Il veterinario che lavora con un contratto da un minuto a settimana

veterinario-tuttacronacaManuel Buongiorno svolge l’attività da veterinario convenzionato con l’Asl di Trapani. Fin qui nulla di strano. La particolarità del suo contratto, tuttavia, è che Buongiorno ha, da un anno, una convenzione da un minuto settimanale valida fino a giugno del 2014. Lo si legge nella lettera d’incarico dell’Asp di Trapani, che ha trasformato il contratto di diritto privato in incarico ambulatoriale a tempo determinato. Spiega il presidente nazionale del sindacato veterinari italiani: “E’ successo che in base a un decreto assessoriale di stabilizzazione è stata convertita la prestazione erogata in precedenza in debito orario. La somma guadagnata nell’anno preso a riferimento equivale ad un minuto di debito orario”. Fabrizio De Nicola, dirigente dell’Asp di Trapani, e l’assessore alla Salute Lucia Borsellino, nei prossimi giorni analizzaeranno la vicenda che, oltretutto, non riguarda un singolo caso. Ingrassia spiega: “ci sono anche tanti altri veterinari che hanno un contratto di quattro minuti, di 45 minuti, di un’ora. E così via. Queste persone rappresentato paradossalmente solo dei costi, non delle risorse. Una vicenda che si commenta da sola”.

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Medici vs avvocati: la guerra si fa con gli spot

avvocati-avvoltoi-tuttacronacaGli avvocati, con uno spot arrivato nei mesi scorsi, hanno invitato i pazienti a denunciare gli errori della malasanità. Ma i medici non sono rimasti in silenzio e la replica ora è pronta: “Per qualcuno siamo prede da spolpare”. La loro risposta arriva con un altro spot, nel quale gli avvocati sono rappresentati come avvoltoi, con una voce fuoricampo che recita: “Questa gente sta lì, in attesa, pronta a gettarsi sul medico che non ha saputo fare miracoli. Si approfitta della buona fede dei pazienti promettendo un facile arricchimento con cause milionarie”.
Dell’accaduto ne parla Cristiana Salvagni su Repubblica, dove spiega:

L’avvoltoio si guarda attorno con sguardo obliquo, le ali pronte a alzarsi in volo per scagliarsi sul prossimo boccone. «Per alcuni i medici sono prede gustose», spiega una voce fuori campo, mentre l’uccello gira e rigira in cielo, «questa gente sta lì, in attesa, pronta a gettarsi sul medico che non ha saputo fare miracoli. Si approfitta della buona fede dei pazienti promettendo un facile arricchimento con cause milionarie». Dura sessanta secondi il video che assesta l’ultimo colpo nella guerra degli spot tra medici e avvocati. Una sequenza che l’Amami, “Associazione medici accusati di malpractice ingiustamente”, ha presentato lunedì scorso contro gli “avvoltoi della malasanità”, appena qualche settimana dopo le polemiche per la pubblicità televisiva che invita a denunciare gli errori dei camici bianchi.
Fatto sta che i legali si sono riconosciuti nella metafora del rapace: il Consiglio nazionale forense ieri ha avviato una formale diffida per ottenere il ritiro dello spot e ha chiesto al ministero della Salute di prendere le distanze dal video, presentato durante un convegno sotto il suo patrocinio. «È di assoluta evidenza la volgarità dell’operazione diffamatoria, altamente lesiva della dignità di una professione deputata costituzionalmente alla difesa deidiritti dei cittadini», rileva il Cnf, riservandosi di procedere in tutte le sedi penali e civili.
A lanciare il pomo della discordia era stato qualche mese fa “Obiettivo risarcimento”, un gruppo di avvocati, medici legali e esperti che assiste a pagamento i malati, con uno spot che invitava i pazienti a far valere i propri diritti in tribunale. «Se sei vittima di un caso di malasanità hai dieci anni di tempo per reclamare quello che ti spetta. Chiamaci, uno staff sarà a tua disposizione a zero anticipi e zero rischi» dice il video. Apriti cielo: i chirurghi, a loro volta, avevano chiesto al ministro Lorenzin lo stop alla programmazione.
Da qui un’escalation di botta erisposta, fino a qualche reciproca caduta di stile. «Amami risponde a uno spot poco intelligente con un altro ancora più stupido e anche volgare — attacca l’Unione camere penali — in una gara al ribasso tra medici-macellai e avvocati- avvoltoi che sembra la fiera della stupidità». L’ultima parola, per ora, è toccata ai camici bianchi, che in serata hanno fatto ammenda. Ma con gli avvoltoi. «L’Amami chiede scusa a chi si è sentito offeso dal nostro spot, che con una metafora descrive il clima di pressione in cui lavorano i medici — spiega una nota — gli unici che hanno diritto a offendersi e ai quali siamo pronti a chiedere scusa sono i volatili».

Gli italiani, sempre più poveri e più malati

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I tagli alla spesa pubblica hanno avuto forti ripercussioni sugli italiani che ora si trovano (forse) alla fine della crisi (almeno questo i politici) molto più poveri e malati. Non riuscendo a far quadrare i conti la prima spesa che viene tagliata è quella per i medicinali. Si stima ceh siano circa 5 milioni gli italiani che abbiano dovuto rinunciare alle cure. “Tra il 2007 e il 2013 la Fondazione banco farmaceutico ha incrementato la raccolta di farmaci del 241%. I farmaci donati nell’ultimo anno sono stati 1.162.859”, si legge nel testo. Questo aumento è dovuto da un lato alla crescita delle donazioni durante la Grf (+23%), dall’altro al boom delle donazioni aziendali (+1345%). Il trend di forte crescita della povertà ha però aumentato la forbice tra bisogno e capacità di risposta attraverso le donazioni. Se nel 2007 la giornata riusciva a coprire quasi il 55% delle richieste, nel 2013 siamo scesi al 43,2%.

Se questi dati sono allarmanti ancor di più lo saranno nei prossimi anni quando a una minor prevenzione corrisponderà una maggior richiesta di cure ospedaliere e specialistiche e la domanda potrebbe mettere in crisi le strutture sanitarie che già sono in affanno. Quali misure si stanno mettendo in atto affinché non ci sia fra qualche anno la crisi degli ospedali? Per il moemnto si è parlato solo di tagli e di riduzione delle spese, ma quello che oggi viene tagliato potrebbe aver costi molto più elevati nel futuro!

Arrivano le sigarette elettroniche alla marijuana!

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Si potranno acquistare sigarette elettroniche alla marijuana su internet, a lanciare l’allarme è stato l’Istituto superiore della sanità che ha poi ha precisato anche che in rete si possono acquistare ricariche per la e-cig il cui 5% contenuto non è correttamente indicato e quindi il consumatore non ha idea di cosa stia svapando. A 15 anni dalla messa in commercio della sigaretta elettronica negli Stati Uniti e a quattro dalla diffusione in Italia, “continuano ad esserci dubbi sull’efficacia a lungo termine per smettere di fumare e sulla sua efficacia rispetto ad altri analoghi sistemi utilizzati allo stesso fine, come cerotti e spray”, sottolinea  Walter Ricciardi, membro del Consiglio Superiore di Sanità, e sono “pochi gli studi su pericolosità e rischi”. Per questo monitoraggio continuo, ricerca e maggiore informazione per consumatori e venditori sono “le aree da implementare per fare chiarezza sul tema”.

 

Il vaccino uccise un alpino di cancro! SENTENZA STORICA IN ITALIA

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Dieci anni. Un decennio per arrivare alla sentenza definitiva che collega la morte di Francesco Finessi – alpino di 22 anni di Codigoro nel Ferrarese, morto nel 2002 per un linfoma non Hodgkin – a un vaccino e quindi per la prima volta in Italia   la responsabilità della morte viene attribuita al ministero della Salute.

Il giudice Alessandra De Curtis del tribunale di Ferrara ha riconosciuto un nesso di causalità tra il tumore e i vaccini fatti nel tempo durante il servizio militare di leva, somministrati ‘macroscopicamente’ in modo sbagliato dai medici. Il ministero della Salute è stato infatti condannato stamane a indennizzare la famiglia. «Ora questa sentenza storica – spiega l’avv.Francesco Ferruli di Martinafranca che ha assistito la famiglia assieme al collega di Ferrara Antonio Boldrini – potrà essere applicata a tanti altri casi analoghi. È un segnale di giustizia e sancisce un principio: non a caso ho appena parlato con altri militari che forti di questo pronunciamento, inoltreranno le proprie richieste». Raggiante la mamma, Santa Passaniti: «Tutti i nostri sforzi sono stati ripagati da questa sentenza che ha riconosciuto i danni da vaccino, come abbiamo sempre sostenuto: ora la nostra causa potrà aiutare tanti altri, visto che sono stati più di 3000 i militari morti e malati che non hanno mai messo un piede all’estero in missioni militari (dunque non soggetti a radiazioni di armamenti con uranio impoverito, ndr). I soldi? A noi, me, mio marito e mio figlio, non interessa il lato economico, in 10 anni abbiamo speso molto di più per cause, perizie, viaggi e ricerche di ciò che verrà risarcito».

A novembre il processo penale per il caso Finessi si era concluso davanti al tribunale di Belluno con la condanna a tre anni di Nicola Marchetti, ufficiale medico del 16/o reggimento Alpini di stanza alla caserma Salsa, per falso ideologico e falso materiale commessi da pubblico ufficiale in atti pubblici, per alcune visite mai effettuate sui soldati a lui affidati. In particolare, l’indagine metteva in relazione le mancate visite e un vaccino anti-tifo somministrato due volte a Finessi. Erano stati il quotidiano Repubblica e poi il sito Repubblica.It per primi ad occuparsi di questi casi. Dall’inchiesta giornalistica scaturirono diverse interrogazioni parlamentari, il cambiamento dei protocolli vaccinali di parte delle forze armate e anche la costituzione di diverse commissioni parlamentari.

Per saperne di più vedi l’articolo de La Repubblica. 

L’odissea del paziente al San Camillo

sancamillo-tuttacronacaSono sempre più precarie e insicure le condizioni con cui vengono curati i pazienti in arrivo al pronto soccorso del San Camillo di Roma, dove i malati sono costretti su dei materassi gettati a terra. Un esempio lo riporta il Messaggero, che scrive il racconto di un paziente, il 56enne Giancarlo Marchesi. “Lunedì sono arrivato al pronto soccorso con forti dolori addominali, ero disperato. Dopo tre ore infernali di attesa sono stato visitato e curato con gli antidolorifici. I lettini e le poltrone erano tutti occupati, così come le barelle delle ambulanze: tutte piene. A quel punto l’unica soluzione è stata quella del materasso a terra”. E prosegue: “Mi contorcevo dai dolori, così come un’altra signora arrivata con i calcoli renali: anche per lei la soluzione finale è stata il materasso. Sicuramente in quelle condizioni non potevamo stare seduti su una sedia di plastica o su una poltroncina. Il personale medico e infermieristico ha fatto tutto quello che poteva con i pochi mezzi a disposizione. Quando ho sentito parlare da parte della Regione di foto manipolate ho sentito il dovere di raccontare che di finto qui non c’è nulla”.  Stefano Barone, Raffaele Piccari e Marco Lelli della Nursind spiegano: “È inutile cercare colpevoli o dare la caccia alle streghe. È anche grazie allo scatto di questo cittadino che la verità è uscita fuori: non bisogna censurare o ancor peggio minacciare di denunciare casi come questi ma piuttosto incentivare segnalazioni simili per poter intervenire e migliorare le condizioni degli ospedali e soprattutto dei pronto soccorso. È giunto il momento di trovare soluzioni senza spostare il problema da una parte all’altra”. Fabrizio Santori, consigliere regionale e componente della commissione Salute spiega: “Abbiamo formalmente inviato un esposto circostanziato alla Procura della Repubblica sui gravi fatti che si stanno susseguendo nei vari Pronto Soccorso della Capitale con particolare riferimento al San Camillo, iniziativa tesa a denunciare una vera e propria emergenza che sta arrecando grave disagio ad operatori e pazienti. Ora auspichiamo tempi brevi che consentano di verificare tutte le omissioni e le violazioni commesse e l’accertamento delle specifiche responsabilità”. “Si tratta – prosegue il consigliere – di un esposto differente da quello presentato dalla Regione che, tra smentite e minacce di querela, cerca solo di nascondere l’emergenza. Un atteggiamento di una gravità inaudita, oltre che incoerente e ingiusto, anche perché altrimenti nell’esposto sarebbe doveroso citare anche l’ex consigliere regionale Esterino Montino che, proprio nel febbraio 2012, affermava che al pronto soccorso San Camillo vi fosse una situazione al limite della vergogna, proseguendo nel dichiarare che c’erano le foto sul sito del Gruppo Pd alla Regione”.

