi è ancora lì che batte fortissimo contro le finestre delle famiglie – è stato tutto un fiorire di “No”. Perché ha 57 anni, perché è un tipografo ma vecchio stampo – di quelli che il “Il pc come si accende?” – in un mondo di grafica digitale che giustamente si è evoluto, che ha però davvero tanta voglia di lavorare. Immagino che anche voi potrete enumerare casi simili a quello di mio padre, tanto più se vivete al Sud. Ecco, io oggi volevo dire una cosa: non c’è cosa più triste di quando tu sei serena, felice e soddisfatta della tua vita ma quelli a cui vuoi bene no. Così ho deciso di prendere in mano la situazione, di contattare tutte le tipografie che Google mi ha suggerito, poi sono passata alle copisterie e infine ai bar. E’ stata una disfatta. Per me è stato straziante e allo stesso tempo tenero vederlo girare, per i primi tempi, con una lista lunghissima scritta a mano, con i nomi delle tipografie del circondario presi dalle Pagine Gialle, lui che non ha mai fatto un colloquio in vita sua, ma ci pensate, vostro padre, che fa un colloquio? Ci pensate a costruirgli un curriculum? Ha dovuto strappare il foglio, e perdere un po’ la speranza di trovare qualcosa, una cosa piccola, che lo accompagni fino alla pensione. Voi sareste pienamente felici della vostra vita, del vostro lavoro, sapendo che chi vi è vicino non lo è? Ecco, io ho pensato una cosa: ci vantiamo tutti che il networking è la cosa fondamentale del web, che i gradi di separazione si riducono, che i contatti sono la cosa fondamentale. I ho solo quello: contatti. E magari uno conosce tizio, che conosce Caio, che in Calabria, nel catanzarese, cerca qualcuno che gli dia una mano.   Ho pensato: scrivo minchiate, di solito, perché mi piace far ridere e poi sono una persona leggera, che c’è di male, in fondo? Non c’è niente di male nella leggerezza, se fa bene a me e agli altri.  Ma questa volta no. Io voglio arrivara a casa, questo Natale, e dire a mio papà: Forse c’è ancora una speranza per te, che hai solo 57 anni e tanta voglia di lavorare.  Secondo voi ce la farò?

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Il ministro Carrozza dà l’ok al liceo di 4 anni: la scuola insorge

scuola-4anni-tuttacronacaIl ministro dell’Istruzione ha dato l’ok al liceo internazionale per l’Impresa, Guido Carli, di Brescia, “sponsorizzato” dall’associazione industriale della città lombarda, per la sperimentazione della riduzione del percorso scolastico da 5 a 4. L’autorizzazione, però, ha messo sull’attenti l’Anief, che teme nuovi tagli al personale della scuola per fare cassa. Era marzo quando Profumo, predecessore della Carrozza, annunciava ai sindacati l’intenzione di avviare una sperimentazione per accorciare il curriculum scolastico, da 13 a 12 anni, che porta al diploma. L’idea era stata accolta tra mille polemiche dai rappresentati dei lavoratori e quindi riposta. Salvo tornare in auge ora. Parlando con gli studenti dell’istituto, infatti, il ministro Carrozza ha detto: “Se ci fosse stata quando ero studentessa anch’io mi sarei iscritta a una scuola come la vostra”. E ha poi aggiunto: “Si tratta di un’esperienza che dovrebbe diventare un modello da replicare in tutta Italia anche per la scuola pubblica”. Il pensiero fa tremare i sindacati: il taglio porterebbe a una perdita netta di quasi 40mila cattedre con un risparmio per le casse del ministero di oltre un miliardo e 300 milioni di euro all’anno. Senza contare che stroncherebbe le speranze dei precari di avere una cattedra fissa. Per Marcello Pacifico questa “sperimentazione non riguarda una semplice decurtazione del percorso di un anno, ma anche l’avvio di una metodologia che punti ad una didattica per competenze, laboratoriale e integrata. Il tutto con lo scopo di accorciare i tempi di apprendimento e consentire di ammortizzare la mancanza del quinto anno”. Secondo il rappresentante dei lavoratori, “l’obiettivo cui punta il ministero è quindi più che evidente: creare un precedente, per il quale nella prossima estate non potranno che essere tessute le lodi, per puntare dritto alla soppressione di 40mila cattedre. Già il Governo Monti aveva quantificato un risparmio nazionale, attraverso la sparizione di altrettanti docenti oggi impegnati nelle classi quinte di tutte le superiori d’Italia, pari a 1.380 milioni di euro”. Un tentativo che “fu fatto proprio da quel governo, prima tentando un improbabile sondaggio sulla riduzione di un anno della scuola secondaria superiore e successivamente provando a portare a 24 ore l’orario di insegnamento settimanale di tutti i docenti”.

Quei giovani del sud che tornano a migrare

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Chi ha detto che i migranti sono solo quelli che approdano a Lampedusa? Emigrano anche i giovani italiani del sud (e non solo al sud). E’ lo stesso Presidente della Repubblica che analizzando il rapporto Svimez – sull’economia del Mezzogiorno – parla della fuga dei giovani dal Sud affermando “non può che risultare foriero di pesanti conseguenze e inaccettabile per le regioni meridionali” Giorgio Napolitano, ha poi aggiunto “la via da perseguire deve essere quella dell’avvio di un nuovo processo di sviluppo nazionale” che trovi solida base nel Meridione. E’ necessaria quindi “una riqualificazione delle istituzioni, che permetta di superare diffuse inefficienze”.

Che dice il rapporto Svimez?

E’ “un quadro inquietante delle condizioni economiche e sociali del Mezzogiorno”. Al centro la disoccupazione soprattutto giovanile, ma non solo.

“La zona grigia del mercato del lavoro – spiega lo Svimez – continua ad ampliarsi per effetto in particolare dei disoccupati impliciti, di coloro cioè che non hanno effettuato azioni di ricerca negli ultimi sei mesi. Considerando questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo nel centro-nord sfiorerebbe la soglia del 12% (ufficiale: 8%) e al sud passerebbe dal 17% al 28,4% (era stimato al 22,4% nel 2008).

A testimonianza della gravità della crisi, l’ulteriore perdita di posti di lavoro, -2% al sud, -1,2% al centro-nord, che porterebbero, se confermate, in cinque anni, dal 2008 al 2013, a 560mila posti di lavoro persi nel sud (pari al 9% dello stock) e nel centro-nord a 960mila posti persi, pari al 5,5% dell’occupazione totale.

Nel 2012 il tasso di disoccupazione registrato ufficialmente è stato del 17 % al sud e dell’8% al centro-nord, a testimonianza del permanente squilibrio strutturale del nostro mercato del lavoro. I livelli raggiunti, si legge, ci riportano indietro di oltre venti anni, agli inizi degli anni ’90. In aumento anche la durata della disoccupazione: nel 2012 al sud il 60% dei disoccupati si trova in questa situazione da piu’ di un anno.

