Piero Fassino smantella il Virtual Park… addio cinema?

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L’eredità di Sergio Chiamparino verrà cancellata da Piero Fassino, che stretto dalla Spending Review ha deciso di chiudere gli studi cinematografici. Il Virtual Park, quel Polo che doveva dare nuova linfa al cinema italiano verrà smantellato. Così scrive Giorgio Ponziano su Italia Oggi:

Si chiude. Niente più studios, niente più ebbrezze cultural-chic. Infatti quando a Fassino hanno comunicato che doveva sborsare 2 milioni di euro per ripianare l’ennesimo passivo, è saltato sulla sedia. È vero che il capitale sociale del Virtual Park non è tutto sul groppone del Comune, che ne detiene il 76,5 %. Ma il resto (23,4 % è a carico della Regione attraverso Finpiemonte e qualche spicciolo appartiene alla Provincia) grava pur sempre sulle spalle pubbliche, cioè dei cittadini. I quali finora hanno comunque pagato ogni anno milioni di euro per ripianare il rosso dei bilanci del parco virtuale, senza che nessuno muovesse un dito.

In verità tutto questo una paternità ce l’ha. E risale al 1999 quando l’allora sindaco Valentino Castellani decise che l’operazione andava fatta e avviò l’iter per costituire una società pubblica col compito di promuovere «contenuti tecnologici, sociali, culturali ed economici della multimedialità con particolare riguardo alla realtà virtuale ed alle sue applicazioni, in ambito locale, nazionale ed internazionale, nonché di sviluppo nel territorio di attività produttive e imprenditoriali capaci di utilizzare, anche commercialmente, le esperienze, i risultati e le realizzazioni prototipali delle ricerche e delle attività promosse e monitorate dal Parco Tecnologico nel settore della realtà virtuale».

Caspita. Di fronte a un programma così agguerrito nessuno si chiese l’effettiva fattibilità, al contrario accorsero a festeggiare Camera di commercio, università, Politecnico. E l’Europa accordò un po’ di fondi. Poi avvenne il solito fuggi-fuggi all’italiana. Si sfilarono tutti e l’Europa chiuse la cassaforte. Il Comune rimase col cerino in mano e siccome un aiuto non si nega a nessuno arrivò la Regione a supportare la totale pubblicizzazione della società. Valentino Castellani continuava a sostenere che il Virtual Park e la cinecittà torinese erano un vanto e tutto procedeva a tarallucci e vino. Del resto, Piero Fassino, che in questi giorni ha deciso per il colpo di spugna, ha contemporaneamente promosso Castellani, ponendolo a capo di Idee per Torino, che dovrebbe coordinare la costituzione della città metropolitana torinese in vista della legge che il parlamento dovrebbe approvare dopo avere cassato le Province.

Ma la vicenda del Virtual Park ha altri aspetti ambigui. In tutti questi anni sono successe cose strane. A un certo punto è entrata una società privata con l’impegno di versare un canone al Comune ma in realtà non ha mai versato nulla e quando il suo debito è diventato elevato, ha dato forfait. Che ha fatto il Comune? Anziché portare in tribunale la società privata ed esigere il pagamento del dovuto ha acquisito azioni della società per l’importo del debito così che essa si è trasformata da creditore a debitore.

«È stata un’operazione sciagurata – commenta il capogruppo di Sel in Comune, Michele Curto – ma la città non ha fiatato, si è trattato si larghe intese ante-litteram».

Ancora: all’interno del Virtual Park è nato un fondo, EndGame, partecipato da una misteriosa società ubicata negli Stati Uniti. Il fondo pose la propria sede in Irlanda per avere agevolazioni fiscali, con buona pace della guardia di finanza. È stato finanziato coi soldi pubblici, gli americani non vi hanno messo neppure una lira, doveva «attrarre finanziamenti finalizzati alla produzione dei film» ma non si è mai vista una macchina da presa. Conclusione: bagno di sangue economico e chiusura del fondo.

Eppure il progetto davvero sarebbe stato un salto in avanti in un’Italia che invece investe solo e unicamente nell’industria più classica senza capire che ci vorrebbe una riconversione delle attività produttive. L’ex vicesindaco Tom Dealessandri afferma: «Non è il momento di mettere in liquidazione la società.. Le potenzialità ci sono. Perché si dovrebbe mettere a rischio il patrimonio della città negando l’intervento finanziario?».