La trincea del San Camillo: materassi a terra

sancamillo-materassi-terra-tuttacronacaSono stati attivati, dal ministero della Salute, gli ispettori che dovranno verificare la situazione al pronto soccorso del San Camillo per accertare le reali condizioni in cui vengono assistiti i pazienti. I sindacati considerano “drammatica” la situazione del comparto e della dirigenza medica e anche ieri hanno occupato la direzione generale. Le sigle sindacali sono unite nel respingere “con indignazione” l’ipotesi di una strumentalizzazione, avanzata dalla Regione dopo la pubblicazione di foto che ritraevano pazienti sui materassi sistemati per terra. “Il problema esiste ed è grave”, hanno dichiarato Cisl, Ps Cgil, Fsi, Nursind, Rsu, Uil, Usb, Anaao Medici e Fvm Medici. Nel frattempo anche chi è stato in visita all’ospedale nei giorni scorsi ha confermato i disagi: “Quel pronto soccorso – ha raccontato Gualberto Ferroni che mercoledì della scorsa settimana ha accompagnato la suocera Albertina per una grave insufficienza respiratoria – sembrava un girone dell’inferno. C’erano più di venti lettighe in ogni stanza dell’emergenza. Anche i corridoi erano pieni e per terra ho visto pannoloni sporchi e cartacce. Infermieri e medici sono giustamente esasperati: sono pochissimi”. L’uomo ieri ha presentato una segnalazione al Tribunale dei diritti del malato: “Mia suocera – accusa – è rimasta per oltre due giorni su una barella. Solo il venerdì sera ha avuto un posto letto allo Stirs (Servizio terapia insufficienza respiratoria scompensata). Non ritengo che ci siano responsabilità da parte di medici e infermieri, anzi li considero degli eroi a lavorare in quelle condizioni. La colpa è dei tagli che vengono fatti sulla pelle dei cittadini”. Ma non si tratta del primo caso segnalato. Roberto Crea, segretario regionale, ha commentato: “E’ evidente che il problema è strutturale e chiediamo alla Regione di risolverlo in tempi rapidissimi”.  Il dg del San Camillo Aldo Morrone sottolinea che “al pronto soccorso lavorano tante persone con professionalità e fanno salti mortali”, ma ribadisce che c’è un problema di carenza del personale legato al “blocco del turn over” e chiede che “nel Patto della Salute il Lazio esca dal Piano di rientro, dotandolo di una situazione speciale legata a Roma Capitale”.

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Lo scandalo dei finanziamenti nel mondo del cinema

GialloToscano-tuttacronaca“Grazie Italia, questo è davvero un Paese pazzo, ma bellisimo”. Sono parole di Paolo Sorrentino nel suo discorso di ringraziamento nel ricevere il Golden Globe. E pur gioiendo per il fatto che l’Italia abbia visto un suo esponente trionfare, è difficile affermare di essere d’accordo con lui. Soprattutto dopo aver letto un articolo, a firma Giacomo Amadori, su Libero. A voler osservare il panorama cinematografico italiano del momento in effetti non c’è molto di che esser felici. Lo stesso film che ha riportato l’Italia in vetta, La Grande Bellezza, viene definito dal New York Times “una metafora del declino italiano” e ancora una volta, pur con grande maestria, viene presentato un ritratto appassionato e amaro di una città, Roma, che è al tempo stesso bellissima e decadente. Perchè la verità è che il cinema italiano sembra non riuscire ad andare oltre all’osservazione e alla rilettura. Altrimenti ci sono i grandi campioni d’incassi, che fanno gioire al botteghino, riescono anche a far ridere molti (e sappiamo ce n’è bisogno), ma difficilmente restano impressi o se ne parlerà un domani. Del resto l’industria cinema ha le sue  cosidette “regole” . C’è il desiderio di non rischiare e  forse la necessità di strizzare l’occhio ai soliti noti, in un universo che sembra non voglia mai dare spazio a figure nuove. E poi ci sono i finanziamenti, almeno quelli che ancora non sono stati tagliati . Ora Libero parla proprio del fatto che Film commission della regione Toscana è riuscita a elargire decine di migliaia di euro per finanziare il filmino di due indagati in diverse inchieste giudiziarie. Il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli, appresa la vicenda, ha commentato: “Pensare che la Regione Toscana  per mettere a posto i conti ha chiesto ai suoi cittadini di pagare, oltre al ticket, una gabella di 10 euro, con la scusa della digitalizzazione, per tac, radiografie e altri esami diagnostici anche se i pazienti sono poveri o malati terminali”.  poi anche LIbero commenta in dettaglio la storia di questi finanziamenti

La nostra storia riguarda Paolo Oliverio, commercialista quarantasettenne con la passione per gli affari con i padri Camilliani e gli 007, arrestato a novembre per sequestro di persona nell’ambito di un’inchiesta per riciclaggio. Oliverio dal gennaio 2013 è socio della Poyel produzioni, con capitale sociale di 100 mila euro, azienda trasferita a Napoli a ottobre e infine messa in liquidazione nel dicembre 2013, un mese dopo l’arresto di Oliverio.

Nonostante la breve esistenza, la Poyel ha fatto in tempo, si apprende da Internet, a produrre il film «Giallo toscano», un thriller girato a Buonconvento (Siena), realizzato insieme con l’Accademia dei Risorti, società di produzione cinematografica con sede proprio nel piccolo comune senese. Grazie al trailer si scopre pure che il film è stato realizzato con il contributo della Regione toscana e della Toscana film commission. Che ha versato, secondo i produttori, 30 mila euro. La trama è semplice: una mattina di giugno due tartufai in cerca di tuberi trovano il cadavere di una giovane archeologa. Inizia a questo punto la caccia all’assassino. Al film ha contribuito con la propria partecipazione gran parte della popolazione del paese. L’idea è stata del presidente dell’accademia, Lorenzo Borgogni, per quasi vent’anni influente portavoce di Finmeccanica, originario di Siena e residente a Buonconvento. La figlia Benedetta ha fatto l’aiutoregista. Anche Borgogni, come Oliverio, ha avuto le sue traversie giudiziarie: indagato nel 2011 nell’inchiesta su Finmeccanica, ha patteggiato una pena di tre mesi di reclusione per finanziamento illecito ai partiti e resta sotto processo per altri reati; attualmente è coinvolto anche nell’indagine sulle presunte mazzette pagate per la fornitura degli autobus di Roma Capitale.

Tutto questo non ha impedito alla Regione Toscana di finanziare il progetto. «Ma il film di Buonconvento con Oliverio non c’entra nulla» puntualizza Borgogni con Libero. «È stato realizzato nel 2012 e la Poyel è nata nel 2013». Eppure nei titoli c’è scritto che è stato prodotto dalla Poyel: «In realtà l’abbiamo inserito in quel catalogo per vedere se si poteva domandare qualche contributo con questa nuova società. I soldi dalla Toscana film commission li abbiamo ottenuti come Accademia dei risorti, di cui sono presidente: 25-30 mila euro in tutto».

La toppa sembra peggiore del buco: il pluriindagato Borgogni ottiene denaro pubblico per un’opera sul suo paese e poi con una società affidata a Oliverio e che millanta di aver prodotto un film non suo prova a ottenere altri finanziamenti. Ma come approda il fiscalista alla Poyel? «L’abbiamo fondata io e il mio amico Alfonso Gallo: lui ci ha messo dentro suo fratello e io Oliverio» risponde Borgogni. In effetti alla camera di commercio si apprende che soci al 50 per cento della Poyel sono la General holding company spa dei Gallo e Reb venture srl, in cui sono soci Borgogni e Oliverio, che possiede il 5 per cento delle quote. I due sono insieme anche nella System plus srl. «Nei giorni scorsi, dopo aver letto le notizie sulle presunte attività illecite di Oliverio abbiamo fatto dei controlli e scoperto numerose operazioni sospette e non autorizzate da Borgogni sui conti delle due società » avverte l’avvocato Stefano Bortone, difensore dell’imprenditore (…)

La madre viaggia per 7 ore per partorire: una gemellina non ce la fa

parto-gemellare-premature-tuttacronacaDramma ad Alessandria dove una neomamma ha perso uno dei suoi gemellini. La donna, partita da Domodossola, ha dovuto infatti percorrere 170 km perchè stava per dare alla luce prematuramente due bimbi ma si è vista rifiutata dagli ospedali perchè non attrezzati al suo caso. Ha così viaggiato per sette ore, in assenza della Stam, il mezzo del servizio trasporto assistito materno. La piccola, Aurora, non ce l’ha fatta, il fratello Cristian sta bene. La donna era arrivata al Dea del San Biagio di Domodossola sabato sera e i medici si sono accorti che si trattava di un parto prematuro. Per questo è stata fatta partire la richiesta di trasferimento vierso l’Ospedale Maggiore di Novara dove però il reparto di neonatologia non aveva posti per ospitarla. Fabrizio Comaita,  segretario della Federazione dei medici pediatri del Verbano-Cusio-Ossola, ha spiegato che l’unico ospedale disponibile a trattare la situazione era quello di Alessandria. “Era notte e quindi l’elicottero non poteva alzarsi in volo, necessitava quindi un trasferimento in ambulanza – dice Comaita alla stampa -. Peccato che la sola medicalizzata fosse impegnata in un altro trasporto urgente e quindi un altro mezzo è partito da Verbania per risalire sino a Domodossola e poi correre ad Alessandria: 170 chilometri”.

In Veneto arrivano gli infermieri “a tempo”

infermieri-a-tempo-tuttacronacaLa Giunta regionale veneta ha approvato una delibera che determina i minuti minimi necessari a ogni infermiere per assistere un paziente in modo corretto nell’ambito della giornata. La rivoluzione nel campo della Sanità prevede una tempistica che varia a seconda della specialità e prevede personale di rinforzo nel caso in cui non si raggiungano gli standard minimi di assistenza, o riposizionamenti nel caso di aree con operatori in eccesso. Il governatore Luca Zaia ha spiegato al Gazzettino, a seguito dei timori espressi dagli infermieri, “Nessuno parli di allarme licenziamenti”. Quello a cui si mira è l’ottimizzazione delle risorse per “assistere a cinque stelle il paziente ricoverato”. Così, un paziente ricoverato in malattie infettive si vedrà garantiti 230 minuti di cure, uno in medicina interna 185, mentre in rianimazione la quota sale a 700 minuti al giorno. Ora si attende che la Commissione Sanità del Consiglio regionale dia il via libera al provvedimento. “In nessun reparto veneto si dovrà mai più assistere ad attese troppo lunghe da parte del paziente”, spiega l’assessore alla Sanità, Luca Coletto. E non mancheranno i risparmi. “La gestione del personale è una delle voci di spesa più elevate, sulle quali andrà posta attenzione totale – aggiunge Zaia -. Il Veneto da questo punto di vista è già assolutamente virtuoso”.

“Ciao Babbo Natale, aiutaci tu”: i bimbi che chiedono la cura con Stamina

lettera-babbonatale-stamina-tuttacronacaIl prossimo martedì, in occasione di una manifestazione organizzata davanti agli Spedali civili di Brescia dal comitato Pro Stamina, verranno consegnate delle lettere che i bimbi hanno scritto in occasione dell’arrivo delle Feste. Il messaggio è chiaro: “Ciao Babbo Natale, aiutaci tu”. La piccola Federica, di Salerno, che disegna un cuore in cui appare lei accanto a un albero di Natale e mano nella mano con Giovanni Procentese, in lista d’attesa agli Spedali civili di Brescia oramai da tempo, scrive: “Quest’anno vorrei la cura per il mio fratellino, con il metodo Stamina, vorrei anche che faccia l’infusione adesso. Così guarisce e torna a giocare con me e a essere felice come prima”.  Ma non è l’unica a lanciare l’appello, c’è anche la piccola Ludovica, che chiede la cura per se stessa: “Ho sette anni e fino all’età di tre anni ero una bimba normalissima, mi piaceva cantare e ballare”. Colpita da Tay Sachs, malattia senza cura: “Nessun bimbo è mai sopravvissuto. I dottori dissero alla mia mamma che da lì a un anno, forse due, sarei volata in cielo… Con questa cura, posso stare seduta in passeggino anche tutto il giorno, adesso posso uscire, non ho più bisogno dell’ossigeno… Caro Babbo Natale non voglio regali preziosi o giocattoli, vorrei solo continuare e che altri bambini possano iniziare la stessa terapia”. Le madri, si uniscono ai bambini. Monica Laura S., cinque figli, racconta che l’ultimo è “speciale”: “Luce dei miei occhi, non voglio vederla soffrire…”. E ancora i genitori, a nome di Ivan D.A., due anni e mezzo, afflito da epidermolisi bollosa distrofica: “Io vorrei giocare e correre senza farmi la bua… Vorrei poter dormire tranquillo”.