Gli occupati nel mezzogiorno scendono nei primi mesi del 2013 sotto la soglia dei 6 milioni: non accadeva da 36 anni, dal 1977.
Nel 2012 il tasso di occupazione in età 15-64 è stato del 43,8% nel mezzogiorno e del 63,8% nel centro-nord. A livello regionale il tasso più alto si registra in abruzzo (56,8%), il più basso in Campania, dove lavora solo il 40% della popolazione in età da lavoro. In valori assoluti, la Sicilia perde 38mila occupati, 11mila la Calabria, 6mila la Sardegna, 3mila la Basilicata.”

Licenziati di serie A e B. Persi 900 posti di lavoro, chi ne parla?

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Alitalia ha gli occhi puntati addosso, ma c’è invece chi nel deserto delle istituzioni e nel silenzio della stampa perde il lavoro. Sono i 900 licenziati, operai e tecnici della De Tomaso, la fabbrica di Grugliasco, nel Torinese, che ha prodotto solo la concept car Deauville e il cui  management è stato inclinato dalle inchieste per la frode di soldi pubblici e il curatore fallimentare sta portando a termine il suo lavoro. Chi si ricorda che questo era il prestigioso stabilimento automobilistico Pininfarina, ora denominato De Tomaso? Le lettere sono state inviate questa mattina e il tempo stringe per evitare questa tragedia sociale: entro il 4 gennaio deve essere trovato un acquirente oppure 900 lavoratori rimarranno senza lavoro, abbandonati nel loro dramma, nonostante abbiano cercato di attirare l’attenzione con proteste e manifestazioni. 

Disperati i lavoratori che hanno sempre continuato a presidiare la fabbrica torinese: lunedì si ritroveranno più numerosi del solito ai cancelli, mentre martedì mattina ci sarà il presidio organizzato dalla Fiomtorinese davanti alla sede della Giunta piemontese, in piazza Castello, a Torino e sarà chiesto un incontro alla Regione.

“L’arrivo delle lettere, sebbene sia un atto dovuto, è avvenuto a sorpresa, non siamo stati informati. Ma noi non ci rassegniamo, siamo pronti a tornare in piazza”, dice un operaio in cassa integrazione da tre anni. “E’ la formalizzazione di un provvedimento inevitabile – commenta Vittorio De Martino, segretario generale della Fiom piemontese – ma noi continuiamo a chiedere che si trovi una soluzione per salvare tutti i posti di lavoro. Alla Regione sollecitiamo una soluzione per il marchio De Tomaso e l’avvio dei corsi di formazione, che ancora non sono partiti”.

“Il curatore – spiega Claudia Porchietto, assessore regionale al Lavoro della Regione Piemonte – si è mosso in piena autonomia. In questo momento d’altra parte non sono state formalizzate manifestazioni d’interesse perché non si sa ancora se il marchio sarà disponibile o meno. Su questo punto la procedura credo debba essere chiaro ha l’obbligo assoluto di chiudere in tempi rapidi a tutela dei lavoratori per non vanificare gli sforzi fatti in questi mesi dalle Istituzioni, Regione in primis”.

 

Prelievo forzoso sui conti correnti in Svizzera

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Scatterà dal 2014 la misura a sostegno della disoccupazione in Svizzera e avverrà con un prelievo forzoso dell’1% sui conti correnti superiori a 250mila euro. L’obiettivo è quello di raccogliere circa 100 milioni di franchi l’anno, più o meno 80 milioni di euro, per sanare un disavanzo che si aggira su i 4 miliardi. Questi soldi verranno inseriti sul fondo per la disoccupazione che negli ultimi tempi ha scavato un buco profondo nel bilancio svizzero a causa del crescente tasso di disoccupazione: il 3%. In Italia farebbe sorridere, ma per gli elvetici abituati ad avere tassi minori all’1% è davvero un innalzamento allarmante. Naturalmente critiche e attacchi non sono mancate come quella dell’Udc di destra che ha gridato allo scandalo, ma, anche chi, come i verdi, invece, avrebbe voluto un prelievo molto più cospicuo sino al 2,2%.

Se la tua vita non ti permette di giocare, ballare, vivere ogni giorno… cambia vita!

balliamo-tuttacronaca“Se la tua vita non ti permette di giocare, ballare, vivere ogni giorno… cambia vita”. Termina con questo consiglio un video che sta spopolando in rete, con quasi un milione di visite in 20 giorni Dailymotion. Il cortometraggio, ¿Bailamos?, vuole ricordarci di prestar sempre attenzione ai bimbi, i veri grandi saggi di casa: sono loro a ricordarci di godere di ogni momento, facendo quello che ci piace e senza troppe preoccupazioni. Il video s’incentra su un dialogo tra la piccola Malena, che sogna un futuro da ballerina, e suo padre, che le consiglia di studiare materie come l’inglese e l’informatica, di modo da iniziare fin da subito a costruirsi un futuro. L’uomo spiega alla piccola che è importante arrivare un giorno ad avere una carriera che dia sicurezza, soddisfazione e assicuri il futuro, permettendo, una volta anziani, di arrivare anche alla pensione. Ovviamente, visto il momento che stiamo vivendo sia in Italia che all’estero, appena il padre parla di “trovar lavoro”, “avere una sicurezza economica” e “assicurarsi una pensione”, arriva il contrappunto di risate. “Il proposito di questo video è di ricordare ai genitori immersi in una dinamica culturale di lavoro e consumo, che i bambini son bambini e che devono giocare e godere la loro infanzia e dovere degli adulti è di appoggiarli nelle loro mete e nei loro sogni e… giocare con loro. L’ossessione di assicurare loro il meglio, ci può rendere ciechi e farci dimenticare le cose che danno un senso alla nostra vita. Un atteggiamento che trasferiamo poi su di loro”, spiega la descrizione del video di JAF Producciones. Nel preseguo del video, dopo che il padre ha convinto la piccola a mettere da parte il suo sogno di diventare ballerina a favore di una carriera solida, è Malena a porre però delle domande al padre, del tenore: sei soddisfatto, sei contento, stai bene vivendo in questo modo, mettendo da parte i tuoi sogni? Il genitore risponde con dei sì forzati… salvo poi “ravvedersi”… e invitare la figlia a ballare!

Cultura, voce dimenticata dal Governo Letta

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La riforma Gelmini ha gettato la cultura nel vespaio delle polemiche e in provvedimenti davvero difficili da poter giustificare come la decurtazione della Storia dell’Arte dai programmi del ministero operata proprio dall’ultimo governo Berlusconi. Gli italiani sono ultimi nei paesi  industrializzati secondo i dati dell’Ocse e sono inoccupabili secondo Giovannini, ma se i precedenti amministratori hanno operato riforme “originali”, il nuovo Governo sembra non porre alcun rimedio per correggere il tiro.

Ora sta circolando in rete un appello con il quale si sta cercando di sensibilizzare il ministro Carrozza al problema dell’insegnamento della Storia dell’Arte. L’appello è firmato anche da Adriano La Regina, Salvatore Settis, Cesare de Seta e Rosi Fontana:

APPELLO AL MIN. CARROZZA  PER IL RIPRISTINO DELLA STORIA DELL’ARTE

Che l’Italia sia il Paese al mondo con la maggiore quantità di beni artistici e culturali è cosa nota.