Che fare del complesso di 38mila metri quadri? Uffici, studi e laboratori che verranno chiusi perché ancora una volta in Italia non si è capito il potenziale economico e l’offerta tecnologica che poteva davvero essere il motore propulsivo non solo di Torino, non solo del Piemonte, ma anche di una nazione che poteva davvero offrire professionalità e creatività a livello internazionale. E questo naturalmente senza calcolare l’indotto che poteva portare… da queste macerie forse si comprende l’inadeguatezza di quanti  non sono stati in grado di far decollare il progetto e hanno gettato, forse, per sempre una delle più grandi opportunità italiane di ripresa.

Ma fin quando i progetti, magari iniziati male, ma che hanno in sé un grande potenziale vengono criticati e abbandonati, questo Paese davvero sembra non aver nulla da offrire alle generazioni future.

Chiamparino, ex sindaco di Torino, è indagato per abuso d’ufficio

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L’ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, risulta indagato nell’inchiesta aperta dalla procura sulla gestione dei locali notturni dei Murazzi, sul lungo Po. L’accusa nei suoi confronti è di abuso in atti d’ufficio per le situazioni di irregolarità riscontrate dal pm Andrea Padalino. Immediata la risposta di Chiamparino, che ha deciso di mettere a disposizione del consiglio generale della Compagnia di San Paolo il mandato di presidente.

Cosa c’è nel passato di Sergio Chiamparino?

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Cosa c’è nel passato di Sergio Chiamparino?
C’è il cimitero monumentale di Torino, c’è una storia di esumazioni sbrigative e di tante famiglie a cui viene sottratto il proprio caro e non hanno neppure più una tomba su cui deporre i fiori. Possiamo pure pensare che non è in un cimitero che si trovano le anime dei defunti o che tutto finisca con la morte o che sarebbe meglio per tutti spargere le ceneri in mare senza avere posti di culto che se ci si pensa bene possono anche risultare macabri. Ma la libertà delle persone è di poter scegliere per i propri cari una tomba, un cimitero, un luogo dove portare anche i nipoti a pregare o magari solo a portare un fiore. Se pure ci può suonare retorico, non abbiamo nessun diritto di vietarlo e soprattutto non dovrebbero eliminare questo diritto le istituzioni.
Al centro dello scandalo essenzialmente una società, la Ics e due calabresi, Antonio Marchio di Albi e Ilario Umbaca di Locri.  Alla società il comune affidò un progetto per 24mila esumazioni in due anni esatti e per 9 milioni di euro. Dovevano essere 34 esumazioni al giorno e invece finirono per essere 108 per ottimizzare le spese per le ossa da traslare e gli operai da pagare. Inizia il contenzioso tra la ditta e il Comune. I familiari non trovano più i loro cari. Ammassati insieme agli altri. Tombe profanate da escavatori impazziti, senz’arte e senza grazia. La polvere e lo scandalo sotto la Mole. La Procura indaga per vilipendio delle bare. La storia va su tutti i giornali. Nella sala del Consiglio salta la poltrona dell’assessore di allora, Beppe Lodi, con delega ai Cimiteri. Il sindaco pro tempore, Sergio Chiamparino, chiede scusa ai cittadini. Ma ormai la frittata è fatta. La proposta choc è quella di cremarli al costo di 430 euro o di rimetterli in terra a soli 830.
Dopo sei anni la tegola della giurisdizione. C’è stato un difetto di giurisdizione, la vicenda va trattata non in sede civile ma in un Tribunale amministrativo. Lo scandalo si riduce ad un pugno di mosche. Il comitato dei parenti è sconcertato. A pagarne solo i due calabresi. Rimasti senza lavoro. Sono accampati sul tetto del cimitero monumentale da più di un mese. Chiedono il diritto di sfamare le loro famiglie. All’Ics subentra un’altra ditta che non ne vuole più sapere. Eppure il contratto prevedeva l’obbligo del reintegro.
C’è un capro espiatorio in questa storia. I calabresi calzano bene. Hanno provato pure ad infangarli per furto di bare, Marchio, e molestie sessuali, Umbaca. Non ci sono riusciti. E li hanno licenziati. Sotto la Mole c’è un forte desiderio di dimenticare quella che è ancora una ferita aperta.  Tutto questo avveniva nel lontano 2004 quindi ora Chiamparino è un uomo nuovo, senza macchia nè peccato?

  

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