Guerra fredda 2.0?

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18 nomi in una vera e propria lista nera. Questa è la pubblicazione della “Magnitsky list”, in cui sono finiti i nomi dei funzionari russi banditi dagli Stati Uniti per violazione dei diritti umani. La lista porta il nome del giovane avvocato Sergei Magnitsky, attivista anti-corruzione morto in custodia cautelare russa nel 2009, per una pancreatite non curata. Alla sua morte si creò una fortissima tensione tra Usa e Russia simile a quella degli anni della guerra fredda tanto da indurre in tempi recenti lo stop alle adozioni da parte di famiglie americane di bambini russi. Ma cosa aveva denunciato Magnitsky? Aveva sollevato un velo sui 230 milioni di dollari… questo era il costo della dilagante corruzione russia. Poi il giovane avvocato finì in carcere con l’accusa di evasione fiscale e fu torturato, mentre era in custodia e non gli fu curata la malattia.

Da allora è diventato negli Usa un simbolo per denunciare la violazione dei diritti umani e contro la corruzione. Ieri, come spiega l’Independent,  gli Stati uniti hanno deciso di pubblicare la cosiddetta “lista Magnitsky”.  Il semplice annuncio aveva scatenato non poche polemiche, con i russi che hanno denunciato quella che ritengono una provocazione. Il ministro Sergej Lavrov non solo ha attaccato pesantemente gli Usa minacciando la superpotenza che “La pubblicazione dei nomi avrà un effetto molto negativo sulla

relazioni bilaterali Usa-Russia”, ma anche il momento in cui gli States avevano deciso di renderli noti e cioè nel bel mezzo di una tensione che potrebbe degenerare in conflitto bellico nucleare con la Corea del Nord.

Nella lista nera ci sono i nomi di 18 persone, nate tra Russia, Uzbekistan, Azerbaigian e Ucraina, nei confronti dei quali l’amministrazione Obama ha negato il visto e stabilito sanzioni economiche, perché coinvolti in casi di violazione dei diritti umani. Nomi adesso accessibili a tutti, pubblicati sul sito del Dipartimento del Tesoro americano. Non sono precisate però le loro funzioni. Come sostiene l’Independent, tra quelli inclusi figura Pavel Karpov, un ex ufficiale di polizia del ministero dell’Interno che sta attualmente facendo causa a William Browder nei tribunali del Regno Unito per diffamazione. Browder, un milionario che gestisce hedge fund e convinto critico della dilagante corruzione tra gli ufficiali e i funzionari russi, è il Ceo dell’Hermitage Capital Management, ovvero la società per la quale lavorava lo stesso Magnitsky (che aveva scoperto una truffa di 5,4 miliardi di rubli contro l’azienda stessa). Dopo la morte in carcere, Browder ha guidato la campagna per punire i presunti responsabili della morte di Magnitsky, fino alla black list e alle sanzioni decise dagli Stati Uniti. Karpov ha negato con forza ogni coinvolgimento nel caso Magnitsky e ha avviato una causa per diffamazione contro di lui presso l’Alta Corte.

Nella lista sono presenti anche i nomi di altri agenti di polizia russa, come Artem Kuznetsov e Oleg Silchenko, anche loro accusati di coinvolgimento nella truffa contro l’Hermitage Capital Management. C’è poi Olga Stepanova, ex funzionario delle imposte: alcuni investigatori hanno scoperto come Stepanova e marito si siano arricchiti sfruttando la truffa all’azienda di Browder. Anche lei ha però negato qualsiasi coinvolgimento. Dopo la pubblicazione della lista nera, Sergej Ryabkov, il vice ministro degli Esteri, ha dichiarato che la Russia risponderà in modo “equo ed equilibrato”. Magari denunciando a sua volta funzionari americani che avrebbero violato i diritti umani dei cittadini russi: si parla del caso Viktor Bout, arrestato dagli agenti federali con l’accusa di contrabbando di armi. Ma anche di altri funzionari incaricati nelle prigioni segrete della CIA e nel centro di detenzione di Guantanamo Bay. Mosca aveva già introdotto il divieto di adozione dei bambini russi da parte dei cittadini degli Stati Uniti: una misura fortemente criticata dall’opinione pubblica americana.

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Tensioni Usa-Russia, Obama promulga il Magnitsky Act

‘Magnitsky Act’ introduce alcune sanzioni nei confronti di funzionari russi sospettati di essere coinvolti nella morte dell’attivista per i diritti civili Sergei Magnitsky.

Secca la risposta da Mosca:  “negli Usa si continua a vedere la Russia ‘come un nemico, non un partner”.

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