Dignità e nessuna polemica, Ambrosoli si allontana in silenzio

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C’è chi in Italia, con dignità e senza polemica, si allontana in silenzio invece di gridare la sua rabbia e la sua verità. Nel giorno del Divo Giulio, Umberto Ambrosoli, figlio dell’Eroe Borghese, come venne definito nel libro di Stajano, lascia l’aula del consiglio regionale della Lombardia mentre è in corso la commemorazione di Andreotti.

”Ho una storia personale che si mischia” coi lati oscuri di quella di Andreotti, “ma non è il caso di fare polemiche: è giusto che le istituzioni ricordino gli uomini delle istituzioni, ma chi ne fa parte faccia i conti con la propria coscienza. E’ comprensibile – ha aggiunto Ambrosoli – che in occasione della morte di persone che hanno ricoperto ruoli istituzionali di primo piano le istituzioni le commemorino. Ma le istituzioni sono fatte di persone, ed è legittimo che queste facciano i conti con il significato delle storie personali”.

Quella storia che si ferma l’11 luglio del 1979 quando Giorgio Ambrosoli stava rincasando dopo una serata trascorsa con amici e lì sotto il suo portone il sicario William Joseph Aricò esplose quattro colpi con una 357 Magnum. Aricò venne pagato 25mila dollari in contanti da Sindona e poi ci fu anche un bonifico di altri 90mila dollari su un conto bancario svizzero. Chi aveva messo in contatto Aricò con Sindona? Il suo complice Robert Venetucci, un trafficante di eroina legato a Cosa Nostra americana. Nei pedinamenti che Aricò compì a danno di Ambrosoli per mettere a punto ogni piccolo particolare fu accompagnato da Giacomo Vitale, l’autore delle telefonate anonime, cognato del boss Stefano Bontate che era in collegamento, come confermato dall’istruttoria e dalle sentenze del maxi processo di Palermo, con l’allora ministro della Difesa, Giulio Andreotti. 

Per Ambrosoli non ci fu nessuna autorità pubblica che presenziò ai suoi funerali, eccezion fatta di alcuni esponenti della Banca d’Italia. Ma i politici di allora non sono poi così diversi da quelli di oggi… Non avere istituzioni al funerale significa solo essere morto in nome e per conto del Popolo Italiano e non del sistema politico corrotto e colluso con l’organizzazioni criminali.

Il gesto di Umberto Ambrosoli oggi è in linea con il gesto di quell’Eroe Borghese morto per non “assecondare”, per non “collaborare” e per “non confondersi” con chi oggi le istituzioni piangono.

Il tempo passa, i nomi cambiano, i crimini verso il Popolo Italiano restano gli stessi, quelli di sempre con modalità diverse, ma sempre tesi a difendere privilegi e potere, mai volti ad aiutare i cittadini… Un governo al servizio del potere?

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Cirino Pomicino tra lacrime e nuove verità!

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“Il giudice Giovanni Falcone si reco’ dal senatore Andreotti in compagnia dell’europarlamentare Salvo Lima. Come puo’, quindi, Lima essere accusato di ‘mafiosita’?” Si apre così la difesa di Andreotti da parte di Pomicino, contro il tribunale capeggiato, in studio, dal direttore de il Fatto Padellaro. “Incontrai Falcone a Roma proprio davanti all’ufficio di Andreotti – dice Pomicino – mentre era in compagnia di Lima. Vi si era recato – era il 1989 – per spiegare ad Andreotti le ragioni per le quali aveva denunciato un democristiano per via dell’omicidio Mattarella”.

Una versione tutta nuova rispetto a quella che lo stesso Pomicino dichiarò nel 2002 e ripresa spesso dall’avvocato di Andreotti Franco Coppi, secondo cui la strana visita serviva a “chiedere aiuto per lasciare Palermo”

Cirino Pomicino che cambia versione, poi arrivano le lacrime. Un pianto per il suo amico di una vita. Quel Giulio a cui chiedere consiglio (e non solo) e quel “santo” a cui appellarsi sempre. Ma fino a quando dovremo assistere al protagonismo di vecchie leve politiche, spesso con passati imbarazzanti che continuano a cercare il protagonismo in tv, radio e ogni occasione pubblica per sentirsi ancora addosso quell’ “odore di potere” ormai perso da troppo tempo?

Forse arriverà un giorno che ci rimpiangeremo Andreotti?

L’archivio segreto del Divo Giulio!

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Che ne sarà dell’archivio segreto del Divo Giulio?

Ora che Andreotti è morto a chi andrà in eredità l’Archivio Segreto dell’eminente politico italiano? Ognuno di quei 3500  faldoni racchiude una storia, una verità o un mistero. Già nel 2007 erano stati considerati “di interesse storico particolarmente rilevante” e sono stati trasferiti da via Borgognona, 47 in via delle Coppelle, 35 nel Palazzo Baldassini. Solo l’Ansa ha avuto il permesso di fotografarli e di visitarli nel caveau blindato dell’Istituto Don Sturzo. C’è oggi qualcuno che trema? Qualcuno che vuole metterci le mani sopra? Qualcuno che vuole manometterli? Chi sono i nomi che ricorrono in quei faldoni?

