
Nell’intervento conclusivo, l’avvocato di Sabrina punta il dito contro Michele avvalendosi delle stesse parole di una delle tante, contraddittorie, versioni dell’uomo. Ricorda di quando Misseri si è sentito rifiutato dalla ragazzina che, tutto d’un tratto, è cresciuta assumendo le fattezze di una donna o, per meglio dire, “della” donna. Perchè questa nipote assomigliava incredibilmente ad una giovane Cosima, la stessa donna che ha portato all’altare e che negli ultimi tempi lo costringeva a dormire lontano dal loro letto. Sarah sarebbe quindi morta a causa di un raptus sessuale dell’uomo che poi, di fronte alla figlia, avrebbe anche avuto l’ardire di accusarela nipote di averlo provocato. E per quel che riguarda Sabrina? L’avvocato si chiede perchè i numerosi messaggi intercorsi tra lei ed Ivano siano passati inosservati. Non potevano forse essere il segno di un amore che stava nascendo? E se così era, di certo non poteva essere la cugina più piccola ad interferire con questo sentimento quanto un’altra donna. Quindi il movente dov’è? Si è parlato di una lite tra le due ragazze, ma con toni sbagliati ed eccessivi, secondo l’avvocato, così come eccessivamente drammatico sarebbe stato il clima dell’intero processo.
Per il difensore Francesco Coppi, quindi, l’unico, vero e vile colpevole sarebbe Michele che, con tutte le sue svariate versioni, ha cercato di negare il fatto salvo poi assumersi l’intera responsabilità. Quello che non torna, tuttavia, è il fatto che Misseri ricordi nel dettaglio come ha fatto a nascondere il corpo ma non sia in grado di raccontare, con la stessa precisione, il delitto. C’è poi il fioraio, che racconta di una lite in strada tra Cosima e Sarah che termina con la ragazzina fatta salire sull’auto dove aspetta Sabrina. Scena che poi attribuisce ad un sogno diventando così da testimone ad indagato per falsa testimonianza.
L’arringa di Coppi, che parla anche dell’Alain Delon di Avetrana, Ivano lo sciupafemmine, un debole maschilista di paese, e attacca il metodo investigativo della procura, non aggiunge nulla al processo e non cerca punti deboli dell’accusa quanto piuttosto s’incentra su una descrizione pittoresca delle persone coinvolte, creando un affresco in cui tutti i testimoni sembrano poco credibili.
La procura non chiede nuovamente la parola e non resta che aspettare ancora per conoscere la verità e dare finalmente pace alla piccola Sarah. Quello che è certo, per ora, è che non c’è alcuna certezza.
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