E’ morto alle 12.25, nella sua abitazione romana, uno dei protagonisti della vita politica italiana della seconda metà del XX secolo: Giulio Andreotti, uno dei principali esponenti della Democrazia Cristiana. Nato a Roma nel 1919, Andreotti ha rivestito per sette volte la carica di Presidente del Consiglio dei ministri ed è in seguito stato nominato senatore a vita. Ha anche ricoperto il ruolo di ministro della Difesa, degli Esteri, delle Partecipazioni Statali, delle Finanze, del Bilancio e dell’Industria, del Tesoro, dell’Interno, dei Beni Culturali nonché delle Politiche comunitarie. Dal 1945, la sua presenza nelle assemblee legislative italiane è stata una costante.
Nel 2003 la Corte d’Appello di Palermo l’ha giudicato per concorso esterno in associazione mafiosa: assolto i per i fatti successivi al 1980, per quelli anteriori, per i quali era sopravvenuta la prescrizione, è stato dichiarato il non luogo a procedere.
Andreotti ha svolto funzione di Presidente del Consiglio del governo di “solidarietà nazionale” durante il rapimento di Aldo Moro, che aveva conosciuto negli anni in cui ricopriva l’incarico di l’incarico di direttore di Azione Fucina (la rivista degli universitari cattolici), proprio mentre Aldo Moro assumeva la presidenza dell’associazione.[8] Quando nel 1942 questi fu chiamato alle armi, Andreotti gli successe nell’incarico di presidente, incarico che mantenne sino al 1944:“Con Moro ci conoscevamo fin dai tempi della Fuci, lui era presidente, io dirigevo l’Azione fucina, e quando lui lasciò la carica presi il suo posto. Quindi una dimestichezza che risaliva a prima della politica. […] ho sempre avuto con lui una relazione molto facile, proprio perché c’era questo legame universitario.”
Ma Andreotti, nella sua lunga attività, ebbe anche rapporti con Carlo Alberto Dalla Chiesa, Michele Sindona e Licio Gelli e fu sicuramente uno dei politici italiani più conosciuti, ma anche tra i più discussi.
“Il potere logora chi non ce l’ha”
-Giulio Andreotti-