C’è al momento un progetto, il cosidetto Giuli.a, per rendere fruibile quella documentazione attraverso moderne forme di comunicazione. Ma sarà tutto fruibile o il materiale sarà scelto accuratamente?

Flavia Nardelli, dell’istituto Luigi Sturzo dichiarò all’Ansa, al momento della presentazione del progetto “Giuli.a”, sull’archivio segreto di Giulio Andreotti, dichiarò all’Ansa: “L’Archivio Andreotti rappresenta un punto di grande forze per l’istituto e per noi è stato un grande onore quando il Presidente ha deciso di depositarlo e di donarlo all’istituto. È un archivio straordinariamente grande perché è fatto di 3.500 faldoni, quando normalmente un archivio medio è fatto di 500-600 faldoni e già questo fornisce un’idea della dimensione di questo archivio. Il suo archivio è molto ricco di carte, documenti, lettere, fotografie, interviste e l’interesse è proprio nella complessità di queste fonti che costruiscono dei percorsi particolarmente significativi.”

Naturalmente tra le sezioni più significative dell’archivio segreto vi è quella della politica estera che potrebbe chiarire molti misteri della storia italiana. Si va da un faldone con sopra scritto “Libano”, “Viaggio in Asia” o “Ebrei”.

Ci sono testimonianze dei rapporti tra Occidente e Est-Sovietico negli anni della Guerra Fredda come quando Giulio Andreotti invitò Andrei Gromyko, un potente sovietico ministro degli Esteri russo, a ripensare al boicottaggio di Mosca nei confronti delle Olimpiadi di Los Angeles. Foto di visite ufficiali con i potenti esteri, immagini di bombardamenti, visite di altri politici come Craxi in Cina: il divo Giulio Andreotti conserva tutto, dalle pietanze dei menù consumati all’Estero, al programma della crociera. Ci sono anche ricordi personali come il diario scolastico del bambino Andreotti della quarta elementare della scuola Diaz di Milano risalente al 1928 dove racconta dell’attentato al Re del 16 aprile del 1928, in cui morirono 16 persone in piazza Giulio Cesare.

Il progetto a cui si mira è un archivio digitale che permetta di cercare in modo guidato, attraverso alcune parole chiave, i contenuti di proprio interesse attraverso l’interazione con il sistema. Possiamo davvero aspettarci una specie di wikileaks all’italiana?

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Andreotti affronta ora l’ultimo grado di giudizio! Paradiso o Inferno?

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I giudizi su Andreotti non possono essere unanimi… Una figura dai molti lati oscuri e soprattutto troppe conoscenze legate al mondo della criminalità organizzata. Un credente poi, di quelli più intransigenti, che si battono il petto ogni giorno dell’anno, ma che sanno anche fare compromessi.  Ma come è stata presa la notizia della morte di Andreotti in Italia?

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Giorgio Napolitano: “Sulla lunga esperienza di vita del senatore Giulio Andreotti e sull’opera da lui prestata in molteplici forme nel più vasto ambito dell’attività politica, parlamentare e di governo, potranno esprimersi valutazioni approfondite e compiute solo in sede di giudizio storico”. Poi il Presidente della Repubblica ha inviato il saluto alla famiglia Andreotti  “A me spetta in questo momento rivolgere l’estremo saluto della Repubblica a una personalità che ne ha attraversato per un cinquantennio l’intera storia, che ha svolto un ruolo di grande rilievo nelle istituzioni e che ha rappresentato con eccezionale continuità l’Italia nelle relazioni internazionali e nella costruzione europea”. Esprimo alla gentile consorte signora Livia e a tutti i familiari la mia vicinanza e sentita partecipazione al loro cordoglio, anche nel ricordo dei rapporti di collaborazione istituzionale e personali che intrattenni con lui in diversi periodi della vita nazionale”.

Enrico Letta, Presidente del Consiglio dei Ministri: ”Protagonista della democrazia italiana sin dalla nascita della Repubblica dopo i traumi della dittatura e della guerra, ininterrottamente presente nelle istituzioni e nelle assemblee rappresentative, con lui se ne va un attore di primissimo piano di oltre sessant’anni di vita pubblica nazionale. Alla famiglia le sentite condoglianze personali del presidente del Consiglio e del governo tutto”. E Letta sarebbe il Presidente che guida il Governo del cambiamento e delle riforme? Colui che compiange Andreotti?

Romano Prodi: “Esprimo le mie più sentite condoglianze ai familiari del presidente Giulio Andreotti. Con lui scompare uno statista che ha segnato le fasi più importanti della storia politica e istituzionale del dopoguerra”. Per fortuna che non è diventato Presidente della Repubblica, altrimenti avremmo avuto anche i funerali di Stato e la camera ardente.

A Prodi fa eco Giuseppe Ciarrapico: “Un amico affettuoso e un grande statista… Abbiamo condiviso una vita”, compresi “i momenti terribili, quando la Procura di Palermo si scatenò contro di lui e io testimoniai in Aula per più di un’ora.”

