Il neo premier ne ha dato l’annuncio ieri: entro 15 giorni sarà pronto una proposta sul lavoro. Nel frattempo, tuttavia, serve pensare anche a chi il lavoro l’ha perso, non l’ha mai trovato oppure prosegue a balzelli come i collaboratori a progetto. L’intenzione del presidente del Consiglio è quella di estendere ai precari i sussidi per chi è senza lavoro. Il requisito è quello di aver lavorato almeno per tre mesi. Una simile manovra, stando a quanto sostiene il quotidiano Libero, costerà allo Stato 1,6 miliardi in più di oggi e quindi il conto arriverà a 8,8 miliardi di Euro. I fondi non dovrebbero rappresentare un problema in quanto sarebbero ricavati dai fondi per la cassa integrazione in deroga. Nel frattempo, il ministro del Lavoro Poletti è al lavoro sul piano da presentare entro quindici giorni. Spiega Libero:
Il programma del ministro si chiama Naspi. Un sussidio di disoccupazione universale, destinato a tutti coloro che perdono il posto. Tutti. Compresi i meno protetti tra i precari: i collaboratori a progetto, oggi fuori da quasi tutti i sostegni. Un assegno da 1000 euro per chi ha perso il posto di lavoro. E’ questa in sintesi la riforma che il governo si appresta a varare.
Il piano, scrive Libero, è stato messo a punto nei dettagli
dal politologo Stefano Sacchi e fatto proprio prima dalla segreteria del Pd, poi diventato base di discussione per il governo. Secondo le previsioni del governo il piano assicurerà protezione anche a quel milione e 200 mila lavoratori, ora per diversi motivi totalmente senza rete, in caso di disoccupazione.
L’estensione del sussidio
potrebbe essere finanziata con uno spostamento di risorse dalla Cig in deroga, che vale 2,5-3 miliardi annui. Il dossier sarà esaminato nei prossimi giorni anche da Giuliano Poletti. “Ne parlerò con il ministro”, conferma Filippo Taddei, responsabile economia del Pd. “È il piano più ragionevole di tutti, perché include anche gli atipici. E siamo fiduciosi che possa diventare il piano del governo”. Per ottenere il sussidio bisognerà aver lavorato tre mesi, non più necessari i due anni contributivi.
Prima i giuramenti della sua squadra, poi i due annunci: una proposta sul lavoro entro 15 giorni e la riforma del fisco entro maggio. “In 15 giorni immaginiamo di dover mettere in campo la proposta sul lavoro che è molto urgente perché ci viene chiesta non solo dalle istituzioni internazionali ma da quel 12 per cento di giovani e cinquantenni che hanno perso lavoro e non riescono a ritrovarlo”, ha annunciato poi Renzi. “Tutti voi sapete che l’Italia ha la possibilità di farcela, di uscire da questa situazione di difficoltà”, ha quindi sottolineato ricordando i “terrificanti” dati usciti oggi sulla disoccupazione in Italia. “La delega fiscale è un passaggio importante, entro maggio la riforma del fisco”, ha aggiunto. E poi il semestre di presidenza italiana dell’Ue che secondo Renzi deve essere un semestre “in cui l’Italia non prende la linea ma prova a raccontare un’altra idea di Europa”. Il premier ai viceministri e sottosegretari ha poi fatto i suoi auguri: “Vi auguro di essere all’altezza, è l’augurio che faccio a me stesso e che mi lascia inquieto, come è giusto per chi ha responsabilità così grandi. Il mio augurio è che tornando a casa proviate i brividi, un senso di vertigine e di preoccupazione per questa sfida a cui ci chiama il Paese”. “Voglio farvi, farci di cuore gli auguri di buon lavoro, sul nuovo governo c’è un’attenzione significativa nel paese, nei mercati internazionali, nella comunità europea. Vediamo come sia forte la domanda di fiducia speranza, bisogno, certezza con cui si guarda all’Italia. Dovete, dobbiamo essere degni di onore” per gli incarichi ai quali dobbiamo adempiere, ha aggiunto Renzi dopo il giuramento. L’incarico “non deve essere un punto di arrivo come dicono i giornalisti, ma un punto di partenza, o di ripartenza”. E ancora: “L’Italia può farcela” ad uscire dalle difficoltà, “noi non dobbiamo fare meglio di altri governi, dobbiamo dare il meglio di noi stessi. La politica è l’unica risposta alla crisi che la società sta vivendo, psosiamo dare una risposta reale”.
Il neo premier Matteo Renzi ha dato il via alla sua prima domenica di lavoro con un tweet: “Oggi con Graziano del Rio sui dossier. Metodo, metodo, metodo. Non annunci spot, ma visione alta e concretezza dei sindaci”.
Si prende quindi un po’ di tempo per rispondere a qualche utente, toccando diversi temi. Per quel che riguarda la burocrazia: è “la madre di tutte le battaglie. Significa cambiare mentalità”. A chi gli domanda se utilizzerà il dossier di Nicola Gratteri sulla giustizia, replica che “è uno dei dossier più interessanti, è sul tavolo”. Riguardo la riduzione delle tasse, ricorda che “nella mia esperienza di amministratore le tasse le ho sempre ridotte (Ipt alla Provincia, Irpef al Comune)”, ma non si sbilancia: “Niente promesse, ma ci proveremo”. All’utente che lo invita a tagliare la spesa pubblica, Renzi risponde che il dossier Cottarelli “è sul lavoro. Aspettiamo il giuramento del ministro Padoan e ci lavoriamo”. E ancora, sull’economia digitale, a Roberto Sambuco, capo Dipartimento Comunicazioni del ministero dello Sviluppo Economico, che gli fa notare la scarsa attenzione all’economia digitale, il premier dice che “su questo tema resterai sorpreso”. E ancora, a chi lo invita a non deludere le aspettative, specie dei ragazzi, indicando “la responsabilità che sento più forte: l’Italia come terra di opportunità e non di rendita”. Ed ancora sui giovani, all’utente che ricorda al premier Renzi e al sottosegretario Delrio che “in 2 avete 2 mogli e 12 figli! Pensate anche a loro”, Renzi risponde scherzando: “Ottima riflessione. Aggiungo che Graziano in questo campo ha maggioranza e quorum anche da solo”, dal momento che ha nove figli. Infine: “Mi fermo qui, altrimenti passo la domenica su twitter anziché sui dossier. Ma in settimana, dopo la fiducia, riprendiamo il #matteorisponde”.
Tutti i cittadini si auguravano una spending review, cioè un contenimento della spesa pubblica e quindi un miglioramento del bilancio dello Stato, ma in Italia, paese delle anomalie e dei termini stranieri usati per aggirare diritti acquisiti e maturati, la “beffa” è dietro l’angolo. Lo scrive De Dominicis a chiare note su Libero e stavolta, il termine è fissato in primavera, non saranno solo le pensioni d’oro ( o presunte tali) a dover dare un altro forte contributo di solidarietà, ma saranno anche i pensionati del ceto medio che con la proposta Cottarelli vedranno una vera e propria stretta sugli assegni maturati con il retributivo.
