Il video dell’impatto del meteorite di 400 Kg con la Luna

meteorite-luna-tuttacronacaE’ stato l’astronomo spagnolo Jose Maria Madiedo a individuare il meteorite che ha provocato il più grande schianto avvenuto sulla superficie lunare. Lo studioso dell’università di Huelva ha descritto l’impatto sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Il bagliore prodotto dall’impatto sul suolo lunare è durato otto secondi ed è stato luminoso quasi quanto la stella polare. La Società di Astronomia britannica ritiene che l’impatto dovrebbe essere stato visibile ad occhio nudo dalla Terra. Secondo i calcoli, l’asteroide aveva un peso di circa 400 chilogrammi e un diametro compreso tra 60 centimetri e 1,40 metri. Avrebbe colpito la Luna a oltre 60 mila chilometri all’ora, vaporizzandosi al momento dello schianto e scavando un cratere di 40 metri di diametro. La collisione è avvenuta l’11 settembre del 2013 nel Mare delle Nubi ed è stata catturata da due telescopi nel Sud della Spagna nell’ambito del progetto di monitoraggio della superficie lunare Midas.  Spiega Madiedo: “Continueremo a osservare la Luna. In questo modo ci aspettiamo di identificare asteroidi minacciosi anche per la Terra”. Gianluca Masi, astrofisico responsabile del Virtual Telescope e curatore scientifico del Planetario di Roma, ne ha parlato come di un avvistamento “molto importante”. Ha quindi aggiunto: “I crateri lunari ci raccontano che la Luna dall’alba dei tempi è colpita dagli asteroidi. Ma è molto raro registrare questi impatti perchè bisogna trovarsi ad osservare specificamente la regione colpita”. Ancora Masi ha spiegato che osservare questi eventi sulla Luna aiuta a comprendere meglio il rischio che oggetti simili e più grandi colpiscono la Terra. Secondo Madiedo e il suo gruppo, asteroidi del diametro di circa un metro possono colpire il nostro pianeta dieci volte più spesso rispetto alle stime precedenti. Fortunatamente l’atmosfera terrestre ci protegge dai ‘sassì cosmici di queste dimensioni, disintegrandoli e dando origine solo a spettacolari meteore.

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Morire per troppo sesso! Prima la “maratona”, poi il decesso!

animale-muore-sesso-tuttacronacaIl sesso può uccidere. In particolar modo quanto per procreare sono necessarie intense ed estenuanti sessioni di accoppiamento che durano tra le 12 e le 14 ore. E’ quanto succede, stando a quanto riportano degli studiosi australiani nella rivista Zootaxa, a una nuova specie di marsupiali, dall’aspetto simile a quello di un topo, i cui esemplari muoino dopo aver copulato in maniera frenetica. Questa particolare specie, Antechinus dalla coda nera, di un colore tendente all’arancione, si caratterizza per la lunga coda e le zampe di color nero. Gli esemplari maschi, letteralmente, muoiono per eccesso di sesso prima di compiere un anno di vita. Come spiega il Dr. Andrew Baker, dell’Università di Tecnologia del Queensland, “Quando raggiungono gli 11 mesi tutti i machi muoiono”. Il periodo della riproduzione avviene tra l’autunno e l’inverno australe e dura appena qualche settimana. Dopo di che, la morte per stress sessuale. Tra gli esemplari maschili di questa specie vige una forte competizione, che porta gli animali ad aggredirsi tra di loro. I ricercatori hanno spiegato che lo stress per assicurare il proseguimento della specie tramite la procreazione provoca infezioni, emorragie interne, disintegrazione dei tessuti del corpo e, infine, la morte. Per di più, anche il loro sistema immunitario risulta debilitato perchè, a causa delle lungeh sessioni di sesso, non si alimentano. Qualora questi animali, incredibilmente, riescano a sopravvivere a una simile maratona sessuale, spiegano ancora gli studiosi, diventano sterili. Ancora non è noto quanti siano gli esemplari di questa specie, che si crede viva unicamente nelle zone alte e umide del Parco Nazionale di Springbrook, vicino alla zona montagnosa della regione della Gold Coast.

“Mi piace pensare alla musica…

musica-tuttacronaca… come a una scienza delle emozioni”

-George Gershwin- (da The Composer in the Machine Age)

Ma quanti anni ha il Grand Canyon? Scontro tra gli scienziati!

grand-canyon-tuttacronacaCome mai scienziati, geologi e archeologi polemizzano tra loro? L’oggetto di discussione è l’età del Grand Canyon e la polemica è tornata a riaccendersi dopo che un recente studio americano ha sostenuto che la formazione abbia solo 5-6 milioni di anni, con un paio di aree molto più antiche, forse risalenti all’età dei dinosauri. A sostenere la tesi, illustrata nel rapporto per ‘Nature Geoscience’, è stato Karl Karlstrom dell’università del New Mexico. “Il canyon di oggi è giovane anche se ha ‘usato’ vecchi segmenti”. Ma alla fine del 2012, una ricerca apparsa sulla prestigiosa rivista ‘Science’ aveva attribuito al Grand Canyon ben 70 milioni di anni. Ovviamente questi altri studiosi si mantengono sulla loro posizione: “Dovremo capire come mai tanta discrepanza di risultati”, ha osservato secca l’autrice Rebecca Flowers dell’università del Colorado. Per dare un età al Canyon, gli esperti utilizzano una metodologia chiamata ‘termocronologia’, con cui studiano la temperatura delle rocce al presente, tentando di risalire a quella del passato.

Ira e malumore… possono essere curati con un’aspirina?

aspirina-tuttacronacaE’ uno studio della Chicago University, pubblicato sulla rivista Jama Psychiatry, a suggerire l’ipotesi che rabbia e malumore siano curabili con un’aspirina. L’ipotesi dalla quale i ricercatori sono partiti è che chi ha spesso momenti di forte rabbia soffra di una risposta infiammatoria eccessiva da parte dell’organismo, che porta alla produzione di un gran numero di citochine, sostanze che fanno lavorare di più il sistema immunitario. Le citochine, tuttavia, possono rimanere nel sangue anche dopo il momento di rabbia e malumore, cronicizzando così la situazione. Come spiega il Messaggero gli studiosi, muovendo da questi assunti verificati in altri studi, hanno esaminato 70 persone affette dal cosiddetto disturbo esplosivo intermittente, una condizione per la quale si fatica a resistere agli impulsi aggressivi e si hanno spesso momenti di irascibilità. La loro scoperta è stata che queste persone avevano livelli molto più alti di citochine nel sangue rispetto a coloro che invece non soffrivano di esplosioni di rabbia. Quello che hanno evidenziato gli scienziati è che è stata osservata una correlazione diretta tra processi infiamamtori e aggressività. Per questo l’aspirina, uno dei più noti antinfiammatori, è stata ritenuta in grado non tanto di rendere più calmi, ma di frenare i momenti di forte ira.

La Supernova era esplosa 27 anni fa. Ora, la polvere di stelle

supernova-esplosione-tuttacronacaE’ Matteo Marini, su Repubblica a parlarci di quello che è rimasto a seguito dell’esplosione della Supernova 1987A, che venne osservata nel febbraio di 27 anni fa. Ora, spiega Marini, “gli astronomi dell’European southern observatory hanno puntato il telescopio Alma (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), verso il luogo dove avvenne il gigantesco “botto” che mise fine alla vita di questa stella, distante da noi 168mila anni luce. Nel 1986 il bagliore che arrivò dalla violenta morte di questo astro, situato nella nube di Magellano, una galassia satellite della Via Lattea, fu visibile per diversi giorni anche a occhio nudo. Ora gli astronomi la studiano, a diverse lunghezze d’onda (i dati di Alma sono quelli evidenziati in rosso), per capire quanta polvere si formerà dopo l’esplosione. Le osservazioni sulla Supernova 1987A, nei due anni che seguirono l’evento, mostrarono una quantità di polvere ad alte temperature (milioni di gradi) piuttosto bassa. Grazie alla elevata sensibilità di Alma è invece possibile rilevare le tracce di polvere molto più fredda (che qui risultano pari, come massa, a un quarto del nostro Sole). SN 1987 rappresenta un’occasione unica perché ci sono diverse “candidate” Supernovae abbastanza vicine a noi ma non è possibile prevedere tra quanto quanto tempo esploderanno. Calcolare come avviene la dispersione della polvere a così breve distanza temporale dall’esplosione permetterà di comprendere meglio anche la dinamica della formazione delle galassie nel neonato Universo”.

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Una donna su 200 è incinta… e non sa come sia successo!

madre-vergine-tuttacronacaQualche giorno fa, il quotidiano britannico Independent ha riportato uno studio condotto dal British Medical Journal che spiega come una madre ogni duecento sostiene di essere rimasta incinta senza avere avuto rapporti sessuali (al netto dei casi in cui si è fatto ricorso a strumenti di fecondazione assistita o in vitro o ci si è avvalsi di pratiche mediche artificiali finalizzate al concepimento). Lo studio è stato condotto dai ricercatori della North Carolina at Chapel Hill University su un campione di 7.870 donne americane di età compresa fra i 15 e i 28 anni. E non si tratta di un richiamo al Natale e alla maternità della Vergine Maria. Come riporta l’Huffington Post:

La ricerca, che prende il nome da uno degli storici successi della pop star Madonna (Like a virgin “mother”), infatti fa notare come vi siano alcune caratteristiche ad accomunare le 45 mamme che non hanno saputo spiegare in termini biologici le motivazioni della gravidanza. Il 31 per cento delle donne intervistate ha fatto voto di castità legato a una promessa di tipo religioso. Fra esse, il 15 per cento, pur non dichiarandosi vergine, assicura di aver mantenuto fede all’impegno dell’astinenza. Indagando un po’ più a fondo, si scopre che la maggior parte delle mamme vergini non ha mai affrontato l’argomento “sesso” in famiglia e conosce poco – e male – i rimedi contraccettivi. Dato provato anche dai risultati dei questionari fatti compilare ai genitori delle neomamme che, nel 28 per cento dei casi, sostengono di non aver dato alcun tipo di indicazione o di educazione sessuale alle proprie figlie. La scienza, come spesso accade, riesce ad arrivare ovunque. Anche dove si ferma l’ignoranza.

