La mammografia non salva la vita, ma è meglio farla

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Secondo uno studio promosso dall’University of Toronto pubblicato sulla rivista British Medical Journal che sta dividendo la comunità medica fare la mammografia non salverebbe la vita alle donne. Almeno per 1 donna 5 infatti la diagnosi di tumore della mammografia risulta sbagliata. Ora i medici si dividono tra chi è più propenso a uno screening personale, nonostante il costo per la Sanità pubblica, e chi invece ritiene che sia preferibile un identikit del rischio legato alla familiarità e allo stile di vita.

Come si legge sul Corriere della Sera:

“Secondo uno studio canadese, appena pubblicato sul British Medical Journal, lo screening mammografico, cioè l’indagine condotta a tappeto su persone fra i 40 e i 59 anni, non riduce la mortalità per tumore al seno, come ci si aspettava, se confrontato con la palpazione. Anzi: porterebbe a sovrastimare i casi e spingerebbe a cure non necessarie”.

Pierfranco Conte, professore dell’Università di Padova e Direttore dell’Oncologia 2 dell’Istituto Oncologico Veneto Irccs, spiega alla Bazzi:

“«Una cosa è certa. Con gli screening sono aumentate enormemente le diagnosi di carcinoma mammario cosiddetto in situ: un tumore che non dà metastasi, ma che viene però trattato con la chirurgia e la radioterapia»”.

E allora cosa fare? Cancellare i programmi preventivi, scrive la Bazzi, non è la soluzione più condivisa:

“Secondo molti esperti, però, non è ancora arrivato il momento di cancellare i programmi di prevenzione (nonostante lo si sia già fatto per un’altra neoplasia, quella della prostata, la cui diagnosi precoce viene fatta attraverso la misurazione del Psa, l’antigene prostatico specifico, nel sangue), ma sarebbe prima opportuno rivedere tutti gli studi finora condotti, compreso quello canadese. Che ha il merito di aver coinvolto 90mila donne e di essere durato 25 anni ed è finora il più ampio riportato dalla letteratura medica, ma che ha anche qualche limite”.

Va poi sottolineato che il parametro scelto dai ricercatori canadesi per valutare l’utilità dello screening mammografico è la sopravvivenza, non il migliore secondo Francesco Di Costanzo, direttore dell’Oncologia nell’Azienda ospedaliera-universitaria Careggi di Firenze:

“«I canadesi hanno scelto la sopravvivenza come parametro per valutare l’efficacia dello screening, ma probabilmente non è il migliore, soprattutto quando si misura su un lungo arco di tempo. Nel frattempo, infatti, possono intervenire altre malattie che possono portare a morte e confondono i dati. E poi bisogna considerare le macchine: un mammografo di 25 anni fa non è come uno di oggi: il potere diagnostico di questi strumenti è migliorato moltissimo»”.

Oltre ai costi, sottolinea la Bazzi, bisogna tenere conto di quanto rapidamente la medicina stia cambiando:

“Il tumore al seno non è una sola malattia, ma un insieme di malattie diverse da un punto di vista genetico, alcune più aggressive, altre indolenti, che hanno in comune solo il fatto di manifestarsi nello stesso organo: la mammella. Gli screening, invece, sono costruiti in base al presupposto che la malattia sia unica. Ecco perché anche gli interventi per la diagnosi precoce andrebbero «personalizzati», «tagliati» cioè sul singolo paziente, esattamente come sta avvenendo per la terapia”.

Al posto dello screening allora sarebbe forse più efficace delineare un identikit dei rischi, spiega Di Costanzo alla Bazzi:

“«Un identikit dei rischi può permettere di individuare le donne che devono essere seguite con più attenzione. Magari anche con un risparmio sui costi»”.