Nuovo affondo sulle pensioni. Nel 2014 dovrebbe arrivare un altro taglio agli assegni previdenziali. Dopo la botta assestata con la legge di stabilità, il governo di Enrico Letta potrebbe tornare alla carica del sistema pensionistico. La sforbiciata, secondo i ben informati, è attesa per primavera. Stavolta a preparare il terreno all’esecutivo è Carlo Cottarelli: l’ennesimo giro di vite pensionistico, infatti, sarebbe pronto a entrare nella spending review, curata appunto dall’ex funzionario del Fondo monetario internazionale. Per ora non ci sono numeri. Lo stesso commissario straordinario per la spesa pubblica incaricato dal governo Letta, però, nelle scorse settimana aveva fatto accenno a possibili interventi sui cosiddetti assegni d’oro o d’argento, cioè quelli di importo elevato.
Con la finanziaria appena approvata dal Parlamento sono stati introdotti contributi di solidarietà temporanei che scattano a determinate soglie: 6%oltre 90mila euro, 12% a 128mila e 18% a 193mila. E sempre con la manovra per il 2014 è stato varato un tetto (a 302mila euro) al cumulo trapensione e compensi per incarichi pubblici. Cottarelli sta studiando misure anche su questo fronte. Nel dettaglio, il piano potrebbe prevedere tagli alle pensioni retributive, vale a dire quelle calcolate (e pagate) non solo sulla base dei contributi versati, ma soprattutto sugli (ultimi) stipendi percepiti. Un meccanismo rimasto in piedi fino al 1996 e poi progressivamente smantellato fino all’intervento a gamba tesa del governo dei tecnici guidato da Mario Monti e con la legge targata Elsa Fornero. Tra le varie ipotesi di intervento sul tavolo di Cottarelli – e del ministro del Lavoro, Enrico Giovannini – c’è anche il passaggio al contributivo secco per gli assegni di reversibilità.
A sostenere l’assalto alle pensioni c’è, in prima linea, Scelta civica. Secondo Irene Tinagli, esponente del partito fondato dall’ex premier Monti, bisogna «intervenire sulla quota di pensione che non corrisponde ai contributi versati, utilizzando le risorse ricavate per aumentare i fondi per l’infanzia e per l’assistenza agli anziani». Non solo previdenza. Nel mirino di Cottarelli, ci sono tutte le spese dei ministeri. Secondo indiscrezioni riportate ieri da alcuni quotidiani, il commissario avrebbe cominciato a realizzare una specie di lista delle spese «anomale». Finora sono stati messi in evidenza alcuni casi particolari. Come quello della curiosa presenza di due ministeri sostanzialmente identici: Coesione territoriale e Affari regionali. Un doppione creato da Letta con ogni probabilità per distribuire poltrone tra le varie anime delle (ex) larghe intese. Si pagano, così, due ministri e due strutture. E mentre gli stipendi dei funzionari di Palazzo Chigi crescono – come documentato su Liberodi ieri – Cottarelli prova a tagliare qualche caffè alla presidenza del consiglio: nella black list ci sono infatti i 4mila euro per le forniture di caffè e i 20mila euro per l’ac – qua. E poi 14.374 euro per la squadra di Football americano Legio XIII (progetto di integrazione delle comunità di stranieri). La spending review dovrebbe portare a risparmi per 32 miliardi. E, in teoria, dovrebbe servire (anche) per ridurre la pressione fiscale, già calata, secondo Letta, nel 2013. Il premier, però, ieri stato smentito da Confcommercio. Secondo l’associazione dei commercianti, il peso delle tasse è salito al 44,3% lo scorso anno, nuovo record assoluto nella storia del nostro Paese dopo quello già raggiunto nel corso del 2012, e c’è la previsione di un livello stabile ben oltre il 44% anche nel 2014. La pressione del fisco va su e i consumi continuano a scendere, colpendo anche i saldi di fine stagione. Negli ultimi 5 anni – per l’Adusbef – gli italiani hanno più che dimezzato il budget destinato ai saldi: «da quelli del 2009 agli attuali la cifra è passata dai 450 ai 200 euro». L’andamen – to delle vendite nel periodo di saldi negli ultimi anni è stato disastroso – sostiene anche il Codacons – gli stessi commercianti al termine dei precedenti sconti invernali hanno denunciato fortissime riduzioni degli acquisti con punte del meno 30%. Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, è convinto che l’abbattimento delle tasse è dietro l’angolo. Ma a credergli sono rimasti davvero in pochi
Sarà anche rientrato nella top ten dei paperoni italiani stilata grazie ai dati di Borsa 2013, ma la spending review si è affacciata anche all’orizzonte di Silvio Berlusconi che, come riporta il Corriere della Sera, si trova a tagliare le spese. A partire dalle proprietà immobiliari, come Villa di Macherio e Villa Gernetto. Si legge nel quotidiano:
Niente albero di Natale alla Villa Belvedere a Macherio. L’albero non è mai stato addobbato, e da domani la settecentesca villa storica che fu dei Visconti di Modrone, chiuderà i battenti. I dipendenti avrebbero già ricevuto la lettera che comunica la fine del rapporto di lavoro. Veronica Lario, la moglie in via di separazione dall’ex premier, vive ormai da tempo a Milano. E la necessità di economie – meglio, di evitare gli sprechi – ormai coinvolge persino uno degli uomini più ricchi d’Italia. La storia dei Berlusconi a Macherio, tuttavia, continua. Le due figlie di Veronica, Barbara ed Eleonora, resteranno entrambe a vivere nell’area: nella grande cascina adiacente all’edificio storico a suo tempo acquistata dal loro padre.
Del resto, non è soltanto villa Belvedere a essere caduta sotto i rigori della spending review famigliare. Villa Gernetto, il palazzo di Lesmo che era stato acquistato per la mai nata Università della libertà e poi divenuta sede di rappresentanza per gli eventi privati berlusconiani, è ormai deserta da molti mesi. Non dispone di personale, il riscaldamento è staccato. Nel giro stretto del Cavaliere, neppure si esclude che possa essere discretamente messa in vendita. Cosa comunque non semplice.
Non si modificherà. la Stabilità resta com’è? E’ il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni al suo arrivo alla sede del Consiglio europeo per l’Eurogruppo ad affermare:
“Spiegherò bene le misure che abbiamo preso negli ultimi giorni, dal 15 ottobre a oggi sono accadute molte cose come privatizzazioni, spending review e il progetto quote Bankitalia, che secondo noi rispondono a richieste Ue”:
Saccomanni ha poi aggiunto che le misure prese “vanno incontro alle richieste della commissione europea” e ha ricordato il commento del presidente eurogruppo Jeroen Dijsselbloem sull’Italia che ha detto come “non sia stata avanzata nessuna richiesta di modifica dei progetti di bilancio”. L’impegno del ministro è tutto per la riduzione dello “stock del debito e tutto è utile perché una volta che scende, se le politiche sono virtuose, non sale”.
Per quanto riguarda le disposizioni per il rientro dei capitali all’estero, Saccomanni ribadisce che non rappresentano “un condono e neppure uno scudo” spiegando che si tratta di un intervento strutturale perché incide nelle relazioni dello Stato con il contribuente “distinguendo tra il contribuente onesto e collaborativo e il contribuente non collaborativo”.
