Cancro ai testicoli aumenta il rischio con l’abbronzatura

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Ci sono probabilità maggiori negli uomini di venire colpiti dal cancro ai testicoli se c’è  il “gene dell’abbronzatura”, presente in otto uomini bianchi su dieci.

La scoperta è frutto di uno studio congiunto dei ricercatori del National Institutes of Health (Nih) e dell’Università di Oxford e questo potrebbe spiegare perché questa tipologia di cancro è più frequente negli uomini di discendenza europea piuttosto che negli africani.

“Le variazioni dei geni si verificano naturalmente, ha spiegato Douglas Bell, coordinatore dello studio, e possono essere comuni in una popolazione se portano a un beneficio di salute. Sembra che questa particolare variante aiuti a proteggere le persone dalla pelle chiara dai danni cutanei dei raggi Uv, come scottature o cancro, stimolando il processo di abbronzatura, ma permette anche alle cellule staminali testicolari di crescere in presenza di danni al dna”.

  

La carne rossa fa male… ma c’è a chi fa ancora più male!

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La scoperta  presentata al meeting annuale della American Society of Human Genetics 2013 in corso a Boston aveva già posto il problema della carne rossa e della frequenza con cui tale prodotto può essere mangiato per evitare che possa causare, se assunto in grandi quantità il rischio del cancro al colon e al retto. Ci sarebbe secondo, quanto hanno evidenziato i ricercatori, un gene, presente in una persona su tre, che aumenta il rischio di cancro in presenza di grandi quantitativi di carne rossa.  Sono stati presi in esame 9.287 pazienti con il tumore e 9117 soggetti sani per studiare 2,7 milioni di sequenze genetiche del Dna. Hanno così visto che nei soggetti portatori di una certa mutazione il rischio tumore associato al consumo di carne è molto più elevato: si tratta della mutazione ‘rs4143094’ in una regione del cromosoma 10 che include anche il gene GATA3, già noto per essere collegato a vari tipi di cancro.

Uno studio poi condotto da Jane Figueiredo dell’Università della California Meridionale, ha messo in evidenza  anche un secondo gene che, al contrario, riduce il rischio di tumore se gli individui portatori consumano tanta frutta e verdura.

In particolare il rischio aumenta se si fa un largo consumo di carni lavorate come le salsicce.

Secondo gli scienziati queste scoperte mostrano come con la genomica si può arrivare a ”prescrivere” delle diete personalizzate per ridurre il più possibile il rischi di certe malattie.

100 anni assicurati da un solo gene! Ma la pensione poi chi l’assicura?

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Basta solo un gene modificato per allungare la vita (ai topi per il momento) del 20%. Questo, in futuro, anche prossimo, potrebbe significare che gli uomini potrebbero arrivare tranquillamente a 100 anni. La ricerca è stata effettuata da un gruppo di scienziati americani dell’Istituto nazionale per la Salute che ha pubblicato un articolo sulla rivista Cell Reports. Il gene, chiamato ‘mTOR’ e modificato da alcuni ricercatori americani, ha allungato la vita ai topi.

Pro e contro?

Si è visto che modificando il gene si è ottimizzato  il coordinamento e la memoria, ma si è anche deteriorato più velocemente il tessuto osseo e si è verificato un forte abbassamento delle difese immunitarie. Il rischio è quello di avere degli anziani che hanno una perfetta memoria, ma sono affetti da una osteoporosi che gli impedisce di muoversi liberamente. Tuttavia questi risultati potrebbero aiutare le terapie guida per le malattie legate all’invecchiamento su specifici organi bersaglio, come l’Alzheimer.

Sembrerebbe che allo studio ora ci sia un altro gene, che in pratica funziona come un orologio, che serve a regolare e rendere omogeneo l’avanzamento dell’età in tutto le parti del corpo.

Il governo sarà costretto a rivedere la riforma delle pensioni a fronte di questa scoperta?

L’ultimo studio sull’obesità!

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In America l’obesità è una piaga sociale, tanto da veder coinvolta la First Lady nella lotta per un’alimentazione sana e biologica. Sul problema, negli anni, si è detto di tutto e il contrario di tutto, come spesso avviene quando non esiste una soluzione unica, ma un dover trovare una specifica risposta a diversi tipi di obesità.    Secondo una ricerca effettuata da un gruppo di nutrizionisti dell’Università dell’Alabama (Usa), e pubblicato sul New England Journal of Medicine, in materia di obesità sono in circolazione molte convinzioni infondate. Appoggiandosi su un’analisi della letteratura scientifica, Krista Casazza e i suoi collaboratori hanno identificato miti, credenze e fatti provati.

I falsi miti sono stati individuati soprattutto la vecchia convinzione che valgono di più piccole perdite di peso progressive piuttosto che un dimagrimento rapido e importante. Un altro mito che sta crollando è quello dell’effetto protettore contro l’obesità dato dall’allattamento materno: 6mila bambini sono stati seguiti per 6 anni, e non è emersa nessuna prova. Infine, è miseramente caduto il mito che un atto sessuale permetta di bruciare da 100 a 300 calorie: i ricercatori hanno scoperto che l’energia dispersa è di circa 14 calorie per un atto sessuale, la cui durata media è di solito 6 minuti, e consuma quanto una camminata di uguale durata.

Non è neanche vero che saltare la prima colazione protegge dall’obesità. Mal riposta anche la fiducia che possa aiutare mangiare più frutta e verdura: la situazione rimane invariata se non si cambiano le altre abitudini alimentari. Infondata anche l’idea sui rischi del cosiddetto effetto yo-yo, cioè che dimagrimenti e ingrassamenti alternati aumentino la mortalità. Ugualmente falso che fare continui spuntini favorisca l’obesità, perché essa dipende non dalle tante volte in cui si mangia, ma da ciò che si mangia. Altro mito da sfatare è che l’esercizio fisico non fa necessariamente perdere peso, però mantiene la buona salute, perciò è raccomandabile.

L‘obesità dipende in gran parte dal profilo genetico, però abitudini alimentari di frugalità servono a controllarla. Se delle strategie alimentari hanno dimostrato una certa efficacia, è importante persistere: la perdita di peso viene mantenuta. Per i bambini in sovrappeso, ha una grande efficacia il coinvolgimento della famiglia e dei genitori. Infine, per pazienti obesi scelti con giudizio, la chirurgia dell’obesità permette una perdita di peso a lungo termine e offre una riduzione del rischio di diabete e della mortalità.

Non è che lo studio mira a far guadagnare soldi ai chirurghi a danno di un regime di vita salutare?

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