Per combattere gelosie e tradimenti… tante coccole e tenerezza: lo dice la scienza!

amore-eterno-tuttacronacaFar diminuire le infedeltà maschili? E’ possibile, almeno stando alla scienza. Per sconfiggere la paura del tradimento, infatti, basta “somministrare” l’ormone della tenerezza di coppia, l’ormone della fedeltà maschile, l’ossitocina. Si può farlo in modo naturale, grazie a frequenti carezze e coccole. Ma non guasterebbe se ci fossero congegni facili come spray nasali per dosarlo a lui su richiesta di lei. Basta poco, per scacciare quel demone che getta nella paura. E’ quanto rilevato da una ricerca dell’università di Bonn e rilanciato nel web e su carta a livello mondiale dalla National academy of sciences americana basta poco a spegnere il desiderio di lui verso le altre. La tenerezza e l’intimità, infatti, spegne nell’uomo la tentazione di cercarle altrove. L’università di Bonn si è “facilitata” le cose affidando a quaranta maschi eterosessuali dosi di spray nasale cariche dell’ormone ossitocina. E quanto è stato segnalato è che l’ossitocina spinge imaschi, se accoppiati, alla fedeltà e al desiderio verso la partner e all’indifferenza verso “l’altra”, l’eterna rivale.

Sottolinea Repubblica:

Forse, se la ricerca fosse stata condotta secoli addietro, la Storia dell’umanità si sarebbe risparmiata le conseguenze di grandi infedeltà. Sissi d’Austria, la splendida e amata imperatrice del regno dell’aquila bicipite, se non fosse stata sistematicamente tradita da Francesco Giuseppe non avrebbe amato, a quanto si dice, l’affascinante conte Andrassy, leader del Risorgimento ungherese. O Lady Diana, se Camilla non avesse messo il suo zampino nel difficile Royal Wedding di allora, non sarebbe precipitata nella disperazione e nella tragica morte. E che dire della bellissima, aristocratica Jacqueline Kennedy o di Veronica Lario? L’ossitocina può diventare la panacea della fedeltà, insistono i ricercatori di Bonn. Val la pena di ascoltarli, ne va della felicità quotidiana di molti di noi. Se i maschi hanno una dose superiore alla media di ossitocina nel loro cervello cresce in loro la voglia di tenerezza.

L’uomo non è nato sulla Terra: c’è chi ne ha “le prove”

alieni_tuttacronacaLo scorso agosto, in occasione della conferenza mondiale di geochimica “Goldschmidt 2013″, il professor Steven Benner del “The Westheimer Insitute for Science and Technology” (Usa) ha spiegato com’era giunto alla conclusione, dopo aver studiato la presenza del molibdeno ossidato ritenuto su Marte, che “La vita sulla Terra è arrivata da Marte, quindi noi siamo marziani”. Ora Ellis Silver ha presentato il suo libro, “Gli uomini non vengono dalla Terra”, dove, pur non facendo riferimento al Pianeta Rosso, dichiara che l’essere umano non è nato su questo pianeta. A differenza di Benner, tuttavia, le sue bizzarre teorie non godono di prove scientifiche e lo stesso autore, esponendo tutte le teorie più bizzarre sull’origine dell’umanità, chiarisce subito di voler solo animare un dibattito. Secondo Silver, a dimostrare la sua tesi è il fatto che l’uomo non è adatto a vivere su questo pianeta per diversi motivi, tra i quali fattori fisici e genetici. Per ritrovare la nostra origine, dunque, dovremmo tornare all’epoca in cui una civiltà aliena giunse sulla Terra, incrociandosi poi con l’uomo di Neanderthal. Ma quali sono le prove proposte? L’autore parla delle problematiche fisiche: non possiamo stare al Sole per un tempo indeterminato o rischiamo una scottatura, senza dimenticare che nessun essere umano può dire di stare in salute al 100%, proprio a causa dei tanti malanni che ci affliggono. Lo stesso mal di schiena confermerebbe la tesi: la civiltà da cui discendiamo abiterebbe infatti un pianeta con una gravità minore. E ancora, non possiamo scordarci delle molte persone che dichiarano di non sentirsi “a casa” nè che le teste dei neonati sarebbero eccessivamente grandi, causando i dolori del parto. Tutte queste, per Silver sarebbero prove utili e se non altro il suo libro c’insegna che ognuno può presentare la sua opinione.

Una fiammata al tramonto: gli ultimi istanti del GOCE

goce-fine-tuttacronacaHa tenuto tutto il mondo con il fiato sospeso il satellite GOCE, che nel suo viaggio di ritorno alla Terra minacciava di cadere su un centro abitato.  Anche l’Italia, si era detto, rischiava di essere colpita da un frammento. Invece il satellite dell’Esa ha scelto l’estremo sud del pianeta e l’ha trovato chi era pronto a immortalare i suoi ultimi istanti. Bill Chater, che abita nelle isole Falkland,ha scattato l’immagine che sta facendo il giro del mondo e che è stata dichiarata dall’Agenzia spaziale europea compatibile, per posizione e orario, con il rientro di Goce. Eccolo quindi, il satellite, che somiglia a una meteora mentre brucia entrando nell’atmosfera terrestre. Il suo viaggio è finito così: con una fiammata e una scia di luce.

Saturno, come non l’avete mai visto

o-SATURNO-tuttacronacaE’ il pianeta più affascinante del Sistema Solare e questa foto pubblicata dalla NASA lo dimostra come nessuna è riuscita a fare fino ad ora. In essa appaiono, minuscoli e insignificanti, anche Venere, Marte e la Terra. In realtà, l’immagine è stata creata con 141 foto scattate dalla sonda Cassini, inviata 15 anni fa nell’orbita di Saturno per cercare di svelarne tutti i suoi segreti. Ma quello che rende davvero unica una simile composizione è che riesce a mostrare il pianeta esattamente come lo vedrebbe un essere umano se si trovasse nella stessa posizione della navicella e, ovviamente, se avesse la sua stessa capacità di visione. Da sottolineare: l’immagine non è stata ritoccata. Oltre a mostrare in dettagli gli anelli di Saturno, nell’immagine appaiono anche settte dei suoi circa 200 satelliti, tanti sono infatti quelli che si ritiene orbitino attorno al pianeta. La foto è stata scattata lo scorso 19 giugno. La scena copre 651,591 km.

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Cessato allarme: il GOCE si è disintegrato con l’atmosfera

goce-tuttacronacaPer due giorni ci ha tenuti con il fiato sospeso ma ora è certo lo “scampato pericolo”: il satellite europeo GOCE si è disintegrato nell’impatto con l’atmosfera, senza provocare danni. Era stata l’impossibilità di prevedere esattamente data e luogo dell’impatto che aveva generato il timore che i frammenti prodotti potessero cadere su zone popolate nonostante, agli occhi degli esperti, questa potesse essere un’eventualità molto remota. Il satellite da una tonnellata è rientrato nell’atmosfera intorno alle 1,00 del mattino, orario attorno al quale aveva smesso di dare segnali. Nonostante le condizioni estreme, gli  strumenti del satellite hanno continuato a funzionare fino all’ultima orbita, registrata dalla stazione di Terra che si trova in Antartide quando Goce si trovava ad una quota inferiore a 120 chilometri. Si trovava quindi molto vicino alla zona critica chiamata Linea di Karman, situata a quota di 100 chilometri, considerata il confine tra l’atmosfera terrestre e lo spazio esterno.

Il GOCE solcherà i nostri cieli, ma niente frammenti sull’Italia

goce-tuttacronacaNuovo aggiornamento dell’Agenzia Spaziale Italiana sul rientro incontrollato del GOCE nel quale si esclude un eventuale impatto dei frammenti del satellite sul territorio italiano. Stando a quanto riportato, il satellite si trova ad un’altitudine di circa 147 km e scende a una velocità di più di 1 km all’ora. Sono in costante aumento le temperature della parte anteriore del veicolo spaziale mentre per quel che riguarda l’orientamento è come dovrebbe essere, con il sistema di controllo dell’assetto che continua a funzionare regolarmente. Heiner Klinkard, responsabile dell’ufficio dell’Esa che si occupa di detriti spaziali, è inutile lasciarsi prendere dal panico ”è 250.000 volte più probabile vincere nella Lotteria tedesca” che essere colpiti da un eventuale detrito del satellite GOCE. La finestra in cui il satellite solcherà i nostri cieli, restano dalle 19.44 alle 20.24 di domenica sui territori di Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria e Sardegna; dalle 7.48 alle 8.28 di lunedì 11 novembre.