Stamina: via del Corso bloccata dai malati

stamina-manifestazione-tuttacronacaIn centro a Roma, questo pomeriggio il traffico è stato bloccato da alcuni malati tra i quali i fratelli Biviano, affetti da distrofia muscolare e diventati i simboli della protesta pro-Stamina. La manifestazione ha avuto luogo in via del Corso, all’altezza di Palazzo Chigi e aveva lo scopo di chiedere di accedere alle cure secondo il metodo Stamina. Bloccati dalla manifestazione anche Largo Chigi e il traffico in direzione di Via del Tritone, così come il traffico veicolare proveniente da Piazza del Popolo, Largo Goldoni e Piazza Venezia. La protesta è stata interrotta solo quando è giunta la notizia che verranno ricevuti da una delegazione della Presidenza del Consiglio. “Letta e la Lorenzin ci incontrino o non ce ne andiamo. Ci sentiamo presi in giro, da cinque mesi stiamo aspettando e ancora oggi non abbiamo avuto alcuna risposta”, ha detto uno dei fratelli Biviano, Marco. Alcuni manifestanti invitano gli automobilisti a scendere dalle auto per unirsi alla loro protesta. Tra gli striscioni esposti ‘Nessuno è immune dalle malattie neurodegenerative, un sì potrebbe salvare anche la tua vita’.

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Sospesa la bocciatura di Stamina dal Tar

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La bocciatura del Metodo Stamina è stata sospesa dal Tar del Lazio. Il ricorso presentato da Davide Vannoni, presidente della Stamina Foundation, è stato accolto dal Tar. Il ministero della Sanità aveva bloccato la sperimentazione di Stamina dopo il parere negativo della commissione degli scienziati, che ne avevano sancito la pericolosità.

Il male dell’Italia non sono solo i politici: denunciati 5mila dipendenti pubblici

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Drammatico il rapporto della Guardia di Finanza che per il 2013 parla di oltre 5mila dipendenti pubblici denunciati per corruzione e truffa (dai falsi poveri ai finti consulenti) e 3 miliardi rubati allo stato.

Nel rapporto si legge:

“Nell’ambito delle verifiche imposte dai processi di spending review sono state predisposte campagne massive di controllo su forme diffuse di irregolarità, relativamente alla fruizione dei ticket sanitari e delle prestazioni sociali agevolate, per incrementare i livelli di compliance tra i potenziali beneficiari di tali agevolazioni”.

A godere della agevolazioni soprattutto i falsi poveri:

“Su 8.000 controlli effettuati, sono stati trovati 2.500 soggetti che hanno indebitamente beneficiato di prestazioni sociali agevolate come l’accesso in corsia preferenziale ad asili nido ed altri servizi per l’infanzia, la riduzione del costo delle mense scolastiche, i “buoni libro” per studenti e le borse di studio, i servizi socio sanitari domiciliari, le agevolazioni per i servizi di pubblica utilità, quali luce o gas. Sono state accertate frodi al sistema previdenziale ed assistenziale per oltre 77 milioni di euro. Le principali truffe hanno riguardato la corresponsione del cosiddetto ”assegno sociale” a favore di cittadini extracomunitari fittiziamente residenti, l’indennità per falsi invalidi, le misure di sostegno alla disoccupazione per falsi braccianti agricoli ed il pagamento di pensione a soggetti deceduti”.

Capitolo “consulenze inutili”:

Tra gennaio e ottobre 2013 la Guardia di Finanza ha denunciato alla Corte dei Conti 150 casi di consulenze non necessarie, calcolando un esborso illecito pari a 8 milioni e 454 mila euro. Ben più alte sono le altre spese causate dalla mala gestione delle istituzioni.

Appalti truccati, uno dei casi più eclatanti a Brindisi dove “è finita sotto inchiesta l’attività dell’Area Tecnica della Asl per l’assegnazione di lavori a ditte amiche”:

“Il meccanismo fraudolento prevedeva l’apertura e successiva chiusura delle buste contenenti le offerte economiche delle ditte concorrenti; la comunicazione a ditte conniventi delle informazioni così acquisite, affinché fosse possibile formulare l’offerta più idonea per vincere la gara; la sostituzione furtiva delle buste contenenti le originarie offerte presentate dalle medesime imprese con delle nuove predisposte fraudolentemente in base al vantaggio conoscitivo indebitamente ottenuto”.

Sanità malata:

Scrive il Corriere della Sera: Sono 626 i dipendenti pubblici che dovranno rendere conto dei propri illeciti e di aver provocato un danno di ben 233 milioni di euro. E sono migliaia i cittadini che hanno truffato lo Stato riuscendo ad ottenere prestazioni pur non avendone i requisiti o comunque rimborsi non dovuti. Le denunce finora presentate nel 2013 sono state 5.300 con un danno calcolato di oltre 9 milioni di euro.
Vicenda simbolo — molte altre analoghe sono state verificate in numerose parti d’Italia — è stato scoperta dai finanzieri di Caserta dove la Asl non aveva aggiornato da anni gli iscritti nelle liste dei medici di base. Sfruttando sia pur inconsapevolmente queste omissioni circa 400 dottori di tutta la provincia hanno continuato a percepire compensi relativi a «1.215 soggetti deceduti, 2.010 emigrati all’estero e 2.763 emigrati fuori provincia». Danno accertato: 1,5 milioni di euro.

Falsi poveri e ville:

Da Padova a Lecco, arrivando a Roma, sono migliaia i casi di «falsi poveri» scoperti dai finanzieri. A Padova è stata denunciata una pensionata settantenne che abitava in una villa con piscina, aveva altri 14 immobili di proprietà affittati «in nero» per un canone mensile che oscillava tra i fino a 4.600 e i 5.000 euro al mese. Non solo non aveva denunciato introiti per oltre 220 mila euro, ma negli anni scorsi aveva ottenuto il rimborso delle tasse universitarie sostenute per il figlio e chiesto al Comune le prestazioni economiche assistenziali, dichiarando di appartenere a un nucleo familiare indigente. A Lecco sono state denunciate 53 persone che hanno percepito illecitamente dal Comune il sostegno dovuto a chi si trova in «stato di bisogno». Si tratta di una somma mensile che oscilla tra i 500 e i 3.000 euro al mese, quindi un vero e proprio stipendio pur non facendo nulla e soprattutto potendo contare su altre «entrate»

“Potrebbe succedere anche a te”, i tagli alla sanità spagnola

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Flebo, camice e richiesta d’aiuto, questa è l’ultima provocazione dell’associazione Medicos del Mundo per protestare contro  i tagli alla sanità effettuati dal governo di Rajoy negli ultimi mesi. L’iniziativa si è svolta lo scorso 14 novembre per le strade di Madrid, nell’ambito della campagna “Nadie Desechado” (in italiano “Nessun rifiuto”).

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Tra il teatro di strada e la protesta sociale, le foto in fretta stanno facendo il giro del web con l’avvertimento, che è diventato poi lo slogan della campagna di sensibilizzazione  “Potrebbe succedere a te”. L’idea è stata realizzata con la collaborazione dell’artista Yolanda Dominguez, che mira a evidenziare come la sanità non può diventare un “lusso per  pochi”.

Potrebbe succedere anche a noi?

C’è spending review e spending review!

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Spending review è un termine ormai entrato nel linguaggio quotidiano. Ma c’è  spending review e  spending review! Carlo Cottarelli per l’Italia spera di tagliare 32 miliardi di euro in tre anni. Nessun ulteriore sacrificio per gli italiani, assicura il Premier Enrico Letta, niente tagli «con la falce» ma «solo dove necessari». Si premierà chi taglia questa la tecnica che verrà utilizzata e quindi gli enti più virtuosi saranno quelli in grado di fare più spending review. La scure si abbatte però anche su sanità e scuola e a farne le spese saranno gli insegnanti di sostegno. Chi ha bisogno di aiuto sarà lasciato a se stesso?  E negli ospedali? Chi ha bisogno di un posto letto dovrà cambiare regione? Chi potrà si pagherà un’assicurazione sanitaria per garantirsi il diritto alla salute che lo stato non riesce a sostenere?

Capitolo a parte sugli statali con il governo che ha come obiettivo quello di aumentarne la mobilità. Il denaro risparmiato grazie a una spesa più responsabile, servirà a ridurre le imposte, ad investire produttivamente ed a ridurre il debito. Mentre il governo studia come triplicare l’obiettivo di risparmio previsto dalla Legge di Stabilità, Confesercenti denuncia la situazione opprimente dei pensionati italiani. Quattromila euro di tasse l’anno. Sembra proprio che ormai si sia arrivati al torsolo!

Tagli alla sanità… necessari dopo la bocciatura Ue!

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Bruxelles ordina e il Governo corre ai ripari. Così Carlo Cottarelli, doppo la bocciatura della Legge di Stabilità da parte della Commissione Ue, ha pronto un piano di riduzione della spesa pubblica. Obiettivo: recuperare 2-3 mld di euro immediatamente. Mirino puntato sulla Sanità. Previsione: arrivare a 1-1,5 mld di tagli nel 2014, ma è solo l’inizio! La carta che il ministro dell’Economia Saccomanni potrà giocarsi già alla riunione dell’Eurogruppo di venerdì è la realizzazione nel 2014 di risparmi da 1,5 mld contro i 600 mln prudenzialmente cifrati nella legge di Stabilità. E non è escluso che l’asticella dei tagli, fino al 2015, possa salire ancora. Insomma, si raschia il fondo e a rimpolpare le casse dello Stato, arriva pure il super-acconto dei contribuenti. Il Fisco bussa alla porta di venti milioni di cittadini: un esercito che entro i prossimi 15 giorni (entro il 2 dicembre) tra Irpef, Irap e Ires farà confluire 34 mld di euro nelle tasche del Tesoro. Si rischia davvero il collasso.

Via i forcipi e le ventose nei parti difficili, arriva l’invenzione del meccanico

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Non è stato un medico, ma un meccanico argentino, Jorge Odòn, a inventare il nuovo dispositivo che aiuterà nei parti difficili, una valida alternativa al forcipe e alle ventose, ma soprattutto privo di rischi per il neonato. L’idea ce l’ha avuta osservando il funzionamento di un cavatappi su Youtube e poi Odòn ha realizzato nella sua cucina un prototipo che ha ricevuto premi dalla United States agency for International development e dalla Grand Challenges canadese. La stessa Organizzazione mondiale della sanità (Oms) lo ha approvato giudicandolo innovativo, facile da usare e sicuro.

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“Può salvare molti bambini nei paesi poveri ed evitare molti cesarei”, ha detto al New York Times Mario Merialdi, coordinatore del dipartimento di salute materna e perinatale per l’OMS. Tecnicamente, il dispositivo è una sorta di manicotto gonfiabile di plastica lubrificata che, avvolto intorno alla testa del bambino e poi gonfiato, tira fuori il nascituro senza rischi. Il nuovo metodo è sperimentato in più paesi e in Italia lo studio, in corso, è coordinato dalla Università di Perugia. Il giudizio dei ginecologi italiani è già più che positivo: “Al contrario di forcipe e ventosa, non provoca alcun trauma perché è soffice – ha detto Antonio Starita, dirigente medico a Ginecologia ed ostetricia del San Camillo di Roma – . E’ assolutamente promettente e da verificare sul campo”.

