Dove sono le coperture? Come si riesce a non sforare il 3% e non far pagare l’Imu? Aggravando le banche, le imprese e l’agricoltura, a danno di mutui, prestiti, lavoro e Pil. Non c’è tempo per calibrare la manovra e quindi Letta ha giocato d’anticipo: “La decisione è stata assunta, gli italiani non pagheranno la seconda e terza rata Imu”. Quindi il totem del centro-destra non si tocca, anche a scapito dei lavoratori e degli agricoltori. L’unico settore quindi che sembrava tirare e potesse essere un’alternativa… si è dissolta! Ecco che arriva l’Imu all’agricol: quindi terreni e beni agricoli sembra ormai tacito che debbano essere tassati.
Come rileva l’Huffington:
A via XX settembre, l’unica ipotesi che sembra scongiurata sarebbe quella che a crescere possano essere anche gli acconti Irpef dei contribuenti comuni. In questo caso, i cittadini finirebbero per non pagare l’Imu a dicembre, ma si troverebbero quindici giorni prima di fronte a cartelle Irpef più onerose. Una beffa che sarebbe praticamente impossibile far digerire senza conseguenze.
Restano quindi gli acconti Ires e Irap (Il secondo è di fatto agganciato al primo). Qui la questione è particolarmente complessa. Perché l’imposta sui redditi di impresa era già aumentata dal 100 al 101% con il varo del decreto per congelare l’aumento dell’Iva a fine giugno. All’indomani del via libera al provvedimento, peraltro, il capogruppo Pdl aveva tuonato contro la soluzione trovata parlando di “presa in giro” e dicendosi convinto che il Parlamento avrebbe cambiato il testo in sede di conversione. In piena estate, il Parlamento lasciò le cose esattamente così. Con l’acconto Irpef portato al 100% e quello Ires, e Irap al 101%.
Il secondo aumento, si legge nel dossier della Camera che accompagna il provvedimento, vale 267 milioni di euro per l’Ires e 163 per l’Irap.
Una delle ipotesi più accreditata è quella di far crescere ancora questa percentuale. Di quanto? Dipenderà dalle “scelte politiche” e a quanto si vorrà far pagare le imprese, pensando che ogni punto vale circa 450 milioni di euro. Meno si deciderà si spingere l’accelerazione in questa direzione più si dovrà puntare sulla soluzione ipotizzata in partenza. Far schizzare oltre il 115% il solo acconto riservato alle banche. Insomma, meno pagheranno le imprese, più pagheranno le banche.