L’eroe per caso, la faccia da uomo qualunque, l’uomo ordinario, a Tom Hanks è stato attribuito ogni aggettivo che potesse identificarlo con il “vicino di casa”. Anche quando ha interpretato ruoli complessi come l’avvocato colpito dall’Aids in Philadelphia o l’astronauta che cerca di tornare a casa in Apollo 13 lo ha sempre “ridotto” all’emozione che avrebbe provato qualsiasi “uomo qualunque”. Ora torna sugli schermi con “Captain Phillips“, un biopic su Richard Phillips. Torna a fare l'”eroe a sua insaputa” interpretando un «camionista del mare» e che nell’aprile del 2009, al comando della Maersk Alabama, intraprese il viaggio che doveva portare la nave mercantile dall’Oman a Mombasa. A 175 miglia dalla costa si trovò alla mercé di quattro pirati somali, ai quali si offrì in ostaggio in cambio di liberare il suo equipaggio. Richard Phillips fu salvato dalla U.S. Navy e i suoi cecchini, con un’operazione in diretta sulla CNN che mostrò l’uccisione dei pirati e il salvataggio del Capitano. Torna sugli schermi con un film, diretto da Paul Greengrass, il regista della fortunata serie Bourne, che racconta i disequilibri di un mondo, le ingiustizie sociali che poi sfogano in tragedie, i pirati che non hanno nulla da perdere che attaccano chi cerca di sopravvivere con un lavoro spesso lontano dalla propria famiglia e dai propri affetti. Un film che non punta all’action movie, ma piuttosto a quel drammatico scontro dei più poveri contro chi ricco non lo è ma rappresenta un simbolo: la nave di Phillips carica di merce e la marina americana metafora del potere e dall’altra i pirati somali, visti come il volto di un paese dilaniato da povertà e guerre civili e i cui abitanti vivono in condizioni di grave indigenza. Per una volta non ci sono più i buoni e i cattivi, ma un mondo più complesso che la cinematografia americana tenta di analizzare.
Ecco l’intervista rilasciata dall’attore e pubblicata su La Stampa:
Mr. Hanks, cosa le ha detto della sua esperienza il vero Capitano Phillips?
«Mi ha raccontato come nell’arco di tanti giorni assieme con i suoi rapitori ha avuto momenti di grande paura e tensione ma anche di risate e di scambi umani che, considerate le circostanze, avevano del surreale. Phillips non sapeva se sarebbero mai venuto a liberarlo. Nulla fin quando ha visto gli incrociatori della Marina e lì ha pensato “bene, sono arrivati” ma anche “Oh mio Dio, questi sono pazzi e qui saltiamo tutti».
I suoi rapitori vengono fuori come individui con tratti molto umani
«Sin dall’inizio abbiamo cercato di immedesimarci in loro. Se anche io fossi cresciuto in un posto senza speranza dominato da fame e corruzione e ogni giorno vedessi passare una nave carica di auto e sacche di grano e scarpe da ginnastica da 200 dollari che cosa farei? Come farei a starmene seduto a guardare quando non posso sfamare la mia famiglia e nemmeno pescare perchè le società industriali hanno portato via anche tutto il pesce? Insomma, invece che un’altra storia di pirati e rapimenti abbiamo voluto andare un po’ più a fondo e ciò che è appena accaduto a Nairobi è solo un piccolo assaggio dell’orrore che sta per emergere dalla Somalia».
Oltre che umani, i suoi rapitori sono anche dei grandi attori.
«E sono tutti alla loro prima esperienza, il che sta a dimostrare che il cinema è una grande truffa e che se sai fingere e sei appena un po’ portato nel raccontare storie, la tecnica la puoi imparare nel tempo di una pausa pranzo!».
Nelle ultime immagini del film piange a dirotto per l’emozione. Nella vita reale?
«Piango un sacco e per un sacco di cose. Per la gioia che mi danno i miei nipoti, per i piccoli momenti di comprensione umana che sono un riflesso della ricchezza di questo mondo fragile in cui viviamo»
Sono passati 25 anni dai suoi primi successi, 20 dal suo primo Oscar con «Filadelfia». E la sua immagine di uomo comune resiste.
«Tutti dicono che ho l’immagine di uno che si alza la mattina e va a lavorare. Ma è proprio ciò che faccio, non saprei come comportarmi altrimenti. Ci sono pressioni di tutti i tipi lungo la tua strada: i soldi, e la fama e il potere e il dover rincorrere a 57 anni una versione di te stesso il più simile possibile a quella che avevi a 25. Meglio lasciar perdere, non accadrà. Io a 25 anni ho interpretato dei 25enni e a 36 dei 36enni e ora che ne ho 57 interpreto gente che ha più o meno la mia età. Cerco ruoli in cui posso in qualche modo aggiungere qualcosa e storie cui sarei comunque attratto come spettatore».
Ma questo non è l’unico ruolo in cui vedremo Hanks, si attende infatti Hanks, “Saving Mr. Banks” dove la star interpreta la parte di Walt Disney ai tempi della realizzazione di Mary Poppins.