Clemente Mastella: “Quando feci il ministro chiesi un consiglio ad Andreotti e Cossiga. Andreotti, davanti ai miei dubbi, mi disse che avevo il dovere di andare a eliminare la contrapposizione tra magistratura e politica, aggiungendo che il consiglio veniva da chi aveva sofferto moltissimo… Sono abbastanza commosso. Lui stette a casa mia durante la festa di Telese e colpì i giovani in modo fascinoso. Il cinismo di Andreotti, le voci sui suoi archivi, i ricatti sinceramente sono aspetti che non ho mai avuto occasione di constatare, anzi io con Evangelisti ho fatto da cerniera ai tempi della segreteria De Mita e quando c’erano motivi di tensione, io facevo da mediatore”.

Renato Brunetta: “Credo che ad Andreotti, nella diversità di idee e di temperamento, chiunque ami la politica e l’Italia, debba in queste ore inchinarsi davanti alla sua memoria. Giulio Andreotti, senatore a vita, sette volte presidente del Consiglio, membro del Parlamento repubblicano sin dalla prima seduta  è stato una personalità di eccezionale rilievo nella vita politica italiana e internazionale. In questa giornata di emozione vorrei ricordarlo in due momenti diversi. Quello iniziale, allorchè, collaborando con De Gasperi, ha al suo seguito esaltato la capacità del nostro Paese di risorgere dalle macerie del dopoguerra. E quello finale, quando con dignità ha dovuto sopportare una amara vicenda giudiziaria, da cui è uscito vincitore ma ferito”. E Brunetta siede nei banchi dei parlamentari che hanno dato la fiducia al Governo di Servizio al popolo e di riforma? Qualcuno che rimpiange Andreotti che cambiamenti può fare per gli italiani?

Ferdinando Casini: “La mia è una riflessione reazione da amico perché l’ho conosciuto Andreotti tanti anni fa. Da giovane ho seguito un grande partito, la DC, di cui Andreotti è stato sempre un punto di riferimento. Era molto ammalato e tutti sapevamo la sua condizione di estrema gravità. È stato un grande personaggio, uno statista di cui si è parlato bene e male alternativamente e la storia gli darà un giudizio più serio di quanto i suoi detrattori gli hanno dato in vita”. Quanti amici di Andreotti abbiamo in Parlamento?

Schifani: “Scompare simbolo della nostra vita democratica. Un uomo che è stato capace, con alto senso dello Stato e con un’intelligenza non comune, di segnare tanti momenti fondamentali delle nostre istituzioni. Sono vicino ai suoi familiari in questo momento di dolore, anche a nome di tutti i senatori del Popolo della Libertà”.

Unione Monarchica: Uomo di Stato, dichiarò di aver votato Monarchia al referendum.” In caso uomo di Monarchia!

Adesso che avrà a che fare con Dio, chiederà un posto

Giulio Andreotti, protagonista della vita politica italiana, è morto

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E’ morto alle 12.25, nella sua abitazione romana, uno dei protagonisti della vita politica italiana della seconda metà del XX secolo: Giulio Andreotti, uno dei principali esponenti della Democrazia Cristiana. Nato a Roma nel 1919, Andreotti ha rivestito per sette volte la carica di Presidente del Consiglio dei ministri ed è in seguito stato nominato senatore a vita. Ha anche ricoperto il ruolo di ministro della Difesa, degli Esteri, delle Partecipazioni Statali, delle Finanze, del Bilancio e dell’Industria, del Tesoro, dell’Interno, dei Beni Culturali nonché delle Politiche comunitarie. Dal 1945, la sua presenza nelle assemblee legislative italiane è stata una costante.

Nel 2003 la Corte d’Appello di Palermo l’ha giudicato per concorso esterno in associazione mafiosa: assolto i per i fatti successivi al 1980, per quelli anteriori, per i quali era sopravvenuta la prescrizione, è stato dichiarato il non luogo a procedere.

Andreotti ha svolto funzione di Presidente del Consiglio del governo di “solidarietà nazionale” durante il rapimento di Aldo Moro, che aveva conosciuto negli anni in cui ricopriva l’incarico di l’incarico di direttore di Azione Fucina (la rivista degli universitari cattolici), proprio mentre Aldo Moro assumeva la presidenza dell’associazione.[8] Quando nel 1942 questi fu chiamato alle armi, Andreotti gli successe nell’incarico di presidente, incarico che mantenne sino al 1944:Con Moro ci conoscevamo fin dai tempi della Fuci, lui era presidente, io dirigevo l’Azione fucina, e quando lui lasciò la carica presi il suo posto. Quindi una dimestichezza che risaliva a prima della politica. […] ho sempre avuto con lui una relazione molto facile, proprio perché c’era questo legame universitario.”

Ma Andreotti, nella sua lunga attività, ebbe anche rapporti con Carlo Alberto Dalla Chiesa, Michele Sindona e Licio Gelli e fu sicuramente uno dei politici italiani più conosciuti, ma anche tra i più discussi.

“Il potere logora chi non ce l’ha”

-Giulio Andreotti-

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