In passato si attraversava l’oceano sconfinato per costruirsi un futuro, si conquistava il Far West, si sognavano le sconfinate praterie e le prime rotaie. Da allora gli Stati Uniti hanno sempre rappresentato la possibilità di crescita, di miglioramento, di ricchezza. L’American Dream, fatto di splendore. Non poteva essere diversamente nella terra delle opportunità. Una volta. Perchè da una cinquantina d’anni la mobilità sociale dei cittadini Usa è rimasta al chiodo. E sembra quasi di sentire l’italico ritornello: “di chi sei figlio?” Se una volta nascere povoro non significava un destino di povertà ora invece sembra che non ci sia possibilità di riscatto. A rivelarlo è uno studio condotto da un team di economisti di Harvard, dell’università di California e del ministero del Tesoro, che hanno rastrellato, analizzato e confrontato i dati socio-economici di decine di milioni di cittadini. I ricercatori hanno comparato le entrate fiscali di genitori, figli adulti e figli in età da college arrivando alla conclusione che, dal 1970 ad oggi, non c’è stata alcuna mobilità sociale ed economica. Genitori della middle-class hanno prodotto figli della middle-class, i figli dei poveri sono raramente riusciti ad uscire dalla miseria, e i ricchi sono rimasti felicemente ricchi da una generazione all’altra. Gli economisti hanno inoltre comparato i risultati con precedenti studi risalenti al 1950 e hanno osservato: “Per tutta la seconda metà del ventesimo secolo le misure di mobilità sociale sono rimaste marcatamente stabili ed inalterate”. Osservazioni in linea con il richiamo battuto con forza di recente dallo stesso presidente Barack Obama che ha rilanciato la necessità della “lotta alle diseguaglianze”. Ma da cosa dipende una simile immobilità che impedisce di uscire dalla propria condizione grazie ai propri meriti? La risposta va cercata in una serie di fattori tra cui la perdita di molti impieghi per la classe media, ora superati con il progresso tecnologico. Ma a pesare fortemente e’ anche il divario clamorosamente cresciuto tra ricchi e poveri. Nell’indagine, guidata da Raj Chetti di Harvard, si spiega che la differenza tra i due estremi della scala sociale è aumentata fortemente. Gli stessi economisti si sono sorpresi nel rendersi conto che, nell’ ultimo secolo e ad oggi, à più facile per un bimbo nato in povertà salire nell’empireo dei ricchi in Canada o in Danimarca che negli Stati Uniti d’America.
Un test sbagliato e l’Università nel caos. Un errore banale di scambio di buste, ma se succede con il test di ammissione a La Sapienza succede che 1.600 aspiranti matricole alla facoltà di biologia si trovino a rispondere a domande su Freud e Lacan.
«Io ero nella 4 di Economia – racconta una studentessa al Corriere della Sera – pronta a conquistare uno dei 157 posti in palio. Ci hanno consegnato la nostra busta e noi abbiamo staccato il codice a barre. Ma quando abbiamo letto la prima domanda siamo tutti rimasti a bocca aperta: era qualcosa sull’inconscio… Noi, già ansiosi, abbiamo pensato a un quesito di cultura generale. Nessuno osava parlare».
Più andavano avanti con il test, però, più lo sbaglio era evidente. «Non c’era una domanda di chimica, di fisica, nemmeno un accenno al Dna o al calcolo vettoriale – racconta Giorgia – insomma, non era il nostro test. E quando qualcuno ha protestato, i commissari spiazzati ci hanno risposto: “Voi fatelo, non si sa mai…”».
Così gli aspiranti biologi hanno iniziato a compilare il test di psicologia. È a quel punto che sono iniziate le telefonate della commissione per sostituire il test. «Hanno ritirato le buste. Solo dopo sono arrivate quelle nuove e si è creata un po’ di confusione. E noi eravamo sempre più nervosi». Alla fine le domande giuste sono state distribuite e il test è ricominciato da zero. «Si è trattato di un disguido – fanno sapere da La Sapienza – al mattino c’erano le prove di Psicologia e, nel pomeriggio, sono stati confusi i plichi. Ma il problema è rientrato nel giro di un’ora e si è verificato in sole due aule».
Comunque vada sarà un successo?