Possiamo vantare circa 6.000 siti archeologici, 4.700 musei , 46.000 beni architettonici vincolati, 44 i siti italiani patrimonio mondiale UNESCO, per non parlare della bellezza delle nostre città e dei nostri borghi, della miriade di opere d’arte sparse in chiese, palazzi, piazze.

Ma forse ci siamo talmente abituati e assuefatti a tale abbondanza d’arte che pervade ogni angolo del nostro Bel Paese, che neanche percepiamo la gravità insita nelle carenze delle nostre politiche dei beni culturali, troppo poco incentrate su una seria promozione alla valorizzazione e tutela del patrimonio e dunque sulla sua conoscenza  attraverso una “Politica della Formazione ai Beni Culturali”.

A proposito di quest’ultimo aspetto, è ormai tempo di cambiare rotta. Con una tale preziosissima eredità, è pensabile che i nostri ragazzi non studino adeguatamente il mondo in cui vivono e, soprattutto, in cui dovranno muoversi da adulti?

In un Paese come  il nostro ci si aspetterebbe che uno dei pilastri della formazione scolastica sia lo studio della Storia dell’arte, cioè della storia della principale risorsa che abbiamo la fortuna di aver ereditato. Invece forse non è stato sufficientemente evidenziato come proprio tale disciplina sia stata pesantemente decurtata dall’offerta formativa in diversi indirizzi delle scuole superiori dalla Riforma dell’ex Ministro Gelmini.

E’ fondamentale, soprattutto in una fase così complessa ed economicamente fragile come quella che l’Italia sta attraversando, attuare tempestivamente scelte che si muovano nella direzione opposta a quanto fatto negli ultimi anni. Intervenire con una Riforma dell’Istruzione che potenzi questo ambito di studio produrrebbe degli enormi benefici, a più livelli: civico-formativo ed economico-occupazionale (che corrispondono poi ai punti critici della nostra società).

Nel Paese dei Beni Culturali per eccellenza, continuare ad impedire ai ragazzi di maturare una adeguata conoscenza del proprio patrimonio artistico, significa infatti ostacolare non solo una formazione culturale degna di questo nome, ma anche lo sviluppo di quel senso civico che tutti noi auspichiamo e che si sviluppa a partire dalla conoscenza e dal conseguente rispetto per quell’insieme di valori territoriali, ambientali, storici e artistici che chiamiamo Cultura. Se non si apprende la storia dei luoghi e dei monumenti che ci circondano, come si potrà  maturare il valore del rispetto per gli spazi comuni?

Si pensi poi all’innegabile potere che ha, a livello formativo, la sensibilizzazione alla bellezza e al valore dei nostri beni artistici: un adolescente che cresca educato in questa direzione, sarà un individuo meno soggetto al degrado che sempre più dilaga nelle nostre città.

Incredibilmente importanti, poi, sono le potenzialità che una approfondita formazione al nostro patrimonio artistico e archeologico avrebbe a livello occupazionale.

In Italia dovremmo poter vivere e lavorare principalmente di questo, mentre siamo al paradosso che i milioni di turisti che ogni anno vengono a visitare le nostre città e i nostri musei tornano a casa con un bagaglio di conoscenze relative alle nostre bellezze artistiche in proporzione molto maggiore rispetto alla cognizione che ne ha mediamente un italiano, il quale vive una intera esistenza in quel contesto senza aver avuto la possibilità di studiarne adeguatamente la storia e comprendere appieno valore. Se si continua a trascurare questo ambito per noi così vitale, come si finirà? Bisogna forse aspettare di veder deteriorati altri antichi beni, la cui precaria tutela in tempi recenti ha fatto tremare molti italiani al crollo di strutture millenarie come quelle di Pompei, per arrivare a comprendere finalmente che la più grande potenzialità economica e la più “pulita” industria italiana è proprio quella legata ai beni culturali?

Sono le domande che si pongono gli insegnanti di Storia dell’arte delle scuole superiori, firmatari di un appello rivolto al Ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, e sottoscritto da grandi nomi del mondo della cultura e dell’arte, in cui si chiede di potenziare lo studio di questa meravigliosa e per noi vitale materia scolastica. Sarebbe un primo, fondamentale, mattone nella costruzione dell’Italia di domani.

Il governo Letta risponderà alla voglia di cultura che si innalza nel Paese o saremo per sempre condannati a essere inoccupabili e ignoranti?

Italia bocciata dall’Ocse: l’istruzione nostrana si guadagna la maglia nera

studenti-ignoranti-tuttacronacaL’Ocse ha promosso un’indagine in 24 Paesi, realizzata in Italia dall’Isfol, sul livello dell’istruzione. Maglia nera? Agli italiani, ultimi per competenze alfabetiche, cioè le capacità linguistiche ed espressive fondamentali per vivere e lavorare ai giorni nostri, e penultimi in matematica. Il lato “positivo” è che si è ridotto il gap con gli altri Paesi tra quelli più industrializzati, ma sempre preoccupante resta la situazione. La scala di valutazione va da zero a 500. Per quello che riguarda le competenze alfabetiche, il punteggio medio degli adulti italiani è pari a 250, contro una media Ocse di 273. Controllando invece le competenze matematiche la media italiana è pari a 247 rispetto a 269 di quella Ocse. I punteggi sono riconducibili a sei diversi livelli di competenze con il terzo che viene considerato il minimo indispensabile per “vivere e lavorare nel XXI secolo”. E guardando alle competenze alfabetiche, ben il 27,9% non supera il primo livello, mentre solo il 29,8% degli adulti italiani si colloca dal terzo in poi (il 42,3% è al secondo). Spostandoci sul piano delle competenze matematiche la situazione migliora un po’, ma non molto: il 31,9% è al primo livello o al di sotto e appena il 28,9% è almeno pari al terzo (il 39% è al secondo). Sempre stando alle cifre diffuse dall’Isfol, “una delle situazioni più preoccupanti rimane quella dei Neet, cioè i giovani di età compresa tra i 16 e i 29 anni che non studiano e non lavorano. In termini di competenze alfabetiche il punteggio medio è pari a 242, cioè 8 punti sotto la media nazionale”. Il segnale di speranza però sembra esserci: “Si contrae lo scarto con la media Ocse relativamente alle competenze alfabetiche e si riscontra un miglioramento complessivo rispetto alle altre indagini svolte negli ultimi anni, mentre gran parte degli altri paesi rimane stabile”. Inoltre, aggiunge, “i dati mostrano anche una significativa riduzione del divario tra maschi e femmine”.

Spesso il male di vivere ho incontrato: la disoccupazione giovanile

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Il Rapporto 2012-203 sottolinea che questo ”è certamente l’anno peggiore della storia dell’economia italiana dal secondo dopoguerra”, ma è anche quello che può ”intercettare il punto di svolta del ciclo economico”. Diplomaticamente l’Istat prima parla di catastrofe economica e poi ci rassicura innescando la speranza di una svolta che possa dare nuova linfa all’Italia produttiva. Pur restando aggrappati alla speranza di un’inversione di rotta i dati restano  raccapriccianti.

Si è toccato quota 40,1% della disoccupazione giovanile, il che significa che quasi un giovane su due non ha lavoro. Il balzo di 0,4 punti percentuali su luglio e di 5,5 punti su base annua ci ha fatto superare la soglia psicologica del 40%.

