
Dopo le cozze a Taranto arrivano le uova alla diossina, almeno questo è quanto è stato riscontrato dal Fondo Antidiossina onlus che registra valori ancora sotto il “limite di azione”, pur confermando “criticità per valori abbastanza elevati di diossine, furani e pcb”. L’allarme è stato lanciato proprio dal presidente della onlus , Fabio Matacchiera che sottolinea la necessità di “un controllo costante da parte delle Autorità sanitarie”, riferendosi ai risultati delle analisi fatte compiere su numerose uova di galline ruspanti prelevate presso alcune masserie situate in prossimità di Martina Franca, in provincia di Taranto.
I controlli, spiega l’ambientalista in una nota, sono stati eseguiti dal Centro specializzato R&C Lab s.r.l. di Altavilla Vicentina. Lo scopo era quello di ”ricavare dei dati prettamente conoscitivi” risultati “estremamente interessanti”. La stessa Onlus, nel gennaio 2011, “fu la prima – ricorda Matacchiera – a lanciare l’allarme cozze alla diossina del Mar Piccolo, che ha comportato tutta una serie di restrizioni riguardanti l’allevamento e la commercializzazione di quei mitili in alcune aree del mare di Taranto”.
E sempre il Fondo Antidiossina “negli anni passati ha provveduto a far analizzare il latte materno di alcune mamme di Taranto, riscontrando, in alcuni casi, anche la presenza rilevante di diossine e pcb (dioxin like), fino al valore impressionante di 39,90 pg/gr lipo (40 picogrammi/grammo su materia grassa)”.
In relazione alle analisi sulle uova, Matacchiera fa rilevare “che le quantità di pcb e le stesse diossine e furani ritrovate in detti campioni rappresentano una criticità che merita ulteriori approfondimenti, pur ribadendo che le analisi del Fondo Antidiossina sono solo di tipo conoscitivo e che quelle ufficiali spettano agli organi sanitari preposti”. Le concentrazioni di inquinanti si attestano sul “50% del valore ‘limite di azione’ che è di 1,75 pg/gr, secondo le nuove normative”.
L’ambientalista chiede alle “Autorità preposte di accertare le origini di queste sostanze e la loro provenienza che si accumulano anche nelle uova e negli animali, raggiungendo livelli che non possono far fare sonni tranquilli agli allevatori e agli stessi consumatori”. Né si “può escludere – conclude – che in altre aree limitrofe del martinese, distanti anche oltre i 20 km dal polo industriale jonico, queste sostanze si siano accumulate o si possano accumulare nel prossimo futuro nella sostanza organica animale in quantità maggiori, tali da raggiungere e superare i limiti di legge”.
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