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Posti in piedi alla posta! Venduti i numeri per saltare la coda

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Il business non andava male, in fondo chi non avrebbe pagato per saltare la coda alla posta? Chi offriva di più si aggiudicava il numero con la’ttesa più breve e poteva saltare comodamente la coda. A Napoli erano in quattro a operare all’interno della posta nei quartieri  Sanità, Piscinola e Secondigliano. I quattro uomini arrivavano anche  a falsificare  gli scontrini con delle riproduzioni perfette. Il ricavato recuperato dai carabinieri è stato di cento euro.

Quei tagli alla sanità che vanno e vengono

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Tagli sì o tagli no? Sembrerebbe che dalla Legge di Stabilità il servizio sanitario non ne esca indenne. Dopo le proteste di Regioni accompagnate e sostenute da quelle del ministro Beatrice Lorenzin l’articolo era stato cancellato, salvo poi fare la sua ricomparsa nel testo definitivo dove il decurtamento arriverà nel 2015. La stretta sui rinnovi contrattuali del pubblico impiego,- in cui è compreso anche il personale sanitario – estesa fino alla fine del prossimo anno  nonché la riduzione dell’indennità di vacanza contrattuale, si applicheranno ad una platea in ogni caso più vasta di quella prevista nel 2010, quando la stretta fu introdotta per la prima volta. Tra l’altro è prevista una definizione più larga delle amministrazioni pubbliche interessate: vi rientrano tutte quelle inserite nell’apposito elenco redatto dall’Istat, che comprende anche realtà non del tutto pubbliche come le casse di previdenza professionali. Nel pacchetto pubblico impiego è poi inserito il taglio delle risorse destinate al trattamento accessorio.

Per la sanità l’effetto è di 540 milioni per il 2015 e di 610 milioni l’anno a partire dal 2016: lo Stato ridurrà quindi in proporzione il livello del proprio finanziamento. Come di consueto, toccherà alle Regioni ripartire al proprio interno la minore disponibilità, con decisione da prendere entro il 30 giugno del prossimo anno: qualora ciò non avvenisse, si procederà secondo i criteri di ripartizione del fabbisogno sanitario nazionale standard. Nella manovra ha poi trovato posto un’altra novità potenzialmente di grande rilevanza: a partire dal 2015 anche le società (non quotate) possedute dalle Regioni e dagli enti locali dovranno concorrere agli obiettivi di finanza pubblica e saranno quindi sottoposte al patto di stabilità interno. Prudentemente, nella relazione tecnica alla legge non è quantificato l’effetto positivo sui conti, che però almeno sulla carta potrebbe essere di tutto rispetto; nell’ultimo decennio Regioni e Comuni hanno spesso fatto ricorso a società esterne (in molti casi create ad hoc) per aggirare i vincoli finanziari imposti dallo Stato centrale.
Le novità riguarderanno aziende speciali, istituzioni e società non quotate a partecipazione pubblica di maggioranza, che abbiano servizi in affidamento da soggetti pubblici per una quota superiore all’80 per cento del valore della produzione. Per tutte queste realtà scatta l’obbligo di conseguire un saldo economico (inteso come margine operativo lordo) non negativo. Chi non centra l’obiettivo, l’anno successivo dovrà automaticamente ridurre i propri costi in proporzione al disavanzo e non potrà assumere personale sotto nessuna forma. Inoltre per il presidente, l’amministratore delegato e i componenti del consiglio di amministrazione scatterà una riduzione dei compensi dell’ordine del 30 per cento.

Cambia mappa la sanità, ora è possibile curarsi in tutta Europa

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La sanità italiana sempre più in difficoltà avrà ora un alleato… la sanità europea. Ma se per i cittadini la caduta delle frontiere sanitarie rappresenta una vera e propria libertà e un maggior diritto alle cure, per i medici e le strutture sanitarie aumenterà invece la competizione. Il principio approvato nella direttiva del 2011 1 dal Parlamento di Strasburgo che diverrà operativa nella settimana tra il 25 ottobre e il 4 novembre consentirà ai malati di richiede, tramite il proprio Paese di residenza assistenza sanitaria a un qualunque Stato membro dell’Unione europea, soprattutto nei casi di estrema necessità. Quindi se il proprio Paese non risponde alle esigenze specifiche di quella malattia si potrà richiedere la cura nei Paesi dove i macchinari sono adeguati, non ci sono liste d’attesa e c’è accesso a nuovi metodi di cura.

Le limitazioni prevedono: l’assistenza “a lungo termine” che non sarà riconosciuta così come le vaccinazioni e i trapianti.

Se una persona deciderà di curarsi in uno Stato dell’Unione europea, sarà il sistema sanitario del proprio Paese di residenza a coprire le spese relative, ad esempio, al viaggio e all’alloggio, alle visite mediche e specialistiche, al ricovero, all’acquisto di farmaci e dispositivi medici (tutori, protesi). Questo a patto che le cure e i trattamenti avvengano in una struttura pubblica o si svolgano online, attraverso assistenza medica telematica. Nel caso in cui il paziente si rivolga invece a una struttura privata, le spese saranno a suo carico. A decidere sulle modalità e sul tipo di rimborso da offrire ai cittadini saranno i singoli Paesi, in base a leggi fissate a livello nazionale. La direttiva sull’assistenza sanitaria transfrontaliera stabilisce solo alcune regole di massima, che escludono ad esempio i rimborsi per i cosiddetti “servizi di assistenza a lungo termine” e per le cure rilasciate da strutture private. L’obiettivo è infatti quello di controllare le spese evitando, per quanto possibile, spreco di risorse finanziarie, tecniche e umane.
La direttiva europea non interferirà sulle scelte etiche dei singoli Stati e dei loro operatori sanitari quali medici e farmacisti. Pertanto, se lo Stato prescelto per le cure consiglierà ad esempio l’assunzione di un medicinale che nel Paese di residenza è soggetto a obiezione di coscienza (in Italia la pillola abortiva RU486 e la pillola del giorno dopo), nulla vieterà al medico curante, al farmacista e alla struttura sanitaria di astenersi dalla prescrizione, dalla vendita e dalla somministrazione del farmaco. La regola varrà anche per quelle cure e quei farmaci ritenuti, dal Paese di residenza, “a rischio” per la salute delle persone. Anche in questi casi sarà il medico curante e il farmacista a valutare i singoli casi al fine di tutelare la salute pubblica.

C’è la sanità pubblica e quella parlamentare… sistemi a confronto

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Gli italiani temono ulteriori tagli al sistema sanitario che già ne ha subiti più di quelli che sono sostenibili, per dare un servizio nazionale efficiente. Eppure in Italia c’è un sistema sanitario “parallelo” che è eccellente: quello dei parlamentari. Qui si entra in un universo perfetto, il migliore dei mondi possibili… Anche “La Gabbia” se ne è occupata qualche giorno fa andando a mettere il naso in quella sanità pubblica che ha il sapore di clinica extralusso: infermeria attrezzata, 5 studi medici, fisioterapia, una sala benessere e se ci fosse bisogno di cure fuori dal mondo dorato di Montecitorio si può entrare in clinica ed essere rimborsati. Come espresso nel servizio di Monica Raucci le spese mediche del 2010 dei parlamentari sono alquanto “originali”: 3 milioni di euro per odontoiatria, 3.173.000 euro per ricoveri e interventi, 146 mila euro per protesi acustica bilaterale, 204 mila euro per cure termali.

Naturalmente dell’assistenza sanitaria ne possono beneficiare anche i familiari dei parlamentari:  coniuge, figli non coniugati fino al 26° anno di età, figli inabili al lavoro, coniuge separato o divorziato e perfino convivente more-uxorio (a patto che la convivenza perduri da almeno 3 anni). I parlamentari inoltre possono godere dei servizi di centri convenzionati con Camera e Senato senza dover mettersi in lista d’attesa o avere file da rispettare.

Ora però sembra che si sia davvero esagerato visto che è stata aperta anche un’inchiesta e s’indaga sull’ex deputato Pdl Marco Pugliese per false attestazioni di fisioterapie di cui avrebbe secondo l’accusa incassato i rimborsi dal servizio sanitario integrativo. Il pm Henry John Woodcock ha disposto perquisizioni eseguite dai carabinieri del Noe.

Il CdM: Letta e Alfano presentano la Legge di Stabilità

alfano_letta-leggedistabilità-tuttacronacaPausa nel corso del Consiglio dei Ministri ed Enrico Letta e Angelino Alfano, durante la conferenza con la stampa, hanno illustrato i vari punti, spiegando anche che è saltata la sforbiciata da 2,6 miliardi alla sanità prevista nelle bozze. La manovra, ha spiegato il premier, è all’incirca di 11,5 miliardi nel 2014, 7,5 miliardi nel 2015 e 7,5 miliardi nel 2016. Una delle novità introdotte è che le votazioni per le elezioni avverranno in un giorno unico, così come avviene nell’Unione Europea, con un risparmio effettivo di 100 milioni di euro. Per quel che riguada l’IMU, i Comuni potranno esentare dal pagamento della seconda rata le case date in uso dai proprietari ai figli, come previsto da un emendamento al decreto Imu approvato dell’Aula della Camera e passato con il sì della Commissione e il parere contrario del governo. Per quel che riguarda la TIRSE, ha spiegato il premier, “Non sarà come l’imu, sarà totalmente diverso come ho già detto. L’inquadramento generale della Trise lo vedrete nel testo e anche il Parlamento contribuirà”. La legge di Stabilità prevede per il 2014 il trasferimento di 1 miliardo ai comuni per ridurre il prelievo della nuova tassa sulla casa Tirse. È quanto emerge da in un documento del governo che fa porte del dossier sulla legge di stabilità. L’ipotesi iniziale era quella di attribuire ai comuni 2 miliardi per attivare esenzioni su questa tassa.  Stando a Letta, “Per la prima volta da tempo siamo riusciti a fare una legge di Stabilità dove i conti quadrano senza aumentare le tasse e senza tagli al sociale e alla sanità”.  Per quanto riguarda la «ripartizione» dei 5 miliardi di taglio delle tasse ai lavoratori la “discussione spetterà al Parlamento e alle parti sociali”, ha aggiunto. Guardando al lavoro, arriva una “riduzione di tasse per le imprese di 5,6 mld con una curva crescente nell’arco del triennio”. La riduzione delle spese fiscali, attraverso interventi selettivi sulle agevolazioni, porterà 500 milioni di euro e gli interventi saranno definiti “entro gennaio 2014”.  Ma con la nuova Legge arriva anche 1 miliardo di ‘sconti’ per per le ristrutturazioni edilizie e l’eco bonus. Inoltre, la Legge di Stabilità contiene il rifinanziamento di 1,6 miliardi per il fondo di garanzia per le piccole imprese. Rivendicando i risultati del governo sui conti pubblici. Letta ha aggiunto: “Abbiamo mantenuto impegni con Bruxelles, siamo usciti dalla procedura di deficit eccessivo. E oggi duplice premio: per prima volta è la prima legge di stabilità che non comincia con sforbiciata di tagli di nuove tasse che servono per Bruxelles”. E ancora: “Sono soddisfatto del lavoro fatto, è un lavoro che non voglio presentare in modo roboante, è un passo significativo nella giusta direzione. Possiamo cominciare a guardare al futuro perchè per la prima volta abbiamo fatto una manovra senza mannaie per lavoratori e famiglie”. Da parte sua Angelino Alfano ha aggiunto: “È finita la fase degli antibiotici, ora iniziata la fase delle vitamine». Lo afferma il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, presentando la legge di stabilità nel corso della conferenza stampa che segue il Cdm. «Abbiamo scelto una ricetta di politica economica che riteniamo la migliore: riduzione della spesa pubblica, del debito e delle tasse”.

