Il Papa resta argentino: la notizia del rinnovo del passaporto fa il giro del mondo

papa-carta-identità-tuttacronacaLe autorità di Buenos Aires si sono recate in Vaticano. Missione: il rinnovo dei documenti di papa Francesco, che “vuole viaggiare per il mondo” e farlo come argentino. Da qui la sua richiesta per un nuovo pasaporte e un altrettanto nuovo documento de identidad. A rendere noto il fatto è stato Florencio Randazzo, ministro degli Interni di Buenos Aires, che ha aggiunto: “E’ un nuovo gesto verso il nostro Paese e ci riempie di orgoglio”, ha aggiunto, sottolineando che l’ex arcivescovo non ha chiesto nessun trattamento di favore per la pratica. Il governo ha diffuso immagini dei documenti, dove si leggono, tra l’altro, nome, cognome e la data di scadenza, il 14 febbraio del 2029, dati accompagnati dalla fototessera di Bergoglio, in abito da Papa e nella quale il Pontefice appare con il suo copricapo. Risale infatti al 2011 la normativa argentina che precisa che le foto dei documenti devono avvenire a capo scoperto, contemplando però un’eccezione “per ragioni religiose”. L’annuncio che il Papa “resta argentino” ha diffuso una volta in più l’entusiasmo nel Paese sudamericano, dove la notizia è rimbalzata immediatamente su media e social.  Al di là dei tanti commenti, di certo rimane “l’amore” del Pontefice “verso Buenos Aires, il mio posto”, ha raccontato anni fa lo stesso ex arcivescovo ai giornalisti Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin. E alla domanda su ‘come vede l’Argentina quando è all’estero’, Bergoglio aveva risposto senza tentennare “con molta nostalgia”.

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Papa Francesco batte la giustizia italiana: via il prete pedofilo

papa-francesco-pedofilia-tuttacronacaDon Marco Mangiacasale, sacerdote della diocesi di Como reo di abusi sessuali su 4 ragazze minorenni, è stato condannato nei primi due gradi del processo penale a 3 anni, 5 mesi e 20 giorni di carcere. Ma soprattuto, l’ex parroco e poi economo della parrocchia di San Giuliano, è stato “ridotto allo stato laicale” con una sentenza firmata dal Papa argentino e dal Prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede, monsignor Gerhard Ludwig Mueller, lo scorso 13 dicembre. Del caso ne parlano Marco Ansaldo, Elena Effinito e Giorgio Ragnoli in un’inchiesta di Repubblica che spiega come, nell’era di Francesco, la giustizia vaticana sia arrivata prima di quella italiana a una sentenza definitiva.

Il provvedimento, giunto dopo l’indagine (Investigatio praevia) del delegato all’inchiesta, il reverendo Andrea Stabellini come vicario giudiziale, equivale per un sacerdote al massimo della pena applicabile secondo il diritto canonico. “È come una condanna a morte o un ergastolo”, dice a Repubblica un attento osservatore di cose vaticane. Ed è una misura che in questo caso la Santa Sede ha preso non attraverso un processo tradizionale, con i testimoni e la difesa. Ma, addirittura, scegliendo la via amministrativa, quella più rapida, visto il grado di certezza del Vaticano. La riduzione di don Mangiacasale allo stato laicale è la prima di cui si ha notizia per un sacerdote italiano sotto Francesco. Un altro caso, affrontato lo scorso anno dal Sant’Uffizio, è quello del prete australiano Greg Reynolds. La Congregazione della Dottrina delle Fede lavora intensamente: nel biennio 2011-2012 i preti spogliati da Benedetto XVI del loro ministero sacerdotale sono stati circa 400. Commenta la fonte, senza stupirsi: “Questa è la politica, che in un linguaggio laico potrebbe definirsi giustizialista, introdotta da Ratzinger quando da cardinale guidava il Sant’Uffizio. Prima da prefetto, e poi da pontefice, pur di reprimere il triste fenomeno ha introdotto una legislazione inflessibile, e in alcuni casi non garantista”.

Il Pontefice e il Prefetto Mueller hanno dato a monsignor Coletti, vescovo della diocesi di Como, la facoltà di divulgare la notizia. Cosa che è avvenuta la sera del 30 gennaio davanti alle famiglie coinvolte. “Don Marco Mangiacasale è stato ridotto allo stato laicale, non potrà fare l’educatore nelle scuole cattoliche né partecipare in ogni modo a gruppi o organizzazioni dove siano presenti dei giovani”. Il documento vaticano era già stato sottoscritto da Marco Mangiacasale.

