Svolta nel Pd? Sicuramente svolta nella finanza che almeno come primo impatto lancia un segnale forte: Renzi piace. Il nuovo segretario come sostiene il Il Giornale non è sostenuto dai tradizionali poteri forti come Fiat. Eni e Mediobanca ma da imprenditori del calibro di Diego della Valle. Se forse è ancora presto per capire dove effettivamente il sindaco di Firenze ormeggerà la sua nave, è anche che il “nuovo Tony Blair” come è stato soprannominato dal Financial Times sicuramente non potrà essere disgiunta dalla finanza. Come rileva ancora il Giornale:
“Non è un caso che proprio D’Alema abbia evocato l’ establishment finanziario come uno dei sostegni di Renzi”.
E ancora sul quotidiano di proprietà di Silvio Berlusconi si legge:
Il contesto finanziario di Renzi è un altro: è quello del grande capitale internazionale, dei fondi d’investimento e dei manager multinazionali. Un mondo del quale il gestore di Algebris Davide Serra, uno dei consiglieri finanziari di Renzi, non è che una spia illuminata per indicare ben altri capitali. Mentre manager come l’ad delle Generali Mario Greco (pubblicamente lodato per il lavoro che sta facendo a Trieste), o come il capo di Luxottica Andrea Guerra ( new entry 2013 alla Leopolda) rappresentano l’essenza del passaggio dal capitalismo familiare o di relazione a quello di mercato. In linea con quanto sostiene Diego Della Valle, rottamatore dei salotti buoni del Corriere e di Piazzetta Cuccia che, anche da presidente della Fiorentina, sta tutto dalla parte di Renzi. Il rapporto con questi signori apre le strade verso la grande finanza occidentale, quella a stelle e strisce in particolare, dove Renzi ha e vuole avere i maggiori contatti. E dove intende far valere presto le sue ragioni, come ha dimostrato impugnando pubblicamente la polemica sull’allarme rating lanciato da Standard & Poor’s sulle Generali dell’amico Greco.
Si capisce che è una musica ben diversa da quella suonata fino a poco fa dalle parti del Pd. A cui, prima come Pds, poi come Ds, sono addebitate una serie di débâcle : si va dalla razza padana che nel 2000 ha lanciato l’Opa su Telecom dando il via al declino del gruppo; al rapporto incestuoso tra enti locali e banca in quel del Monte dei Paschi di Siena; fino al polmone finanziario delle coop che ha prodotto nel 2005 il fallimento Unipol-Bnl, mentre in queste ore cerca di portare a termine un’operazione, la fusione con Fonsai, dalle cui carte uscite dalla procura di Milano emerge più di un particolare inquietante.
Renzi è quindi figlio di quella generazione nata nel mito degli yuppies e lontano dagli hippies? Sicuramente, come tutta la generazione dei 35/40 enne di oggi, Renzi ha vissuto di riflesso il mito dei giovani rampanti, dei broker senza scrupoli e di quell’economia anni ’80 che scopriva, forse anche ingenuamente, la speculazione a ogni costo. Ma poi Renzi, ha anche vissuto, la bolla economica, la crisi finanziaria e quel sogno infranto della finanza speculativa. Non ha caso è anche padre di quel ritorno alla green economy, di uno stile salutista (lo abbiamo spesso visto a cavallo sulla bici o a piedi impegnato nella maratona), con l’occhio che guarda alla banda larga e alle eccellenze del nostro Paese.
Matteo Renzi, appartiene a quella generazione che ha davvero due anime spesso in contrasto tra di loro, che quando riescono a trovare un’armonia, può dar vita a progetti che riescono a marciare tra l’innovazione e la sostenibilità.
Non può essere un caso che nella terra delle coop, l’Emilia Romagna, nelle primarie per gli iscritti al Pd del 17 novembre Gianni Cuperlo avesse vinto con percentuali dal 42 al 46%.Forse era anche l’estrema difesa di un sistema di interessi economici che si sentiva minacciato. Ma Renzi sembra aver deciso: per parlare di finanza non si telefonerà più a Bologna, ma si chiamerà Trieste.