Don Marco Mangiacasale, sacerdote della diocesi di Como reo di abusi sessuali su 4 ragazze minorenni, è stato condannato nei primi due gradi del processo penale a 3 anni, 5 mesi e 20 giorni di carcere. Ma soprattuto, l’ex parroco e poi economo della parrocchia di San Giuliano, è stato “ridotto allo stato laicale” con una sentenza firmata dal Papa argentino e dal Prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede, monsignor Gerhard Ludwig Mueller, lo scorso 13 dicembre. Del caso ne parlano Marco Ansaldo, Elena Effinito e Giorgio Ragnoli in un’inchiesta di Repubblica che spiega come, nell’era di Francesco, la giustizia vaticana sia arrivata prima di quella italiana a una sentenza definitiva.
Il provvedimento, giunto dopo l’indagine (Investigatio praevia) del delegato all’inchiesta, il reverendo Andrea Stabellini come vicario giudiziale, equivale per un sacerdote al massimo della pena applicabile secondo il diritto canonico. “È come una condanna a morte o un ergastolo”, dice a Repubblica un attento osservatore di cose vaticane. Ed è una misura che in questo caso la Santa Sede ha preso non attraverso un processo tradizionale, con i testimoni e la difesa. Ma, addirittura, scegliendo la via amministrativa, quella più rapida, visto il grado di certezza del Vaticano. La riduzione di don Mangiacasale allo stato laicale è la prima di cui si ha notizia per un sacerdote italiano sotto Francesco. Un altro caso, affrontato lo scorso anno dal Sant’Uffizio, è quello del prete australiano Greg Reynolds. La Congregazione della Dottrina delle Fede lavora intensamente: nel biennio 2011-2012 i preti spogliati da Benedetto XVI del loro ministero sacerdotale sono stati circa 400. Commenta la fonte, senza stupirsi: “Questa è la politica, che in un linguaggio laico potrebbe definirsi giustizialista, introdotta da Ratzinger quando da cardinale guidava il Sant’Uffizio. Prima da prefetto, e poi da pontefice, pur di reprimere il triste fenomeno ha introdotto una legislazione inflessibile, e in alcuni casi non garantista”.
Il Pontefice e il Prefetto Mueller hanno dato a monsignor Coletti, vescovo della diocesi di Como, la facoltà di divulgare la notizia. Cosa che è avvenuta la sera del 30 gennaio davanti alle famiglie coinvolte. “Don Marco Mangiacasale è stato ridotto allo stato laicale, non potrà fare l’educatore nelle scuole cattoliche né partecipare in ogni modo a gruppi o organizzazioni dove siano presenti dei giovani”. Il documento vaticano era già stato sottoscritto da Marco Mangiacasale.
I convenuti hanno apposto la loro controfirma. Sedutisi, hanno pregato il vescovo di rendere nota la decisione. “Secondo noi, è bene divulgare la notizia. Ci sembra giusto che i fedeli di San Giuliano sappiano come si è concluso il procedimento canonico e che esiste una Chiesa pulita, in cui noi crediamo, capace di rendere giustizia. Ci faccia il regalo, monsignore: sabato 15 febbraio, quando lei verrà in visita in parrocchia, lo dica alla comunità”.
Alla fine Coletti ha deciso di mantenere il riserbo anche dopo la polemica Onu-Vaticano sulla pedofilia e nonostante padre Lombardi, portavoce papale, avesse ricordato che la Chiesa affronta la questione “con un’esigenza di trasparenza “.
Il colpo di scena finale, alla vigilia della visita pastorale del vescovo di Como a San Giuliano, è l’improvvisa comunicazione del monsignore di non poter andare adducendo motivi di salute. C’è chi dice che Coletti (il quale contattato da Repubblica attraverso la sua addetta stampa ha preferito non parlare) si sia sentito superato dalla sentenza della Santa Sede. E si possono ricordare le sue parole al momento della condanna di don Marco, quando disse che il sacerdote “ha ammesso i suoi errori e sta seguendo un percorso di riparazione del male commesso”. Forse, dicono in Vaticano, monsignor Coletti “come fa un padre, puntava ancora a recuperare la propria pecorella”. C’è invece chi dice che il vescovo di Como abbia forse agito a oltranza nella difesa di don Marco, contribuendo per anni a insabbiare il caso prima che venisse scoperto grazie a una dichiarazione di una delle ragazze al nuovo parroco di San Giuliano, don Roberto Pandolfi.
Marco Mangiacasale, che in attesa della sentenza definitiva della Cassazione ha già scontato dall’8 marzo al 26 maggio 2012 due mesi di isolamento nel carcere del Bassone, a Como, e ora si trova protetto nella casa della sorella, ha risarcito le famiglie, come ha disposto la giustizia civile. Ora, anche quella vaticana è intervenuta. Non ci sono sconti nell’era della trasparenza di Papa Francesco.
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