Frammenti del satellite GOCE potrebbero piovere sull’Italia del Nord!

goce-tuttacronacaSono gli esperti che stanno monitorando la traiettoria del satellice GOCE, Gravity Field and Steady State Ocean Circulation Explorer, dell’Agenzia Spaziale Europea, a manifestare la preoccupazione che alcuni suoi frammenti possano precipitare sulle regioni del Nord Italia. L’ultimo aggiornamento fornito dall’ASI, Agenzia Spaziale Italiana, parla di una finestra temporale ipotizzata per il rientro del satellite che si apre alle 22 di oggi, sabato 9 novembre, e si chiude alle 13 di lunedì 11. Il GOCE sta comunque mantenendo il controllo del suo assetto pur essendo senza carburante e questo fa rimanere alta l’incertezza sia sul suo comportamento che sulla traiettoria che seguirà. La previsione dell’ESA vede il GOCE disintegrarsi, per la maggior parte, nell’atmosfera mentre solo alcune parti (di cui la più pesante non dovrebbe superare i 95 kg) potrebbero resistere fino all’impatto con la superficie terrestre. Al momento non è possibile escludere la remota possibilità che uno o più frammenti possano cadere sul suolo italiano. Secondo quanto riporta Adnkronos:

Le finestre di interesse per l’Italia sono, per ora, tre: dalle 8.26 alle 9.06 di domenica, 10 novembre, coinvolgendo potenzialmente il Centro-Nord (Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige, Emilia-Romagna, Toscana, Sardegna); dalle 19.44 alle 20.24 sempre di domenica interessando potenzialmente i territori di Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria e Sardegna; dalle 7.48 alle 8.28 di lunedì 11 novembre, periodo per il quale non sono ancora disponibili informazioni poiché sono ancora in corso le elaborazioni delle traiettorie possibili da parte di ASI.

Allarme! Il satellite Goce precipiterà sulla terra entro 48 ore

satellite-goce-tuttacronacaIl conto alla rovescia è iniziato: il satellite dell’Esa, Goce, ha terminato la sua missione e precipiterà a terra entro 48 ore. E se anche per la maggior parte si disintegrerà al contatto con l’atmosfera, potrebbero raggiungere il suolo dei frammenti per un totale di 250 kg. Non si sa però con esattezza dove. Secondo calcoli preliminari, la zona d’impatto sarebbe ampia circa 900 chilometri. L’Inter-Agency Space Debris Coordination Committee, il comitato di coordinamento tra le varie agenzie spaziali, sta cercando di monitorare la caduta del satellite mentre all’interno dell’Esa è lo Space Debris Office a seguirne il comportamento. Goce, costruito con l’apporto di diverse industrie europee ma sotto la guida di Thales Alenia Space Italia e poi integrato a Torino, ha concluso la missione iniziata nel 2009 e ora è in fase di rientro, il primo incontrollato dopo la missione Isee-2.

Sta per caderci un satellite in testa? Protezione civile in allerta!

GOCE_satellite-tuttacronacaLa Protezione civile è in allerta e sta monitorando, assieme tra gli altri anche ad esperti dell’Agenzia spaziale italiana,  la situazione del satellite Goce, (Gravity field and steady state Ocean Circulation Explorer) dell’Agenzia spaziale europea, lanciato il 17 marzo 2009 per produrre una mappa gravitazionale del nostro pianeta. Il problema? Il satellite è “incontrollato” e sta rientrando sulla Terra. Il rientro del Goce dovrebbe fari ritorno sulla Terra tra oggi 3 novembre e il 9 e, come spiega il Mattino di Padova, “con una notevole incertezza legata al fatto che lo stesso satellite, pur essendo senza carburante, non ha ancora perso il controllo del suo assetto. Secondo le informazioni fornite da Asi, inoltre, dal momento in cui questo avverrà, «Goce» impiegherà circa 3 giorni per rientrare sulla Terra, in modo incontrollato, e solo 24 ore prima della sua caduta l’Agenzia spaziale potrà fornire le curve attendibili di un eventuale attraversamento del territorio italiano.” Al momento non è quindi ancora possibile prevedere quando e dove i probabili frammenti del satelline raggiungeranno il suolo. Quello che è noto è che l’area interessata si limiterà sempre di più con il passare del tempo e l’affinamento delle previsioni. L’Agenzia spaziale europea ha previsto che la maggior parte di Goce, che oggi pesa circa 1 tonnellata, è lungo 5 metri e non contiene materiale pericoloso, si disintegrerà nell’atmosfera. Del satellite solo alcune parti minori, la più pesante delle quali non dovrebbe pesare più di 95 kg,  e che solo alcune piccole parti potrebbero resistere fino all’impatto con la superficie terrestre. Sarò proprio l’Esa a rilasciare previsioni periodiche di rientro, aggiornando costantemente sia tutti gli stati membri dell’Unione Europea che le autorità competenti, anche per consentire di informare la popolazione su eventuali pericoli.

Un geko, una rana e una lucertola… come non si erano mai visti prima!

animali-australia-tuttacronacaTre specie di vertebrati che hanno vissuto isolati per milioni d’anni. E’ stata questa la scoperta fatta da alcuni scienziati australiani che hanno esplorato un “mondo perduto” nel nord dell’isola. Sul promontorio di Cape Melville, rilievo alto centinaia di metri e composto di rocce di granito, sono giunti una troupe televisiva di National Geographic e Conrad Hoskin, della James Cook University, che ha spiegato: “La cima di Capo Melville è un mondo perduto . E scoprire queste nuove specie è il lavoro di una vita”. Proprio lo scienziato ha avuto l’opportunità di aggiungere alla classificazione delle specie viventi il geco con una piastra allungata per coda su cui compaiono due occhi finti che è stato ribattezzato Saltuarius eximius (eccezionale in latino). L’animale misura circa otto pollici ed è il superstite di un tempo dove la foresta pluviale copriva una vasta area della pianura australiana. Ma non solo: gli scienziati, il cui lavoro è stato pubblicato su Zootaxa, hanno individuato anche una nuova specie di lucertola e una rana dalla pelle dorata.

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26 agosto 2032: la data della fine del mondo?

asteroid-tuttacronacaE’ Russia Today a dirci che data segnare sul calendario: il 26 agosto 2032. Proprio quel giorno, infatti, potrebbe avvenire la fine del mondo, a causa di un asteroide largo 410 metri che si trova potenzialmente in orbita di collisione con il nostro pianeta. A individuare 2013 TV135, al momento la più grande minaccia per la Terra nel breve termine, sono stati alcuni astronomi ucraici. Stando ai loro pareri, la vicinanza al nostro pianeta circa 1 milione e mezzo di chilometri, non sarebbe sicura e si rischia concretamente l’irrimediabile impatto. L’asteroide si muove anche molto velocemente e secondo una stima, se continuasse a preseguire nella stessa direzione in cui si trova alla stessa velocità l’impatto con la Terra avverrebbe nel 2032, ma solo nel 2028 si potranno avere informazioni più certe. In caso d’impatto, provocherebbe un’esplosione paragonabile a 50 bombe atomiche. Nonostante le possibilità siano molto basse, una su 63.000 secondo la “scala Torino” che misura la pericolosità di questi corpi celesti, gli scienziati hanno inserito questo oggetto spaziale nella lista degli asteroidi pericolosi. Il portale russo spiega che 2013 TV135 è stato scoperto nella costellazione delle Giraffe dall’Osservatorio della Crimea, in Ucraina, da Gennady Borisov.

Assegnato il Premio Nobel per la Chimica a Karplus, Levitt e Warshel

Nobel-Chimica-tuttacronacaDopo i Nobel per la Medicina e per la Fisica, l’Accademia reale svedese delle scienze ha assegnato oggi il Premio Nobel per la Chimica 2013 a Martin Karplus, Michael Levitt e Arieh Warshel per i loro studi “sullo sviluppo di modelli multiscala per i sistemi chimici complessi”. I tre studiosi hanno posto le basi per i programmi usati oggi in tutto il mondo per comprendere e prevedere i processi chimici. Tali modelli, realizzati al computer, rappresentano per la chimica una risosrsa fondamentale per quanto concerne la ricerca, soprattutto negli ultimi anni. Essi permettono infatti di osservare al rallentatore le reazioni chimiche, prevedendo anche la loro evoluzione. In precedenza, e per lungo tempo, la mappatura di ogni singolo passaggio di un processo chimico ha rappresentato un’operazione impossibile da realizzare. Questo perchè le reazioni chimiche si verificano ad altissima velocità, che gli elettroni che in pochi millisecondi si spostano da un nucleo atomico all’altro.

Higgs ed Englert vincono il Premio Nobel per la Fisica

nobel-fisica-tuttacronacaAssegnato a Stoccolma il Premio Nobel per la Fisica 2013: il riconoscimento ha premiato Peter Higgs e Francois Englert per la scoperta del Bosone di Higgs. Entrambi gli studiosi, il primo dell’università di Edimburg, il secondo della Libera Università di Bruxelles, hanno previsto l’esistenza della particella grazie alla quale esiste la massa. Nelle motivazioni si legge che il Nobel è stato assegnato loro “per la scoperta teorica di un meccanismo che contribuisce alla nostra comprensione dell’origine della massa delle particelle subatomiche e che di recente è stato confermato attraverso la scoperta della particella fondamentale predetta dagli esperimenti Atlas e Cms al Cern”. Era il 1964 quando entrambi, in modo indipendente, hanno proposto questa teoria, alla quale Englert aveva lavorato assieme al defunto Robert Brout. Nel 2012 le loro idee sono state confermate dalla scoperta del cosiddetto bosone di Higgs nel laboratorio del Cern di Ginevra, in Svizzera. La loro teoria è al centro del modello standard, la teoria fisica che si occupa di descrivere il funzionamento dell’universo e secondo la quale ogni cosa è fatta con gli stessi mattoncini: le particelle di materia, a loro volta governate da forze che fanno sì che tutto funzioni.

Licheni e tumore. La scienza finisce nel mirino: inesattezze e bufale

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Oggi il web si riempie di quelle annoverate ormai sotto il nome di “bufala”. Spesso tale epiteto viene gettato in rete con la stessa facilità con cui circolano le vere notizie errate. Sembra quasi che ci sia una “guerra virtuale” tra coloro che mettono sul web notizie pseudo-scientifiche e coloro che prontamente le smentiscono. Ma se da una parte è vero che la divulgazione di alcune notizie a volte si basa su elementi non scientifici o errati, è anche vero che alcuni invece vogliono smentire a tutti i costi notizie che potrebbero essere scomode o sconvenienti e non si soffermano a leggere neppure la discussione nata intorno a determinate tematiche.

