Basta maglie con scritte fasciste o naziste allo stadio. Lo ha deciso la Cassazione con una sentenza che vieta l’ingresso negli stadi e nei palazzetti dello sport con maglie, scritte e simboli inneggianti il regime fascista perché violano la legge Mancino, la 205 del 25 giugno 1993, recante “Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa”.
La sentenza della cassazione in sostanza conferma la condanna inflitta dalla Corte d’Appello di Trento a un trentunenne tifoso di hockey per “aver fatto uso di simboli delle organizzazioni nazionaliste, indossando in occasione di un incontro sportivo di hockey una maglietta con l’immagine di Benito Mussolini e riproducente scritte proprie dell’ideologia fascista”.
Il tifoso era già stato condannato in Assise a due mesi di arresto e in Appello la sentenza era stata commutata in 2280 euro di ammenda.
L’imputato aveva poi fatto ricorso in Cassazione con queste motivazioni:
«indossare una maglietta o altro capo di abbigliamento richiamante motti, scritte o simbologia del partito fascista non può in sé integrare le fattispecie di reato» previste dalla legge. Inoltre, il 31enne si era difeso spiegando che non aveva «alcuna intenzione di discriminare e offendere l’altrui dignità».
La Cassazione respinto il ricorso, perché
«il reato sussiste per il solo fatto che taluno acceda ai luoghi di svolgimento di manifestazioni agonistiche recando con sè emblemi o simboli di associazioni o gruppi razzisti e simili, nulla rilevando che a tali gruppi o associazioni egli non sia iscritto». Correttamente, conclude la Cassazione, i giudici di secondo grado hanno «dato atto che l’essersi presentato esibendo la maglietta con le scritte e i simboli inneggianti al regime fascista e ai valori dell’ideologia fascista nel contesto dello specifico incontro sportivo di hockey svoltosi in Alto Adige, notoriamente caratterizzato da contrasti delle opposte tifoserie, integra la condotta di uso di simboli propri delle organizzazioni nazionaliste e i comportamenti vietati e sanzionati dalla legge».