Chissà se dopo le spiegazioni di Saccomanni non ci saranno più macchie sulla Stabilità italiana?
E’ Franco Abruzzo, giornalista che ha lavorato con il Sole 24 Ore e per Il Giorno, a puntare il dito contro le parole di Carlo Cottarelli:
Pensioni d’oro, pensioni d’argento, pensioni e basta. Lasciate in pace i pensionati. Carlo Cottarelli dia la caccia agli evasori e ai patrimoni mafiosi, non diventi un ennesimo persecutore di pensionati. Questo è lo slogan della petizione che ho lanciato tramite http://www.avaaz.org, indirizzata al Parlamento e al Governo.
Poi prosegue:
Cari amici, spero vorrete firmare la petizione. Si chiama: “Appello al Parlamento e al Governo: lasciate stare i pensionati, hanno già dato in tasse e contributi”.
È una questione molto importante per tanti cittadini e insieme possiamo fare la differenza! Se la firmerete e poi la condividerete con i vostri amici e contatti, riusciremo presto a ottenere il nostro obiettivo di 1000 firme e potremo cominciare a fare pressione per ottenere il risultato che vogliamo. Cliccate qui per saperne di più e per firmare:
Campagne come questa partono sempre in piccolo, ma crescono se persone come noi si attivano: vi prego di dare una mano firmando e diffondendo subito la voce. Il ricorso al passaparola è efficace!!!
Levare la seconda rata dell’Imu si abbatterà sui pensionati e non solo quelli d’oro. Oggi doveva arrivare in Consiglio dei Ministri il decreto per eliminare la seconda rata dell’Imu, ma invece il provvedimento è slittato perché deve andare di pari passo con quello sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia che a sua volta deve attendere un via libera da parte della Bce. A bloccare il provvedimento sarebbe lo stop alla cancellazione per beni e terreni agricoli, contestato dal ministro dell’Agricoltura Nunzia De Girolamo. I soldi non ci sono per le coperture ma l'”ariete” scagliata dall’ex Pdl sul governo continua a far sentire i propri esiti negativi e all’orizzonte si profila un’altra mazzata per gli italiani. Non era meglio magare l’Imu? Come ricorda oggi La Stampa, la copertura finanziaria per lo stop a giugno della prima rata non ha funzionato, con il flop della sanatoria sulle slot machine. All’appello mancano 1,2 miliardi (2 miliardi sono stati racimolati dall’aumento al 120% degli acconti Irap e Ires di banche e assicurazioni).
Per questo c’è il rischio concreto che scatti la “clausola di salvaguardia”, come stabiliva il decreto sulla rata dell’Imu, ossia un aumento automatico delle accise sui carburanti.
Se già mancano i soldi per finanziarie l’abolizione della prima rata, figuriamoci quelli per la seconda. Per coprire il solo stop all’Imu sulla prima casa servirebbero ben 2,4 miliardi. Ma a questi potrebbero aggiungersi i 400 milioni necessari per esentare i fabbricati agricoli (una battaglia a cui gli agricoltori non vogliono rinunciare), più altri 500 milioni voluti dai comuni.
Il tutto mentre il commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica, Carlo Cottarelli, promette tagli a destra e a manca. I tagli – spiega Cottarelli in un colloquio con il Corriere della Sera – non riguarderanno solo le pensioni d’oro, ma a che quelle d’argento. L’Italia – riconosce il commissario – “ha fatto un’ottima riforma (la riforma Fornero, ndr) che assicura la riduzione dei flussi di spesa per i prossimi vent’anni. Pochi paesi sono riusciti a farla”.
Detto questo, secondo Cottarelli nel presente il Paese “ha un grosso problema: una spesa in rapporto al Pil che è troppo alta, tra le più alte del mondo”. Per questo – aggiunge – “sarà necessario toccare le pensioni d’oro e d’argento. L’approccio della legge di Stabilità è di congelare la perequazione. So che esistono difficoltà a livello costituzionale. Ma c’è una scelta da fare”.
Spending review è un termine ormai entrato nel linguaggio quotidiano. Ma c’è spending review e spending review! Carlo Cottarelli per l’Italia spera di tagliare 32 miliardi di euro in tre anni. Nessun ulteriore sacrificio per gli italiani, assicura il Premier Enrico Letta, niente tagli «con la falce» ma «solo dove necessari». Si premierà chi taglia questa la tecnica che verrà utilizzata e quindi gli enti più virtuosi saranno quelli in grado di fare più spending review. La scure si abbatte però anche su sanità e scuola e a farne le spese saranno gli insegnanti di sostegno. Chi ha bisogno di aiuto sarà lasciato a se stesso? E negli ospedali? Chi ha bisogno di un posto letto dovrà cambiare regione? Chi potrà si pagherà un’assicurazione sanitaria per garantirsi il diritto alla salute che lo stato non riesce a sostenere?
Capitolo a parte sugli statali con il governo che ha come obiettivo quello di aumentarne la mobilità. Il denaro risparmiato grazie a una spesa più responsabile, servirà a ridurre le imposte, ad investire produttivamente ed a ridurre il debito. Mentre il governo studia come triplicare l’obiettivo di risparmio previsto dalla Legge di Stabilità, Confesercenti denuncia la situazione opprimente dei pensionati italiani. Quattromila euro di tasse l’anno. Sembra proprio che ormai si sia arrivati al torsolo!
Ormai l’instabilità italiana è sotto gli occhi di tutti anche dell’Ue che oggi ha bocciato gli obiettivi poti in essere dal Patto di Stabilità, ex finanziaria, proposti dal governo Letta e per la prima volta al vaglio della Commissione Ue. “C’è un rischio che la bozza del piano di bilancio per il 2014 non rispetti le regole del Patto di stabilità e crescita – sottolinea la Commissione -. In particolare, l’obiettivo di riduzione del debito nel 2014 non è rispettato”. L’Italia non potrà quindi chiedere alla Commissione Ue di fare uso della “clausola sugli investimenti” del Patto di stabilità, perché non rispetta la condizione del debito pubblico in discesa a un ritmo soddisfacente. «La Commissione europea – dice il vicepresidente Olli Rehn – conta molto sugli impegni presi dal governo italiano, in particolare sulla spending review portata avanti da Carlo Cottarelli». Nuovo colpo di scena… sulle vite degli italiani!
Alla presentazione dei conti trimestrali della società franco-olandese Air France-Klm, si accompagnano degli allegati finanziari che riferiscono: “Considerata l’incertezza della situazione di Alitalia, il gruppo Air France-Klm ha deciso di svalutare totalmente il valore delle azioni detenute”. Nel documento viene inoltre sottolineato come tale decisione sia stata presa dopo il Cda del 14 ottobre, durante il quale era stato approvato l’aumento di capitale da 300 milioni di euro.