In generale la disoccupazione ad agosto è salita al 12,2%, in rialzo di 0,1 punti percentuali su luglio e di 1,5 punti rispetto allo scorso anno. I dati provvisori dell’Istat rivelano che siamo tornati al massimo già raggiunto a maggio, il livello più alto dall’inizio sia delle serie mensili, gennaio 2004, sia delle trimestrali, primo trimestre 1977.

Il numero di disoccupati ad agosto è tornato a crescere, dopo due mesi di stop, raggiungendo quota 3 milioni 127 mila, in aumento dell’1,4% rispetto al mese precedente (+42 mila) e del 14,5% su base annua (+395 mila).

Mentre il Cnel sottolinea come parte della disoccupazione generata nella crisi sia ormai da ritenersi strutturale. E prevede che per riportare il tasso di disoccupazione all’8% entro il 2020, il tasso di crescita del Pil dovrà superare il 2% all’anno. “Un target non eccezionale, ma oggi forse non alla portata del nostro sistema”. L’Italia negli anni di crisi ha perso circa 750.000 posti di lavoro ma, sostiene il Cnel, “se l’occupazione fosse diminuita quanto il Pil, le perdite sarebbero oggi pari a 1.870.000 occupati”.

Si fa presto a dire “cervelli in fuga”… ma quanti finiscono a pulire bagni?

benja-serra-tuttacronaca“Mi chiamo Benjamin Serra, ho due lauree e un master e pulisco WC”. Inizia così un post apparso in Facebook e che è rapidamente diventato virale in Twitter. La Spagna non vive una situazione più rosea dell’Italia e anche da quella terra molti giovani migrano, in cerca di opportunità. E si fa presto a parlare di cervelli in fuga, ma non sempre si riesce a metter radici in un Paese straniero. Anche questo significa partire: andare verso l’ignoto. E il 25enne di Valencia ha deciso così di condividere la sua esperienza. Una laurea in Giornalismo, un’altra in Pubblicità e Pubbliche Relazioni, entrambe con Premio Extraordinario Fin de Carrera en ambas, un master in Community Management e ora… “barista” a Londra. Prosegue il post: “No, non è uno scherzo. Lo faccio per poter pagare l’affitto dell’appartamento a Londra. Lavoro in una famosa catena di caffè nel Regno Unito da maggio. E dopo 5 mesi lavorandoci oggi, per la prima volta, mi sono visto da fuori. Mi sono visto mentre pulivo i bagni. Il mio pensiero è stato: “Sono Premio Extraordinario de Fin de carrera e pulisco la M***A degli altri in un Paese che non è il mio”. Ok, faccio anche caffè, sparecchio le tavole e lavo le tazze. E non mi vergogno di farlo. Pulire è un lavoro molto dignitoso. Quello che mi fa vergognare è che devo farlo perchè nessuno mi ha dato un’opportunità in Spagna. Ci sono molti altri spagnoli nella mia sitauzione, soprattutto a Londra. “Siete una piaga”, mi hanno detto qui una volta. E non inganniamoci. Non siamo giovani di ventura arrivati qui per imparare la lingua e vivere nuove esperienza. Siamo IMMIGRATI.” Benjamin racconta di essere molto orgoglioso e che ad alcuni inglesi che lo guardano dall’alto al basso perchè fa il “barista” verrebbe voglia di mostrare i suoi attestati di laurea e il suo master ma sa anche che “davvero non servirebbe a nulla”. Sembra infatti che questi titoli ora servano solo per pulire i bagni. “Un vero peccato”. E Conclude: “Io credevo di meritarmi qualcosa di meglio dopo tanto impegno nello studio. Sembra proprio che mi sia sbagliato”. Il ragazzo, all’Huffington Post, ha spiegato che non si aspettava che il suo post avesse una così grande ripercussione. L’ha scritto venerdì, rientrato a casa “stanco e arrabbiato con la vita”. E così, dopo una chiacchierata via Skype con la famiglia, è arrivato lo sfogo in Facebook.Benjamin è arrivato a Londra nell’ottobre del 2012, con un contratto a tempo determinato al termine del quale ha trovato quel lavoro per mantenersi. Non si meraviglia neanche che a Londra gli spagnoli siano visti come una “piaga”: “Perchè ci considerino tali, significa che qui siamo davvero in tanti”. Dà anche un consiglio ai politici: che si rendano conto della sitauzione perchè lui è solo un esempio ma son fin troppi i giovani in una simile situazione. E che dire dei giovani italiani che nel nostro Paese non vedono un futuro e si vedono costretti a fare quello hanno fatto tanti italiani nei secoli scorsi? Emigrare in cerca di un’opportunità? Tutti partono con un sogno, qualcuno ce la fa. Però i sogni di quanti altri s’infrangono contro la realtà estera dove, pur essendo europeii in uno Stato europeo, vengono visti come “piaga”? Perchè è anche vero che i giovani italiani che non si possono permettere di studiare all’estero (già sono molti che attualmente non lo possono fare neanche in Italia) arrivano con in mano diplomi e lauree italiane, magari con una conoscenza scarsa della lingua, senza quella preparazione che altri Stati riescono ad assicurare. E allora la fortuna è trovare almeno un posto dove ti facciano pulire i bagni…
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La discriminazione degli over 40 sul posto di lavoro

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I giovani non trovano lavoro, gli over 40 che lo possiedono (e sono già fortunati rispetto ai loro coetanei) sono discriminati. Lo rivela uno studio della Sda Bocconi. Ma la discriminazione da cosa nasce? Non ha nessuna base scientifica, ma è solo frutto di pregiudizio. Mentre i mass media si occupano di disoccupazione giovanile, di precari, di lavori sottopagati e di esodati, lontano dai riflettori gli over 40 ogni giorno vengono emarginati e discriminati. Secondo lo studio  dell’Osservatorio Diversity Management Lab dell’Università Bocconi citato da  Il Giornale. Le aziende:

“tendono a valorizzare molto po­co i loro dipendenti che hanno superato quella soglia. Anzi, spesso li discriminano. Al netto degli scatti di carriera automatici, per esempio, i balzi in avanti, a parità di inquadra­mento, sono molto più frequen­ti tra chi non supera i 38 anni. I dipendenti fino a quell’età rice­vono anche, in media, valuta­zioni di 14 punti percentuali su­periori rispetto a quelle degli over 45. Superati i 40, invece, la parabola è discendente. L’uffi­cio del personale li considera quasi come un peso, restare co­sì a lungo nella stessa realtà im­prenditoriale, invecchiare den­tro lo stesso ufficio è una nota di demerito. È finita l’epoca in cui si raccontava orgogliosi di aver vissuto«una vita al servizio del­l’azienda »: oggi, complice un mondo del lavoro sempre più flessibile e dinamico, si tende a pensare che chi resta vita natu­ral durante nello stesso posto lo fa perché non ha ricevuto offer­te migliori.