Ma forse la colpa non è dell’open access o, meglio, possiamo dire che la responsabilità di alcune divulgazioni non sia solo attribuibile alla possibilità di accesso gratuito alle informazioni, ma piuttosto bisogna verificare come mai sia in atto questa vera e propria “guerra virtuale” tra i presunti autori di bufale e i presunti “puri” antibufale. Se è vero infatti che una bufala può portare lucro e “notorietà” a chi la mette in circolo, non avviene lo stesso per chi sconfessa anche senza vagliare i dati spesso discordanti sull’argomento?

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Non è questo il caso però della bufala scientifica fatta emergere da La Repubblica, che invece sembrerebbe essere stata postata e ripostata anche su autorevoli giornali specializzati e in realtà si basa su uno studio scientifico privo di fondamento, secondo quanto riportato dal quotidiano.

Un autentico Far West fra le riviste accademico-scientifiche online cosiddette open access. I cui contenuti sono cioè disponibili più o meno gratuitamente al pubblico, specializzato o meno. Una situazione in mano al lucro, fatta di tante ombre e pochissime sicurezze, portata alla luce da un’inchiesta basata su uno studio scientifico del tutto privo di fondamento. A firmare sia l’inchiesta che l’operazione sotto copertura, il collaboratore di Science e biologo molecolare John Bohannon. La finta ricerca, dedicata al presunto effetto di alcune molecole estratte dai licheni sulle cellule tumorali, è stata volontariamente costellata di errori elementari. Tanto che qualsiasi recensore “con non più di una conoscenza in chimica da scuola superiore e l’abilità di capire lo sviluppo dei dati” avrebbe dovuto cestinarla in un batter d’occhio. Peccato non sia andata così: negli ultimi otto mesi, fra gennaio e agosto, ben 157 riviste online su 304 hanno accettato di pubblicare la clamorosa bufala scientifica. Spesso senza richiedere alcuna modifica al misterioso autore. La ricerca fittizia architettata dal cronista del magazine è stata infatti respinta da soli 98 comitati scientifici mentre devono ancora rispondere all’appello 49 testate. Di queste, 29 sembrano abbandonate a sé stesse e la restante ventina ha fatto sapere al giornalista di essere ancora in fase di valutazione.

L’inchiesta, pubblicata su Science, non ha lasciato nulla al caso. Bohannon ha realizzato versioni superficialmente diverse dello stesso paper  –  così si chiamano i documenti scientifici che vengono sottoposti all’approvazione delle riviste specializzate  –  pur tenendo fermi i contenuti, le conclusioni e i dati. “Il paper  –  spiega nel suo lungo servizio  –  ha preso questa struttura: la molecola X estratta dalle specie Y di licheni inibisce la crescita delle cellule tumorali Z. Per sostituire queste variabili ho creato un database di molecole, licheni e cellule cancerogene e ho scritto un programma per computer al fine di generare documenti diversi fra loro. A parte queste differenze, il contenuto scientifico di ogni paper è identico”. Il documento contiene in particolare un paio di esperimenti segnati da stravaganti inesattezze: uno è pieno di errori, l’altro, in teoria dedicato ad approfondire come l’uso di quelle molecole renda più sensibili le cellule alla radioterapia, perfino privo di conclusioni. Fra l’altro, Bohannon ha curato nel dettaglio ogni aspetto dell’operazione, visto che ha inoltrato le centinaia di proposte di pubblicazione, al ritmo di una decina a settimana, sotto falsa identità. Ha ideato infatti un ricercatore africano di fantasia, battezzato  Ocorrafoo M. L. Cobange, in forze all’altrettanto fantomatico Wassee Institute of Medicine. Come se non bastasse ha curato anche l’aspetto linguistico, dando al documento  –  grazie a una serie di risciacqui su Google Translate  –  un tono grammaticalmente corretto ma che desse l’idea di un autore non madrelingua inglese. Insomma: c’erano tutti i segnali per sbugiardarlo a una prima e perfino parziale lettura della sua proposta.

Quanto ai destinatari, sono finite nel mirino riviste formalmente dedicate alle scienze farmaceutiche o alla biologia, alla medicina generale e alla chimica. Nomi come European Journal of Chemistry o Journal of International Medical Research. Testate all’apparenza affidabili e spesso legate, a scorrere la catena di controllo, a titanici gruppi industriali come Elsevier,  il più grande editore mondiale in ambito medico, Sage o Wolters Kluwer. E invece spesso contraddistinte da board scientifici piuttosto oscuri, sedi misteriose e magari localizzate nei Paesi del Terzo mondo. Un terzo addirittura in India, che sembra il vero motore di questo genere di business della bufala, o almeno dell’imprecisione. Uffici e persone con cui è difficile entrare in contatto. Se non, questo il dato che accomuna il settore, nel caso del pagamento della tassa di pubblicazione. Quando una ricerca viene ritenuta affidabile e ne viene dunque deliberata la pubblicazione, il ricercatore è infatti tenuto a pagare un obolo che, nel caso di Bohannon, oscilla fra i 150 e i 3100 dollari. D’altronde è il modello finanziario sul quale si regge la Babele della scienza open access: “Dalle umili e idealistiche origini, circa un decennio fa, le riviste scientifiche open access si sono trasformate in un’industria globale, sorretta dalle tasse di pubblicazione richieste agli autori piuttosto che dai tradizionali abbonamenti  –  ha scritto Bohannon  –  molte di queste sono torbide. L’identità e la residenza dei direttori e dei revisori, così come i finanziamenti dei loro editori, sono spesso appositamente oscurati”. In sostanza, mentre le riviste scientifiche tradizionali si affidano a salati e spesso inaccessibili abbonamenti, quelle a libera consultazione vivono di questo scivoloso meccanismo. Che conduce a una facile equazione: più pubblicazioni uguale più guadagni.

“Se fossero finite nel mirino le classiche riviste in abbonamento  –  ha detto David Ross, biologo dell’università della Pennsylvania che più di un anno fa ha dato a Bohannon lo spunto per l’indagine  –  credo fortemente che si sarebbero ottenuti gli stessi risultati. Ma senz’altro l’open access ha moltiplicato questa sottoclasse di riviste e il numero delle ricerche che pubblicano. Tutti pensiamo che la consultazione libera sia un’ottima cosa, la questione è come arrivarci davvero”. Risultati sconfortanti, dunque, dal test: per il 60 per cento dei paper sottoposti al giudizio delle varie riviste non sembra esserci stata infatti alcuna revisione collettiva. In caso di rigetto la notizia può essere magari letta positivamente, ma nei tanti via libera collezionati  –  la regola, non l’eccezione  –  significa davvero che nessuno ha neanche letto lo sconclusionato documento. Anche quando qualche modifica è stata richiesta, ha raccontato il biologo, si è trattato spesso di spicciole questioni di formattazione, modifiche testuali, allungamento dell’abstract o di fornire qualche immagine in più. Appena 36 comitati hanno mosso obiezioni sulla sostanza scientifica della ricerca firmata dal professor Ocorrafoo Cobange.

Il bambino di 2 anni che “partorisce” il suo fratello gemello

bambino-partorisce-gemello-tuttacronacaXiao Feng, bambino di due anni di Haxi, in Cina, è stato sottoposto a un intervento per “partorire”: i medici hanno infatti diagnosticato che il piccolo era “incinto”. Il bambino era stato portato in ospedale perchè la sua pancia continuava a crescere e l’estremo gonfiore dello stomaco gli impediva perfino di respirare. Sottopostolo a radiografie e risonanze magnetiche, i sanitari hanno scoperto che dentro lo stomaco di Feng si stava sviluppando il feto del gemello del bimbo, che è subito stato portato in sala operatoria. Il gemello misurava 20 centimetri di lunghezza e aveva arti, mani e piedi già formati e occupava i 2/3 dello stomaco del “fratello maggiore”. Se un ovulo si spezza in due dopo la fecondazione, nasceranno dei gemelli identici, ma se lo stesso ovulo non riesce a completare la divisione, nasceranno gemelli siamesi o foetus-in-foetu. Il dr. Jonathan Fanaroff, neonatologo al Rainbow Babies and Children’s Hospital di Cleveland, USA, ha spiegato che alcuni gemelli siamesi possono sopravvivere come ‘parassiti’, ma non quando un gemello assorbe l’altro.

Da Hollywood alla scienza: il primo polimero in grado di rigenerarsi

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Terminator era capace di autorigenerarsi e così un team di scienziati spagnoli  dell‘IK4-CIDETEC Research Centre, prendendo spunto da Hollywood, ha messo a punto un polimero capace di operare lo stesso processo. Il polimero, che si chiamerà proprio Terminator, è in grado di effettuare – nel 97% dei casi in sole 2 ore – una reazione di metatesi (cioè doppio scambio) di disolfuri aromatici attivati naturalmente a temperatura ambiente e quindi rigenerarsi. Il nuovo materiale potrebbe quindi essere utilizzato in futuro per migliorare alcune componenti delle auto, dei componenti elettrici e di ogni tipo di plastica soggetta a usura o a rottura.