Sanità “graziata” da nuovi tagli?

sanità-tagli-tuttacronacaOggi il Consiglio dei Ministri è riunito per l’approvazione della Legge di Stabilità e sul tavolo delle discussioni ci sono anche i tagli alla sanità. Tagli ai quali si è opposto il ministro della Salute Beatrice Lonrenzin. Con lei è schierato anche il rappresentante dei Governatori, il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani che a Prima di tutto, su RaiRadio1, ha detto: “Nel caso di tagli noi reagiremo e porremo il problema al governo, anche perchè a fronte di una mancata entrata di una situazione che può portare diverse regioni al default scatterebbero automaticamente le tasse”. Interrogato sulla possibilità che il patto per la salute sia a rischio, il governatore ha risposto: “Non c’è dubbio che lo è se cambia la base dell’accordo. E’ chiaro che molto dipende dal rispetto dell’accordo sulle risorse per il 2014 che abbiamo fatto col governo”. Ha inoltre ricordato: “La sanità è un comparto della spesa pubblica che ha dato in questi anni un contributo enorme alla riduzione della spesa. Sul contenimento dei costi standard procederemo ancora, ma sottolineo che già la sanità è il comparto della spesa pubblica italiana che ha ridotto di più le spese in questi anni, per oltre 30 miliardi di euro: non ci sono più le condizioni per altri tagli. Confido nella ragionevolezza di questa posizione, ora vediamo che succede in concreto nella legge di stabilità”. Fabrizio Saccomanni, ministro dell’Economia, la vede in modo diverso, per lui i “fabbisogni e i costi standard soprattutto in campo della sanità” saranno individuati “attraverso una spending review” che consentirà di trovare “spazi per economie in questo campo”, perché “ce ne sono”. Sembra, ora che è in corso il cdm, che non siano però previsti tagli al settore Sanità nel triennio 2014-2016. Sarebbe infatti saltata la sforbiciata da 2,6 miliardi inizialmente prevista nelle bozze del ddl. A chiedere l’azzeramento dei tagli al Cdm era stato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin.

Contratti bloccati e addio allo straordinario per gli statali!

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Per i dipendenti pubblici arriva l’estensione del blocco dei contratti che era già intervenuto nel triennio 2010-2012 e che ora arriverà sino al dicembre 2014. Tale estensione riguarda anche il personale del servizio sanitario locale. Poi, sempre nella bozza si legge  ”per le amministrazioni statali, compresa la Presidenza del Consiglio dei ministri, la spesa per le prestazioni di lavoro straordinario va ridotta, rispetto alle risorse finanziarie allo scopo assegnate per l’anno finanziario 2013, del 10% a decorrere dall’anno 2014”.

Ma quale Service Tax… si cambia ancora e arriva la Trise!

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Ormai in Italia non ci si sorprende più, neppure l’ennesima pozione amara. Tutto e il contrario di tutto può essere possibile ed ecco che la Service Tax che doveva far dimenticare l’Imu e contenere i costi per gli italiani viene spazzata via dalla TRISE! Alcuni già ipotizzano che il cambio sia stato reso necessario avendo in passato promesso con la denominazione “la service tax” una tassa soft che doveva essere “meno della metà di Imu e Tares insieme” e non potendo arrivare a far quadrare i conti pubblici ecco che si è preferito cambiare nome alla tassa. Ma questo lo dicono soltanto i maligni!

«È istituito in tutti i comuni un tributo sui servizi comunali, denominato TRISE che si articola in due componenti: la prima, a copertura dei costi per la gestione dei rifiuti urbani(TARI); la seconda, a fronte della copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni (TASI)». Si legge nella bozza della legge di stabilità.

Arriva anche la deduzione Irap, ma è solo per i neo-assunti e il massimo delle deduzioni è di 15mila euro a dipendente.

Esclusione del patto di stabilità interno «al fine di consentire agli enti locali nel 2014 e 2015 i pagamenti in conto capitale». È quanto prevede una prima bozza della legge di stabilità in cui dalla norma si calcolano oneri «sull’indebitamento e sul fabbisogno di 1.000 milioni di euro per l’anno 2014 e di 1.000 milioni per l’anno 2015». Regioni e enti locali non potranno più ricorrere ai derivati. Lo prevede una prima bozza della legge di stabilità. Finora il blocco al ricorso alla finanza derivata era temporaneo, in attesa di un regolamento. Con la legge di stabilità diventerebbe definitivo. Stop quindi hai derivati!

Sanità? «Siamo in contatto con loro e alla fine troveremo una soluzione equa per tutti quanti», ha spiegato il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni rispondendo alle preoccupazioni dei presidenti delle Regioni.

Nella legge di stabilità c’è spazio per gli investimenti «sia quelli di natura infrastrutturale come ferrovie e Anas sia un allentamento del patto di stabilità per i comuni» che daranno «più risorse agli investimenti».Gli investimenti, per Saccomanni, sono «soprattutto di sostegno per le riforme idrogeologiche, per edilizia scolastica, progetti che possono essere attuati rapidamente».

Allarme Sanità: Lorenzin con i Presidenti delle Regioni!

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Ancora la pietanza non è servita, ma fa già discutere. Per tagliare il costo del lavoro, bisogna tagliare la Sanità. L’equazione non torna e l’allarme viene lanciato dal Ministro della Sanità Beatrice Lorenzin che si schiera al fianco dei Presidenti delle Regioni che avevano già nei giorni scorsi sollevato il problema:

“I tagli per ora sono solo un’indiscrezione. Ma se ci fossero salterebbe il patto per la Salute. I risparmi si stabiliscono solo tra ministero e Regioni,non con tagli lineari ma con una mirata lotta agli sprechi. Altrimenti saltano le 15 regioni sotto piano di rientro e sono in difficoltà anche le cinque che hanno i conti in ordine”, così la Lorenzin.

Sulla questione è intervenuto anche il segretario del Pd, Guglielmo Epifani: “Bisogna lavorare per aiutare la crescita, sostenendo le possibilità di investire dei comuni virtuosi, allentando il patto di stabilità, e guardando con attenzione alle esigenze delle autonomie. Ma dobbiamo dare anche un altro segnale di inversione di tendenza e di fiducia rispetto alle attese dei cittadini, chiudendo finalmente la stagione dei tagli continui alla sanità”.

Se non verrà tagliata la Sanità pubblica cosa verrà tagliato?

Il menù del Governo: cosa ci servirà la legge di stabilità?

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Il Governo ha preparato il menù da servire l’anno prossimo agli italiani. Il piatto forte della casa sarà il cuneo fiscale, con maggiori detrazioni  per i lavoratori dipendenti.

Intanto il Premier avverte tramite tweet i giornalisti di non creare “caos” o meglio allarmismo: “Giornali a caccia di indiscrezioni spacciate per fatti su Legge Stabilità. Invito a leggere testo vero del Cdm martedì. Il resto è solo caos…”.

Insomma meglio non parlarne prima che il piatto sia in tavola e non possa più essere rimandato in cucina per variare qualche ingrediente poco digeribile.

Tra le ipotesi sul cuneo fiscale sembra che l’intervento possa concretizzarsi in un aumento di 200-300 euro in busta paga a primavera del 2014, per i redditi dipendenti sotto i 55.000. Tale misura a favore di lavoratori e imprese impiegherebbe circa 10 miliardi di euro in tre anni da scalare in: 5 nel 2014, 3 nel 2015 e 2 nel 2016. Per quanto riguarda il 2014 il “maggior beneficio” però andrà sicuramente nelle tasche dei lavoratori, almeno secondo le intenzioni del Governo.

L’altra pietanza sarà la rimodulazione dell’Iva, forse con l’arrivo quarta aliquota e la definizione della nuova service tax. Ma l’Iva prevede l’intervento su competenze anche dell’Ue e il tema si fa caldo e complesso. Qui gli “ingredienti” potrebbero davvero variare e il piatto servito potrebbe essere estremamente delizioso o estremamente  indigesto. Le ipotesi sul tavolo potrebbero prevedere l’aggiunta di una quarta aliquota Iva che si aggiungerebbe alle 3 già esistenti. Questa nuova aliquota, che dovrebbe aggirarsi intorno al 7/8%, comprenderebbe beni che ora sono irregimentati sotto un’ aliquota del 4% e altri che invece sono sottoposti l’aliquota del 10%. Secondo quanto asserisce il Governo il risultato poi dovrebbe essere “zero” aumenti.

Per contorno ci sarebbe inoltre il taglio al costo del lavoro e  la ripartenza degli investimenti e delle assunzioni. In che modo? Anche qui sono diversi gli interventi allo studio:

  • potenziamento dell’Ace (aiuto alla crescita economica),
  • o la rivalutazione dei beni,
  • o la deducibilità del costo del lavoro ai fini Irap.

Ma anche l’ipotesi di una revisione dei contributi Inail per premiare le aziende più sicure a scapito di quelle meno accorte al tema.

E ritorna in tavola anche il vecchio progetto che già si era tentato di introdurre e cioè la possibilità di emettere mini-bond per finanziare le Pmi.

Il “dolce” sarebbe l’eliminazione dell’Imu e l’introduzione della Service Tax! Si riuscirà a mantenere la parola data e davvero la “la service tax sarà meno della metà di Imu e Tares insieme”? Sembra improbabile. Anche perché con la manovrina si è andato ad aggravare ancor maggiormente la situazione dei Comuni e ulteriori tagli sono stati necessari, per cui ora andranno reperite risorse. Come anticipa il Sole 24 Ore si potrebbe quindi partire con un’aliquota del 3 per mille ovvero una tassa di 30 centesimi a metro quadro con una ricaduta anche sugli inquilini. Il governo ha già
annunciato di mettere sul piatto già 2 miliardi per abbassare il peso del prelievo. Fino, se possibile ad azzerarlo, sulla prima casa bilanciando sugli altri immobili.

Arriverà l’adeguamento per le pensioni oltre 6 volte il minimo, vale a dire quelle fino a 3000 euro lordi al mese? E’ possibile che tale intervento sia previsto nella legge di stabilità a scapito però del reddito di cittadinanza o di inserimento come lo si vuole chiamare. Il caffè insomma sarà più dolce per chi lavora e più amaro per i disoccupati. ma le sigle sindacali sono d’accordo che va privilegiato chi lavora e chi ha lavorato piuttosto di chi non lavora ed è disoccupato.

Ma questo menù porterà davvero alla ripresa o sarà solo il tamponamento di situazioni che restano problematiche e complesse? La disoccupazione si riprenderà grazie al cuneo fiscale o sarebbe servita una manovra di taglio ben superiore per dare un segnale forte anche agli investitori stranieri? Intanto resta pane, acqua, sudore e sangue per le famiglie italiane su cui si è ripercossa l’Iva al 22%, la Tares e altre 100 tasse che hanno fatto quest’anno schizzare la pressione fiscale a livelli insostenibili… per migliorare la situazione di disagio di tanti cittadini c’è ancora tempo? La scuola, la sanità e i servizi al cittadino saranno ancora usufruibili a fronte dei tagli effettuati?

Come annuncia il quotidiano La Repubblica i tagli della Spending Review guidata da Carlo Cottarelli inciderà ancora. Per il momento si parla del prossimo taglio alla Sanità con circa 2 miliardi di ticket a rischio. ma il Governo assicura che non verranno intaccati i servizi… per chi può ancora pagarli?

Rapito il figlio di un pentito, torna il terrore a Napoli

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E’ stata formalizzata dai familiari la scomparsa di Francesco Sabatino, 34 anni, figlio di Ettore, l’ex boss del Rione Sanità, oggi collaboratore di giustizia. Sabatino, non aveva voluto accettare il programma di protezione che si offre sempre ai collaboratori di giustizia e ai familiari, si teme perciò che possa essere stato rapito per le dichiarazioni del padre. Dopo aver atteso il ritorno inutilmente per tutta la notte e la mattina di ieri e dopo che si era diffusa, nella giornata di lunedì, la macabra scoperta all’interno di un garage nel quartiere di Milano di tracce di sangue che inutilmente qualcuno aveva cercato di ripulire con candeggina e ammoniaca per cancellarle dal pavimento. Non si sa se la scomparsa del giovane sia connessa con le tracce di sangue ritrovate nel quartiere Milano. Le forze dell’ordine stanno indagando sulla scomparsa del giovane, mentre la famiglia sta vivendo ore di angoscia.

 

Cardarelli di Napoli, emergenza allagamenti, 6 sale operatorie inondate

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Ieri si sono allagate 6 sale operatorie al Cardarelli di Napoli. I medici si sono rimboccati le maniche del camice e hanno iniziato loro stessi a buttare fuori l’acqua con secchi e ramazze.

Il presidente nazionale del Sindacato medici italiani, Giuseppe Del Barone, attacca: “Siamo alle comiche finali in una triste commedia che va avanti ormai da anni, è risaputo che gli ospedali campani sono tra i meno sicuri d’Italia, sia per quanto riguarda le strutture estremamente fatiscenti, sia per le continue aggressioni ai colleghi. Avere degli ambienti di lavoro sicuri dovrebbe essere la prima condizione necessaria e invece i medici, nella migliore delle ipotesi, hanno una serie di assurdi impedimenti. In altri casi, invece, sono addirittura esposti a gravi rischi. Tutto questo è inaccettabile’‘.