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Yara Gambirasio e l’imprenditore che forse conosce l’assassino

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Ci potrebbero essere novità sul caso Yara. Ieri, in Procura a Bergamo, gli inquirenti hanno sentito per oltre due ore un giovane bergamasco. L’uomo, secondo Quarto Grado,  è un albergatore originario di un paese che dista cinque chilometri da Brembate di Sopra e non era mai stato sentito dagli investigatori nè era mai stato sottoposto al prelievo del Dna. Per la trasmissione, che andrà in onda questa sera su Retequattro, il giovane, che non è formalmente indagato, ma sul quale sono in corso ulteriori accertamenti, ha dichiarato ai microfoni di Quarto Grado di avere alcuni amici il cui Dna è stato confrontato con quello dell’assassino di Yara (‘Ignoto 1’). Il ragazzo, inoltre, avrebbe risposto anche a domande su suoi conoscenti impiegati – ai tempi della scomparsa di Yara – nei lavori di costruzione del centro commerciale di Mapello. La trasmissione svelerà, inoltre, che tra i numerosi capelli, peli e tessuti epiteliali repertati sul corpo di Yara Gambirasio nel campo di Chignolo d’Isola, alcuni non appartengono alla giovane nè sono di origine animale. La notizia è stata data questa mattina, in un incontro di tre ore, alla titolare delle indagini, il pm Letizia Ruggeri, dal dottor Carlo Previderè, ricercatore del Dipartimento Medicina Legale e Scienze Forensi dell’Università di Pavia, nominato consulente della Procura di Bergamo. I reperti saranno ora ulteriormente analizzati per tentare di risalire ai gruppi etnici di appartenenza e, se lo stato di conservazione lo permetterà, all’individuazione di precisi profili genetici.

La morte di Yara: Guerinoni è il padre biologico dell’assassino, lo dice il Dna

yara_gambirasio_tuttacronacaL’antropologa forense Cristina Cattaneo ha eseguito degli esami sui resti di Giuseppe Guarinoni, l’autista di Gorno morto nel 1999 a 61 anni, dai quali è emerso che si tratta sicuramente del padre biologico dell’uomo che ha ucciso la 13enne Yara Gambirasio. Le analisi sono state eseguite da del Dna estratto da un femore dell’uomo che è stato poi confrontato con la traccia genetica trovata sugli slip della giovane vittima.

C’è anche un sasso nel caso Yara

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Un sasso e nuove speranze per trovare l’assassino di Yara Gambirasio. Quel sasso trovato a 300 metri dal punto dove il 26 febbraio 2011 è stato trovato il corpo senza vita di Yara Gambirasio presenta  tre macchie, una più grande e due più piccole. Le macchie sono ritenute “sospette”, anche se non si è certi che quelle macchie siano di sangue. Al momento si preferisce la prudenza e si afferma che quelle macchie “potrebbero essere qualunque cosa”. I prelievi sono già stati e fatti e inviati ai Ris di Parma che dovranno analizzarlo.  Intanto si apprende anche dalla trasmissione “Quarto Grado” che gli occhi dell’assassino del killer di Yara Gambirasio sarebbero di colore castano.

Yara: 700 nuovi prelievi di Dna alla ricerca della madre dell’Ignoto 1

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Dopo aver escluso la pista francese del pedofilo ossessionato dalla ragazzina di Brembate, la polizia scientifica si concentra concentra su 700 donne bergamasche che hanno soggiornato almeno una volta a Salice Terme. La lista delle donne è stata ricavata prendendo i nomi di coloro che negli anni ’60 si sono sottoposte a cure termali in corrispondenza dei soggiorni di Guerinoni. Le donne saranno convocate per il test e per scoprire se una di loro può essere la madre dell’assassinio di Yara. nuovi controlli, nuove speranze per un’indagine che sembra infinita e che per il momento non ha ancora portato i risultati sperati.

Il Dna scagiona il pedofilo 50enne: non è il killer di Yara

yara_gambirasio-tuttacronacaSi era aperta una nuova pista per quel che riguarda la morte di Yara Gambirasio e che conduceva a un certo Lorenzo B. un pedofilo 50enne nato a Padova e che attualmente si trova in un carcere francese, a Bourges. Ma gli esami del Dna, come ha anticipato la trasmissione Quarto Grado, hanno dato esito negativo e quindi l’uomo, che era finito tra i sospettati in quanto nutriva una passione per la ginnastica artistica e una vera ossessione per la ragazzina di Brembate, non sarebbe il suo killer.

