La cella zero di Poggioreale!

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Ci sarebbe una cella “molto particolare” nel carcere di Poggioreale. A denunciare i presunti abusi sui detenuti sarebbe stato  Pietro Ioia, uno che si batte da sempre per i diritti della popolazione carceraria e che per questo ha anche creato l’associazione degli ex detenuti napoletani. Ioia ha raccontato, in quattro pagine dattiloscritte, a metà settembre, cosa accadrebbe in una cella del carcere più affollato d’Europa. La «cella zero», sarebbe il luogo dove – secondo Ioia – avverrebbero vessazioni sia fisiche che morali, se non addirittura veri e propri pestaggi a opera di alcuni agenti della polizia penitenziaria.

«È una storia antica – racconta Ioia al pm Piscitelli – non si tratta purtroppo di una novità. Dieci anni fa capitò anche a me e ai miei nove compagni di cella, a Poggioreale; durante un controllo gli agenti scoprirono un mazzo di carte da gioco napoletane, all’epoca tenerle in carcere era vietato. Uno a uno venimmo accompagnati nella cella zero e picchiati selvaggiamente…».

«Le violenze a Poggioreale sono cosa risaputa e riguardano alcune frange della polizia penitenziaria che si comportano in maniera indegna e non professionale. Ma non demonizziamo tutta la categoria» queste, invece, le parole di don Franco Esposito, cappellano della casa circondariale e responsabile della Pastorale carceraria della diocesi napoletana.

«Anch’io ho segnalato alla direzione penitenziaria alcuni episodi di pestaggi che mi sono stati raccontati in via confidenziale dagli stessi detenuti – aggiunge il religioso -. Ovvio che non ho potuto fare i loro nomi perché altrimenti avrebbero avuto vita difficile in cella».

Vincenzo Di Sarno in ospedale: rifiuta le cure

vincenzo-di-sarno-tuttacronacaAnche Giorgio Napolitano era intervenuto sul caso del detenuto a Poggioreale Vincenzo Di Sarno che ha chiesto l’eutanasia. Rosa Labonia, magistrato di sorveglianza di Napoli, ha rigettato la richiesta di differimento pena presentata dai suoi difensori e ha disposto il ricovero in ospedale. Nel suo decreto, il giudice ha rilevato che “non vi sono i presupposti per l’adozione di un provvedimento d’urgenza” dal momento che il soggetto non appare in immediato pericolo di vita e, “Nonostante le continue sollecitazioni mediche, sta rifiutando la terapia medica infusiva e nutrizione con brick”.  La madre di Di Sarno, tuttavia, non accetta quanto detto sul figlio: “Mio figlio non è in pericolo di vita? È allo stremo, come fanno i magistrati a non capirlo?” E aggiunge: “Rifiuta la terapia perchè non ce la fa più. Pesava 115 kg ed ora 53, sta bene secondo voi?”  Eugenio Sarno, segretario della Uilpa Penitenziari, sindacato della polizia penitenziaria, ha detto: “c’è evidentemente da apprezzare lo scrupolo con cui l’ufficio di sorveglianza ha valutato la pratica. Inoltre, trova conferma anche la puntualità della pratica per la parte che compete al Dap”, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. E ha proseguito: “Questa vicenda deve essere da monito, perchè alcune cause prima di essere sposate devono essere valutate fino in fondo. Da quanto ci risulta, infatti, il detenuto non sarebbe in condizioni così gravi come si è voluto fare emergere e rifiuta le terapie, e questo probabilmente ha determinato il rigetto della richiesta di sospensione della pena”.