Bocciato il metodo Stamina, il comitato nega consistenza scientifica

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Il metodo Stamina messo a punto dal presidente della Stamina Foundation, Davide Vannoni, non convince gli esperti nominati del ministero della Salute che lo hanno bocciato. Il comitato scientifico ha infatti consegnato parere negativo sul procedimento medico che utilizza cellule staminali. Il metodo per gli esperti non avrebbe consistenza scientifica. Il parere del comitato non è comunque vincolante, ma è uno strumento di approfondimento scientifico che viene messo a disposizione del ministro della Salute. Ora il rapporto sarà vagliato dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. La Stamina foundation, che si attendeva un esito simile, ha già annunciato un ricorso al Tar contro il parere del Comitato che ha da sempre giudicato “di parte” perché composto anche di esperti “che già si erano espressi chiaramente contro il metodo Stamina”. “Il ricorso – annuncia Vannoni – era già pronto prima di conoscere la decisione del comitato, perché eravamo già convinti che i membri fossero fortemente prevenuti. Ora aspettiamo di conoscere le motivazioni di questa loro scelta, fermo restando che il Parlamento ha stabilito che la sperimentazione si deve fare, e ha già stanziato 3 milioni di euro. Non credo che il comitato possa bloccarla”.

Lo scienziato che fotografa l’anima al momento della morte

anima_che_lascia_il_corpo-tuttacronacaLo scienziato russo Konstantin Korotkov, direttore del Research Institute of Physical Culture di San Pietroburgo, avrebbe catturato l’esatto momento in cui l’anima lascia il corpo. L’impresa sarebbe stata resa possibile fotografando una persona con un dispositivo bioelettrografico nel momento esatto in cui è deceduta. Il metodo utilizzato è la tecnica Kirlian, usato da oltre 300 medici nel mondo e adottato dal Ministero della Salute russo come forma di monitoraggio per malattie come il cancro. Korotkov l’ha perfezionato con tecnica GDV (Gas Discharge Visualization), applicandolo su una persona in punto di morte. Secondo lo scienziato, l’alone azzurro che appare nell’immagine a sinistra rappresenterebbe l’istante in cui l’anima sta abbandonando il corpo. Subito dopo la morte, l’alone vira diventando rosso. Lo stesso, ritiene che l’ombelico e la testa siano le parti che per prime perdono la loro forza, ossia l’anima, mentre l’inguine ed il cuore sarebbero le aree che vengono abbandonate per ultime. Oltre a questo, ha affermato che le immagini che è riuscito ad ottenere dimostrerebbero come l’anima faccia più volte ritorno al corpo, in particolar modo in caso di morte violenta o improvvisa. Secondo lo scienziato, è come se manifestasse uno stato confusionale e ritornasse nel corpo nei giorni seguenti al decesso. Il fenomeno potrebbe dipendere dall’energia non utilizzata che è contenuta nell’anima. In caso di morte improvvisa e innaturale, infatti, l’anima che è rappresentata dalle onde elettromagnetiche fosforescenti, resta a lungo vicino al corpo, come se non riuscisse ad accettare l’improvvisa separazione. Ma come potrebbe essere impiegata tale tecnica? Korotkov suggerisce come possibili utilizzi il monitoraggio di tutti i tipi di squilibri biofisici, le diagnosi in tempo reale e il capire se una persona possiede poteri psichici o meno.

La cicogna che finisce in carcere: scambiata per una spia!

cicogna-imprigionata-egitto-tuttacronacaUna “spia” francese caduta in mano agli egiziani a Qena, a circa 450 km dal Cairo e finita dietro le sbarre? L’idea era quella. Solo che la presunta “spia” era atipica: una cicogna con un dispositivo elettronico nell’ala. Il mistero però è stato presto svelato: il dispositivo non era altro se non un piccolo microcip utilizzato da scienziati transalpini per condurre uno studio sulla fauna selvatica.

Siamo tutti marziani! La spiegazione all’origine della vita sulla Terra

marte_origine-vita-marziani-tuttacronacaSi sta svolgendo a Firenze a conferenza mondiale di geochimica “Goldschmidt 2013” e qui, alla presenza di 4mila scienziati, il professor Steven Benner del “The Westheimer Insitute for Science and Technology” (Usa) ha presentato il frutto del lavoro del suo gruppo di ricerca. Analizzando la presenza del molibdeno ossidato ritenuto presente su marte, la conclusione di Benner è stata che “La vita sulla Terra è arrivata da Marte, quindi noi siamo marziani”. Il professore ha spiegato: “Questo elemento quando viene ossidato è in grado di influenzare la nascita delle prime forme di vita”. Attualmente, la scienza non è ancora riuscita a spiegare il balzo compiuto dai materiali inorganici verso l’organico e le forme biologiche, ovvero la nascita della vita sulla Terra. Secondo Benner, quando la vita sul nostro pianeta è apparsa, con le prime tracce di poco superiori a tre miliardi di anni fa, l’ambiente era povero di ossigeno e quindi non poteva favorire il processo legato alla presenza del molibdeno favorendone l’ossidazione. Condizione che era invece presente sul pianeta rosso. I ricercatori hanno spiegato che ci sono alcuni elementi che dimostrano la propensione dei materiali organici a diventare sostanze catramose. In particolare, il boro e il molibdeno. Perciò si ritiene siano determinanti nell’innescare evoluzioni biologiche. Il boro era stato rinvenuto in una meteorite marziana e Benner, che non convidivide la presenza dell’acqua come ambiente ideale alla vita, aggiunge: “E riteniamo che ci sia anche il molibdeno”. Del resto l’acqua, sostiene lo studioso, è corrosiva dell’RNA, ossia delle prime molecole genetiche apparse sulla Terra. Senza considerare che comunque l’acqua presente su Marte era in quantità minore rispetto il nostro pianeta. Per di più, il boro è stato trovato in luoghi secchi e desertici come la Valle della Morte. Lo studio di Benner, e la conclusione che ne ha tratto, apre quindi un’altra via per le indagini del mistero su come sia nata sulla Terra e, se esiste come sembra probabile, altrove.

Io lo penso, tu lo fai: l’esperimento che “connette” due cervelli!

brain-to-brain-tuttacronacaE’ un esperimento senza precedenti quello realizzato da Andrea Stocco, italiano classe 76, ora alla Washington University con il suo collega Rajesh Rao: ha collegato due cervelli umani tramite pc, dopo di che una delle due persone, con il pensiero, è riuscita a comandata il movimento delle dita dell’altra. Come Stocco ha spiegato all’Ansa: “È la prima volta che due cervelli umani sono collegati direttamente tramite un’interfaccia – spiega all’Ansa – e in modo non invasivo, senza sostanziale rischio”. Ma come funziona l’esperimento? Due soggetti si trovano in due stanze di due diversi edifici. Il primo osserva un videogioco in cui si devono distruggere astronavi pirata premendo il tasto ‘spazio’ con la mano destra. Però manca la tastiera, quindi il soggetto può solo immaginare di giocare: quando pensa di muovere la mano per premere il tasto le sue onde cerebrali vengono registrate da un apparecchio per l’elettroencefalogramma (EEG) e decodificate da un pc. A questo punto, il computer invia un messaggio a un secondo pc che controlla una macchina per la stimolazione magnetica trascranica (TMS) posizionata sulla testa del secondo soggetto. La TMS è un apparecchio che stimola il cervello in modo indolore. In questo caso la Tms va a stimolare l’area neurale che controlla la mano destra. Quando la stimolazione arriva, la mano del secondo soggetto si alza e preme il tasto ‘spazio’ sulla tastiera. Spiega Stocco: “La comunicazione dal primo al secondo soggetto è praticamente istantanea e il primo può usare il cervello del secondo per controllare la tastiera. In questo esperimento pilota io ero attaccato alla TMS, mentre il mio collega Rajesh Rao era attaccato all’EEG. Quindi, Rajesh pensava di muovere il dito per premere il tasto e controllava la mia mano”. E sottolinea: “L’esperimento dimostra che la trasmissione di informazioni da un cervello a un altro è tecnicamente possibile”. Questo esperimento permette di aprire una nuova frontiera. A livello teorico, infatti, potrebbe essere possibile per una persona ‘controllare’ il corpo di un’altra in situazioni dove questa non sa cosa fare, come, ad esempio, un chirurgo potrebbe mandare impulsi al cervello di una persona presente sulla scena di un incidente riuscendo così a operare a distanza. Oltre a questo, se si conoscesse come le informazioni vengono rappresentate nella corteccia cerebrale, sarebbe possibile trasmettere conoscenza tra due cervelli senza la necessità di usare il linguaggio. Conclude Stocco: “Ora cercheremo di trasmettere informazioni più complesse, di natura non motoria ma percettiva e sensoriale”.

Paziente sottoposta a intervento a Padova: al posto dell’anestesia, l’ipnosi!

intervento-ipnosi-padova-tuttacronacaE’ l’ipnosi la nuova frontiera della sala operatoria. Utopia? No, realtà! A Padova si è già provato ad effettuare un intervento utilizzando questa tecnica al posto dell’anestesia e dell’evento, destinato a far scuola, si parlerà sul numero di settembre della rivista “Anaesthesia”, firmato da chi, durante quell’intervento, l’ipnosi l’ha indotta: Enrico Facco, docente di Anestesia e rianimazione del Dipartimento di neuroscienze dell’Università di Padova. Il caso è quello di un intervento, della durata di mezz’ora, è stato eseguito su una paziente affetta da tumore alla pelle alla coscia destra, a cui è stata praticata un’incisione rimuovendo il tessuto adiposo sotto il tumore stesso, ma preservando la fascia profonda. L’ipnosi si era resa necessaria in quanto la paziente, una 42enne, presentava diverse allergie a sostanze chimiche e reazioni allergiche anche all’anestesia locale. Il professor Facco ha spiegato: “Alla paziente è stato rimosso un tumore alla coscia destra con la sola ipnosi come anestesia-. L’ipnosi è stata indotta facendo chiudere gli occhi e contemporaneamente suggerendo verbalmente la realizzazione di uno stato di rilassamento e senso di benessere”. Prima della sala operatoria, la donna si è sottoposta a due sedute, durante le quali il docente ha testato il grado di ipnotizzabilità della donna; in sala operatoria Facco ha detto poche parole alla paziente che “dopo l’operazione, si è alzata ed è uscita con le proprie gambe”. A confermare che la donna non ha percepito dolore ci sono anche i parametri vitali, pressori e cardiaci, rimasti perfettamente stabili. Riguardo la nuova frontiera, Facco commneta: “Una frontiera nuova, ma anche vecchia come il mondo. L’ipnosi è una tecnica che può essere applicabile in diversi campi: per curare gli attacchi di panico, fobie, altri disturbi. C’è chi ha la fobia del dentista, e non riesce nemmeno a entrare in clinica: l’ipnosi è adatta anche in quei casi, perché oltre ad avere una funzione analgesica (e senza analgesico), poi aiuta il paziente a superare il suo problema, la sua fobia”. Come funziona quindi? “Il dolore è un fenomeno funzionale molto complesso: ci hanno insegnato che in un danno periferico, per esempio una ferita, il neurone lo segnala al cervello e noi sentiamo male. Non è così” spiega il docente. “Non dobbiamo pensare sia come un filo che unisce le parti, ma piuttosto un circuito integrato molto complesso, possiamo paragonarlo a un sofisticato pc, una serie di strutture celebrali che possono portare il dolore a dismisura, oppure attenuarlo. Pensiamo agli atti di eroismo, ai soldati al fronte, che con una gamba rotta riescono ancora a combattere: qui il dolore è attenuato. È accentuato invece nell’esempio della più riprovevole azione umana, la tortura. L’ipnosi, come l’agopuntura, non fa altro che modulare il dolore attraverso le aree celebrali inconsce”.