Oggi sono state ripristinate 3 sale operatorie per le altre bisognerà attendere da due a cinque giorni.

A renderlo noto è il direttore sanitario dell’ospedale, Franco Paradiso. In particolare sono state colpite quelle del padiglione H, lì si sono riscontrati i danni più ingenti con il distacco di alcune lastre di copertura. Per queste tre sale, spiega Paradiso, è più difficile stabilire quando ci sarà la riapertura, ”se ci vorranno ancora due, tre o cinque giorni. Al momento – conclude Paradiso – è al lavoro il nostro ufficio tecnico”.

«La più grande struttura ospedaliera del Mezzogiorno – denuncia Francesco Maranta, portavoce del Forum «Diritti per la salute» e già componente della commissione regionale alla Sanità – si depaupera non per l’assenza di professionalità, ma per negligenza di una direzione sanitaria che non comprende che prima ancora del reparto deve funzionare la sala operatoria, altrimenti l’ospedale diventa un parcheggio per ammalati. Urge intervenire immediatamente, ma soprattutto attivarsi per capire il motivo per cui denunce croniche, che oltretutto riguardano la sicurezza di pazienti e sanitari, non hanno mai avuto risposta».

Roberto Vecchioni confessa: operato per un tumore al rene

roberto-vecchioni-tumore-tuttacronacaRoberto Vecchioni si apre ai suoi fan e lo fa mentre firma l’introduzione del libro “C’era una volta il medico di famiglia”, scritto a quattro mano da Maurizio Bruni e Francesco Carelli. Parla proprio di salute e sanità, confessando: “L’anno scorso sono stato operato per un piccolo tumore al rene e ora sto bene. Ho visto dieci professori tra l’Italia e l’estero e ho ricevuto dieci pareri in cui ognuno mi prospettava con freddezza un intervento diverso. E posso dire che il paziente ha bisogno anche di sensibilità, del lato umano del medico”. Attraverso questo ruolo inedito di paziente il cantautore racconta uno spaccato della sua vita e coglie l’occasione per fare un appello:  “Bisogna valorizzare la figura del medico di famiglia, quello di una volta, che sa tutto di te e dei tuoi parenti, che ha in mano le certelle di tutti, che non si chiude nella sua torre d’avorio ma vive sul campo, ti segue, si sbatte, va in giro”. E aggiunge: “Non dico che il medico deve essere innamorato del paziente ma non può lasciarlo ad operazione fatta, dargli una cura e poi andarsene. Il medico rimane ancora una figura che cura non solo il corpo, ma l’anima. E le due cose devono essere riportate insieme”.  Il professore conclude spiegando che il camice bianco “è soprattutto un artista, ho questa concezione un po’ romantica di un professionista che sappia avere intuizioni, e le intuizioni sono artistiche”.

Il business della sanità: quando curare è sinonimo di affare

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La terza industria del paese vale 114 miliardi di euro e quando la sanità diventa un industria è chiaro che il sistema si distorce e i cittadini diventano clienti a cui vendere prodotti: cioè le medicine. Fra primari, direttori generali, imprenditori di case farmaceutiche e fabbricanti di protesi, proprietari di cliniche e politici, l’industria frutta 114 miliardi di euro. In quanti ci mangiano? La mangiatoia, il libro inchiesta dei due cronisti di Repubblica Michele Bocci e Fabio Tonacci è una diagnosi del sistema sanitario italiano e delle sue distorsioni. Da curare a nuocere alla salute, questo è il viaggio che nel libro dura 12 ani e l’Italia che progressivamente da secondo Paese mondiale per la sanità scade al volontariato e si avvale, del contributo indispensabile dei poliambulatori di Emergency. Lì non si curano solo migranti ma su 10 pazienti 2 sono italiani. Fra  Asl e aziende ospedaliere “oggi quasi tutte con i bilanci in passivo o a rischio di andarci” – che i due cronisti prospettano al nostro sistema sanitario il rischio di fare una brutta fine!

Taranto: la città malata d’inquinamento

taranto-inquinamento-tumori-tuttacronacaL’altro giorno si era parlato dell’incidenza di tumori infantili nella Terra dei Fuochi, ma non è l’unica zona in Italia dove l’inquinamento influisce in maniera così pesantemente negativa sugli abitanti. A Taranto, come denuncia il movimento ambientalista Peacelink, che evidenzia anche il rapporto tra tumori e inquinamento industriale dopo “essere entrata in possesso dei dati attuali degli ammalati di cancro della città”, come ha spiegato l’attivista Alessandro Marescotti, nei quartieri più vicini agli impianti industriali, un abitante su 18 è affetto da patologie tumorali. Per quel che riguarda l’intera città, invece, sono 8.916 “le persone che hanno l’esenzione dal ticket per malattie tumorali” (191.848 sono gli abitanti di Taranto, dati dell’ultimo censimento). Secondo quanto riporta Peacelink, “nel distretto sanitario 3, che comprende i quartieri più vicini all’area industriale (quartiere Tamburi, Paolo VI, Città vecchia e parte del Borgo), c’è un malato di cancro ogni 18 abitanti. Per la precisione, 4.328 malati su 78mila abitanti”. Sempre gli ambientalasti affermano che invece, in base ai dati citati, “nei restanti quartieri, quelli più lontani dalle industrie, c’è un malato di cancro ogni 26. Infatti nel distretto sanitario 4 che comprende il resto della città vi sono 4.588 malati di tumore su 120mila abitanti. Ovviamente tali dati non possono calcolare tutti coloro che potrebbero avere un tumore latente o non diagnosticato”. Ma l’associazione ha sottolineato anche che “Il sindaco di Taranto, che è un medico avrebbe potuto compiere questa ricerca. Perché non lo ha fatto? Facciamo appello all’Ordine dei medici perché venga compiuto un opportuno approfondimento su questi dati in modo da individuate le categorie di persone più esposte”. Per Peacelink, infatti, “è venuto i momento di avere dati istantanei su tutte le malattie gravi, le diagnosi e i ricoveri”.

Morire a 6 anni e mezzo per un tumore: la malattia colpisce nella Terra dei Fuochi

tumore-infantile-acerraLa chiamavano la leonessa la piccola Tonia, sempre pronta a tuffarsi nella vita. Sua madre Giuseppina racconta: “Mia figlia era la vita in persona. L’essenza della vita”. Ed è così che la vuole ricordare, allegra anche nei momenti più avversi: “Ha subito sette interventi. Radioterapia e chemioterapia a due anni e mezzo. Non si è mai arresa, mai un capriccio, mai nemmeno una lacrima per il mal di testa. Io le dicevo: Tonia dobbiamo fare la terapia. Lei mi rispondeva: ok facciamo la terapia. Tonia ora avrai un po’ di dolore qui. Sì mamma, va bene mamma, non ti preoccupare mamma”. Aveva solo sei anni e mezzo, eppure ” A volte si meravigliava perché qualche altro bimbo scoppiava a piangere. Lei invece no, sempre buona, responsabile, obbediente. Era un angelo, forse per questo Dio se l’è presa”. E il piccolo angelo ora non ce più, le sue ali spezzate da un medullo blastoma, un tumore al cervello. La stessa patologia ha colpito altri due bimbi di Acerra, il paese di Tonia, un comune tra Napoli e Caserta, nella Terra dei Fuochi. “L’inquinamento ha causato la malattia di mia figlia? Io non lo posso dire con certezza. Ma certo qui da noi stanno succedendo cose terribili. Non possiamo continuare a stare zitti e qualcuno deve dirci costa sta succedendo”, dice la madre della piccola. “Sono convinta che, in qualsiasi altro posto, mia figlia non si sarebbe mai ammalata – spiega -. Ovunque andassi, da Roma a Pordenone, nei reparti di oncologia degli ospedali incontravo soltanto bambini della nostra zona. Tra Napoli e Caserta. A qualche medico ho chiesto come mai, se in qualche modo si spiegassero questa strage di innocenti. Loro allargavano le braccia. Non rispondevano. O forse non potevano farlo”. Ma come ricorda il Corriere, i tumori nell’età infantile sono molto rari, e se anche la patologia da cui era affetta Tonia è uno dei più comuni, l’incidenza annua è comunque stimata in 0,5 casi ogni 100.000 bambini. Per questo non si può non porsi domande se tre bambini ne vengono colpiti in uno stesso comune da 56mila abitanti. Anche perchè si tratta di una pizzola area, nota come la Terra dei Fuochi, racchiusa tra le province di Napoli e Caserta. Qui la pressione ambientale è altissima: c’era la Montefibre, si trovano i cementifici,  le acque inquinate dei Regi Lagni e le discariche abusive, senza dimenticare il termovalorizzatore. Acerra è uno dei vertici del cosiddetto triangolo della morte, il territorio a più alta incidenza tumorale d’Italia, analizzato dal primo storico studio di Lancet del 2004. Ma di tumori se ne parla, così come si fa con la diossina, ma non si fa nulla. Ci sono le istituzioni immobili e i veleni della camorra stoccati nel sottosuolo. Ci sono i roghi di rifiuti tossici e le oltre cinquemila discariche abusive e non. E non si possono scordare le piramidi di sette milioni di ecoballe nelle campagne di Giugliano, i pozzi inquinati, la diossina e i metalli pesanti.L’Istituto Pascale ha recentemente rilevato che tra Napoli e Caserta la mortalità per tumore è aumentata del 15-20 per cento. In alcuni comuni, tra cui Acerra, l’aumento supera il 30 per cento. Si raggiungono anche picchi del 47%. In 7 anni sarebbero 9969 le vittime dell’inquinamento, come riporta il dossier Sentieri sulle aree contaminate: si tratta di tumori al sistema respiratorio, leucemie, malattie cardiovascolari. Nel corriere del Mezzogiorno si era invece letta un’inchiesta di Roberto Russo che svelava, tra le altre cose, che nei comuni di Frattamaggiore, Frattaminore, Grumo Nevano, Casandrino e Sant’Antimo, negli ultimi cinque anni le richieste di «esenzione ticket per neoplasia» sono aumentate del 300%. Ma le conferme arrivano anche dal ministero della Saluto che, lo scorso gennaio, riportava: “Per quanto riguarda i tumori maligni nel loro complesso, la mortalità in Campania tra gli uomini è superiori ai valori dell’intera Italia per il contributo delle province di Caserta e Napoli”. Ma il ministero cerca le cause, principalmente, nello stile di vita della popolazione locale e non nell’avvelenamento del terreno: “In assenza di studi adeguati il ministero non poteva rispondere diversamente”, spiega Antonio Marfella, ricercatore di medici per l’ambiente. “Il nodo è come sempre il nesso di causalità – aggiunge Marfella -. Ovvero il collegamento scientificamente dimostrato tra inquinamento e patologie correlate. In Campania non è stato accertato perché, ad oggi, nessun istituzione lo vuole cercare”. Negli ultimi vent’anno, il numero di bambini affetti da tumore è in costante crescita. Secondo i medici ambientali a causa dell’esposizione dei genitori ad agenti esterni, che spesso comportano danni a livello epigenetico. Determinano cioè un’impronta negativa che influenza la crescita dell’embrione. Ma in Campania mancano dati affidabili. Gaetano Rivezzi, presidente casertano e campano di Medici per l’Ambiente, ha affermato: “Ad un’osservazione empirica, i casi di bambini affetti da tumore sembrano corrispondere ai comuni dove è stato accertato un pesante impatto sull’ambiente. I tumori infantili, soprattutto in provincia di Caserta, sono la spia di una modifica delle patologie cliniche associabili o correlabili all’inquinamento. Purtroppo abbiamo un aumento spaventoso dei casi che si stanno moltiplicando a dismisura”. Nel 2011, l’associazione italiana oncologi scriveva: “L’aumento di incidenza di diverse neoplasie giovanili ed in particolare dei tumori infantili è un segnale che fa pensare che la nostra generazione stia consegnando a quelle future un Ambiente gravemente ammalato”. E a farne le spese, tra i molti, troppi altri bambini, anche la piccola Tonia, che ha iniziato la sua lotta a 2 anni e mezzo. Anche la sua dottoressa, Roberta Migliorati, oncologa del Santobono di Napoli, ha spiegato che “la sua malattia, il medullo blastoma, è tra i più frequenti tumori cerebrali in età infantile. Ma tutto è relativo, dal momento che i tumori pediatrici sono molto rari”. Rari, ma lei in cura anche un altro piccolo di Acerra mentre in passato ha assistito due bambini di Grumo Nevano, paese di 20mila abitanti, entrambi affetti da neuro blastoma. “Ma sono dati empirici che non dicono nulla sul piano scientifico – aggiunge -. Noi che operiamo sul campo avvertiamo il bisogno di un registro epidemiologico che copra l’intera regione. Esistono singoli registri di tumori pediatrici di singole Asl, la Napoli 2 o la Salerno uno, ad esempio. E noi viviamo di estrapolazioni”. E il registro della fascia pediatrica, ancora manca.

