15enne finisce in comunità: ha cercato di strangolare la madre

figlio-maltratta-madre-tuttacronacaA Bovalino, in provincia di Reggio Calabria, gli agenti della Polizia di Stato hanno arrestato un 15enne in flagranza di reato. Il giovane, responsabile di maltrattamenti, estorsione e stalking nei confronti della madre e del convivente, stava tentando di strangolare la donna dopo averne aggredito il compagno. La storia che gli agenti hanno ricostruito parla di degrado familiare, costellata di intimidazioni e violenze mai denunciate dall’adulta, per amore del figlio che era arrivato a minacciarla con un coltello. Ora il 15enne è stato collocato in una comunità per minori a Catanzaro.

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Nonna strangola la nipotina, shock in America

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Le storie di violenza non hanno mai fine e a sconvolgere l’America è Helen M. Ford, 51enne di Chicago. La donna è accusata di aver strangolato la nipotina di otto anni Gizzell Kiara Ford. L’omicidio della bimba sarebbe avvenuto dopo mesi di abusi e violenze. La bambina viveva in casa con il padre malato e costretto a letto e la nonna. Sembra che fosse proprio Helen  a voler isolare la bambina, secondo quanto riportato dallo zio Osvaldo Mercado, la donna la teneva lontana dalla famiglia e dagli amici. «Helen non la faceva parlare con nessuno. Diceva, ‘Gizzell non può parlare, è sotto la doccia’, oppure ‘è in punizione’. Ogni volta aveva una scusa diversa».

Ma gli orrori in questa storia di follia sono ben più profondi. Secondo quanto riportato dalla polizia ai media, il degrado era tale che in una ferita alla testa non curata della piccola sono stati trovati alcuni vermi. Quando poi i poliziotti sono arrivati e Helen ha detto che la bambina si era suicidata è stato evidente invece un quadro di abusi perpetrati a danno della piccola. Il corpo di  Gizzell presentava diversi segni di contusioni, ustioni e tagli. Il cadavere era una mappa di tutto ciò che la bambina aveva dovuto subire prima di essere uccisa e presentava anche profondi tagli sulle natiche, il segno di una corda legata intorno a caviglie e polsi, e altri segni che sembravano bruciature di sigaretta.

Perché tali sevizie? Perché nessuno si era accorto della storia di degrado che stava vivendo la piccola? Perché nessuno è intervenuto prima che fosse troppo tardi? Forse per Gizzell  morire è stata una liberazione, ma c’è chi quella colpa e quell’indifferenza che ha permesso tali atrocità dovrà tenerla nella propria coscienza per tutta la vita. Speriamo che sia un peso sempre più insostenibile con il quale dover vivere giorno dopo giorno.

ZIO MICHELE NON ERA PRESENTE AL MOMENTO DELLA MORTE DI SARAH?

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«In questo processo gli imputati hanno detto una serie di falsità, a cominciare da Michele Misseri che si accusa del delitto ma non ha neppure visto uccidere Sarah. Lui, riferendo che era stata la figlia Sabrina per poi tornare ad accusarsi del delitto, ha rotto un patto di famiglia scellerato». Lo ha detto il pm Mariano Buccoliero nella requisitoria in corso dinanzi alla Corte di Assise di Taranto al processo per l’omicidio di Sarah Scazzi. «Misseri non può, in quattro minuti come si evince dalle loro stesse dichiarazioni – ha detto il pm – aver ucciso Sarah, cercato di coprire il corpo ed essere uscito dal garage per parlare con Sabrina che già era in veranda. Il delitto è stato commesso in casa, dove in quel momento c’erano tre persone: Sabrina, Cosima e Michele. Lasciamo stare le chiacchiere di Michele Misseri, questo è il processo di Sabrina Misseri, che ha sempre negato persino che Sarah quel giorno sia arrivata a casa sua, tirando fuori la storia del rapimento, e del suo risentimento e della sua gelosia nei confronti di Sarah per il rapporto con Ivano Russo».

Incastrato dopo 6 anni dall’omicidio perfetto!

micki e lonnie

Uccise la moglie durante una crociera nel Mar Mediterraneo e la gettò in mare. Per sei anni ha pensato di essere riuscito nell’impresa del “delitto perfetto”, ma si sbagliava. L’Fbi per tutto questo tempo non gli ha dato tregua. E al termine di lunghe indagini in collaborazione con la Polizia italiana, ha arrestato nel sud della Florida questo avvocato californiano, Lonnie Kocontes, 55 anni, con l’accusa di aver strangolato la moglie, Micki Kaneski, 52 anni, e averla gettata in mare la notte del 26 maggio 2006.

All’epoca riuscì a nascondere ogni prova, simulando una incredibile sparizione. A guidare gli inquirenti, spiega la portavoce dell’Orange County District Attorney’s office, il movente economico. Due anni dopo il fattaccio, Kocontes ha infatti trasferito oltre un milione di dollari dal conto in banca della Kaneski, a un nuovo conto aperto in comune con la nuova moglie.

Ma a impressionare sono i dettagli del suo disegno criminale: Lonnie e Micki per tanti anni del loro matrimonio hanno vissuto come cane e gatto, litigando di continuo. Arrivando, nel 2002, al divorzio. Dopo continui tentativi di riappacificazione più o meno tutti falliti, nel 2006, l’uomo ha proposto alla moglie una Crociera nel Mediterraneo, in modo da darsi un’ultima chance di riconciliazione.

In realtà era una trappola, preparata nei minimi dettagli, come un film da giallo, per disfarsi definitivamente della moglie. Secondo le indagini, la signora lasciò la cabina all’una di notte per prendersi una tazza di te. Da quel momento si sono perse le sue tracce. Il marito, fingendo di essere in preda al panico, disse di non avere idea cosa fosse successo.

Il corpo della donna venne ritrovato il giorno dopo sulle coste calabresi. L’autopsia rivelò che la donna morì strangolata, e poi, venne gettata in mare. Un elemento che escluse subito l’ipotesi del suicidio. Se la Corte lo giudicherà colpevole, Kocontes rischia come minimo l’ergastolo, se non addirittura la pena di morte.

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