Richiesta ufficiale di una due diligence su Alitalia, cioè di una valutazione approfondita dei conti, finalizzata a conquistare la cloche della compagnia. La decisione, per certi aspetti clamorosa, sarebbe stata comunicata sia all’ad Gabriele Del Torchio che ai principali azionisti. Ma è evidente che si vuole innanzitutto sondare la disponibilità dei soci minori e di chi, pur approvandolo, ha mal digerito l’aumento di capitale. Tuttavia Parigi punterebbe soprattutto a guadagnare tempo. Per gli analisti l’obiettivo sarebbe fissare un valore definito, basso in questo momento, per acquistare tutto a un prezzo molto conveniente. Mediando – è lo scopo – tra il prezzo d’ingresso pagato nel 2008 e quello post aumento di capitale, approfittando della evidente svalutazione. Difficile ipotizzare il «risparmio» che potrebbe essere generato e quale possibilità di successo abbia l’operazione. Di certo Lazard, advisor di Air France, sta elaborando i dati per stimare i possibili vantaggi.
Oggi il tema due diligence verrà affrontato dal cda di Alitalia che deciderà probabilmente l’avvio di una data room aperta non solo ai francesi, ma anche alle Poste e ad altri vettori interessati, da Etihad ai cinesi. In attesa della due diligence, procede la definizione del piano stand alone voluto da Del Torchio in collaborazione con Boston Consulting. Lavoro che si completerà prima del 16 novembre, data in cui dovrà partire la ricapitalizzazione. Si tratta di un documento che ribalta la logica seguita finora. Per consentire alla compagnia di reggersi finalmente sulle proprie gambe, con un piano sostenibile in grado di avvicinare il break-even in poco tempo e poter trattare così alla pari con i possibili partner. Gli interventi, sintetizzati in varie slides che “Il Messaggero” ha potuto visionare, sono ad ampio raggio: dai tagli di personale (gli esuberi sarebbero oltre mille con il blocco di almeno 2000 contratti a termine), ai sacrifici che saranno chiesti ai manager, in una sorta di spending review globale. Verranno poi rivisti i contratti, dalle forniture al leasing, alle manutenzioni. Come suggerito da Boston Consulting, saranno quindi ridisegnate le rotte e la configurazione degli aerei, eliminando le aree dove ci sono perdite secche. Nuove frequenze poi per i voli che viaggiano non a pieno carico e spostamento degli equilibri sulle tratte a maggior valore aggiunto. Un piano da lacrime e sangue – dice un azionista influente – che però ha la possibilità di funzionare davvero, «per consentirci di trattare alla pari con Air France».
L’eredità di Sergio Chiamparino verrà cancellata da Piero Fassino, che stretto dalla Spending Review ha deciso di chiudere gli studi cinematografici. Il Virtual Park, quel Polo che doveva dare nuova linfa al cinema italiano verrà smantellato. Così scrive Giorgio Ponziano su Italia Oggi:
Si chiude. Niente più studios, niente più ebbrezze cultural-chic. Infatti quando a Fassino hanno comunicato che doveva sborsare 2 milioni di euro per ripianare l’ennesimo passivo, è saltato sulla sedia. È vero che il capitale sociale del Virtual Park non è tutto sul groppone del Comune, che ne detiene il 76,5 %. Ma il resto (23,4 % è a carico della Regione attraverso Finpiemonte e qualche spicciolo appartiene alla Provincia) grava pur sempre sulle spalle pubbliche, cioè dei cittadini. I quali finora hanno comunque pagato ogni anno milioni di euro per ripianare il rosso dei bilanci del parco virtuale, senza che nessuno muovesse un dito.
In verità tutto questo una paternità ce l’ha. E risale al 1999 quando l’allora sindaco Valentino Castellani decise che l’operazione andava fatta e avviò l’iter per costituire una società pubblica col compito di promuovere «contenuti tecnologici, sociali, culturali ed economici della multimedialità con particolare riguardo alla realtà virtuale ed alle sue applicazioni, in ambito locale, nazionale ed internazionale, nonché di sviluppo nel territorio di attività produttive e imprenditoriali capaci di utilizzare, anche commercialmente, le esperienze, i risultati e le realizzazioni prototipali delle ricerche e delle attività promosse e monitorate dal Parco Tecnologico nel settore della realtà virtuale».
Caspita. Di fronte a un programma così agguerrito nessuno si chiese l’effettiva fattibilità, al contrario accorsero a festeggiare Camera di commercio, università, Politecnico. E l’Europa accordò un po’ di fondi. Poi avvenne il solito fuggi-fuggi all’italiana. Si sfilarono tutti e l’Europa chiuse la cassaforte. Il Comune rimase col cerino in mano e siccome un aiuto non si nega a nessuno arrivò la Regione a supportare la totale pubblicizzazione della società. Valentino Castellani continuava a sostenere che il Virtual Park e la cinecittà torinese erano un vanto e tutto procedeva a tarallucci e vino. Del resto, Piero Fassino, che in questi giorni ha deciso per il colpo di spugna, ha contemporaneamente promosso Castellani, ponendolo a capo di Idee per Torino, che dovrebbe coordinare la costituzione della città metropolitana torinese in vista della legge che il parlamento dovrebbe approvare dopo avere cassato le Province.
Ma la vicenda del Virtual Park ha altri aspetti ambigui. In tutti questi anni sono successe cose strane. A un certo punto è entrata una società privata con l’impegno di versare un canone al Comune ma in realtà non ha mai versato nulla e quando il suo debito è diventato elevato, ha dato forfait. Che ha fatto il Comune? Anziché portare in tribunale la società privata ed esigere il pagamento del dovuto ha acquisito azioni della società per l’importo del debito così che essa si è trasformata da creditore a debitore.
«È stata un’operazione sciagurata – commenta il capogruppo di Sel in Comune, Michele Curto – ma la città non ha fiatato, si è trattato si larghe intese ante-litteram».
Ancora: all’interno del Virtual Park è nato un fondo, EndGame, partecipato da una misteriosa società ubicata negli Stati Uniti. Il fondo pose la propria sede in Irlanda per avere agevolazioni fiscali, con buona pace della guardia di finanza. È stato finanziato coi soldi pubblici, gli americani non vi hanno messo neppure una lira, doveva «attrarre finanziamenti finalizzati alla produzione dei film» ma non si è mai vista una macchina da presa. Conclusione: bagno di sangue economico e chiusura del fondo.
Eppure il progetto davvero sarebbe stato un salto in avanti in un’Italia che invece investe solo e unicamente nell’industria più classica senza capire che ci vorrebbe una riconversione delle attività produttive. L’ex vicesindaco Tom Dealessandri afferma: «Non è il momento di mettere in liquidazione la società.. Le potenzialità ci sono. Perché si dovrebbe mettere a rischio il patrimonio della città negando l’intervento finanziario?».
Che fare del complesso di 38mila metri quadri? Uffici, studi e laboratori che verranno chiusi perché ancora una volta in Italia non si è capito il potenziale economico e l’offerta tecnologica che poteva davvero essere il motore propulsivo non solo di Torino, non solo del Piemonte, ma anche di una nazione che poteva davvero offrire professionalità e creatività a livello internazionale. E questo naturalmente senza calcolare l’indotto che poteva portare… da queste macerie forse si comprende l’inadeguatezza di quanti non sono stati in grado di far decollare il progetto e hanno gettato, forse, per sempre una delle più grandi opportunità italiane di ripresa.