Le strane ossessioni di Lorenzo B e il caso Yara

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La nuova pista che si apre su Yara Gambirasio viene riportata dal quotidiano Giallo che in un’intervista alla madre di una coetanea di Yara, racconta che la figlia è stata molestata attraverso internet da un pedofilo 50enne, un certo Lorenzo B.

L’uomo attualmente si trova in carcere in Francia, ma ci sono varie coincidenze che vengono riportate anche dal TgCom, oltre che dallo stesso settimanale:

  • Prima coincidenza: Lorenzo B. è appassionato di ginnastica ritmica, praticata durante l’adolescenza a Chiasso
  • Seconda coincidenza: nell’inverno del 2010, riferisce il settimanale di cronaca nera, il 50enne “cercava a tutti i costi di mettere le mani su qualche bambina di Bergamo”.
  • Terza coincidenza: l’ossessione per Yara Gambirasio. Nel 2012 Lorenzo B. ha clonato il profilo Facebook di Laura e ”scriveva frasi d’amore, diceva di conoscere Yara, di sapere chi è il suo assassino”.
  • Quarta coincidenza, una poesia scritta da Lorenzo B., “Incubo”: “Anche stanotte sei tornata… Ti ho vista… Ti ho sentita. Quel freddo tutto attorno… E c’eri tu. E poi le grida, il tuo pianto. L’orrore. E poi.. Buio… Solo buio freddo… E silenzio. Ormai ogni notte è così. Ho paura di dormire, ho paura di sognare. Di rivedere, di rivivere, di sentire ancora tutto questo. Cosa posso fare… Cosa devo fare per farti trovare la pace, per cancellare tutta la sofferenza che hai dovuto subire… Per far tacere tutto questo gelido silenzio… Sto male…”
  • Quinta coincidenza: dall’esame del Dna “risulta che l’assassino di Yara Gambirasio sia il figlio illegittimo del signor Giuseppe Guerinoni, deceduto nel 1999. Un uomo sulla cinquantina adottato. Così come adottato sarebbe Lorenzo”.

La nuova pista della pedofilia, l’assassino di Yara avrà mai un volto?

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Dopo l’uscita di scena Mohamed Fikri, dopo il Dna prelevato a un intero paese e la recente pista che ha condotto a Salice Terme, ora si inizia a parlare della pedofilia. O meglio di un caso avvenuto ad un’altra ragazzina che abita nella zona bergamasca, pochi giorni prima della scomparsa di Yara. La ragazzina in questione avrebbe denunciato gli abusi subiti da parte di un allenatore di ginnastica, così ora gli investigatori hanno effettuato un confronto fra le tracce di Dna ritrovate sul corpo della ginnasta con quello di 162 uomini accusati di pedofilia e condannati per questo reato, che vivono proprio nella zona in cui viveva l’atleta.  Ora si attendono gli esiti.

 

Più vicini alla soluzione del caso di Yara?

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Dopo che le ricerche dell’Ignoto 1 si sono spostate in provincia di Pavia e in particolare a Salice Terme, si è aperta una nuova pista e nuove speranze di trovare l’Ignoto 1.

Le forze dell’ordine stanno passando al setaccio i registri degli hotel della zona, ma anche quelli dell’Inps – che pagava le cure – nella speranza di risalire al nome di una donna che, negli stessi periodi in cui era presente l’autista, abbia frequentato Salice.

Alla ricerca dell’Ignoto 1… il caso Yara si sposta nel Pavese

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Si cambia provincia e si continua a cercare l’Ignoto 1, l’assassino di Yara, il figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni. Ieri sera è andata in onda la puntata di Quarto Grado e si è appreso che l’autista di Gorno morto nel 1999 che risulta essere il padre biologico del killer della ragazzina di Brembate Sopra avrebbe soggiornato a Salice Terme, in provincia di Pavia, due settimane ogni anno prima di sposarsi nel 1963.  Secondo l’ipotesi investigativa durante uno di questi soggiorni, avrebbe potuto conoscere la ragazza che poi è rimasta incinta. Consultando gli elenchi forniti dall’Inps – che aveva pagato le cure termali – e i registri degli hotel di Salice Terme, le forze dell’ordine mirano a risalire alla donna che ha frequentato questa zona, in corrispondenza dei soggiorni di Guerinoni, negli anni Sessanta.