SCOPERTO IL PIANETA ROSA!

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Esiste davvero il pianeta rosa, lo ha scoperto la Nasa. La stella Gj 504 G0, come viene chiamato dagli scienziati, si trova a 57 anni luce da noi, ha una temperatura di 237 gradi centigradi e orbita intorno a un altro sistema. Il pianeta rosa scoperto grazie al telescopio Subaru, alle Hawaii, è il pianeta con la massa minore trovato fin’ora nell’orbita di una stella usando questa tecnica. Il pianeta rosa ha una massa quattro volte più grande di quella di Giove e dovrebbe avere più o meno 160 milioni anni. Questo ne fa un pianeta ‘giovane’ e spiega, almeno, in parte il colore magenta.

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Scoperta una molecola per abbronzarsi in sicurezza

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La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatore della Duke University che hanno scoperto la molecola Trpv4 che oltre a creare nuove creme solari che riparerebbero dal sole permettendo un abbronzatura perfetta potrebbe anche trovare nuove applicazioni nella cura contro i tumori della pelle. I risultati sono stati poi pubblicati sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas). Partendo dal presupposto che la “scottatura” è un campanello d’allarme per indurci a toglierci dal sole per non alterare il nostro Dna e quindi non causare malattie della pelle, i ricercatori hanno identificato la causa che governano il “segnale del dolore”: Trpv 4. Attraverso delle cavie a cui era stato tolto geneticamente il gene responsabile della formazione della Trpv4 e altre a cui invece era rimasto attivato è stato possibile ricostruire cosa accade quando ci si sottopone ai raggi ultravioletti di tipo B (Uvb).

Secondo quanto scoperto, questi raggi porterebbero all’attivazione della Trpv4, che quindi permette l’entrata di un gran numero di ioni calcio all’interno della cellula. A loro volta le molecole di calcio portano all’attivazione di un’altra molecola chiamata endotelina che a sua volta, come in un circolo vizioso, stimola la Trpv4 a far entrare altri ioni calcio. “Questi risultati – ha spiegato Martin Steinhoff, uno dei responsabili dello studio – indicano che la Trpv4 debba essere il nuovo obiettivo per prevenire e trattare le scottature solari, e probabilmente le malattie croniche provocate dal Sole, come il cancro della pelle oppure l’invecchiamento della pelle provocato dai raggi. Bisogna fare però ancora molta strada prima che gli inibitori della Trpv4 possano diventare un’arma di difesa solare. Immagino che verranno aggiunti ai tradizionali filtri solari per garantire una migliore protezione”.

Il cibo italiano è andato a ruba tra le stelle! Lo dice Parmitano.

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Luca Parmitano era partito con del cibo italiano. Lassù fra le stelle aveva deciso di mangiare i prodotti della sua terra. Ma in un collegamento in diretta  dalla Stazione Spaziale organizzato nel centro dell’Esa a Frascati (Roma), l’Esrin, l’astronauta ha confessato: ”E’ praticamente finito tutto” e poi ha aggiunto ‘Quando abbiamo finito di trasferire il materiale dalla navetta europea Atv ‘Albert Einstein’ ero responsabile di questa operazione e ho voluto ringraziare l’equipaggio con una cena italiana. Eravamo in sei e ho offerto primo e secondo” e ha poi concluso ”ho ancora una lasagna, magari l’aprirò una domenica per ricordarmi come si pranza in Italia la domenica e poi è rimasto un tiramisù che non credo riuscirò a mangiare perché Karen ha una passione per questo dessert: credo lo darò a lei”. Il cibo italiano è davvero spaziale!

 

Di salto in salto… il capodoglio dà spettacolo nel mare ligure

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Gli spettacolari salti del capodoglio sono stati immortalati a Capo Mele nel mare ligure dai documentaristi di Artescienza durante la campagna Prometeos – IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura), a bordo dell’unità di ricerca dell’associazione Menkab: il respiro del mare. Obiettivo del progetto è lo studio dei canyon e delle montagne sottomarine e il loro effetto sui grandi predatori come balene e delfini… ma oggi a dare spettacolo è stato il capodoglio!

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Crolla una parete di ghiaccio: turisti in balia delle onde

ghiacciaio_monaco_tuttacronaca4Alcuni turisti stavano costeggiando il ghiacciaio Monaco, che fa parte delle isole Svalbard, quando all’improvviso è crollata una parete di ghiaccio. Lo spettacolo, inquietante tanto quando meraviglioso, ha avuto luogo nel Mar Glaciale artico e per le persone non ci sono state conseguenze, dato che le persone si trovavano a distanza di sicurezza dalla costa e il ghiaccio non li ha colpiti. Si sono però ritrovati in balia della forza delle onde.

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I ghiacci del Polo Nord… stanno creando un lago!

polo-nord-tuttacronacaAnno dopo anno, prosegue inesorabilmente il disgelo del Polo Nord: il fenomeno non è nuovo, ma è in costante aumento.  L’esteta 2013 non lascia tregua a questa parte del pianeta con il livello del ghiaccio diminuito come poche volte si è visto. Un video, realizzato dall’Osservatorio Ambientale del Polo Nord degli USA mostra come il Polo Nord si stia trasformando in un lago. Il video è stato creato con una raccolta fotografica di immagini scattate tra il 30 giugno e il 25 Luglio 2013 che mostrano la trasformazione del ghiaccio in acqua. Nel mese di aprile, l’Artico vissuto una dlle più pesanti nevicate degli ultimi anni anni, ma in maggio il calore è aumentato. Anche se per ora il lago è poco profondo, l’acqua è sopra un sottile strato di ghiaccio che continua a diminuire. Alcuni scienziati prevedono che il ghiaccio nell’Artico scomparirà completamente nell’estate del 2020, mentre altri credono che tale situazione si verificherà più tardi, nella seconda metà del secolo.

Interrotta la seconda passeggiata tra le stelle di Parmitano: problemi con il casco

luca_parmitano_problemi-tuttacronacaHa sentito dell’acqua nella parte posteriore del caso spaziale Luca Parmitano, poco più di un’ora dopo essere uscito dalla stazione spaziale internazionale per la sua seconda passeggiata nello spazio. Nonostante la missione dovesse durare sei ore, l’astronauta italiano è rientrato dopo aver parlato con il centro di controllo di Houston, al quale ha spiegato cosa stava accadendo. La sensazione è durata alcuni minuti, dopo di che Houson gli ha suggerito di rientrare per eseguire delle verifiche sull’equipaggiamento. Parmitano stava predisponendo le attrezzature per l’attracco del modulo russo Mlm (Multifunctional Laboratory Module) il cui arrivo è previsto nel giro di qualche mese sulla Iss. L’astronauta  è stato il primo italiano a camminare nello spazio.

Una passeggiata tra le stelle: le foto di Parmitano

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Ci ha abituati alle foto “spaziali” Luca Parmitano e non potevano certo mancare gli autoscatti della sua prima passeggiata nello spazio. L’astronauta, il primo italiano a compiere una simile missione, ha postato in Twitter le più belle immagini della sua sortita tra le stelle.

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L’italiano che passeggia nello spazio: Luca Parmitano è stato il primo!

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E’ andato a fare quattro passi… nello spazio! Luca Parmitano è il primo italiano a compiere una passeggiata spaziale. Questa è la prima delle due passeggiate che compirà l’astronauta italiano in sei mesi di missione a bordo della Stazione Spaziale. All’interno di questa prima passeggiata il momento più emozionante sarà quando l’italiano sarà afferrato dal braccio robotico della Stazione Spaziale. In questo modo Luca Parmitano sarà portato in prossimità dei radiatori termici con primo spostamento della durata di 15 minuti verso il lato sinistro del traliccio della Stazione Spaziale, ed un secondo della durata di 27 minuti, verso il lato destro”.

Come riport il sito dell’Ansa:

Parmitano ha trascorso la vigilia della sua prima passeggiata spaziale ripassando le procedure di uscita e verificando il funzionamento dei sistemi di comunicazione della sua tuta americana, chiamata Emu dalle iniziali di Extravehicular Mobility Unit, sulla quale per la prima volta sarà cucita la bandiera italiana. Poi due ore di ginnastica, cena e riposo.