La discriminazione, fa notare lo studio della Sda Bocconi, non si fonda su dati scientifici: non che ci fosse bisogno di un test per capirlo, ma su un cam­pion­e di mille lavoratori non so­no state rilevate significative dif­ferenze di efficienza tra 30enni e 45enni. Non c’è nessun decli­no cognitivo prima dei 60 anni, e in ogni caso questo non si ma­nifesta con forme significative prima dei 74. Tradotto: chi ha qualche capello grigio possie­de energia da vendere, e un ba­gaglio prezioso di esperienza da impiegare – magari trasmet­tendola ai nuovi arrivati”.

Insomma lo studio impietoso della Bocconi dimostra che un dipendente fedele all’azienda a poco a poco non diventa un simbolo, ma solo un peso. Non più una discriminazione sulla razza o sul sesso (che in alcune parti del nostro territorio continuano a esserci) ma soprattutto sull’età in nome di quel “giovanilismo” di cui ci si è fin troppo riempiti la bocca:

“lo confer­ma anche Giuseppe Zaffarano, presidente dell’associazione la­voro over 40: «C’è molta sfidu­cia nei confronti dei datori di la­voro,e delusione per prospetti­ve di carriera non realizzate. La sensazione dominante è la pau­ra per il futuro: in un momento in cui sono tante le aziende che vengono comprate da gruppi esteri, anche chi è assunto te­me delocalizzazioni. E già dai 45 anni in poi gli uffici del perso­nale, specie in questi tempi di magra, guardano al dipenden­te o­ver 45 come a un futuro pre­pensionato, uno da far “scivola­re“ fuori»”.

Tempi duri per la Repubblica basata sul lavoro tra disoccupazione e discriminazione, sembra proprio che il caposaldo della Costituzione italiana stia pian piano cedendo il passo.

L’impietoso rapporto sull’Italia del FMI: disoccupazione record dal dopoguerra

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Non parliamo di dati, non parliamo di concetti astratti ma di numeri, quelli del bilancio  che rispecchiano insieme ad altri indici la situazione economica italiana. L’economia che tocca da vicino le famiglie, quella che ingabbia i giovani nella disoccupazione e mette in trappola le imprese che si devono solo affidare all’esportazione e non possono più fare affidamento sul mercato interno. Secondo il rapporto del FMI il primo dato che balza agli occhi è proprio quel record negativo della disoccupazione “ai massimi del dopoguerra, al 12%, con la disoccupazione giovanile vicina al 40%”.

 Il documento precisa che “l’economia sta mostrando segnali di stabilizzazione, ma la disoccupazione è ancora alta e i trend rimangono bassi”. Il Fondo ha accolto con favore il pacchetto di misure a favore della crescita e del mercato del lavoro, ma ha sottolineato che “servono ulteriori riforme per dare slancio alla produttività e aumentare il tasso di occupazione, soprattutto tra giovani e donne”.

L’altro dato che pesa poi sugli italiani è il deficit di bilancio nominale che, se non si corre ai ripari potrebbe toccare quota 3,2%, oltre quel 3% che rappresenta per l’Europa il raggiungimento dell’obiettivo. Rischiamo quindi anche un infrazione che potrebbe tradursi in altre tasse per gli italiani. Il debito poi “continua a crescere e, secondo le previsioni supererà il 130% del Pil nel 2013”.  Il Fondo monetario internazionale ha comunque accolto con favore i passi compiuti dal governo italiano “per assicurare la sostenibilità fiscale e applicare le riforme strutturali” nonostante un contesto di crescita “difficile”. In questo contesto, è necessario “mantenere il ritmo delle riforme per sostenere una ripresa robusta”, riforme che dovrebbero essere complementari di passi compiuti a livello di Eurozona.

Dove l’Italia invece sembra essere davvero indietro è sulla competitività. La crescita di medio termine (quella che davvero può risollevare le generazioni presenti)  “resterà bassa”, anche a causa di “una produttività stagnante, di un difficile contesto aziendale e di un settore pubblico indebitato”. Secono il Fmi, “l’inefficienza del sistema giudiziario è collegata agli alti costi sostenuti dalle aziende, al ribasso degli investimenti diretti stranieri e alle piccole dimensioni di società e mercati di capitale”. Una produttività debole, fa notare l’istituto di Washington, “ha anche contribuito ad ampliare gradualmente il divario sulla competitività”.

La cattiva notizia arriva anche dalle banche. I nostri istituti di credito, se il panorama non cambia, potrebbero aver bisogno di 6 miliardi nel 2015  per rispettare i requisiti patrimoniali minimi previsti da Basilea 3.

Che significa? Significa che l’Europa ci sta mettendo alle strette tra politica di austerity e requisiti patrimoniali minimi previsti appunto da un accordo internazionale. Il problema quindi non è procedere a piccole correzioni, ma rivoluzionare l’intero sistema Italia per scuoterlo dal torpore in cui ora sta vegetando.

Il rapporto osserva che il sistema bancario ha retto bene alla crisi finanziaria globale ma è stato “fortemente colpito” dalla crisi del debito sovrano. Nonostante un’economia debole, “i risultati degli stress test suggeriscono che il sistema bancario italiano nel suo complesso è in grado di resistere alle perdite nell’ambito di uno scenario macroeconomico avverso”.
In particolare il pericolo lo si corre con il piano di ristrutturazione di MPS. Questa mina vagante sarebbe un potenziale pericolo per tutto il sistema bancario del Paese: “L’attuazione dell’ambizioso piano di ristrutturazione è critica per la banca stessa e il sistema nel suo complesso”. I problemi della banca scrivono gli ispettori del fondo derivano dalla governance e dal fallimento del vecchio management.

Il rapporto si conclude con un monito: trovare che coperture per l’abolizione dell’Imu.

Letta all’Onu: “Senza diritti umani la pace è a rischio”

letta-onu-tuttacronacaE’ intervenuto all’Onu oggi il premier Letta, dove ha parlato di crescita e sviluppo ma anche dei rischi che corrono sia la pace globale che la sicurezza in loro assenza. “In vista della fine della crisi globale, la nostra priorità devono essere la crescita e lo sviluppo. Ma se i diritti umani sono a rischio anche la pace globale e la sicurezza sono a rischio”. Ha quindi proseguito: “La sovrappopolazione pone l’attenzione su uno dei problemi più gravi di oggi: la disoccupazione globale, in particolare quella giovanile. Un fenomeno che colpisce tutto il mondo, inclusa l’Europa e il mio Paese. Dobbiamo combinare misure assunte al livello nazionale e europeo per lanciare la nostra guerra contro la disoccupazione”. Nel suo intervento ha toccato anche il tema della fame nel mondo: “L’Italia darà il suo contributo specifico al problema della sicurezza alimentare grazie all’Expo di Milano del 2015”. Aggiungendo: “Il nostro Paese sente che è arrivato il tempo di lanciare un nuovo accordo globale sul cibo. La partecipazione Onu all’Expo è di conseguenza di grande importanza”.

Sano come un Plasmon… disoccupato?