I convenuti hanno apposto la loro controfirma. Sedutisi, hanno pregato il vescovo di rendere nota la decisione. “Secondo noi, è bene divulgare la notizia. Ci sembra giusto che i fedeli di San Giuliano sappiano come si è concluso il procedimento canonico e che esiste una Chiesa pulita, in cui noi crediamo, capace di rendere giustizia. Ci faccia il regalo, monsignore: sabato 15 febbraio, quando lei verrà in visita in parrocchia, lo dica alla comunità”.

Alla fine Coletti ha deciso di mantenere il riserbo anche dopo la polemica Onu-Vaticano sulla pedofilia e nonostante padre Lombardi, portavoce papale, avesse ricordato che la Chiesa affronta la questione “con un’esigenza di trasparenza “.

Il colpo di scena finale, alla vigilia della visita pastorale del vescovo di Como a San Giuliano, è l’improvvisa comunicazione del monsignore di non poter andare adducendo motivi di salute. C’è chi dice che Coletti (il quale contattato da Repubblica attraverso la sua addetta stampa ha preferito non parlare) si sia sentito superato dalla sentenza della Santa Sede. E si possono ricordare le sue parole al momento della condanna di don Marco, quando disse che il sacerdote “ha ammesso i suoi errori e sta seguendo un percorso di riparazione del male commesso”. Forse, dicono in Vaticano, monsignor Coletti “come fa un padre, puntava ancora a recuperare la propria pecorella”. C’è invece chi dice che il vescovo di Como abbia forse agito a oltranza nella difesa di don Marco, contribuendo per anni a insabbiare il caso prima che venisse scoperto grazie a una dichiarazione di una delle ragazze al nuovo parroco di San Giuliano, don Roberto Pandolfi.

Marco Mangiacasale, che in attesa della sentenza definitiva della Cassazione ha già scontato dall’8 marzo al 26 maggio 2012 due mesi di isolamento nel carcere del Bassone, a Como, e ora si trova protetto nella casa della sorella, ha risarcito le famiglie, come ha disposto la giustizia civile. Ora, anche quella vaticana è intervenuta. Non ci sono sconti nell’era della trasparenza di Papa Francesco.

Nel “cerchio magico” di Alemanno anche il prete pedofilo.

don Ruggero Conti-tuttacronaca

La condanna a Don Ruggero Conti è arrivata 3 giorni fa e dai 14 anni e 2 mesi si è passati a una pena ridotta a 1 anno e due mesi per abusi sui minori. Tre casi infatti sono andati prescritti. E già questa sarebbe una vergogna, ma in realtà è solo la punta dell’iceberg. Chi è Don Conti? Nel 2008 è stato consulente per la famiglia e la periferia del sindaco Gianni Alemanno. Quando Don Conti viene arrestato, l’opinione pubblica chiede al sindaco di costituirsi parte civile, ma Alemanno non lo fa. Quando la cittadinanza insorge, Alemanno punta il dito su una dirigente che, secondo lui, non avrebbe presentato in tribunale la carta per costituirsi parte civile. Qui inizia la lenta e dolorosa agonia di Rita Camilli, il cui processo è ancora in corso. Della sua sospensione, la dirigente lo apprende dai giornali. Il suo avvocato  Rossella Lonetti racconta:

“Non solo, ricordo un comunicato dell’Ufficio Stampa del Campidoglio che in quei giorni ha titolato: “Pedofilia: rimosso dirigente”. Sembrava che la dirigente fosse stata rimossa perché colpevole di pedofilia. Nel testo ovviamente la vicenda è spiegata, ma il titolo, in neretto, era davvero inopportuno e brutale”.

La mancata costituzione del Comune deriverebbe da un provvedimento redatto dalla signora Camilli, che a sua volta richiama un parere formale dell’Avvocatura del Comune. L’avvocato Lonetti prosegue: “Camilli non è stata incauta, ha chiesto: come mi devo comportare? Lei non ha competenza in costituzione in giudizio penale, perciò ha seguito le indicazioni degli organi competenti. È anche prudente, e ha conservato la minuta redatta con un avvocato del Comune durante i lavori per redigere la risposta con il “preferiremmo di no””.

Quel provvedimento è stato portato al Sindaco dall’Avvocatura. È il Sindaco che decide se costituirsi parte civile oppure no, non certo la dirigente e in questo caso nemmeno l’Avvocatura. Perché, appunto, la vicenda è grossa, coinvolge un ex parroco e reati gravissimi. Il sindaco ha firmato. Firma e poi rimuove la dirigente? Firma sperando nel silenzio della cittadinanza? Firma e non legge ciò che sta firmando? Sembrerebbe di sì!

