Gli rasava la testa, gli prendeva le mani e pregava insieme a loro. Poi, un arto alla volta, li legava stretti alla sedia. Usciva dalla stanza e aspettava l’ok per premere il bottone che faceva partire l’elettricità così potente da friggerli in pochi secondi, quasi sempre.
Jerry Givens è stato uno dei boia della Virginia State Penitentiary di Richmond, dal 1982 fino al 1999, tra sedia elettrica e iniezioni letali ha eseguito la condanna a morte di 62 persone.
Cosa si prova ad avere il potere d’interrompere una vita per sempre? Givens non sa rispondere a queste domande. «Perché mi estraniavo totalmente dall’atto, mi concentravo su tutto quello che di meccanico c’era da fare. Pensavo che il loro fosse una sorta di suicidio: se uccidi o violenti una donna in uno stato dove esiste la pena di morte te la sei cercata, mi dicevo. A 14 anni ho assitito all’omicidio di un’amica e da lì mi sono convinto che la pena di morte fosse giusta». Ma se prima era un sostenitore della pena capitale, da 10 anni Givens lotta in prima linea per la sua abrogazione. A fargli cambiare idea sono stati i 4 anni di prigione con l’accusa di riciclaggio. Nonostante si sia sempre dichiarato innocente, quel tempo dietro le sbarre gli ha fatto ripensare ai momenti passati a schiacciare bottoni mortali, o a premere siringhe al veleno. Spesso ripensa alla sua prima esecuzione, alla paura e al freddo di quel sotterraneo dove per la prima volta ha ucciso un uomo.
Ma oggi, Givens viaggia per gli stati in cui è ancora in vigore la pena di morte e racconta la sua storia, sperando che l’America capisca la brutalità di certe leggi.
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