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«A meno di tre mesi dall’operazione di acquisto della Heinz Plasmon (azienda che deteneva il marchio dal 1953) da parte di Berkshire Hathaway e di 3G Capital i nostri peggiori timori si sono dimostrati drammaticamente reali». La notizia è arrivata ieri, a margine del coordinamento nazionale del gruppo in una nota unitaria Giorgio Galbusera, coordinatore Nazionale Fai-Cisl, Mauro Macchiesi, segretario nazionale Flai-Cgil e Tiziana Bocchi, segretario Uila-Uil. A perdere il posto di lavoro sarebbero 204 dipendenti su 946.

“L’azienda ha rifiutato il confronto con il sindacato su un piano industriale che dia garanzie per il futuro e dentro il quale si possono trovare soluzioni alternative ai licenziamenti”, affermano i sindacati in una nota. In assenza di risposte dalla proprietà, i sindacati confermano che la mobilitazione negli stabilimenti di Ozzano (Parma), Latina (Roma) e negli uffici della sede a Milano. proseguirà anche nei prossimi giorni. D’altra parte, Fai, Flai e Uila restano in attesa della convocazione presso il ministero dello Sviluppo Economico auspicando “che il gruppo Heinz non rifiuti l’incontro dando uno schiaffo non solo ai dipendenti ed al sindacato, ma al Paese intero dove intere generazioni sono cresciute con gli omogeneizzati e i biscotti Plasmon”.

Quello che serve, chiedono i sindacati al governo, è invece “un impegno serio su un piano industriale che ad oggi non c’è”. Domani si terrà anche una manifestazione davanti alla sede milanese dell’azienda. “Dovrebbe esserci anche l’amministratore delegato – dice Alessandro Marchesetti, segretario Fai Cisl di Milano – al quale presenteremo una lettera; proporremo alla società strumenti diversi cercando di studiare insieme delle soluzioni”. Tra queste, spiega Marchesetti, sono compresi gli ammortizzatori sociali: “Speriamo che ci siano  un’apertura da parte dell’azienda e un futuro industriale per il gruppo”.

Secondo i sindacati, tra l’altro, i nuovi proprietari “hanno già fatto procedure di ristrutturazione in giro per il mondo per Heinz. “Fortunatamente – conclude il sindacalista – la legge italiana prevede dei tempi di discussione e noi in questo periodo vogliamo capire quale sarà il futuro degli stabilimenti e i piani di investimento per mantenere e rilanciare il marchio Plasmon in Italia”.

I nostri 7 giorni: le foglie autunnali cadono e le notizie piovono

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Le prime foglie autunnali sono già cadute e finalmente si è raddrizzata anche la Concordia. Tra lacrime, applausi e abbracci,è saltato fuori anche un graffito. Tanta commozione per quella che sembrava un’impresa impossibile e che invece, con sudore e determinazione, è stata portata a termine. La dura lotta contro lo scheletro di una nave ferita a morte ad averla vinta, per ora è stata l’intelligenza e la capacità umana. Una vittoria, un traguardo che alcuni hanno paragonato al rinascita dell’Italia… ma è stato immediatamente bacchettato. C’è chi invece la sua lotta la sta combattendo in un letto d’ospedale dopo un tragico incidente e, così, la sua compagna coraggiosamente lancia un messaggio in rete per continuare a sperare che un domani ci possa ancora essere anche per Fabio. Si appella a Ligabue, alla sua musica, alla sua voce affinché possa lanciare un appello per fare uscire dal tunnel quel poliziotto sfortunato che si è trovato al momento sbagliato nel posto sbagliato. E sono molti i politici che al loro posto non vogliono starci, Saccomanni oggi ha posto le sue regole, mentre scriveva già le sue dimissioni. C’è anche chi invece a quella poltrona ci è affezionato da 20 anni e di lasciarla non ha proprio voglia, eppure stavolta sembra che non riesca a salvarlo né l’esercito, né un miracolo. Ma d’altra parte sembra che la crisi ci sia anche per i  fenomeni soprannaturali tanto che c’è chi ha deciso di piombare dal cielo sulla papamobile per cercare di essere assunto come stuntman e trovare un impiego.

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Tutti coloro che pensavano che Francesco Totti potesse essere poi sul viale del tramonto, si sono dovuti ricredere. Il capitano ha firmato il contratto che lo lega alla Roma per altri due anni… i laziali si devono mettere quindi l’anima in pace. In lacrime dopo il derby, si sono solo potuti consolare con chi dopo aver perso una partita importante, si è trovato anche deriso sul web. I biancocelesti almeno hanno perso a testa alta. Niente però è andato come il pronostico sexy aveva auspicato, forse ha ragione chi festeggia solo dopo il gol… prima è sempre rischioso mettersi a nudo! Ma è pericoloso anche chiamare per nome un giocatore… si finisce espulsi, per colpa di un ortaggio. Il pericolo è ovunque dalla chiesa in Pakistan al centro commerciale in Kenya, così come le ombre che si estendono dalla Sapienza fino al “Concorsone”.  Come diceva Nietsche “Se guardi dentro il buio per troppo tempo, il buio ti guarda dentro”  è necessario quindi illuminare il tunnel anche quando l’uscita non è vicina, senza farsi ingoiare dall’inquinamento o dalle radiazioni che sembrano prospettare un futuro tragico, quasi la realizzazione di quella “fine del mondo” che i Maya avevano previsto. Cosa c’è di meglio di un pensiero positivo che ci possa traghettare fuori dalle nebbie che ogni giorno tentano di tarparci le ali?

GOOD NIGHT, AND GOOD LUCK!

Ombre lunghe… ovvero il concorsone della scuola!

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Le lunghe ombre sul concorsone della scuola! In Italia la disoccupazione è alle stelle, ma non è certo questo fenomeno a far sorgere le ombre sul concorsone per la scuola. Quelle sono ombre che vengono dal lontano, dai tramonti della prima repubblica e forse ancora da tempi più ancestrali. La meritocrazia conta? A volte! Altre tutto viene avvolto dalla nebbia. Così come racconta una delle candidate al Concorso per  l’assunzione di docenti a tempo indeterminato, bandito dal ministero dell’Istruzione,   al Fatto Quotidiano. La docente si chiama Roberta Zezza e questa è la sua storia:

“ Dopo le prove pre-selettive ho sostenuto lo scritto a febbraio, a fine giugno ho verificato l’esito e non ero nell’elenco degli ammessi agli orali”. Roberta, convinta di aver sostenuto un’ottima prova, vuole vederci chiaro. “Dopo la richiesta di accesso agli atti senza risposta, decido di presentarmi all’ufficio scolastico regionale per scoprire che avevo ottenuto 36 su 40, la sufficienza era 28”. Insomma promossa, ma nei fatti bocciata. Ora il suo sogno di diventare docente è in mano ai giudici come racconta il suo avvocato Michele Bonetti: “ Non c’è solo la mia assistita, i casi sono una novantina. Ho presentato ricorso al Tar per sostenere una prova suppletiva con nuova commissione. E’ pronto anche un esposto alla procura della Repubblica presso il tribunale di Roma per valutare se vi siano estremi di reato quali l’abuso d’ufficio”. Ilfattoquotidiano.it ha contattato il Ministero. Sul caso specifico non ha fornito risposta, lo farà nelle sedi opportune. Sul concorso docenti, la ministra Maria Chiara Carrozza ha annunciato una operazione trasparenza. Nei prossimi giorni saranno forniti numeri e dettagli chiarendo anche i rallentamenti verificatisi in due regioni: Toscana e Lazio. Per Roberta e le altre, invece, si attendere il giudizio della magistratura.

