Cosa aspettarsi sul tema pensioni dai neo ministri del Lavoro e dell’Economia

pensioni-governo-renzi-tuttacronacaIeri Matteo Renzi ha chiesto, ottenendola, la fiducia al Senato ma nel suo discorso non ha parlato del tema pensioni. Questo tuttavia non dovrebbe allarmare, visto che le innovazioni per quel che riguarda il mercato del lavoro potrebbero offrire aperture proprio sul tema pensionamento. Le risposte che ci si attende sono, tra le altre, quelle alla questione esodati per risolverla una volta per tutti. Come spiega businessonline.it:

gli esodati continuano ad aumentare per effetto delle norme pensionistiche entrate in vigore con la legge Fornero e si tratta di un errore a cui è necessario porre fine. La legge previdenziale in vigore infatti, quando elaborata, non ha tenuto conto della specificità di alcuni comparti, come quello della scuola, nè di accordi stipulati da lavoratori con le proprie aziende per andare in pensione prima. Tutto questo ha creato una discrepanza di tempi dando vita ai cosiddetti esodati, coloro cioè che si ritrovano senza reddito e senza pensione, costretti a vivere ai margini e in condizioni di grave precarietà. Nonostante poi i tre decreti di salvaguardia dell’ex governo Monti, che hanno coinvolto 130mila persone, e quelli dell’ex governo Letta, sono ancora pochissimi coloro che effettivamente ricevono l’assegno pensionistico. Motivo per il quale è stata innanzitutto richiesta una ricognizione puntuale di coloro che ancora necessitano della tutela stabilita e per cui il nuovo premier incaricato, Matteo Renzi, sin dal suo discorso in virtù delle primarie, ha posto gli esodati come ‘situazione fondamentale’ da risolvere. Nonostante, dunque, ieri, nel suo discorso al Senato per la fiducia non abbia fatto accenno a questa categoria di persone, sembra scontato un impegno per scongiurare che la situazione diventi ancor più grave, che probabilmente potrebbe essere collegato ad una riforma del lavoro già nei piani del nuovo governo.

Anche pensioniblog.it parla dell’attuale esecutivo ricordando che, in un primo momento, per quel che riguarda le cariche di ministri del Lavoro e dell’Economia, si erano fatti i nomi di Guglielmo Epifani, ex segretario Cgil, e Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro. Entrambi  facevano ben sperare su possibili modifiche, mentre ora, al constrario, nascono dubbi dalla nomina di Pier Carlo Padoan e Giuliano Poletti che dovranno, una volta per tutte, sciogliere il nodo esodati, risolvere la questione dei pensionandi appartenenti alla cosiddetta Quota 96 e pensare a piani di uscita flessibile per le pensioni di vecchiaia e anzianità. Perchè l’insorgere dei dubbi? Si legge:

Sono due ministri che, sulle pensioni, non hanno mai criticato apertamente la Legge Fornero, ma hanno manifestato intenzioni di cambiamenti sul lavoro. Ma, proprio modificando il lavoro, potrebbero arrivare modifiche anche sul fronte delle pensioni, a partire dalla possibilità di uscita flessibile – anche con penalizzazioni – per permettere ai più vecchi di uscire, cercando di arginare la formazione dell’esercito degli esodati, e far assumere i più giovani; sino ad arrivare a misure che possano risolvere le iniquità sociali per precoci e usuranti.

Per quel che riguarda il neo ministro del Lavoro,

appartiene all’area della Sinistra italiana, proviene da una lunga militanza nel partito Comunista ed è Presidente della Lega cooperative Nazionale; I lavoratori in toto attendono molto da lui nella speranza che possa essere impressa una decisa accelerata in tema di riforma delle pensioni entro questo 2014. A tal proposito Poletti si muove principalmente verso un risveglio delle imprese e propone, infatti, incentivi all’imprenditoria dei giovani e delle donne, agevolazioni fiscali alle aziende che assumono, e un rilancio generale delle piccole-medie imprese.