Yara: Archiviato Fikri, e forse chiesto il Dna al mitomane.

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Il fascicolo dell’unico indagato, Mohammed Fikri, per il caso dell’assassinio della 13enne Yara Gambirasio, è stato definitivamente archiviato. Forse, anche se nelle ultime ore si è cambiato parere, sarà chiesto il test del Dna per  Domenico De Simone, il sessantenne originario di Cosenza, autore delle telefonate e dei messaggi firmati genericamente «Mario» che nelle ultime due settimane hanno movimentato il caso di Yara. Nonostante gli oltre 18mila prelievi predisposti su persone residenti nella zona di Rovetta e paesi confinanti, a oggi, non sembrano esserci nuovi sviluppi.

Fermato Mario, l’uomo che si accusa dell’omicidio di Yara

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E’ stato fermato “Mario”, l’uomo che nei giorni scorsi si era autoaccusato dell’omicidio di Yara Gambirasio. Lo ha individuato la polizia intorno a mezzogiorno dentro una cabina telefonica di viale Papa Giovanni mentre stava cercando di telefonare a L’Eco di Bergamo (dopo essere stato nella redazione). Si tratta di un sessantenne bergamasco la cui identità è ora al vaglio dei poliziotti che lo hanno fermato e portato in Questura. E’ sempre più probabile che si tratti di un mitomane, ma ogni valutazione è ora al vaglio degli inquirenti.

Aggiornamento 10 agosto 2013: 

“Mario” è in realtà Domenico De Simone,  sessantenne nativo di Cosenza e con un passato di collaboratore di giustizia. Dopo 4 ore di interrogatorio è stato rilasciato senza che nei suoi confronti siano stati presi provvedimenti.

Ecco la lettera di Mario… è davvero l’assassino di Yara?

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Si cerca a Bergamo, ma ormai la polizia sembra essere quasi sicura che Mario sia solo un mitomane, ma naturalmente le indagini continuano nella speranza almeno di riuscire a trovare elementi utili all’indagine. C’è chi sostiene che Mario, probabilmente non sia l’autore dell’omicidio ma potrebbe essere una persona che conosce dettagli importanti per la ricostruzione di una storia complessa e davvero intricata. Emergono intanto alcune frasi della lettera indirizzata al cappellano dell’ospedale di Rho,  don Antonio Citterio, in cui Mario  sostiene di frequentare assiduamente una chiesa bergamasca, la chiesa del Galgario, in via del Galgario, proprio a due passi dalla questura.

Ecco le sue parole: «Don Antonio la pregherei di farmi da tramite con solo una persona autorizzata di Bergamo, altrimenti quello che ho da dire in confidenza me lo porto nella tomba. Queste sono cose delicate e non un gioco da parte mia».

La lettera è scritta a mano, con una biro, e la grafìa è incerta: mescola lettere maiuscole a lettere minuscole, lo stampatello al corsivo. È lo stesso stile di scrittura utilizzato da chi ha lasciato il primo messaggio, sul quaderno delle preghiere nella cappella dell’ospedale di Rho.

La lettera prosegue con attacchi alla stampa «che ti condanna prima di fare qualsiasi reato» e in particolare a L’Eco di Bergamo.

Mario avrebbe anche un accento calabrese, secondo don Antonio Citterio che ha raccolto le telefonate. Gli inquirenti stanno indagando anche sui tabulati dell’ospedale, cercano un nome nelle cartelle cliniche dei pazienti dei reparti oncologici.

 

Nuova lettera dell’assassino di Yara… è solo un mitomane?