E la storia continua!

900 curricula per 3 posti: tutte vogliono lavorare da Benetton

commesse-benetton-tuttacronacaAll’interno del centro commerciale “La Fattoria”, a Rovigo, sta per alzare le serrande il nuovo negozio Benetton. Fra tutti i preparativi, forse l’impresa più ardua è l’assunzione delle tre commesse: sono 900 i curricula pervenuti. Maria Luisa Manuali, assistente del titolare Corrado Frigeri e con lui impegnata nelle selezioni, spiega: “Ci sono arrivati 900 curriculum una situazione davvero drammatica perché tantissime erano preparate e adatte, un po’ di tutte le età, alcune ancora studentesse, altre che hanno dei grossi problemi alle spalle, ad esempio il padre disoccupato o in cassa integrazione e l’onere di badare al sostentamento della famiglia”.

Laura Boldrini in visita all’Università di Foggia: flash mob e striscioni di protesta

flashmob-foggia-boldrini-tuttacronacaIl presidente della Camera Laura Boldrini è arrivata a Foggia in occasione dell’inaugurazione del Polo Bio-Medico e del dipartimento degli Studi Umanistici dell’università cittadina. Ad accoglierla, flash mob e striscioni affissi nelle vicinanze dell’Università di Foggia e all’ingresso del CUS di via Napoli. Sullo striscione preparato da militanti di Forza Nuova, Nuovo Ordine Nazionale e Lotta studentesca, la scritta: “La Boldrini pensa agli immigrati, ma i foggiani muoiono disoccupati”. I movimenti, riguardo l’inaugurazione, dicono: “Una bella notizia, seppur alla vigilia di due campagne elettorali, quella comunale e della regione Puglia, dove il Rettore Volpe si è autocandidato alla guida della città, e dove Vendola, suo concittadino di Terlizzi, dopo averlo messo di sana pianta a Foggia, ne sarà il suo sponsor naturale”. Da parte loro “dissentono dal tono adulatorio e servile di tutta la politica foggiana” e rincarano la dose “è la vecchia tattica democristiana di fare quattro anni di danni per mano della sanità pugliese, con scandali, sperpero di denaro pubblico, lista di attese annuali per esami di vitale importanza, aumenti dei ticket, e decine di disservizi, salvo poi gli ultimi mesi tagliare nastri con tanta bella gente che batte le mani, ma non è di questo che vogliamo parlare, perlomeno non ora”. Ecco quello che interessa loro: “Ognuno ha le sue priorità, le nostre sono quelle degli Italiani, delle famiglie italiane e quelle dei giovani una volta precari, ora solo disoccupati, quelle della Boldrini, è solo e comunque quella degli immigrati, altro non esiste, ed anche in occasione di inaugurazioni di un polo universitario, s’inventa un percorso tortuoso per ignorare i problemi italiani, ed ancor di più foggiani; La Boldrini rappresenta un autogol clamoroso per le istituzioni italiane, ed è comunque libera di dare le priorità che meglio crede. Noi dal canto nostro siamo altrettanto liberi di contestarne le scelte, in quanto lo stipendio del presidente della Camera è anche pagato con i nostri soldi, quelli degli italiani”

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In 3 anni persi quasi 1 milione di posti di lavoro per gli under 35

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La ripresa ci sarà, il lavoro è ancora un’incognita, ma la disoccupazione è una certezza. Si sono persi in tre anni quasi 1 milione di posti di lavoro in Italia per gli under 35. I dati come sempre non lasciano molto spazio al dibattito: dal 2010 al 2013 si è passati da 6,3 a 5,3 milioni di occupati nella fascia d’età  25 e i 34 anni.

L’imbuto davanti al quale si è trovata la generazione dei ”giovani adulti” è dovuto in parte alla stretta sull’accesso alla pensione (riforma Fornero) che ha tenuto al lavoro i più anziani (il tasso di occupazione nella fascia tra i 55 e i 64 anni è passato nel triennio considerato dal 36,6% al 42,1%), in parte alla crisi economica e al generale calo dell’occupazione nelle imprese private insieme al blocco del turn over nella pubblica amministrazione che di fatto ha ridotto al lumicino le assunzioni nel pubblico. Il tasso di occupazione è calato soprattutto tra i giovani uomini del Sud (dal 60,5% al 51% con quasi 10 punti) mentre per gli uomini del Nord il calo si è limitato a 5 punti (dall’86,6% all’81,4%).

Inflazione in salita e forse l’aumento dell’Iva si avvicina.

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Sale l’inflazione, facendo registrare su base mensile nel mese di agosto un +0,4%, mentre resta stabile il tasso su base annua all’1,2%, l’Istat quindi è costretto a rivedere in lieve rialzo la stima provvisoria che dava un tasso all’1,1%.

In un quadro più generale, con la disoccupazione che non tende a calare e con la minaccia dell’aumento Iva nel mese di ottobre, sembra sia l’ennesima pedina che va a gravare sulle tasche dei consumatori.

Dura la reazione del Codacons: «In pratica nonostante l’ulteriore crollo della domanda dovuto al periodo di ferie ed il rallentamento dei prezzi dei carburanti (benzina -2,1%, gasolio -2,8% su base annua), che hanno ricominciato ad impennarsi solo per il controesodo di agosto, ossia dopo il 21 del mese, ultima data di rilevazione dell’Istat, l’inflazione non scende. Una dimostrazione del fatto che in Italia non c’è concorrenza e che il Governo dovrebbe combattere gli oligopoli e fare le liberalizzazioni… Inoltre le famiglie devono confrontarsi con l’aumento del carrello della spesa che è rincarato dell’1,7%, ben al di sopra dell’indice generale».

Il governo è alla frutta e la recessione è finita

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Il governo, nonostante l’ottimismo di Letta, soffre. Sembra che il pasto si sia concluso e sulla tavola siano rimaste solo le briciole delle “larghe intese”. In un clima teso per la Giunta di Palazzo Madama chiamata  a decidere sulla decadenza di Silvio Berlusconi, si apprende la buona notizia che la recessione è finita nel terzo trimestre.

Lo afferma il Centro studi di Confindustria (Csc), che nelle previsioni colloca l’interruzione della caduta del Pil nel terzo trimestre di quest’anno e il ritorno a variazioni positive nel quarto (+0,3%). L’economia italiana è arrivata “al punto di svolta”, anche se la ripresa sarà “lenta”. E probabilmente, come già annunciato mesi fa, senza un sostanziale aumento del lavoro. Ancora in calo l’occupazione che nel quarto trimestre del 2013 toccherà “un nuovo punto di minimo” dall’inizio della crisi, con un milione e 805 mila posti di lavoro (indicati come Ula, Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno) in meno rispetto a fine 2007 (-7,2%). La domanda di lavoro ritornerà a crescere “da primavera 2014”. “L’emergenza del mercato del lavoro fatica a rientrare spontaneamente – spiega il Centro studi di Confindustria -, data la lentezza della ripresa”, perciò sono “urgenti provvedimenti sia per innalzare la crescita sostenibile del Paese sia per aumentare l’occupabilità delle persone”. Il tasso di disoccupazione è previsto in leggera frenata, al 12,1% nel 2013 e al 12,3% nel 2014 (dalle precedenti previsioni 12,2% e 12,6%), rimanendo “sostanzialmente fermo ai massimi già raggiunti”.