Ma fin quando i progetti, magari iniziati male, ma che hanno in sé un grande potenziale vengono criticati e abbandonati, questo Paese davvero sembra non aver nulla da offrire alle generazioni future.
Piero Fassina e la “maledizione” della spending review sembra ossessionare il presidente Anci: ”La spending review è diventato uno strumento pensato e praticato dalle amministrazioni centrali dello Stato in modo punitivo quando non addirittura persecutorio verso gli enti locali. Per non parlare dell’estensione del tutto ultronea ed eccessiva di poteri alla Corte dei Conti e agli organi di controllo, a cui si è concessa un’invadenza del tutto inaccettabile”.
”So bene di usare parole aspre ma si deve sapere che questo è lo stato d’animo dei sindaci. Proponiamo che si dia vita ad una task force – costituita da Anci, Ministero della Funzione Pubblica, Ministero delle Autonomie e dell’Economia – con l’obiettivo di rivisitare la legislazione vigente”, sollecita Fassino nella sua relazione di apertura della 30/a assemblea nazionale dell’Associazione dei Comuni. In questo modo, ha spiegato il leader dei sindaci, ”verrebbero eliminate tutte le norme che appaiono superflue e contraddittorie con un quadro istituzionale fondato sul riconoscimento dell’autonomia degli enti locali”.
Il diritto allo studio le è stato riconosciuto e da domani potrà tornare a sedere sui banchi di scuola del primo anno della scuola superiore anche se maggiorenne. Finalmente la ragazza disabile ha vinto la sua battaglia e oggi al Seneca di Monte di Procida, in provincia di Napoli, sono arrivati i docenti di sostegno e le è stata assicurata la copertura dell’intero orario di lezioni: 27 ore settimanali. Alla ragazza all’inizio dell’anno scolastico le era stata negata l’iscrizione in quanto maggiorenne e la scuola non poteva garantirle gli insegnanti di sostegno come prevedeva la spending review. La famiglia si era quindi appellata al Tar della Campagna, rivendicando il diritto allo studio come previsto dalla Costituzione italiana ed è stato proprio il Tar a dare ragione ai genitori della ragazza e con una sentenza del 28 settembre ha riammesso la ragazza a scuola.
Per i dipendenti pubblici arriva l’estensione del blocco dei contratti che era già intervenuto nel triennio 2010-2012 e che ora arriverà sino al dicembre 2014. Tale estensione riguarda anche il personale del servizio sanitario locale. Poi, sempre nella bozza si legge ”per le amministrazioni statali, compresa la Presidenza del Consiglio dei ministri, la spesa per le prestazioni di lavoro straordinario va ridotta, rispetto alle risorse finanziarie allo scopo assegnate per l’anno finanziario 2013, del 10% a decorrere dall’anno 2014”.
Ormai in Italia non ci si sorprende più, neppure l’ennesima pozione amara. Tutto e il contrario di tutto può essere possibile ed ecco che la Service Tax che doveva far dimenticare l’Imu e contenere i costi per gli italiani viene spazzata via dalla TRISE! Alcuni già ipotizzano che il cambio sia stato reso necessario avendo in passato promesso con la denominazione “la service tax” una tassa soft che doveva essere “meno della metà di Imu e Tares insieme” e non potendo arrivare a far quadrare i conti pubblici ecco che si è preferito cambiare nome alla tassa. Ma questo lo dicono soltanto i maligni!
«È istituito in tutti i comuni un tributo sui servizi comunali, denominato TRISE che si articola in due componenti: la prima, a copertura dei costi per la gestione dei rifiuti urbani(TARI); la seconda, a fronte della copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni (TASI)». Si legge nella bozza della legge di stabilità.
Arriva anche la deduzione Irap, ma è solo per i neo-assunti e il massimo delle deduzioni è di 15mila euro a dipendente.
Esclusione del patto di stabilità interno «al fine di consentire agli enti locali nel 2014 e 2015 i pagamenti in conto capitale». È quanto prevede una prima bozza della legge di stabilità in cui dalla norma si calcolano oneri «sull’indebitamento e sul fabbisogno di 1.000 milioni di euro per l’anno 2014 e di 1.000 milioni per l’anno 2015». Regioni e enti locali non potranno più ricorrere ai derivati. Lo prevede una prima bozza della legge di stabilità. Finora il blocco al ricorso alla finanza derivata era temporaneo, in attesa di un regolamento. Con la legge di stabilità diventerebbe definitivo. Stop quindi hai derivati!
Sanità? «Siamo in contatto con loro e alla fine troveremo una soluzione equa per tutti quanti», ha spiegato il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni rispondendo alle preoccupazioni dei presidenti delle Regioni.
Nella legge di stabilità c’è spazio per gli investimenti «sia quelli di natura infrastrutturale come ferrovie e Anas sia un allentamento del patto di stabilità per i comuni» che daranno «più risorse agli investimenti».Gli investimenti, per Saccomanni, sono «soprattutto di sostegno per le riforme idrogeologiche, per edilizia scolastica, progetti che possono essere attuati rapidamente».
Il Governo ha preparato il menù da servire l’anno prossimo agli italiani. Il piatto forte della casa sarà il cuneo fiscale, con maggiori detrazioni per i lavoratori dipendenti.
Intanto il Premier avverte tramite tweet i giornalisti di non creare “caos” o meglio allarmismo: “Giornali a caccia di indiscrezioni spacciate per fatti su Legge Stabilità. Invito a leggere testo vero del Cdm martedì. Il resto è solo caos…”.
Insomma meglio non parlarne prima che il piatto sia in tavola e non possa più essere rimandato in cucina per variare qualche ingrediente poco digeribile.
Tra le ipotesi sul cuneo fiscale sembra che l’intervento possa concretizzarsi in un aumento di 200-300 euro in busta paga a primavera del 2014, per i redditi dipendenti sotto i 55.000. Tale misura a favore di lavoratori e imprese impiegherebbe circa 10 miliardi di euro in tre anni da scalare in: 5 nel 2014, 3 nel 2015 e 2 nel 2016. Per quanto riguarda il 2014 il “maggior beneficio” però andrà sicuramente nelle tasche dei lavoratori, almeno secondo le intenzioni del Governo.
L’altra pietanza sarà la rimodulazione dell’Iva, forse con l’arrivo quarta aliquota e la definizione della nuova service tax. Ma l’Iva prevede l’intervento su competenze anche dell’Ue e il tema si fa caldo e complesso. Qui gli “ingredienti” potrebbero davvero variare e il piatto servito potrebbe essere estremamente delizioso o estremamente indigesto. Le ipotesi sul tavolo potrebbero prevedere l’aggiunta di una quarta aliquota Iva che si aggiungerebbe alle 3 già esistenti. Questa nuova aliquota, che dovrebbe aggirarsi intorno al 7/8%, comprenderebbe beni che ora sono irregimentati sotto un’ aliquota del 4% e altri che invece sono sottoposti l’aliquota del 10%. Secondo quanto asserisce il Governo il risultato poi dovrebbe essere “zero” aumenti.