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Questa volta è una vera e propria autoaccusa la lettera che ha fatto ritrovare l’anonimo che afferma di essere l’assassino di Yara Gambirasio:  “Mi chiamo Mario, sono stato io.” Prima c’è stata una telefonata alla portineria dell’ospedale di Rho: “Buongiorno, mi chiamo Mario, sono malato di cancro. Sono io l’autore del messaggio in chiesa su Yara Gambirasio. Volevo solo sapere se il cappellano ha ricevuto la mia lettera.”  Quindi la lettera di tre pagine indirizzata al cappellano don Antonio Citterio. Il 6 agosto, il cappellano, ha trovato la lettera, firmata da un certo “Mario”, sotto lo zerbino della porta di casa. La coincidenza è che Don Antonio Citterio abita proprio sopra alla portineria dell’ospedale.

Secondo indiscrezioni, però, in sostanza il misterioso Mario si sarebbe detto stupito del rilievo mediatico suscitato e, in maniera piuttosto confusa e sgrammaticata, avrebbe confermato di essere a conoscenza di qualcosa che riguarda la morte della piccola Yara.

“Sono stato io a scrivere il messaggio sul libro delle preghiere in chiesa” avrebbe scritto nella lettera.

Come ha consegnato la lettera “Mario”? Ha incaricato qualcuno? L’ha portata personalmente? L’ingresso ospedaliero è presidiato da telecamere e i filmati sono già al vaglio degli inquirenti.

 La polizia crede che possa trattarsi di un mitomane, ma intende andare a fondo e scoprire il volto che si cela dietro al nome “Mario”.

Yara: trovato un fazzoletto vicino al registro della chiesa

-Yara-Gambirasio_tuttacronacaSabato, nella chiesa di Santa Maria della Pace a Rho, in provincia di Milano, sul registro dei fedeli era comparsa la scritta: “Informate subito la polizia di Bergamo perchè qui è passato l’assassino di Yara. Che Dio mi perdoni”. Ma non solo. A terra, è stato rinvenuto un fazzoletto che ora, assieme al quaderno, è stato preso in consegna dalla polizia,al fine di stabilire se abbia o meno qualche attinenza con il caso della tredicenne di Brembate di Sopra. Si procede quindi con un’accurata ricerca di tracce, Dna incluso. Secondo alcuni quotidiani, inoltre, una madre si sarebbe rivolta ai carabinieri di Como temendo che suo figlio potesse essere il discendente illegittimo di Guarinoni, l’autista morto nel ’99 il cui Dna è riconducibile a quello trovato sugli abiti di Yara: gli esami sono risultati però negativi. L’inchiesta sull’omicidio di Yara, scomparsa il 26 novembre del 2010 e trovata uccisa esattamente tre mesi dopo, sin dall’inizio è stata costellata da segnalazioni rivelatesi sbagliate o provenienti da mitomani.

Yara: continuano le indagini sul Dna

-yara_gambirasio_tuttacronacaNon solo il messaggio trovato questa mattina, sono varie le indagini che proseguono per conoscere la verità sulla morte della giovane Yara Gambirasio, la 13enne scomparsa da Brembate di Sopra il 26 novembre del 2010 e trovata morta tre mesi piu’ tardi in un campo di Chignolo d’isola, a pochi chilometri di distanza. Si continua a comparare il Dna con il profilo genetico rilevato sugli indumenti della ragazzina che, stando ai genetisti,appartiene al figlio di Giuseppe Guerinoni, anche se si continua con le comparazioni perché il quadro sia sempre più chiaro. Il figlio, che si suppone illegittimo, non è ancora stato trovato ma la conferma della parentela arriva dal cromosoma Y: sono identici sia quello di Guerinoni che quello di ‘ignoto 1’. Dal punto di vista giudiziario, ci sono altri sviluppi. Come riporta l’ANSA: “Sull’altro fronte delle indagini, quello relativo al cosiddetto ‘cantiere di Mapello‘, si è in attesa dell’archiviazione della posizione di Mohammed Fikri, finora l’unico indagato nell’inchiesta sulla morte di Yara, prima per omicidio e poi per favoreggiamento. Secondo le ultime traduzioni delle intercettazioni telefoniche, l’immigrato – che era al lavoro la notte del 26 novembre 2010, quando Yara venne rapita e uccisa, nel cantiere di Mapello, dove portò il fiuto dei cani molecolari – non avrebbe mai utilizzato il termine ‘uccidere’. Fikri era anche stato fermato e scarcerato dopo alcuni giorni.”