La preparazione per l’uscita dei due astronauti inizia alle 9.15 ora italiana di oggi, con l’ingresso di Parmitano e Cassisy nella camera di depressurizzazione per respirare ossigeno puro in modo da espellere l’azoto presente nel sangue. Questa operazione serve ad evitare problemi di embolia agli astronauti, visto che la tuta stessa è riempita con ossigeno pressurizzato per evitare un irrigidimento con conseguente difficoltà di movimento.

Le reazioni “violente” dei sostenitori di Vannoni

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Comprensibile l’amarezza di quanti in famiglia devono combattere malattie terribili, ma a volte proprio perché si conosce la sofferenza sarebbe meglio combattere la guerra senza passare dalla parte del torto. il Movimento Vite Sospese, un gruppo nato a sostegno del Metodo Stamina e del suo promotore Davide Vannoni, si difende insultando la rivista Nature che aveva accusato di plagio e falso lo stesso Vannoni.

Come si legge sul Facebook del Movimento Vite Sospese, loro si propongono di:

“svolgere opera di sensibilizzazione presso la popolazione per la capillare diffusione della conoscenza dei problemi inerenti la cura di malattie rare e di stati comatosi e post comatosi mediante l’infusione di cellule mesenchimali adulte secondo il metodo elaborato dal prof. Davide Vannoni.”

Ma nelle ultime ore invece di rispondere in modo sereno alle accuse esibendo una documentazione scientifica, si è scelta la strada della provocazione e  della volgarità, sicuramente dettata dalla rabbia e dal dolore, ma che comunque resta un gesto “impotente” di fronte alle accuse di Nature che invece  sembrano muoversi su basi scientifiche.

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C’è anche un video nel quale Merlino annuncia una doppia manifestazione per il 10 luglio e invita  parlamentari e “professoroni” ad affrontare la sua verità, che “… quando la verità avanza, la menzogna trema. E voi, tremate?”. Chiede in uno sforzo retorico a chi probabilmente lascerà lui e i credenti ancora fiduciosi, alla solitudine di un inutile presidio, inutile inno a una speranza che sembra  già tradita.

IL VIDEO CONTIENE FRASI CHE POTREBBERO OFFENDERE LA SENSIBILITA’ DI ALCUNE PERSONE 

Noi in alcuni articoli avevamo anche sostenuto il movimento Stamina:

Metodo Stamina: governo dà l’ok alla sperimentazione

Sla e i primi test positivi con le staminali

Ma i continui rinvii del protocollo (che ora dovrebbe arrivare entro il 1 agosto) e i toni dei sostenitori uniti alla mancanza di una difesa su base scientifica e non su violenza verbale ci portano a riconsiderare le nostre prime prese di posizione e a formulare i nostri dubbi. Quindi restiamo in attesa di chiarimenti che possano spazzar via ogni ombra da un metodo che, se valido, non ha bisogno di essere sostenuto da volgarità, ma bensì deve potersi sostenere su dati scientifici inattaccabili. Se i primi risultati sono stati positivi, ci possiamo solo rallegrare di una vittoria della medicina sulla malattia,  fermo rimanendo che un progresso deve comunque essere monitorato per un periodo di tempo abbastanza lungo per fugare dubbi di effetti collaterali o di ricadute.

La nuova fine del mondo?

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E’ uno studio della Bbc  che riporta la desertificazione tra due miliardi di anni. Quindi è possibile che la nuova fine del mondo sia solo rinviata, ma non scongiurata. A decretare la scomparsa di ogni forma di vita conosciuta, che verrà rimpiazzata da microbi, sarà l’assenza di anidride carbonica causata dal maggior riscaldamento solare. La stella produce maggior calore man mano che invecchia, così l’acqua evaporerà a ritmi più sostenuti e le reazioni chimiche prodotte ridurranno sembre più l’anidride carbonica. Ma probabilmente per l’epoca avremmo già ampiamente risolto il problema abitando nello spazio… nessun allarmismo!

 

Nature accusa Vannoni, mentre la consegna del protocollo slitta

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Duro attacco della rivista Nature a Stamina.

L’indagine della nota rivista stronca Vannoni. Con un articolo dal titolo che non lascia dubbi «il trial italiano sulle cellule staminali basato su dati fallaci» Nature fa un’indagine approfondita sul metodo che il governo italiano ha finanziato  a maggio scorso impiegando 3 milioni di euro per la sperimentazione clinica della terapia, dopo aver ceduto alle pressioni dei pazienti.

LE ACCUSE:  Le immagini utilizzate nella domanda di brevetto presentata nel 2010 negli Stati Uniti da Davide Vannoni, e rigettata, sono anzitutto duplicati di altri paper. Un’immagine in particolare, quella piu’ importante nella richiesta di brevetto, che raffigura apparentemente due neuroni ottenuti da cellule staminali prelevate dal midollo osseo non e’ originale, ma frutto di un plagio. La figura sarebbe identica a quella di un paper pubblicato nel 2003 da un gruppo di ricercatori russo, coordinato da Elena Schegelskaya, biologa molecolare presso il Kharkov National Medical Universit, che non ha poi avuto seguito. Per Stamina quella immagine dimostrerebbe l’efficacia nel trasformare in neuroni, in sole due ore, le cellule mesenchimiali con acido retinoico sciolto in etanolo ad una concentrazione 20 micromolare. Per gli scienziati russi invece occorrerebbe una concentrazione dieci volte piu’ diluita e almeno tre giorni per trasformare le cellule in neuroni. “In realta’, si parla di neuroni che non sono neuroni”, ha detto Elena Cattaneo, esperta di staminali all’Università di Milano. Nature avrebbe dimostrato, oltre l’invalidità del metodo rigettato dall’ufficio brevetti americano, anche il presunto plagio delle immagini.

Cosa fa Stamina?

In sostanza il metodo, semplificando le varie fasi, non fa altro che estrarre cellule dal midollo osseo del paziente, manipolarle in vitro e iniettarle di nuovo nel paziente.

Chi ha sferrato l’attacco a Stamina?

L’accusa viene da alcuni ricercatori italiani, ed è stata confermata indipendentemente da un’indagine della rivista.

Lo scorso anno, ricorda sempre Nature, l’ufficio brevetti statunitense ha emesso una ‘prebocciatura’ della richiesta, che poteva essere ripresentata con nuovi dati, ma a quanto risulta Vannoni non lo ha mai fatto. “Non sono meravigliato – commenta alla rivista Luca Pani, direttore generale dell’Aifa – sapevo che non esisteva un metodo scientifico codificato”. Una sperimentazione con criteri scientifici del ‘metodo Vannoni’, finanziata con tre milioni di euro di fondi pubblici, doveva partire a luglio, ma ci sono stati dei ritardi dovuti al rifiuto di Vannoni di fornire le proprie metodologie. “Questa sperimentazione – spiega al sito Paolo Bianco dell’università Sapienza di Roma – e’ una perdita di soldi, e dà false speranze a famiglie disperate”.

Il dibattito resta aperto e la tensione sale… intanto slitta la consegna del protocollo e  in mezzo resta la vita delle persone!

L’immortalità? E’ a un passo, parola di Google

immortalità-cervello

Stando a Ray Kurzweil, il numero uno degli ingegneri Google, l’immortalità sarebbe ormai a portata di mano in quanto, come ha spiegato al Global Futures 2045 International Congress di New York, Kurzweil, entro 30 anni sarà possibile ‘caricare’ l’intera mente umana su internet. Bisognerà invece attendere il 2100 per essere in grado di sostituire le parti del corpo che non funzionano più con componenti meccanici, cosa che ci permetterebbe di diventare, in pratica, immortali. “Tra 10 o 20 anni ci saranno enormi trasformazioni nel campo della medicina – ha spiegato  Kurzweil – Analizzando la biologia come un software, gli esseri umani hanno già fatto grandi progressi. Questi saranno mille volte più imponenti per la fine del decennio. E addirittura un milione di volte più imponenti tra 20 anni”.

Metodo Stamina: governo dà l’ok alla sperimentazione

metodo-stamina
Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, l’ha confermato: “Ho firmato il decreto per l’avvio della sperimentazione del metodo ‘Stamina’ che utilizza cellule staminali con il protocollo messo a punto dal medico Davide Vannoni”, spiegando: “Entro il primo luglio via alle cure”. Ha quindi concluso: “Speriamo in risultati positivi”. Dubbioso al riguardo, però, è proprio il dr Vannoni, presidente di Stamina Foundation: “Mi sembra molto strano. Ancora non ci è stato chiesto di consegnare il nostro Protocollo, nè è stata fissata la date del primo incontro” con le istituzioni competenti per la definizione della sperimentazione. “Ci fa piacere – ha affermato Vannoni – che il ministro della Salute abbia firmato il decreto, perché questo è indice della volontà di andare avanti con la sperimentazione, ma mi pare molto strano il fatto che Stamina non sia stata ancora convocata per un incontro”. Come data, del resto, quella del primo luglio “è molto vicina e da parte nostra c’è la piena disponibilità ad incontrarci per capire le caratteristiche che la sperimentazione avrà”. Al momento però, ha aggiunto Vannoni, “non sappiamo nulla: nè quanti pazienti saranno coinvolti, nè quale cell-factory produrrà le cellule staminali, nè su quali patologie verrà avviata la sperimentazione con il nostro metodo”. Ha poi concluso con una precisazione: “Ribadisco comunque che saremo disponibili a fornire il nostro Protocollo di cura solo a determinate condizioni, a partire dal fatto che la produzione delle cellule staminali possa essere fatta dai biologi di Stamina”.