Per contorno ci sarebbe inoltre il taglio al costo del lavoro e la ripartenza degli investimenti e delle assunzioni. In che modo? Anche qui sono diversi gli interventi allo studio:
potenziamento dell’Ace (aiuto alla crescita economica),
o la rivalutazione dei beni,
o la deducibilità del costo del lavoro ai fini Irap.
Ma anche l’ipotesi di una revisione dei contributi Inail per premiare le aziende più sicure a scapito di quelle meno accorte al tema.
E ritorna in tavola anche il vecchio progetto che già si era tentato di introdurre e cioè la possibilità di emettere mini-bond per finanziare le Pmi.
Il “dolce” sarebbe l’eliminazione dell’Imu e l’introduzione della Service Tax! Si riuscirà a mantenere la parola data e davvero la “la service tax sarà meno della metà di Imu e Tares insieme”? Sembra improbabile. Anche perché con la manovrina si è andato ad aggravare ancor maggiormente la situazione dei Comuni e ulteriori tagli sono stati necessari, per cui ora andranno reperite risorse. Come anticipa il Sole 24 Ore si potrebbe quindi partire con un’aliquota del 3 per mille ovvero una tassa di 30 centesimi a metro quadro con una ricaduta anche sugli inquilini. Il governo ha già
annunciato di mettere sul piatto già 2 miliardi per abbassare il peso del prelievo. Fino, se possibile ad azzerarlo, sulla prima casa bilanciando sugli altri immobili.
Arriverà l’adeguamento per le pensioni oltre 6 volte il minimo, vale a dire quelle fino a 3000 euro lordi al mese? E’ possibile che tale intervento sia previsto nella legge di stabilità a scapito però del reddito di cittadinanza o di inserimento come lo si vuole chiamare. Il caffè insomma sarà più dolce per chi lavora e più amaro per i disoccupati. ma le sigle sindacali sono d’accordo che va privilegiato chi lavora e chi ha lavorato piuttosto di chi non lavora ed è disoccupato.
Ma questo menù porterà davvero alla ripresa o sarà solo il tamponamento di situazioni che restano problematiche e complesse? La disoccupazione si riprenderà grazie al cuneo fiscale o sarebbe servita una manovra di taglio ben superiore per dare un segnale forte anche agli investitori stranieri? Intanto resta pane, acqua, sudore e sangue per le famiglie italiane su cui si è ripercossa l’Iva al 22%, la Tares e altre 100 tasse che hanno fatto quest’anno schizzare la pressione fiscale a livelli insostenibili… per migliorare la situazione di disagio di tanti cittadini c’è ancora tempo? La scuola, la sanità e i servizi al cittadino saranno ancora usufruibili a fronte dei tagli effettuati?
Come annuncia il quotidiano La Repubblica i tagli della Spending Review guidata da Carlo Cottarelli inciderà ancora. Per il momento si parla del prossimo taglio alla Sanità con circa 2 miliardi di ticket a rischio. ma il Governo assicura che non verranno intaccati i servizi… per chi può ancora pagarli?
Sembra che la spending review debba anche interessare i dipendenti pubblici. Il Governo è pronto a varare un piano che prevede un taglio di 200mila unità. Se si considera che complessivamente lo stato a 3 milioni di addetti si capisce la dimensione del provvedimento. Chi sarà colpito? L’idea è quella di mandare in pensionamento anticipato gli over 57 e risparmiare circa 2 miliardi di euro. Quindi si punterebbe su una riforma che andrebbe davvero controtendenza rispetto alla legge Fornero. Il punto d’incontro, forse, potrebbe essere quello di una promessa di ulteriori tagli più legati a superpensioni, consulenze e sprechi: che, specie secondo il leader della Cisl Bonanni, rappresentano il vero, grande problema della Pubblica Amministrazione. Naturalmente si rivedere gli stipendi dei manager pubblici non se ne parla. Si può intervenire su chi ha maturato un diritto acquisito? Con i Governi che si susseguono in forte successione, gli italiani non riescono più a progettare un futuro: dall’innalzamento dell’età pensionabile ora si va al prepensionamento? Naturalmente, tutto sulla pelle dei cittadini in balia delle idee del politico di turno.
Una nuova legge che viene già definita “tolleranza zero” contro il femminicidio e si presenta come un pugno duro contro la violenza di genere. Prima della pausa estiva il parlamento approva questa norma a tutela delle donne. Pur essendo della massima importanza la legge sembra arrivare alla fine di un percorso teso in cui le larghe intese vacillano e si cerca in tutti i modi di trovare punti di contatto che possano allontanare l’attenzione dal disequilibrio politico che si è creato dopo la sentenza Mediaset. In questo clima rovente, con un Pd, che ormai sembra l’ombra di se stesso, spaccato, poi suddiviso e ancora frammentato in correnti, idee, progetti, programmi e obiettivi che davvero sembrano in contraddizione e in competizione fra loro, e un Pdl che sta per perdere il suo premier, forse la cosa migliore era distogliere l’attenzione. Ma il Popolo della Libertà come prenderà le parole di Angelino Alfano a commento di un aspetto nuovo e importante della legge?
“Abbiamo deciso di concedere un permesso di soggiorno per motivi umanitari a quei soggetti che subiscono violenze e che siano stranieri”
Che reazioni ci saranno da parte della Lega? Verrà il dubbio a qualcuno che tante donne straniere denunceranno la violenza solo per ottenere un permesso di soggiorno?
Eppure la legge sugli atti persecutori c’era, perché l’unica cosa che non manca in Italia sono le leggi.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio (1).
Cosa cambia?
E’ previsto l’arresto obbligatorio in flagranza per delitti di maltrattamento familiare e stalking. “Alle forze di polizia viene dato di buttare fuori di casa il coniuge violento”, così ha commentato il ministro dell’Interno l’integrazione, che sembra una delle poche novità in materia di femminicidio.
“Dal punto di vista della prevenzione – ha chiarito – è importante, perché viene impedito a chi è violento in casa di avvicinarsi ai luoghi domestici”. Le norme approvate dal Cdm, ha spiegato Alfano, hanno tre obiettivi: prevenire la violenza di genere, punirla in modo certo e proteggere le vittime”. Ma tutto questo non è già insito in altre leggi? Non bastava fare un testo unico invece che una nuova normativa che ora si andrà a sommare all’articoli già preesistenti? “Lo scopo – ha detto – è quello di intervenire tempestivamente prima, di proteggere la vittima, di punire il colpevole e di agire perché la catena persecutoria non arrivi all’omicidio”.
Letta naturalmente ha toni entusiastici come da sempre si è imposto per creare un’immagine di ottimismo e di determinazione che possa farlo apparire, agli occhi degli elettori, come il motore per governo al servizio dei cittadini “Un decreto legge agile, solo 12 articoli. Avevamo promesso intervento duro a contrasto tutto ciò che va sotto nome femminicidio, la promessa ora è mantenuta. Il cuore del decreto è questo, vogliamo dare un segno fortissimo di cambiamento radicale sul tema, un chiarissimo segnale di lotta senza quartiere”.
