Tagli sì o tagli no? Sembrerebbe che dalla Legge di Stabilità il servizio sanitario non ne esca indenne. Dopo le proteste di Regioni accompagnate e sostenute da quelle del ministro Beatrice Lorenzin l’articolo era stato cancellato, salvo poi fare la sua ricomparsa nel testo definitivo dove il decurtamento arriverà nel 2015. La stretta sui rinnovi contrattuali del pubblico impiego,- in cui è compreso anche il personale sanitario – estesa fino alla fine del prossimo anno nonché la riduzione dell’indennità di vacanza contrattuale, si applicheranno ad una platea in ogni caso più vasta di quella prevista nel 2010, quando la stretta fu introdotta per la prima volta. Tra l’altro è prevista una definizione più larga delle amministrazioni pubbliche interessate: vi rientrano tutte quelle inserite nell’apposito elenco redatto dall’Istat, che comprende anche realtà non del tutto pubbliche come le casse di previdenza professionali. Nel pacchetto pubblico impiego è poi inserito il taglio delle risorse destinate al trattamento accessorio.
Per la sanità l’effetto è di 540 milioni per il 2015 e di 610 milioni l’anno a partire dal 2016: lo Stato ridurrà quindi in proporzione il livello del proprio finanziamento. Come di consueto, toccherà alle Regioni ripartire al proprio interno la minore disponibilità, con decisione da prendere entro il 30 giugno del prossimo anno: qualora ciò non avvenisse, si procederà secondo i criteri di ripartizione del fabbisogno sanitario nazionale standard. Nella manovra ha poi trovato posto un’altra novità potenzialmente di grande rilevanza: a partire dal 2015 anche le società (non quotate) possedute dalle Regioni e dagli enti locali dovranno concorrere agli obiettivi di finanza pubblica e saranno quindi sottoposte al patto di stabilità interno. Prudentemente, nella relazione tecnica alla legge non è quantificato l’effetto positivo sui conti, che però almeno sulla carta potrebbe essere di tutto rispetto; nell’ultimo decennio Regioni e Comuni hanno spesso fatto ricorso a società esterne (in molti casi create ad hoc) per aggirare i vincoli finanziari imposti dallo Stato centrale.
Le novità riguarderanno aziende speciali, istituzioni e società non quotate a partecipazione pubblica di maggioranza, che abbiano servizi in affidamento da soggetti pubblici per una quota superiore all’80 per cento del valore della produzione. Per tutte queste realtà scatta l’obbligo di conseguire un saldo economico (inteso come margine operativo lordo) non negativo. Chi non centra l’obiettivo, l’anno successivo dovrà automaticamente ridurre i propri costi in proporzione al disavanzo e non potrà assumere personale sotto nessuna forma. Inoltre per il presidente, l’amministratore delegato e i componenti del consiglio di amministrazione scatterà una riduzione dei compensi dell’ordine del 30 per cento.