L’appello shock del carcerato: “datemi la pena di morte”

carcere-tuttacronacaA dicembre, la madre di un detenuto 34enne, Vincenzo di Sarno, chiedeva la grazia per il figlio. Ora lo stesso recluso, malato di tumore, chiede di morire. Di Sarno, che pesava 115 kg al momento dell’ingresso in prigione  e attualmente ne pesa 54, già nell’ottobre scorso aveva scritto una lettera a Giorgio Napolitano, con la richiesta di ottenere la grazia per poter andare in una clinica in Svizzera. Il caso, insieme a quello di Angelo Rosciano, detenuto diabetico e con gravi problemi di salute, con un arto amputato, sulla sedia a rotelle e semicieco, è al centro della lotta dei Radicali in Campania.Donato Salzano, segretario Radicali di Salerno, ha spiegato: “Soltanto dopo la nostra mobilitazione Vincenzo Di Sarno è stato trasferito dal padiglione Avellino al centro clinico del padiglione San Paolo di Poggioreale ha scritto una lettera al presidente Napolitano, in cui spiegava che non riusciva a vivere più, era in fin di vita, con una malattia terminale, e sopravviveva in condizioni che definire umane sarebbe un eufemismo. Da Napolitano non c’è stata nessuna risposta e oggi quella richiesta è stata reiterata”.  Nell’appello lanciato dalla madre, Maria Cacace, si legge: “Illustrissimo signor Presidente, faccio appello a lei perchè oramai sono allo stremo delle forze, sia fisiche che mentali e che, se potessi, sceglierei la pena di morte: intramuscolo/endovena, oppure essere inviato in qualche clinica svizzera ad effettuare l’eutanasia. Egregio Signor Presidente: mi indichi lei quale di queste due strade debbo intraprendere. Nell’attesa di un benevolo accoglimento, le porgo i miei più doverosi ossequi”. Il 28 ottobre scorso, Di Sarno aveva paragonato la situazione in cui si trova “un inferno”, spiegando che “sopravvivere così come fossimo bestie (loro godono di più attenzioni) in una struttura piena zeppa di barriere architettoniche e, durante la giornata, a causa di forti dolori retro-nucali devo obbligatoriamente indossare un fastidioso collare cervicale rigido, anche per mancanza di cure adeguate alla grave patologia da me indicatole”.  “Adesso le chiedo: può un essere vivente campare in questo modo?! – prosegue – Dato che la malattia è neurodegenerativa e che nel giro di un anno o poco più ho perso circa 60 chili, perchè tanta malvagità e disprezzo verso di me? E questo tipo di popolazione sempre più numerosa?! Ma anche da parte del carcere di Poggioreale nei confronti di una persona con estrema fragilità psicologica, ma anche perchè per loro, oggi come ieri e domani, è sempre uguale! Bah, comunque so solo che la testa mi scoppia, la depressione è all’ordine del giorno e che neppure più gli occhi per piangere mi sono rimasti, in questo orribile e dolente carcere”.  La garante dei detenuti della Campania, Adriana Tocco, racconta: “Ci siamo mossi moltissimo per Vincenzo Di Sarno, già durante il processo d’appello chiedemmo al magistrato del giudizio una misura alternativa al carcere, ma lui non ne volle sapere. Di Sarno era già malato. Il presidente della Repubblica lo incontrò a settembre scorso durante la visita al carcere e gli disse faremo qualcosa per te. In quell’occasione fu una suora a spiegare il caso al capo dello Stato. Dopo un mese Di Sarno inviò al presidente una richiesta di grazia”.  E aggiunge: “Il presidente della Repubblica ha fatto partire la richiesta di istruttoria al ministero della Giustizia, di questo ho avuto notizia, ma fino a Natale al Quirinale non era ancora arrivata l’istruttoria. Ora non ci resta che chiedere la sospensione della pena al magistrato di sorveglianza. Purtroppo queste procedure non sono brevi”.

Panico all’ospedale, uomo tenta di dare fuoco all’ospedale

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Esasperazione, rabbia e follia che ha creato per alcuni minuti il panico al Cardarelli di Napoli. Il fatto è accaduto il 3 dicembre intorno alle 15, ma se ne è avuta notizia ora. Un uomo, A.F., 49enne di Sant’Antimo si era presentato in ospedale fuori orario di visita e quando il personale ha vietato di accedere alla stanza in cui era ricoverato il fratello a seguito di un incidente sul lavoro, l’uomo ha dato in escandescenza e si è recato alla pompa di benzina di fronte al nosocomio dove si è procurato diverse taniche di benzina e poi ha appiccato il fuoco. Il personale paramedico è riuscito immediatamente ha sedare il principio d’incendio, ma le fiamme e il fumo hanno messo in fuga malati e parenti. L’uomo poi si è dato alla fuga, ma grazie alle telecamere di video sorveglianza è stato identificato e rintracciato nella sua abitazione a Melito dove, le forze dell’ordine, lo hanno trovato armato di un’ascia. L’uomo è stato portato a Poggioreale con l’accusa di incendio doloso e resistenza a pubblico ufficiale.