Lotta senza quartiere alle leggi che esistono e non vengono applicate per farne delle nuove che a loro volta non troveranno le risorse necessarie per essere attuate? La prevenzione è solo questione di costi e risorse, ma con i tagli alla pubblica sicurezza operati dalla spending review come si può parlare di promessa mantenuta? Ci era stata promessa una legge o l’attuazione di misure preventive atte a difendere le donne?
Ai Fori Imperiali a Roma sfileranno 3300 tra militari e civili. Abbiamo risparmiato, come l’anno scorso, sulle frecce tricolore, ma non abbiamo rinunciato a sfoggiare le forze armate, come se per festeggiare la Repubblica fosse necessario mostrare la forza bellica. Uno Stato sono le sue forze armate? Non sono i suoi beni culturali, le sue tradizioni, le sue eccellenze? Siamo in Europa, abbiamo aderito al trattato di Schengen, e festeggiamo come se fossimo ancora una volta una nazione che si deve difendere? E se difesa ci deve essere non è certo quella militare, semmai è quella economica!
2 Giugno 2013 nonostante la spending review il programma di oggi prevede:
La deposizione di una corona di alloro sulla Tomba del Milite Ignoto alla quale partecipano le più alte cariche dello Stato, che poi presenzieranno subito dopo alla rassegna delle truppe schierate per la Parata. Tra i presenti, non potva mancare, alla sua prima uscita ufficiale, il nuovo capo della Polizia, il prefetto Alessandro Pansa.
Poi la parata sarà aperta come consuetudine dalla banda dei Carabinieri e sarà articolata in 7 settori!
Tra questi si inizierà con quello delle bandiere e degli stendardi delle nazioni amiche e alleate e degli organismi internazionali (una festa della Repubblica non dovrebbe far sfilare tutte le bandiere come simbolo di programmare nuovi accordi e nuovi equilibri anche con le altre nazioni?) Poi ci saranno le forze armate: il settore dell’Esercito, quelli della Marina, dell’Aeronautica, dell’Arma dei Carabinieri; il settore dei Corpi militari e ausiliari dello Stato (Gdf, Cri, Smom); quello dei Corpi armati e non dello Stato (Forestale, polizia di Stato, Polizia penitenziaria, Vigili del fuoco, Volontari del soccorso, Servizio civile nazionale, Polizia municipale).
Nel pomeriggio in concomitanza con l’apertura al pubblico dei Giardini del Quirinale, è previsto un concerto. Finalmente qualcosa che non sia militare? No, ancora le forze militari che suoneranno con i complessi bandistici della Guardia di Finanza, dell’Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato, della Aeronautica Militare, della Marina Militare e dell’Esercito.
Ma chi avrà il coraggio di uscire da questo protocollo tribale e proporre una Festa della Repubblica che sia pacifista e che possa rappresentare davvero una nazione e non le sole forze armate?
Per chi vuole la festa pacifista oggi può andare a Piazza Mignanelli, vicino a Piazza di Spagna, con un presidio-evento in cui le reti promotrici della “Festa della Repubblica che ripudia la guerra” (Rete Italiana per il Disarmo, Conferenza Nazionale Enti di Servizio Civile, Forum Nazionale per il Servizio Civile, Tavolo Interventi Civili di Pace e Campagna Sbilanciamoci) premieranno alcuni cittadini come “Testimoni di Pace”: donne e uomini del Servizio Civile, della Cooperazione allo sviluppo, della sanità e istruzione, del mondo del lavoro, della lotta alla criminalità organizzata, dell’informazione e un rappresentante degli stranieri senza cittadinanza. Uno speciale attestato verrà rilasciato alla memoria di Daniele Ghillani, giovane volontario in Servizio Civile all’estero morto in Brasile. Naturalmente questa manifestazione passerà nel silenzio più assoluto lontano dai riflettori mediatici che saranno tutti posti su via dei Fori Imperiali, dove ci saranno le massime cariche dello stato.
Solo la presidente della Camera Laura Boldrini è attesa oggi in un centro di Servizio Civile a Roma, “Salesiani per il Sociale”, dove incontrerà i promotori della “Festa della Repubblica che ripudia la guerra” oltre ai giovani che hanno scelto la strada del Servizio civile.
Va meglio in altre città lontane da Roma, come Bologna e Firenze dove le manifestazioni per i festeggiamenti saranno a sfondo più pacifista. Ad esempio nel capoluogo toscano la Festa della Repubblica è stata scelta come occasione per consegnare il riconoscimento della cittadinanza ai tre senegalesi feriti nell’agguato a sfondo razzista del 13 dicembre 2011 nel capoluogo toscano, costato la vita a due loro connazionali.
Ma come mai ogni anno si deve richiamare l’attenzione sulle forze armate? Non bastano le feste finanziate con i soldi pubblici che ogni reparto militare festeggia ogni anno in occasione del giorno della sua nascita? Come mai serve far sfilare il 2 giugno i militari? Probabilmente è indice di quella corsa al riarmo sotterranea di cui poco si parla (ad eccezione degli F35) e che ogni anno leva molte risorse allo stato italiano.
Ma l’Italia, paese che ripudia la guerra, perchè dovrebbe spendere tutti questi soldi per la difesa nazionale in un periodo di pace e in un’Europa in profonda crisi economica? Per le ambizioni di prestigio nazionale che animano i nostri generali? Per gli interessi economici dell’industria bellica?
Ecco il programma di spesa 2013 – 2014 – 2015 (spesa totale) in milioni di euro. (Fonte Dati: Il Fatto Quotidiano)
N.B:
I programmi elencati sono in ordine discendente di spesa per l’anno in corso
I programmi contrassegnati da asterisco sono quelli cofinanziati da altri ministeri
«La dovete smettere di dire balle su Roma. Non me ne vado giusto per il rispetto dei telespettatori. L’aumento dell’Imu è dipesa dal governo, per pagare i debiti delle amministrazioni di centrosinistra – sbraita il sindaco ospite a L’aria che tira su La7 – l’Imu è l’imposta statale unica, perché i proventi vanno allo Stato, oppure a ripristinare i fondi che sono stati tagliati per la spending review. Dovete smetterla di dire balle su Roma».
Ma Alemanno allora si schiera contro il Ministro dell’Economia Vittorio Grilli che rispondendo alla domanda della Lega se vi fossero iniziative a escludere la prima casa dall’applicazione dell’Imu aveva risposto che spetta ai Comuni e che è possibile l’eliminazione subito? La questione era proprio nelle mani dei Sindaci come lo era la decisione sull’aliquota da applicare.
Il Sindaco non vuole critiche. A poche settimane dalle elezioni comunali e a un giorno dalle primarie del centrosinistra che ha visto trionfare Ignazio Marino, Gianni Alemanno sembra cedere alla tensione e mostrare il suo lato più insofferente. Anche quando la conduttrice, Myrta Merlino, cerca di ricondurlo alla ragione parlando non di critica ma di cronaca, il sindaco di Roma, sembra continuare nel suo atteggiamento iroso nei confronti di quello che è solo il diritto d’informazione… poi finalmente arriva la pubblicità.