La lunga linea di Tangentopoli: ritrovato il bottino di Poggiolini

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Dove era quel bottino di Poggiolini, del re mida della sanità? Ovvio, nel posto più sicuro: un  caveau della Banca d’Italia. Ma chi lo ricordava più? Chi ancora si ricorda di Duilio Poggiolini e di Francesco De Lorenzo? Era il 1994 e sulle prime pagine dei quotidiani Poggiolini e de Lorenzo erano il simbolo di quel sistema politico che stava franando, quello di Tangentopoli, quello della P2 di cui Poggiolini era membro  e ancora oggi insignito dell’onorificenza di grande ufficiale. Ma chi era Poggiolini? Il direttore del servizio farmaceutico del ministero e d’accordo con il ministro decideva i prezzi dei farmaci. Così gli italiani, costretti dalla malattia in alcuni casi anche a indebitarsi, non facevano altro che arricchire Sua Sanità, come veniva chiamato lo stesso Poggiolini. Nella cassaforte c’erano lingotti d’oro per un valore stimabile attorno ai 200 miliardi di lire. A cui vanno aggiunti gli altri 100 scovati in 6 conti correnti. Oltre ai lingotti dalla cassaforte saltarono fuori monete antiche, Ecu, medaglie, sterline, rubli, dollari, pesos, fermacarte, accendini, penne, timbri, persino biglietti da visita, tutto esclusivamente d’ oro. Oro massiccio. E pensare che la moglie aveva appena detto agli inquirenti: “Ve la apro volentieri, ma non troverete niente”.

Il carcere come politico ne fece poco  sette mesi. Poi venne trasferito agli arresti domiciliari. Nonostante i 45 capi d’accusa contestati (dalle tangenti, ameno 40 episodi, al sangue infetto), sparì l’associazione per delinquere e la sentenza definitiva lo condannò a 4 anni e mezzo. Alla fine ulteriori due anni vennero cancellati dall’indulto, il resto della pena la scontò prestando opera ai servizi sociali.

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Ma se Poggiolini era una figura “ambigua” era spalleggiato bene da Francesco De Lorenzo, il quale quando fu condannato  per tangenti in via definitiva a cinque anni di carcere. Andò a consegnarsi e disse: “Mi ritengo un prigioniero politico”. Potremmo quindi oggi parlare degli strani corsi e ricorsi storici di Vico?

De Lorenzo veniva da una vita accademica di tutto rispetto, studi in Italia e negli Stati Uniti, riconoscimenti internazionali in campo scientifico, ma anche soprannominato il viceré di Napoli: per un decennio almeno fu lui a comandare. Non c’erano sindaci né assessori. C’era De Lorenzo, che aveva iniziato la sua carriera politica come consigliere comunale. Nella vicenda Mani Pulite entrò in maniera prepotente. Venne arrestato la prima volta con cento capi d’imputazione contestati. Tra lui e Poggiolini stabilirono un singolare record: 145 capi d’imputazione in due. Ma mentre Poggiolini ha ammesso le sue responsabilità, De Lorenzo ha sempre negato ogni addebito. L’ennesimo martire della giustizia italiana?

Per il momento sono stati recuperati 26 milioni di euro che con ogni probabilità torneranno nelle casse dello Stato… ma quanti sono i bottini ancora nascosti?

 

 

Vi metto su Youtube: la minaccia ai medici di una donna in attesa al pronto soccorso

pronto-soccorso-youtube-tuttacronacaLa Nuova Ferrara riporta la vicenda di una donna che rischia la denuncia dopo aver fatto irruzione nel pronto soccorso dell’Ospedale di Ferrara, mentre i medici stavano rianimando un ragazzo in fin di vita dopo un grave incidente, minacciadoli di filmare tutto e pubblicare il video in Youtube per la lentezza del servizio: il suo compagno, paziente  cardiopatico, era infatti in attesa per essere ricoverato. I primi atti dell’inchiesta per interruzione di pubblico servizio aperta dalla polizia dell’ospedale Sant’Anna di Cona sono già in procura: riguardano la segnalazione presentata dal responsabile del Pronto soccorso ferrarese, Luciano Ricci, per il fatto accaduto la notte tra domenica e lunedì. La donna, con la sua irruzione, ha interrotto i 5 sanitari del “trauma team” che stavano rianimando da oltre un’ora un 25enne di Copparo, Denis Magni. Il ragazzo è morto poco dopo mentre l’amico Giacomo Quarzola era già deceduto sul colpo in un incidente stradale. Nessuna attenuante per la donna, neanche considerata la sua esasperazione. Lei stessa, dopo esser stata informata dai medici hce stavano rianimando il ragazzo e, dopo, informando i genitori, ha risposto, con il compagno: “chi se ne frega di tutto ciò…” e che informazioni sulla morte dei pazienti “non sono compiti del medico di pronto soccorso”. La segnalazione è stata inviata al posto di polizia e alla direzione generale e l’ufficio legale del Sant’Anna di Cona sta seguendo l’evoluzione dell’indagine. Ora spetterà alla procura valutare se indagare o meno le due persone per interruzione di pubblico servizio per un caso che il direttore generale del Sant’Anna, Gabriele Rinaldi, commenta: “è una situazione che si giudica da sola, spero che a distanza di tempo le persone coinvolte ripensino a ciò che è successo. Ora attendiamo gli esiti dell’indagine”.

Il lunedì nero della sanità italiana: medici in sciopero

sciopero-sanità-tuttacronacaContro i tagli pesanti, il blocco del turnover e del contratto, s’incrociano le braccia oggi per quattro ore all’inizio di ogni turno. Sarà questo l’effetto dello sciopero indetto dai sindacati che rappresentano in tutto 115 mila medici e veterinari dipendenti del Servizio sanitario e anche i 20mila dirigenti sanitari, amministrativi, tecnici e professionali del Ssn. Ad essere a rischio saranno tutti gli interventi programmati, le visite e gli esami diagnostici negli ospedali e nei servizi territoriali pubblici. Stando a quanto stimato dai sindacati, sono circa 500mila controlli specialistici e 30mila interventi chirurgici quelli che potrebbero saltare, mentre sono garantite le prestazioni essenziali e quelle di emergenza e urgenza. Ma non solo medici. Anche i veterinari si fermeranno oggi, bloccando così le macellazioni dei capi di bestiame, migliaia di bovini, suini e ovini. Altra conseguenza: verranno a mancare i consueti controlli per la sicurezza alimentare nei mercati ittici e in quelli ortofrutticoli. Per la mattinata, inoltre, è previsto un sit-in di protesta in camice bianco davanti all’ingresso della sede del Ministero dell’Economia.  Massimo Cozza, segretario nazionale dei medici della Cgil, ha spiegato: “Siamo al limite della sopravvivenza del sistema e le condizioni di lavoro, la penuria di risorse, la dilagante precarietà, il blocco dei contratti imposto da oltre 4 anni e la strisciante privatizzazione della sanità impongono una reazione”.

Altro scandalo nella sanità laziale?

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Ancora danni della giunta Polverini? Sembrerebbe che due cliniche private non possono aprire e offrire i loro servizi ai cittadini perché il servizio nazionale nel Lazio è più che sufficiente. Infatti non esistono le liste d’attesa negli ospedali? Non esistono le file al Pronto Soccorso? I cittadini laziali possono stare tranquilli non faranno più neppure un minuto di attesa?

L’ultimo caso è quello della  clinica Saint Peter Medical Center, che aspetta da un anno e mezzo di potere iniziare l’attività,

“senza chiedere convenzione alcuna”,

precisa La Repubblica.

L’apertura comporterebbe, oltre a un aumento del servizio complessivo, l’assunzione di “un centinaio tra medici, infermieri, tecnici e impiegati”.

A favore della apertura della Saint Peter Medical Center si sono pronunciati il Garante della concorrenza che ha diffidato in tal senso la Regione, preceduto da una sentenza del Tar e da una del Consiglio di Stato.

Invece, nonostante tutto, i funzionari della Regione dimostrano di non avere rispetto non solo per i cittadini, ma nemmeno per le superiori autorità dello Stato e della magistratura. Così, scrive La Repubblica,

“la clinica di tremila metri quadrati, con quattro sale operatorie, strumentazioni diagnostiche innovative, laboratori analisi e ambulatori, resta chiusa. «I nostri legali citeranno per danni la Regione», annuncia Sergio Di Giacomo, medico e proprietario del “Saint Peter”, il centro, costato milioni, che non c’è. Anzi, c’è da un anno e mezzo ma, per «l’orientamento sbagliato» della Regione che non dà l’autorizzazione, non riesce ad aprire. Le risposte al fabbisogno di salute dei cittadini, secondo i dirigenti della sanità del Lazio, sarebbero soddisfacenti. Ci crederanno almeno loro?”

Nella stessa situazione si trova, riferisce ancora La Repubblica,

“Villa Silvana che, dopo il no della Regione, si è rivolta al Tar e al Consiglio di Stato. In appello, i giudici amministrativi il 29 gennaio scorso hanno sentenziato: «Il blocco all’apertura di un nuovo centro sanitario si giustifica solo se c’è una richiesta di accreditamento ». In caso contrario, «l’autorizzazione va rilasciata».

“Rivoluzione sanitaria”… meno esenti!

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Arriva il cambio sulla sanità dopo che i conti pubblici parlano chiaro: almeno la metà degli assistiti non paga i ticket ed è la parte che consuma l’80% delle prestazioni. Ecco che il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin si prepara alla “rivoluzione”. L’idea è quella di un “cambiamento semplice e lineare, tenendo conto dei carichi familiari”. In questo modo, spiega sempre la Lorenzin “non ci sarà l’aumento di due miliardi a partire dal 1 gennaio 2014”.

Secondo il ministro della Salute ci sono ”dieci miliardi che si possono recuperare…  Possiamo risparmiare e ottimizzare le cure con il piano quinquennale per la deospedalizzazione e le cure domiciliari che stiamo perfezionando.”

Inoltre un gran risparmio si spera possa venire dalla “messa online” di ospedali, asl e studi dei medici di famiglia, che contribuiranno insieme al “fascicolo sanitario elettronico”, ”la farmacia dei servizi” e alle  ”centrali di acquisto” a ridurre la spesa pubblica sanitaria.
Rivoluzione anche negli studi medici di famiglia che dovranno essere h24 e non più meri luoghi dove si compilano ricette. Proprio quest’ultimi dovranno svolgere un lavoro fondamentale per cercare di snellire il lavoro dei pronto soccorsi e degli ospedali.
Quanto ai ticket non ci possono più essere aree del Paese, secondo il Ministro, in cui gli “esenti per  reddito Irpef arrivano al 70%” e altre aree in cui c’è ”chi paga paga troppo”. Bisogna quindi ”spalmarli in modo più equo sulle prestazioni sanitarie e ridurre il numero degli esenti”. L’aggancio all’Isee potrebbe essere una strada, ma ”tenendo in maggiore considerazione i carichi familiari oltre che la ricchezza effettiva. Sono tutte cose delle quali parleremo nei prossimi giorni con le Regioni e con l’Economia”.

La Spagna specula sui turisti anche negli ospedali?

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In Spagna le cure mediche si fanno pagare anche ai cittadini europei. Questa è la nuova misura per reperire denaro contro la crisi?