Il nuovo mantello dell’invisibilità… che fa “sparire” gli animali

gatto_invisibile

Il nuovo modello di mantello dell’invisibilità arriva dall’Indocina e non ha nulla a che fare con il comodo indumento indossato da Potter. Si tratta di una piccola scatola formata da sottilissimi pannelli di vetro che deviano i raggi di luce, permettendo così agli oggetti al suo interno di sparire. Gli ideatori, scienziati della Nanyang Technological University di Singapore, hanno girato un video per mostrare l’efficacia della loro invenzione, dentro la quale alcuni animali vengono nascosti.  La spiegazione scientifica è semplice: gli oggetti sono visibili quando la luce rimbalza loro addosso arrivando ai nostri occhi, che elaborano le informazioni. Se le onde luminose non riescono a rimbalzare dall’oggetto, questo diventa essenzialmente invisibile. Da qui l’idea di deviare i raggi di luce. L’invenzione al momento è ancora da perfezionare, visto che riesce a nascondere alla vista gli oggetti solo da alcuni angoli ed è parzialmente visibile. Di positivo ha che è costruita con normali pannelli di vita e non metalli particolari, è poco ingombrante e funziona anche con la luce visibile, non solo con microonde e luce polarizzata. Commenta Sir John Pendry: “E’ un’autentico passo in avanti per la ricerca: controllare la luce è un’idea seria, non è un divertimento degli scienziati”.

Oltre il Bosone di Higgs: il nuovo progetto targato Cern

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E’ stato presentato oggi dal Cern, in cinque volumi, il progetto tecnico per “l’erede” dell’acceleratore di particelle che ha portato alla scoperta del bosone di Higgs. E’ infatti semaforo verde per la costruzione dell’International Linear Collider (Ilc), un acceleratore lineare che avrà il compito di completare e approfondire le scoperte fatte con l’Lhc e, forse, fare i primi passi nel regno della cosiddetta “nuova fisica”. Presentato in Giappone, a Tokyo, in Svizzera, presso il Cern di Ginevra, e negli Stati Uniti, nel Fermilab di Batavia, vicino Chicago, “Il rapporto tecnico è una testimonianza dello sforzo di cooperazione globale che ha portato a progettare una macchina così sofisticata”, ha osservato Pier Oddone, presidente del Comitato Internazionale per i futuri acceleratori (Icfa). Sakue Yamada, direttore di ricerca dell’Ilc, ha poi spiegato che “la scoperta del bosone di Higgs con l’Lhc ha reso ancora più convincente il progetto dell’Ilc, che potrà studiarne le proprietà nel dettaglio”. Per il progetto sono stati coinvolti oltre mille fra ricercatori e ingegneri di oltre 100 università e laboratori di oltre 20 Paesi. Nella macchina scorreranno fasci di particelle contenenti, ciascuno, 20 miliardi di elettroni o positroni concentrati in un’area più sottile di un capello umano, rendendo così possibile produrre innumerevoli collisioni che avverranno al ritmo di 7.000 al secondo all’energia di 500 miliardi di elettronvolt (500 GeV) e produrranno a loro volta nuove particelle. Il tutto all’interno di due acceleratori lineari paralleli, ognuno lungo 31 chilometri, al centro dei quali si scontrano  i fasci di elettroni e positroni a temperature vicine allo zero assoluto.

Il tavolo dell’umanità!

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Il tavolo dell’umanità non è altro che la risposta alla domanda “e se raccontassimo il mondo dai semi?” Esatto, partiamo da dove tutto a origine e proviamo a raccontare la storia dell’umanità! Come aghi, le innumerevoli fialette spuntano dal tavolo e compongono la mappa dei continenti incisa su di esso. il tavolo è stato ideato da un pool di architetti dello studio Nowa, che ha voluto tracciare la “rotta” di un giardino globale con le interconnessioni tra un continente e l’altro, tra una nazione e un’altra. “La storia del giardino ci racconta di movimenti attraverso i continenti e di miracolosi ibridazioni e innesti”, spiegano gli architetti siciliani nella presentazione che ne è stata fatta al Festival del verde e del paesaggio all’Auditorium di Roma. “I viaggi di semi hanno contribuito ad ampliare la varietà e arricchire la bellezza dei nostri paesaggi”. Come spiega poi uno degli autori, Antonio Rizzo, “Il progetto è nato a partire dalle banche di semi che erano state costruite in Norvegia e in America prima dell’eventuale esplosione di una bomba atomica, a tutela della biodiversità, per generare nuovi paesaggi futuribili all’uscita dai bunker. Ogni seme veniva conservato in un cassettino, con la regione geografica di appartenenza. Noi abbiamo preso questo spunto visionario d’epoca, e l’abbiamo contestualizzato, diciamo narrativamente, come nostra riflessione sul significato del paesaggio. Su come l’uomo possa partire per rifondarlo”

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Michael Douglas, il cancro e il sesso orale: è giallo!

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E’ stato colpito tre anni fa da un cancro alla gola l’attore Michael Douglas che, in un’intervista a The Guardian, lo ha dichiarato causato non tanto dagli abusi di alcool e fumo, quanto da una malattia sessualmente trasmissibile: “Senza voler entrare troppo nei dettagli, questo tipo di cancro è causato dall’Hpv (papilloma virus umano), che di fatto è causato dal cunnilingus”. E mentre il giornalista rimaneva interdetto ha specificato: “Sì, è una malattia sessualmente trasmissibile a causare il cancro e se ce l’hai, il cunnilinguo è anche la cura migliore”. Dopo cicli di chiemioterapia e radioterapia, ora la malattia sembra essere stata debellata: “Devo sottopormi a regolari controlli, ora ogni sei mesi – ha precisato – ma da oltre due anni è tutto normale. E questo tipo di cancro, nel 95% dei casi non ritorna”. Douglas quindi ora sta meglio, tanto da esser intervenuto a Cannes per presentare l’ultimo film che ha interpretato, Behind the Candelabra, diretto da Steven Soderbergh, che racconta la tormentata relazione tra Liberace (Douglas), cantante e pianista americano di successo scomparso nel 1987, e il suo giovane tuttofare Scott Thorson (Damon), che finirà col fare causa all’artista per 113 milioni di dollari.

Sembra che il mondo intero abbia drizzato le orecchie alla notiza della causa della malattia dell’attore, che sembrerebbe confermata da alcune ricerche condotte dalla Facoltà di Odontoiatria dell’Università di Malmö (Svezia) e altre pubblicate dal New England Journal of Medicine. I risultati ottenuti suggeriscono infatti una correlazione tra sesso orale e cancro alla gola. Ma oggi la vicenda si è arricchita di un ulteriore passaggio: il portavoce dell’attore ha smentito seccamente, spiegando che l’attore parlava della malattia in generale e non faceva riferimento al suo singolo caso. “Michael non ha detto che la causa del suo cancro era il cunnilingus”, ha precisato Allen Burry, “ha certamente parlato del sesso orale, e il sesso orale è una delle possibili cause di alcuni cancri orali, come i medici nell’articolo hanno evidenziato. Ma non ha affatto dichiarato che era la causa specifica del suo cancro”. Il quotidiano inglese, tuttavia, ha confermato la sua versione diffondendo anche online l’audio dell’intervista all’attore dove lo si può sentire affermare: “Senza andare troppo nello specifico, questo particolare cancro è causato dall’Hpv che deriva dal cunnilingus”. Burry sostiene che “l’attore non ha detto nel corso dell’intervista che quel particolare cancro era causato dal cunnilingus”, ha affermato un portavoce di Guardian News & Media. “Abbiamo postato l’audio e la trascrizione per dimostrare che, invece, l’ha detto”.

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Il cervello è in grado di produrre un valium naturale

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Due ricercatori della Standford University School of Medicine, in California, hanno scoperto che il cervello è capace di autoprodurre una piccola proteina con effetti calmanti. Un “valium” naturale, in pratica. E’ stata la rivista Neuron a pubblicare la scoperta e a rendere così pubblico come questa sia anche riuscita a certificare come tale proteina abbia “lo stesso meccanismo d’azione degli ansiolitici”, le benzodiazepine. Il nome della proteina è Dbi e offre la chiave per nuovi farmaci anti-ansia e anti-epilessia. Le benzodiazepine danno dipendenza e agiscono sul cervello aiutando il neurotrasmettitore Gaba. Quest’ultimo altro non è se non il “calmante” per eccellenza che si lega ai recettori sui neuroni e li calma riducendo la loro attività. Anche la molecola naturale, la Dbi si comporta in questo modo attivandosi nel talamo,  regione ritenuta chiave per gli attacchi epilettici. La scoperta, stando ai ricercatori, può dar l’avvio a un nuovo fronte nella ricerca che potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci antiepilettici e anti-ansia

Le eruzioni solari mandano in tilt le comunicazioni!

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Sono state tre le violente eruzioni solari che si sono susseguite nell’arco di 24h e che hanno provocato blackout temporanei alle comunicazioni. Ad affermarlo è l’Agenzia americana per l’atmosfera e gli oceani (Noaa). La prima eruzione c’è stata lunedì mattina, poi un evento nel tardo pomeriggio di ieri intorno alle 18.05 ora italiana e l’ultimo nella piena notte europea alle 3.17. E’ stato un evento molto potente secondo solo a quello che si era verificato il 9 agosto 2011. I brillamenti di classe X, come è stato classificato anche questo sono tra i più acuti .

Le tre eruzioni di questi giorni sono state accompagnate da espulsioni di massa coronale, un altro tipo di evento che proietta grandi quantità di particelle dalla corona solare nello spazio. Secondo i modelli elaborati dalla Nasa, le particelle espulse con il terzo brillamento si sono allontanate dal Sole ad una velocità record, e potrebbero addirittura raggiungere le ondate di particelle emesse dai due brillamenti precedenti. Queste ondate di particelle solari non erano rivolte verso la Terra. Tuttavia tre satelliti della Nasa (Stereo-B, Messenger e Spitzer) sono sulla traiettoria. I loro team si sono attivati per mettere i satelliti in modalità “sicura”, in modo da proteggere gli strumenti dal flusso di materia proveniente dal Sole.

 

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