I fatti però sono sotto l’occhio di tutti i romani (e non solo). La criminalità è in aumento, la sporcizia sta sotterrando le opere d’arte e i siti archeologici e il vandalismo è in costante ascesa. L’ultima statua a essere danneggiata è stata la fontana della Dea Roma che si trova in piazza del Popolo. Da questa mattina manca il timone in mano alla statua del Tevere. Solo tre giorni fa ignoti avevano rubato la testa della statua “parlante” dell’Abate Luigi in piazza Vidoni.
Tempi di crisi, tempi di spending review. Anche a Mediaset dove il Presidente Fedele Confalonieri ha deciso di decurtarsi lo stipendio di 811mila euro. Nel 2012 Confalonieri ha guadagnato 2 milioni e 745mila euro (più 293mila in azioni) – 22 % rispetto all’anno precedente. Una percentuale molto simile a quella delle perdite pubblicitarie che il Biscione ha dovuto subire nel 2012.
I vertici della Camera (presidente, vicepresidenti e questori) rinunciano agli appartamenti di servizio. Arriva anche una stretta sull’utilizzo del parco auto. È quanto ha deciso l’Ufficio di presidenza di Montecitorio. L’Ufficio di presidenza della Camera ha dunque deciso, all’unanimità, di abolire gli appartamenti di servizio. Si tratta di otto abitazioni in tutto e il cui futuro è tutto ancora però da decidere.
È stato inoltre decisa una disciplina più restrittiva per le auto: il parco macchine a disposizione della Camera è dieci macchine che vengono utilizzate da circa 70 persone (tutti coloro che sono titolari di cariche), presidente incluso. D’ora in poi potranno essere usate solo all’interno del comune di Roma, per andare agli aeroporti di Fiumicino e Ciampino e solo per ragioni di servizio. Regole che potranno essere violate – è stato stabilito – solo in casi eccezionali e motivati.
I tagli alle spese del personale di segretaria dei deputati titolari di cariche (circa una settantina), il trattamento complessivo di questi ultimi e le spese di rappresentanza saranno oggetto di un’ulteriore riunione dell’Ufficio di presidenza di Montecitorio convocato per il prossimo martedì. Nell’incontro di oggi la discussione è stata solo avviata e l’obiettivo – viene evidenziato – è quello di raccordarsi con il Senato. Rinviato alla prossima settimana anche il capitolo dei contributi ai gruppi.
«Ridurre gli stipendi dei politici non è una soluzione per i mali del Paese, ma certamente è un buon biglietto da visita». Lo ha detto Laura Boldrini intervistata da Radio Anch’io (Radiouno). «È indispensabile – ha proseguito il presidente della Camera – dare un segnale di sobrietà e anche per questo invito i dipendenti della Camera a dare, d’accordo con i sindacati, un segnale positivo riducendo i loro stipendi».
Aria di crisi anche per Cosa nostra. I primi tagli sono scattati sugli stipendi mensili corrisposti ai familiari dei mafiosi detenuti. Ed è subito scoppiata la protesta: sono le donne a chiedere conto dell’ultima spending review del crimine, che non colpisce gli stipendi dei capimafia, ma quelli dei picciotti, ovvero i soldati delle cosche. Ecco l’ultimo racconto che emerge dal ventre di Cosa nostra palermitana: a raccoglierlo sono state le microspie della sezione criminalità organizzata della squadra mobile, che con la Procura antimafia ha condotto un’indagine sul clan della Noce, uno dei quartieri del centro città. Questa mattina, sei persone sono finite in manette: fra loro c’è l’ultimo capomafia nominato sul campo, è Renzo Lo Nigro, 41 anni. Era entrato in carica a ottobre, all’indomani di un altro blitz della polizia, che aveva decapitato il clan della Noce, con 41 arresti. Ma Cosa nostra è come un’azienda, ha una fortissima capacità di ricambio del management. Così, Lo Nigro non aveva perso tempo, prendendo subito la gestione del racket fra i negozi del centro città. Per fortuna, il blitz di ottobre non è stato vano. Le indagini coordinate dai sostituti procuratori Francesco Del Bene, Lia Sava e Gianluca De Leo hanno davvero messo in ginocchio l’azienda Cosa nostra, ridando soprattutto fiducia ai commercianti palermitani. Qualcuno si è anche opposto alle nuove richieste di pizzo. Ecco perché poi Lo Nigro si è trovato a dover fare tagli sulla gestione dei fondi in cassa. Ed è scoppiata la protesta di alcune donne di mafia.
“Deve campare a me, deve campare a mio marito – diceva la moglie di un boss arrestato nell’ultimo blitz a un’amica, anche lei nelle stesse condizioni – deve campare i miei figli. Novembre, dicembre, gennaio, e poi non si è visto più nessuno. Non è giusto che abbandoni mio marito”. Non era solo un sfogo questo. La donna contava di fare arrivare le lamentele al nuovo vertice mafioso rappresentato da Renzo Lo Nigro. Con Lo Nigro sono stati arrestati due suoi stretti collaboratori, Girolamo Albanese e Mario Di Cristina. Altri tre sono accusati di un traffico di droga: Vincenzo Cosenza, Alessandro Longo, Giorgio Stassi. Un quarto è ricercato. Cosa nostra ha ormai deciso di gestire direttamente il traffico di droga, non più delegando ai trafficanti di professione. Il nuovo business è la cocaina, che non è più la droga dei ricchi, ma ha un mercato di spaccio vario. I boss della Noce la vendevano a 55-60 euro a grammo.
ITALIA IN VENDITA… ANZI IN SVENDITA! SCANDALO MPS, BORSE IN CALO, SPREAD IN SALITA, CONDONI IN VISTA E IMU DA RESTITUIRE, IL TUTTO IN “SALSA” CAMPAGNA TELEVISIVA PIU’ CHE ELETTORALE. TRA UNA MINACCIA ECONOMICA DI MONTI E UNA SHOCK DI BERLUSCONI SEMBRA DI ESSERE NELL’ARENA DI HUNGER GAMES… IL POPOLO CHE SI SCANNA TRA UNA CLASSE MEDIA STRANGOLATA, LA CLASSE POVERA MORIBONDA E UNA SCHIERA DI BANCHIERI E POLITICI CHE BANCHETTANO SUGLI SCHELETRI…
Consenso quasi unanime per il taglio dei consiglieri in 3 regioni italiane: sicilia, sardegna e Friuli Venezia Giulia… a quando il taglio dei parlamentari e l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti???
I Prof si improvviseranno commessi di Biblioteca dopo i tagli all’Università La Sapienza di Roma per consentire la distribuzione dei libri necessari per le sessioni di laurea invernali.
Mentre piovono le manovre di Spending review, il comune di Trento risparmia sugli spazzaneve: verranno utilizzati in caso di precipitazioni oltre i 10 cm e in numero ridotto durante le ore notturne mentre sulle strade percorse da mezzi pubblici il loro impiego sarà costante così come lo spargimento del sale.
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