Un turistica britannico è stato operato d’urgenza all’ospedale di Ibiza, poi gli è stato chiesto di saldare il conto: 24.600 euro. Un altro paziente, sempre inglese, si è rivolto a un ospedale per chiedere un trattamento contro il mal di schiena e anche lui è stato costretto a pagare, ben 202 euro a Malaga. Ma se la BBC ha fatto il servizio sui suoi cittadini, la Commissione europea ha dichiarato che sarebbero stati centinaia i cittadini europei che avrebbero lamentato questo tipo di trattamento negli ospedali spagnoli. In realtà in Spagna come in tutti i paesi della Comunità Europea, sarebbe sufficiente esibire la tessera sanitaria per ricevere assistenza gratuita. Così Bruxelles ha avviato una proceduta d’infrazione contro il Paese iberico dopo una lunga serie d denunce. Il fenomeno sembra che avvenisse soprattutto negli ospedali vicino alle zone più turistiche del Paese.

 

Villa Mafalda ancora nel mirino: “false diagnosi di tumore”

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Quattro medici e tre infermieri della clinica romana Villa Mafalda sono finiti nel registro della Procura che sospetta che le cartelle cliniche della casa di cura siano state gonfiate per ottenere ingenti rimborsi dalle assicurazioni sanitarie. Le indagini riguardano la diagnosi di tumori a persone sane, allo scopo di spingerle a radioterapie o addirittura trattamenti di chemio. Ma non è la prima volta che la clinica finisce nel mirino della giustizia: già in passato è stata al centro di altri casi, come le operazioni di chirurgia estetica fatte passare come operazioni urgenti e, lo scorso inverno, del caso dell’assistenza allo scrittore Alberto Bevilacqua, che, secondo la famiglia, era “ostaggio” della clinica. Stando ai pm, la pratica durerebbe da circa quattro anni durante i quali venivano diagnosticati, al paziente, falsi tumori dopo dei banali interventi chirurgici oppure dopo esami in cui le neoplasie benigne venivano fatte passare come maligne. A Villa Mafalda le accuse vegono respinte e si chiede un incidente probatorio, con consulenti esterni chiamati alle perizie sui casi. “Gonfiare le diagnosi è insensato – è la difesa – il materiale biologico su cui fondiamo le diagnosi viene inviato anche negli Stati Uniti. Le nostre verifiche sono maniacali, l’errore emergerebbe subito. L’accusa si scioglierà come neve al sole”.

Niente aumento dei ticket sanitari? Ci si sta lavorando…

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L’ipotesi a cui stanno lavorando Beatrice Lorenzin, ministro della Salute, e Fabrizio Saccomanni, ministro dell’Economia, si basa sui risparmi di spesa già effettuati e che permetterebbero di non far entrare in vigore i nuovi ticket sanitari previsti per il 2014, con i quali si contava di incassare due miliardi di euro. Il progetto d’inserimento, infatti, sarebbe già stato fermato ed il lavoro sarebbe già ad uno stadio avanzato. Lorenzin sembra abbia imposto al collega la necessità di non imporre nuove misure “insostenibili” per i cittadini.

Il Cda dell’Ilva si dimette e sono a rischio 24 mila posti

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Per protesta contro il provvedimento di sequestro dell’azienda emesso dal Gip di Taranto il cda dell’Ilva si è dimesso. Ora i legali sono a lavoro per impugnare l’atto del giudice e chiariscono che con i sequestri disposti ora “sono a rischio 24mila posti di lavoro diretti, 40mila con l’indotto. Si sta mettendo in pericolo tutto”.

Le dimissioni dei consiglieri Bruno Ferrante, Enrico Bondi e Giuseppe De Iure – comunica l’azienda in una nota – avranno effetto dalla data dell’assemblea dei soci, che il Consiglio ha convocato per il 5 giugno alle 9. Il comunicato sottolinea che l’ordinanza dell’autorità giudiziaria “ha effetti oggettivamente negativi per l’Ilva, i cui beni sono strettamente indispensabili all’attività industriale”.

E’ un braccio di ferro tra istituzioni? L’Ilva è “allergica” alle regole? Qualsiasi sia la verità, che non sempre emerge nelle vicende che riguardano l’azienda di Taranto, l’unico scotto è sempre e solo nei lavoratori. Dovranno essere ancora una volta loro a dover pagare una politica industriale sconsiderata e una tolleranza zero da parte della magistratura? Non vi sono certezze, ma solo minacce di altri lavoratori che rischiano il posto per “i giochi che si sono scelti di attuare ai vertici”.

 

Pane e acqua all’arsenico!

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Arsenico nell’acqua e concentrazione quasi doppia nell’organismo dei cittadini di Viterbo e di 16 comuni del viterbese. Colpiti anche i bambini. L’arsenico è un elemento pericoloso perché essendo un elemento cancerogeno per cui già dal 2001 l’Oms ha posto limiti ben precisi.

Naturalmente l’arsenico è poi finito nella catena alimentare. Il primo prodotto in cui sono state rilevate concentrazioni superiori alla norma è stato il pane.

L’Istituto Superiore di Sanità però ha tranquillizzato la popolazione «Il sistema si è attivato, no agli allarmismi: ora ci sono i dati per intervenire in maniera adeguata ed equilibrata» In termini di valutazione del rischio comunque, si precisa dall’Istituto «bisogna sottolineare che l’esposizione non equivale automaticamente a rischio per la salute, poichè vi è ancora incertezza sull’esistenza o meno di effetti dell’arsenico inorganico ai livelli espositivi misurati nelle province del Lazio interessate dallo studio. Adesso, con questi risultati abbiamo un riferimento rispetto al quale possiamo valutare l’efficacia nel tempo degli interventi che sono stati già intrapresi e di quelli che seguiranno, volti a ridurre l’esposizione all’arsenico inorganico».

 

Il Salva Ilva è costituzionale… Taranto può morire, ma non in pace.

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E’ stata una lunga camera di consiglio quella che oggi si è svolta alla Corte costituzionale e che alla fine, come era prevedibile, ha respinto il ricorso dei giudici di Taranto. Il Salva Ilva è costituzionale e quindi la produzione di acciaio può continuare. Nel dettaglio la Corte ha dichiarato alcune parti inammissibili e le altre infondate danno così il via libera al decreto. Il materiale dovrà essere dissequestrato e potrà essere venduto. Il settore manifatturiero è salvo, gli abitanti di Taranto invece non possono neppure seppellire i morti. Come spiegano gli attivisti che oggi hanno preso parte al sit in davanti a Montecitorio a Taranto non si può morire “perché il terreno dove si trova il cimitero è inquinato. E non si possono muovere quei terreni imbrattati da minerali di ferro.”  Il diritto alla salute viene dopo il business… il lavoro è un diritto che a Taranto si paga con la vita.

  

La guerra delle femministe contro Obama

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Le femministe americane dichiarano guerra a Barack Obama. Secondo la National Organization of Women (Now), storica associazione delle donne Usa, il presidente, con la sua proposta di tagli alla sanità e alle pensioni, finirà per aggravare la discriminazione tra uomini e donne. Il ‘Now’ ha annunciato una manifestazione nei prossimi giorni davanti alla Casa Bianca, denunciando le proposte di Obama come ”un tradimento” del suo elettorato.

Morire a 53 anni per i calcoli alla cistifelia… sanità 2.0!

Giuseppina Mazzariello -tuttacronaca

Pronto Soccorso Tor Vergata, Roma. 14 ore di sofferenza con dolori lancinanti all’addome e poi la morte. Giuseppina Mazzariello aveva 53 anni ed è morta per i calcoli alla cistifelia. Ora il marito, Antonino Nastasi, cerca chiarezza sulle responsabilità legate al decesso e  ha sporto denuncia contro medici e infermieri del policlinico perché «non si può morire di calcoli alla cistifellea. Me l’hanno ammazzata. Voglio giustizia. Se qualcuno ha sbagliato deve pagare perché cose del genere non devono più accadere. L’hanno abbandonata su una barella per ore facendole dei blandi antidolorifici e alla fine le è scoppiato il cuore. E’ morta davanti agli occhi di nostra figlia».

Giuseppina è arrivata al pronto soccorso di Tor Vergata mercoledì, accompagnata dal marito. Erano le 13 e il suo era un codice giallo, ma alle 19 gli accertamenti hanno scoperto dei calcoli alla cistifellea uno dei quali, a detta dei medici, gliel’aveva perforata. «Con una diagnosi simile – dice il marito – avrebbero dovuto operarla d’urgenza e invece ci hanno detto che l’avrebbero tenuta in osservazione per tutta la notte. E’ stata 8 ore in barella – prosegue l’uomo – poi l’hanno portata nell’astanteria del Dea dove è rimasta fino a quando non ha esalato l’ultimo respiro. Aveva dei dolori fortissimi e urlava disperata, ma nessuno se ne preoccupava. L’hanno tenuta con le flebo attaccate tutto il giorno facendole degli antidolorifici inutili che non le alleviavano la sofferenza. Mia figlia chiamava le infermiere per avere assistenza, ma le rispondevano ‘Che cosa ci possiamo fare?’». «Alle 3 di notte mia figlia l’ha vista impallidire e subito il collo e il viso le sono diventati scuri – ricorda Nastasi -. Una dottoressa ha cercato di rianimarla, ma non c’è stato nulla da fare. Non si può morire così a 53 anni».

Effetto crisi… suicidi, ma anche malattie!

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Curarsi ha un costo e in tempo di crisi sembra essere diventato un lusso. La salute è in netto peggioramento a dirlo sono i giornali tedeschi che lanciano l’allarme sui cittadini dell’Ue. Sicuramente peggiora la qualità del cibo, sono sempre più famiglie quelle che si rivolgono ai discount cercando il risparmio e acquistando cibi non salutari. Soprattutto c’è un aumento di consumo negli alimenti in cui vengono applicati forti sconti, ma spesso sono quelli in procinto di scadenza o che vengono da agricoltura cinese, dove l’inquinamento e i pesticidi sono riscontrabili in dosi massicce. A questo si aggiungono le spese per i servizi medici. Spesso non si ha la possibilità economica di effettuare visite specialistiche o preventive, il che innalza il pericolo di malattie anche gravi. I sistemi sanitari soprattutto nel sud europa sono al collasso, basta analizzare quelli della Grecia, della Spagna, del Portogallo e dell’Italia dove la spending review ha tolto innumerevoli posti letto e i macchinari spesso risentono del peso degli anni. Non c’è investimento nella ricerca e recettività di metodi di cura che potrebbero salvare la vita a molti pazienti. Tutto a un costo e ha pagarlo sono i cittadini, anche con la vita!

Il seno lo paga lo Stato. Ora è pronta per una nuova vita!

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Il sogno di Josie Cunningham, 22enne inglese che per lavoro fa televendite, è quello di assomigliare alla procace modella Katie Price. L’unico (non marginale) problema era la taglia di seno, troppo piccola per un’aspirante indossatrice di intimo. Per la giovane la cosa era diventata traumatica. Si è rivolta al medico, il quale ha elaborato la seguente diagnosi: grave stress emotivo. Unica cura: un seno nuovo di zecca, pagato dalla sanità pubblica.

Il problema di Josie è stato ritenuto più psichico che estetico e, quindi, la trasformazione da piatta a formosa l’hanno pagata i contribuenti inglesi. Lei, evidentemente soddisfatta, al “Sun” ha dichiarato: “Le mie tette nuove hanno cambiato la mia vita”. “I medici – ha spiegato – hanno detto che non avevano mai visto nulla di simile e mi hanno creduto quando sono scoppiata a piangere. L’essere piatta stava rovinando la mia vita. Ora, invece, non vedo l’ora di fare servizi fotografici in topless e costume da bagno e diventare la nuova Katie Price”.

Sale numero dei morti alla moschea di Damasco!

moschea- esplosione-damasco

E’ di almeno 42 morti, incluso un alto dignitario religioso sunnita conciliante verso il regime siriano di Bashar Al Assad, il bilancio dell’attentato compiuto oggi contro una moschea nella zona nord di Damasco. Lo ha annunciato il ministero della Sanità. Secondo la polizia si è trattato d’un attacco suicida. I feriti sono 84.

Mohammed Said Ramadan Al Buti, che aveva oltre 90 anni, stava tenendo una lezione teologica quando è avvenuta l’esplosione. Nei suoi sermoni l’esponente religioso si era più volte espresso contro i movimenti jihadisti che combattono nelle file dei ribelli e aveva invitato gli oppositori a deporre le armi.

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