Diversamente, il neo ministro all’Economia Padoan,

sostanzialmente avanza l’ipotesi della tassazione sul patrimonio e la detassazione del lavoro, che è quella, a suo parere, che maggiormente blocca la crescita del paese. Ricordiamo – purtroppo – che Padoan si trova favorevole all’allungamento dell’età pensionabile a beneficio dei conti pubblici, poiché, a suo dire, è così che si stabilirebbero le possibilità di lavoro e risalirebbe il livello dei consumi italiani.

Padoan ha recentemente affermato, nel corso di un’intervista rilasciata al Wall Street Journal: “Il risanamento è efficace, il dolore è efficace”, intendendo così la via dell’austerity sia la sola al momento percorribile per uscire dall’impasse nel quale l’intera nazione si trova.

Se l’austerity di cui parla Padoan dovesse servire a recuperare i fondi necessari a ricreare, a distanza di anni, una rinnovata sostenibilità del sistema previdenziale (finalità che a conti fatti ispirò anche la riforma Fornero), il sistema previdenziale potrebbe trovare una soluzione definitiva… ma a che prezzo? Oltre alle questioni prettamente economiche ne entrano poi in gioco altre di natura evidentemente sociale, civile e politica; è diventato impensabile che si continui a negare il diritto alla pensione a tutta una serie di lavoratori che a causa degli errori tecnici contenuti in una riforma, risultano impossibilitati ad accedere al trattamento pensionistico, ecco che un primo intervento potrebbe essere proprio quello di modificare il dispositivo normativo della stessa Legge Fornero. Ne va dell’onorabilità del patto cittadini-Stato già pesantemente incrinato dalle ultime vicende. Dall’altra parte, precoci e usuranti hanno già raggiunto il massimo degli anni di contributi ma non possono accedere alla finestra pensionistica per via del mancato raggiungimento dell’età pensionabile, ecco che una riforma delle pensioni che consenta di attribuirgli il diritto all’uscita dal lavoro (magari tramite una forma di prepensionamento) rappresenterebbe la chiave non solo per sbloccare la loro situazione ma anche per creare nuovi posti di lavoro e dunque per fomentare un ricambio generazionale ormai indispensabile per il tessuto lavorativo italiano.

Non resta quindi che attendere e scoprire quali saranno le linee scelte dal nuovo governo.

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3 commenti

  1. deny

     /  marzo 5, 2014

    Penso che in pensione bisogna andare passati i 50 anni, dopo aver versato contributi per almeno 30 e se si desidera, pagare gli anni a gettone all’IMPS, poi, se si è in possesso delle buste paga, ricostruire anche gli anni o i mesi in nero,questo per tutti, non solo per medici e dirigenti che già usufruiscono di altri benefici.
    Abbassare le pensioni ai parlamentari e mandarli in pensione dopo almeno 30 anni di servizio, oltre al solito discorso delle auto, aerei, rimborsi… ci sarebbero così un po’ di soldi per gli esodati.
    Non pagare un disoccupato , anche se laureato più di un comune dipendente che lavora da anni.
    I disoccupati, la gavetta ci sono sempre stati e non si veniva pagati…allora, si dovrebbero pagare i disoccupati di allora, se non economicamente, come anni di servizio, da quando si sono diplomati a quando hanno trovato lavoro.
    I Nomadi è ora che se vogliono sostare ed avere qlc beneficio, invece di importunare, rubare, sporcare, si dedichino a lavori socialmente utili…si risparmierebbe l’assunzione di laureati per questo tipo di lavoro…così dicasi per i ladri carcerati, invece di percepire un salario che a loro non dovrebbe servire, riscattano la loro pena con lavori gratis.(come ripulire e sistemare il carcere…)

    Rispondi
  1. I nostri 7 giorni: in attesa di scoprire una direzione… | tuttacronaca

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