Marito e moglie cinesi di 30 anni, regolarmente residenti in Italia, avevano allestito un laboratorio per calzature anche di griffe dell’alta moda di livello nazionale e internazionale, nel quale impiegavano oltre venti connazionali, in due villette nella provincia di Pavia, ad Albonese e Parona. A fare la scoperta, i carabinieri di Vigevano. Stando a quanto riferito, gli operai lavoravano fino a quasi 20 ore al giorno, principalmente di notte, per poi dormire in stanzette e giacigli dov’erano stivati una cinquantina di bidoni da 30 litri di solventi usati per la lavorazione del cuoio. Come riporta Repubblica, molti di questi contenitori rimanevano aperti e le esalazioni venivano respirate da tutti i presenti senza sistemi di bonifica e sicurezza. Inoltre i solventi erano altamente infiammabili e avrebbero potuto provocare una strage come quella di Prato. Nel laboratorio, oltre agli operai, anche le loro famiglie, compresi bimbi di pochi mesi. Ora la coppia titolare dei laboratori è stata denunciata con l’ipotesi di riduzione in schiavitù. Denunce sono scattate anche per due italiani, un uomo di 32 e una donna di 46 (entrambi della zona e con precedenti penali). I due erano i proprietari delle villette e la denuncia che li ha colpiti riguarda gli abusi edilizi commessi per trasformare le case in laboratori. Si sospetta che i due siano solo dei prestanome. Gli operai cinesi, tutti in regola sul territorio italiano, sono stati identificati.
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Due laboratori-lager scoperti in provincia di Pavia: ci lavoravano 20 cinesi
Pubblicato da tdy22 in dicembre 6, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/12/06/due-laboratori-lager-scoperti-in-provincia-di-pavia-ci-lavoravano-20-cinesi/
Piero Fassino smantella il Virtual Park… addio cinema?
L’eredità di Sergio Chiamparino verrà cancellata da Piero Fassino, che stretto dalla Spending Review ha deciso di chiudere gli studi cinematografici. Il Virtual Park, quel Polo che doveva dare nuova linfa al cinema italiano verrà smantellato. Così scrive Giorgio Ponziano su Italia Oggi:
Si chiude. Niente più studios, niente più ebbrezze cultural-chic. Infatti quando a Fassino hanno comunicato che doveva sborsare 2 milioni di euro per ripianare l’ennesimo passivo, è saltato sulla sedia. È vero che il capitale sociale del Virtual Park non è tutto sul groppone del Comune, che ne detiene il 76,5 %. Ma il resto (23,4 % è a carico della Regione attraverso Finpiemonte e qualche spicciolo appartiene alla Provincia) grava pur sempre sulle spalle pubbliche, cioè dei cittadini. I quali finora hanno comunque pagato ogni anno milioni di euro per ripianare il rosso dei bilanci del parco virtuale, senza che nessuno muovesse un dito.
In verità tutto questo una paternità ce l’ha. E risale al 1999 quando l’allora sindaco Valentino Castellani decise che l’operazione andava fatta e avviò l’iter per costituire una società pubblica col compito di promuovere «contenuti tecnologici, sociali, culturali ed economici della multimedialità con particolare riguardo alla realtà virtuale ed alle sue applicazioni, in ambito locale, nazionale ed internazionale, nonché di sviluppo nel territorio di attività produttive e imprenditoriali capaci di utilizzare, anche commercialmente, le esperienze, i risultati e le realizzazioni prototipali delle ricerche e delle attività promosse e monitorate dal Parco Tecnologico nel settore della realtà virtuale».
Caspita. Di fronte a un programma così agguerrito nessuno si chiese l’effettiva fattibilità, al contrario accorsero a festeggiare Camera di commercio, università, Politecnico. E l’Europa accordò un po’ di fondi. Poi avvenne il solito fuggi-fuggi all’italiana. Si sfilarono tutti e l’Europa chiuse la cassaforte. Il Comune rimase col cerino in mano e siccome un aiuto non si nega a nessuno arrivò la Regione a supportare la totale pubblicizzazione della società. Valentino Castellani continuava a sostenere che il Virtual Park e la cinecittà torinese erano un vanto e tutto procedeva a tarallucci e vino. Del resto, Piero Fassino, che in questi giorni ha deciso per il colpo di spugna, ha contemporaneamente promosso Castellani, ponendolo a capo di Idee per Torino, che dovrebbe coordinare la costituzione della città metropolitana torinese in vista della legge che il parlamento dovrebbe approvare dopo avere cassato le Province.
Ma la vicenda del Virtual Park ha altri aspetti ambigui. In tutti questi anni sono successe cose strane. A un certo punto è entrata una società privata con l’impegno di versare un canone al Comune ma in realtà non ha mai versato nulla e quando il suo debito è diventato elevato, ha dato forfait. Che ha fatto il Comune? Anziché portare in tribunale la società privata ed esigere il pagamento del dovuto ha acquisito azioni della società per l’importo del debito così che essa si è trasformata da creditore a debitore.
«È stata un’operazione sciagurata – commenta il capogruppo di Sel in Comune, Michele Curto – ma la città non ha fiatato, si è trattato si larghe intese ante-litteram».
Ancora: all’interno del Virtual Park è nato un fondo, EndGame, partecipato da una misteriosa società ubicata negli Stati Uniti. Il fondo pose la propria sede in Irlanda per avere agevolazioni fiscali, con buona pace della guardia di finanza. È stato finanziato coi soldi pubblici, gli americani non vi hanno messo neppure una lira, doveva «attrarre finanziamenti finalizzati alla produzione dei film» ma non si è mai vista una macchina da presa. Conclusione: bagno di sangue economico e chiusura del fondo.
Eppure il progetto davvero sarebbe stato un salto in avanti in un’Italia che invece investe solo e unicamente nell’industria più classica senza capire che ci vorrebbe una riconversione delle attività produttive. L’ex vicesindaco Tom Dealessandri afferma: «Non è il momento di mettere in liquidazione la società.. Le potenzialità ci sono. Perché si dovrebbe mettere a rischio il patrimonio della città negando l’intervento finanziario?».
Che fare del complesso di 38mila metri quadri? Uffici, studi e laboratori che verranno chiusi perché ancora una volta in Italia non si è capito il potenziale economico e l’offerta tecnologica che poteva davvero essere il motore propulsivo non solo di Torino, non solo del Piemonte, ma anche di una nazione che poteva davvero offrire professionalità e creatività a livello internazionale. E questo naturalmente senza calcolare l’indotto che poteva portare… da queste macerie forse si comprende l’inadeguatezza di quanti non sono stati in grado di far decollare il progetto e hanno gettato, forse, per sempre una delle più grandi opportunità italiane di ripresa.
Ma fin quando i progetti, magari iniziati male, ma che hanno in sé un grande potenziale vengono criticati e abbandonati, questo Paese davvero sembra non aver nulla da offrire alle generazioni future.
Pubblicato da tdy22 in ottobre 29, 2013
https://tuttacronaca.wordpress.com/2013/10/29/piero-fassino-e-smantella-il-virtual-park-addio-cinema/
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