Subito dopo la sospensione, l’avvocato Lonetti ha proposto un giudizio d’urgenza per chiedere che Camilli fosse reintegrata. Nel corso di quel giudizio il Comune si è difeso dicendo che il Sindaco non può leggere tutti gli atti che firma.

Il sindaco non legge un atto che arriva dall’Avvocatura del Comune?

Dopo un paio di mesi dalla sospensione, Camilli torna a lavoro. E’ reintegrata ma, in seguito, le viene soppresso l’ufficio per una riorganizzazione generale del Comune. Magari solo una coincidenza…  Per mesi Camilli è rimasta immobile, tanto di optare per il pensionamento, stufa di guardare i muri. La dirigente non ci ha rimesso economicamente, ma il Comune e quindi i cittadini di Roma sicuramente sì. E ora che c’è in corso la causa di risarcimento per danni psicofisici e di immagine, le somme che il comune dovrà sborsare potrebbero essere molto più onerose.

La morale della vicenda raccontata dall’avvocato Lonetti è “mettere alla berlina una persona per avere fatto il proprio dovere, non cercare di rimediare. Nemmeno le scuse, nemmeno un mazzo di fiori. Solo le spine. Se la sono dimenticata”

E intanto sono andati in prescrizione gli abusi sessuali su tre minori… non avranno giustizia perché scaduti i termini! Scadono i termini di una violenza sessuale? Di un dolore così lacerante? Sembra che per la legge scadano.

Quanti indagati ci sono a fine mandato di Alemanno nel suo “cerchio magico”? 41 persone!

Il prete scoperto ad amoreggiare con una 13enne è libero!

Don Giacomo Ruggeri -tuttacronaca-prete-pedofilo

Un sacerdote stimato, portavoce  del vescovo di Fano, giornalista responsabile dell’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi, assistente regionale di Guide e Scout Scolte. Insomma Don Giacomo Ruggeri era davvero un punto di riferimento nella sua diocesi, ma poi nell’estate scorsa è stato trovato sotto un ombrellone di una spiaggia di Fano ad amoreggiare con una tredicenne della sua parrocchia. Scattò la denuncia a cui seguì l’arresto e il sacerdote non provò neppure a difendersi. Poi a dicembre il sacerdote viene rimesso in libertà e nonostante le pesantissime accuse viene reintegrato presso la diocesi di Perugia. La “pena” quindi sembra essere stata solo il trasferimento dalle Marche all’Umbria. L’inchiesta si concluderà il 20 aprile e il pm chiederà il rinvio a giudizio anche perché la testimonianza della tredicenne ha confermato il suo “rapporto privilegiato” con il sacerdote.  Nel frattempo e con la giustizia che abbiamo in Italia di tempo ce ne sarà molto prima di arrivare a una sentenza, Don Giacomo Ruggeri può tranquillamente espletare il suo ministero…  Perchè non si inizia da qui a ripulire la Chiesa? Papa Francesco si è schierato contro le suore femministe per dissensi dottrinali e un prete pedofilo non è forse in “dissenso dottrinale” con la Chiesa? 

 

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Pedofilo e coperto dal clero: storia di don Nello Giraudo

nello giraudo-tuttacronaca-chiesa- pedofilia

Un prete pedofilo ligure coperto per anni dalla curia, che invece di fermarlo ha continuto a spostarlo di parrocchia in parrocchia, dal 1980 al 2010. La Iena Pablo Trincia ha intervistato alcuni uomini che, da adolescenti, hanno subito da l’ex padre Nello Giraudo ripetute richieste di essere masturbato o di masturbarli, senza poterne mai parlare, o addirittura impauriti con la minaccia di dovere portare la responsabilità del suo possibile suicidio, se ne avessero ferito la sensibilità raccontandone il vizio. Nello Giraudo ha continuato indisturbato a svolgere la sua professione religiosa fino alle dimissioni spontanee, e spesso con incarichi in cui gli venivano affidati ragazzi. Dopo aver raccolto la testimonianza di un sacerdote secondo cui la curia era al corrente dei fatti, e aver mostrato denunce inequivocabili, Trincia ha cercato di parlare con coloro che al tempo avrebbero dovuto gestire la faccenda, ovvero Monsignor Calcagno, Monsignor Sanguinetti, e Monsignor Lanfranconi. Ma nessuno dei tre, a un passo dal conclave, ha accettato di fornire spiegazioni sulla vicenda.

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