“Qui è passato l’omicida di Yara Gambirasio”: inquietante scoperta

-yara-scritta-tuttacronaca“Qui è passato l’omicida di Yara Gambirasio, che Dio mi perdoni”. E’ quanto si legge sul registro dei fedeli nella cappella dell’ospedale di Rho, in provincia di Milano. E’ stato il personale della struttura a scoprire la scritta, in mezzo ad altri pensieri lasciati dai frequentatori della cappella, e ad allertare la polizia. Il registro è ora nelle mani della Scientifica per tutti i rilievi del caso.Stando a quanto emerso, il messaggio sarebbe stato scritto con una grafia leggibile e in perfetto italiano. Al momento non viene escluso che possa trattarsi dell’atto di un mitomane, però gli investigatori stanno visionando le registrazioni delle telecamere di sorveglianza dell’ospedale.

Report shock: Taranto muore per colpa di sigarette e alcol, non dell’Ilva.

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Nessuno lo nega a Taranto si muore di cancro, ma la colpa non sarebbe dell’Ilva, ma secondo il rapporto di Enrico Bondi, commissario straordinario sull’Ilva, le cause sarebbero da ricercarsi nelle sigarette e nell’alcol. Come riportato da “Il Fatto Quotidiano”:

L’Ilva non ha colpe, i fattori responsabili per le malattie e i decessi per tumore a Taranto sarebbero altri: “Fumo di tabacco e alcol, nonché difficoltà nell’accesso a cure mediche e programmi di screening”.

Bondi, inoltre, continua il giornalista de “Il Fatto Quotidiano”:

ha allegato una perizia in cui si critica duramente lo studio Sentieri compiuto dal ministero della Salute e la valutazione del danno sanitario effettuato da Arpa Puglia che aveva spiegato che, anche con la piena attuazione delle misure previste nell’Aia (Autorizzazioni integrata ambientale), l’impatto degli inquinanti sulla popolazione non si sarebbe azzerata, ma solo dimezzata. “I dati di mortalità per tumori nello Studio Sentieri – si legge nel documento in possesso del Fatto – si riferiscono al periodo 2003-09. L’incidenza e la mortalità per tumori riflette esposizioni che risalgono a un lontano passato.

Bondi, spiega ancora il quotidiano diretto da Padellaro, va anche all’attacco frontale con gli esperti dell’Arpa, rei, secondo il commissario, di aver falsato i risultati omettendo alcuni dati:

Ma l’attacco più duro è quello nel quale gli esperti accusano l’Arpa di aver prodotto un documento escludendo dall’elenco degli inquinanti il PM10 . Un’omissione cercata perchè “i dati di esposizione a questo inquinante sono sostanzialmente nella norma” e quindi “la scelta di concentrarsi su tre gruppi di cancerogeni (IPA, composti organici e metalli) offre piu garanzie di ottenere un risultato che attribuirebbe all’Ilva un certo numero di casi di tumore o di decessi”.

Yara e quegli 80 anziani in caserma

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Il Dna aiuta quasi sempre ed è stato proprio grazie ai nuovi metodi scientifici se è stato possibile rintracciare almeno il padre dell’assassino di Yara. Ma al momento le forze dell’ordine si trovano in un vicolo cieco e non riescono a rintracciare la madre. Così nei giorni scorsi sono stati convocati in caserma almeno 80 anziani della zona per cercare d ricostruire la vita di Giuseppe Guarinoni, l’autista di autobus morto nel 1999 a 61 anni. E’ sicuramente il più imponente screening di massa mai operato in Italia, ma è necessario per dare il volto a quell’ “ignoto uno”, che ha ucciso la 13enne.

 

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