Amo Tour ha preso il via e Renato Zero, da grande padrone di casa, in quel Palalottomatica di Roma che diventa un salotto/discoteca ospita un’orchestra da 34 elementi completamente in total look white e un gruppo di ballo che accompagna i brani più ritmati, con le coreografie di Bill Goodson. I ballerini restano anche in slip sulle note di “Vizi e Desideri” mentre sul mega schermo passano immagini di serrature… e il pubblico diventa una sorte di “voyeur”.
Prevale l’effetto amarcord anche per gli abiti dove le piume sono limitate e anche le paillettes hanno un ruolo di secondo piano. Non sono più le stravaganze sartoriali degli anni ’70, peraltro in mostra nel palazzetto, ma rivisitazioni pacate che danno un effetto in linea con la ormai consolidata sobrietà del personaggio.
Nel gioco di rimandi tra passato e presente è forte il richiamo al tempo che passa. Le “sessanta atmosfere”, come ha definito la sua età costringono Zero ad un bilancio e la capacità di emozionare da un palco, in fondo, lo aiuta, ad esorcizzarne l’impatto ma, a sentir lui, il fil rouge dell’evento, in fondo, è tutto nel titolo dell’album e del tour, perché “l’amore è quello che conta”. Lo spettacolo non ha deluso il pubblico di appassionati, riscaldatosi soprattutto per i cavalli di battaglia ‘Baratto’, ‘Il Cielo’, ‘Triangolo’ e ‘Il carrozzone’.
Un pubblico al quale il cantate ha proposto anche tutti i 14 brani dell’ultimo album ‘Amo’ giocando con i rimandi di una scenografia eccentrica a forma di un enorme specchio da camerino, Zero non ha perso l’occasione per restare sull’attualità con la clip girata da Alessandro D’Alatri nel carcere femminile di Latina che ha accompagnato il brano “Un’apertura d’ali”, composto da Gian Carlo Bigazzi. Altro momento ad alto tasso di emotività è stato il ricordo di Lucio Dalla, con la canzone ‘Lu’. E poi l’ironia inedita rivolta al capo dello Stato, “se Napolitano non ha fatto me cavaliere del lavoro, almeno dia un riconoscimento alle mie canzoni”, ha detto.