Federico Perna, morto in carcere a 34 anni. Aperta un’indagine interna

federico-perna-tuttacronacaL’8 novembre moriva nel carcere di Poggioreale, in provincia di Trapani, Federico Perna e ora la madre, Nobilia Scafuro, chiede di conoscere la verità, dopo aver denunciato delle anomalie e il fatto di non aver ricevuto risposte. Il ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, attraverso il capo del Dap Giovanni Tamburino, ha disposto una “rigorosa indagine amministrativa interna” al riguardo. Il guardasigilli, che ha espresso “le sue condoglianze e la sua personale vicinanza alla mamma del giovane”, “auspica che sulla vicenda sia fatta completa chiarezza, assicurando la massima collaborazione alla Procura della Repubblica che ha già avviato una sua inchiesta”. Dal canto suo la madre di Perna ha fin da subito raccontato una storia che lei ritiene essere piena di punti bui, sia per quello che riguarda i momenti successivi alla morte che, soprattutto, quelli precedenti, quando il 34enne stava male e forse, denuncia la donna,  qualcuno non ha fatto quello che doveva fare. L’uomo, racconta la madre, aveva bisogno di un trapianto di fegato e da giorni perdeva sangue dalla bocca quando tossiva. Si trovava nel Padiglione Avellino, cella numero sei, insieme ad altre undici persone. “Federico non doveva restare in carcere, ma essere ricoverato in ospedale: aveva bisogno di un trapianto ed era stato dichiarato incompatibile con la detenzione da due diversi rapporti clinici, stilati dei Dirigenti Sanitari delle carceri di Viterbo e Napoli Secondigliano – questo il racconto della mamma pochi giorni dopo la morte del figlio – Invece, da Secondigliano è stato trasferito a Poggioreale, dove le sue condizioni di salute si sono ulteriormente aggravate: sputava sangue, letteralmente, e chiedeva il ricovero disperatamente da almeno dieci giorni lamentando dolori lancinanti allo stomaco”. La famiglia ha appreso della sua morte “da una lettera di un compagno di cella”. “Non sappiamo nemmeno dove sia morto, perchè le versioni sono diverse – la denuncia della mamma – ci dicono che è morto nell’infermeria del carcere di Poggioreale, di attacco cardiaco e senza la possibilità di essere salvato con il defibrillatore, poi ci dicono che è morto in ambulanza, poi ancora che è morto prima di essere caricato in ambulanza o addirittura in ospedale, e anche su questo ci hanno nominato più di una struttura possibile”.

Si parla di tagli… e si buttano 20mila euro al mese per un ufficio fantasma!

gettare-soldi-tuttacronacaA chiedersi se sia giusto che a Napoli si paghino 17mila euro in più al mese per il mantenimento del “parlamentino del quartiere Poggioreale, quarta municipalità” è Luigi Roano che, sul Mattino, parla dello strano caso di un affitto che il Comune paga mensilmente per un ufficio che non viene utilizzato e che costerebbe in realtà 3.100. E “Va bene che le municipalità sono il front-office dell’amministrazione e della democrazia partecipata”, ma “non è giusto, ed è anche contro le regole dettate dalla Corte dei conti per avere aderito alla legge sul predissesto”. E spiega ancora: “Lo è ancora di più perché è un ufficio fantasma da almeno due anni. Il Comune deve pagare perché per legge bisogna restituire il sito nelle condizioni in cui lo si è affittato. Poiché nessuno ha provveduto al «ripristino dei luoghi» si continueranno a pagare 20mila euro al mese senza utilizzare l’immobile fino a quando non ci saranno i lavori.” Ad intascare una simile cifra una congregazione religiosa, “che percepisce un affitto 6 volte maggiore rispetto al prezzo di mercato”.

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