Migliorano le previsioni sul Pil: le stime diffuse indicano una contrazione dell’1,6% per il 2013 (contro il -1,9% delle previsioni di giugno) ed una crescita dello 0,7% per il 2014 (dal precedente +0,5%). Il centro studi di Confindustria lancia anche un segnale alla politica: “sulla strada della ripresa persistono infatti rischi, interni e internazionali, e ostacoli. Cruciale – aggiunge – è la stabilità politica”.

Secondo le previsioni di Confindustria, la pressione fiscale raggiungerà nel 2013 il valore record del 44,5% del Pil (dal 44% del 2012) e rimarrà molto alta anche nel 2014 (si attesterà al 44,2%). La pressione effettiva, escluso il sommerso, toccherà invece il 53,5% quest’anno e il 53,2% nel 2014.
Per il Centro studi di Confindustria, “deve essere prioritario nella prossima legge di stabilità ridurre l’eccessivo carico fiscale che grava sul lavoro e sull’impresa agendo sul cuneo fiscale e contributivo”. L’associazione degli industriali sottolinea inoltre come “l’azione di un Paese, che deve mantenere i conti pubblici in equilibrio e viene da più di un decennio di decrescita, non può non essere convintamente rivolta ad accrescere la propria competitività”.
E’ una buona notizia? Forse è solo l’ennesimo annuncio che lascerà l’amaro in bocca fra qualche mese? Si può gioire per una ripresa lenta e senza lavoro?

I nostri 7 giorni: le visioni opposte sulla vita e sul mondo

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Pace o guerra. Ricchi o poveri. Lavoratori o pensionati. Realtà o finzione. Sembra che la settimana si srotolata via tra dibattiti e contrapposizioni. A partire dalla questione siriana, che ha catalizzato l’attenzione mediatica tra documenti che vorrebbero spingere l’opinione pubblica a propondere per l’attacco e appelli, preghiere e digiuni a favore della pace. Ne hanno discusso anche i Grandi della terra, senza però dimenticare che altri discorsi sono rimasti in sospeso, come la situazione dei nostri due marò, tuttora in India. Ma schieramenti continuano ad essercene anche in Italia, e chissà se non si sposteranno oltrefrontiera: decadenza o no per Berlusconi? Se ne continua a parlare, domani inizierà la discussione e nel frattempo i suoi legali hanno fatto approdare il caso a Strasburgo. La legge Severino viola l’art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo? Quello che è certo è che mentre in molti si preoccupano delle sorti di un singolo, altrove un singolo ha scatenato le ire di molti. E’ il caso di Marisela Federici, “la signora più chic dei salotti romani” che con le sue dichiarazioni sul preferire organizzare una festa piuttosto che andare dallo psichiatra ha infiammato la rete. Ignorando il fatto che la crisi si ripercuote sul lavoro, ha anche invitato le persone ad “andare a lavorare”. In molti, troppi, vorrebbero avere questa possibilità che dovrebbe essere un diritto basilare, altri però hanno il problema opposto: dopo una vita da lavoratore, come uscirne? Perchè in tanti chiedono anche di poter godersi la meritata pensione dopo una vita di fatica, possibilmente in una condizione di dignità. Ci sono ancora tante domande, tante incertezze al riguardo e le nuove possibilità che vengono paventate parlano tutte di idee e di un qualche futuro che in molti vorrebbero già arrivato.

doppia-visione-tuttacronacaA volte gli opposti, però, riescono a trovare un punto d’incontro, un equilibrio che non solo li fa coesistere, ma anche raggiungere obiettivi che non sembravano raggiungibili. E’ il caso di Sacro GRA, il film che ha vinto il Leone d’Oro alla Mostra del cinema di Venezia appena conclusasi. Il Lido è tornato a ruggire in italiano grazie al regista Rosi che è riuscito a girare un documentario con una tecnica documentaristica tale da immergerci nella realtà e farci pensare all’epoca d’oro del Neorealismo. Un ottimo segnale per il nostro cinema di cui si parla sempre di una possibile rinascita ma che continua ad arrancare nel già visto, già detto, già fatto troppo spesso composto di volgarità e che pesca a piene mani dalla tv per colmare un vuoto d’idee… e di casse! Ovviamente se tutti assieme possiamo festeggiare un successo, c’è chi deve fare il suo assolo e criticare anche la presa diretta della realtà, e anche in questo caso non sono mancate le critiche. Del resto la nostra cultura troppo spesso passa in secondo piano, complice una politica forse più impegnata a guardare altrove. Ma realtà e finzione sono anche quelle dichiarazioni fatte per distogliere lo sguardo, per negare notizie già trapelate. Familiari e fan sono stati in apprensione per le condizioni di salute di Raoul Bova mentre il suo portavoce negava un ventilato ricovero, salvo dopo dover scontrarsi con l’evidenza: l’attore avrebbe avuto un piccolo problema di salute ma, e questo è quello che conta, sta bene. Forse non abbiamo ancora imparato che le bugie vengono a galla, sempre e comunque. A volte a riemergere sono invece villaggi rimasti sommersi a seguito di un terremoto. E’ accaduto in Cina e le immagini non potevano non colmarci di stupore. Altre volte, invece, l’inaspettato si nasconde sotto strati di vernice e stucco, rimuovendo i quali torna alla luce una stanza-moschea. A cosa ci fa pensare questo? Che anche noi, immergendoci nella nostra essenza, possiamo scoprire tesori dimenticati, doti che ignoravamo e anche quel coraggio (a volte misto a un po’ d’incoscienza) per affrontare la vita, le sue difficoltà… e a volte anche “nemici” che sembrano molto più potenti di noi. A volte, non resta che partire, spiccando un balzo…

GOOD NIGHT, AND GOOD LUCK!

Letta al G20: tra ansia per i marò… e vino italiano

letta-cameron-obama-tuttacronacaIl vertice di San Pietroburgo ha come obiettivo principale individuare il modo per rilanciare la crescita dell’economia mondiale, focalizzandosi anche sul fare in modo che produca nuovi posti di lavoro. Ma il caso Siria rischia di far passare in secondo piano questo punto primario. Ma il G20 è anche un’occasione per parlare con altri leader, come dimostra la foto pubblicata sulla pagina Twitter di Palazzo Chigi, che mosta Enrico Letta in compagnia di Barack Obama e David Cameron. Ma anche il premier italiano trova il tempo per cinguettare e non manca di far sapere che ha “parlato con il pm Singh (il primo ministro indiano, ndr.) della nostra ansia x soluzione rapida e giusta per i nostri due marò”.letta-twitter1-tuttacronacaMa il Premier, immediatamente dopo, ha anche voluto deliziare i suoi followers con un particolare della cena: letta-twitter2-tuttacronaca

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