Riina in ospedale: il boss mafioso e il malore in cella

Riina-tuttacronaca-maloreSi è sentito mentre si trovava nella sua cella nel carcere di Opera, dov’è rinchiuso in regime di 41bis, Totò Riina. Il boss mafioso è stato ricoverato nel reparto detenuti dell’ospedale San Paolo di Milano e in un primo momento si pensava che il padrino corleonese avesse avuto un ictus. In realtà l’uomo, condannato a diversi egastoli,  ha avuto un malore e le sue condizioni, al momento, non sono giudicate gravi dai medici. Gli esami clinici a cui è stato sottoposto, infatti, avrebbero stabilito che si tratta di un’indigestione. Il boss viene tenuto comunque al momento sotto osservazione per stabilire la natura del malessere e la sua evoluzione. Fonti carcerarie spiegano che il capomafia potrebbe tornare nel carcere di Opera tra stasera e domani.

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“Chiudi quella maledetta bocca”: la lettera a Riina

totò-riina-minacce-carcere-tuttacronacaE’ Salvo Palazzolo che, su La Repubblica, informa che alcuni giorni fa, al carcere milanese di Opera, è stata recapitata una lettera il cui destinatario era il capomafia Totò Riina. La missiva, che presenta toni minacciosi, era firmata “Falange armata”. Ecco che si riapre una pagina del passato, con quella sigla che fra il 1992 e il 1993 rivendicava gli attentati ai centralini delle agenzie di stampa e lanciava messaggi di terrore. L’anonimo scrive a Riina: “Chiudi quella maledetta bocca  –  scrive l’anonimo a Riina, in questi mesi parecchio loquace durante l’ora d’aria, tanto da essere intercettato per decine di ore  –  ricorda che i tuoi familiari sono liberi”. Un altro messaggio inquitante si trova nel finale della lettera: “Per il resto stai tranquillo, ci pensiamo noi”. Spiega Palazzolo:

La lettera non è mai arrivata nella cella di Riina, è stata sequestrata prima dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, che ha poi provveduto a inviare il testo alle procure di Palermo e Caltanissetta, in questo momento impegnate a decifrare le dichiarazioni del capomafia, e soprattutto le sue minacce nei confronti del pm Nino Di Matteo.

Ma quanto è attendibile il riferimento alla Falange Armata? Da vent’anni, ormai, quella sigla è scomparsa, portandosi dietro i suoi misteri, ripercorsi adesso da un bel libro di Massimiliano Giannantoni e Paolo Volterra (L’operazione criminale che ha terrorizzato l’Italia, la storia segreta della Falange Armata  –  Newton Compton editori). Ma della Falange Armata si stanno occupando in questi mesi i pm di Palermo che indagano sui misteri del dialogo fra Stato e mafia. E questo non è un mistero. Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia, Francesco Del Bene e Vittorio Teresi hanno già fatto confluire una parte dei vecchi atti dell’inchiesta romana sulla Falange nel processo trattativa. Altri accertamenti delegati alla Dia sono invece in corso, e coperti da un rigido segreto istruttorio: costituiscono l’ossatura del fasciolo bis dei magistrati di Palermo. Chi indaga ritiene che il dialogo segreto con i mafiosi non fu condotto solo dai politici e dai carabinieri del Ros rinviati a giudizio (Mancino, Dell’Utri, Mori, Subranni, De Donno), ma anche da alcuni agenti dei servizi segreti. Per il pool di Palermo, è più di un sospetto. C’è già una pista concreta, che vedrebbe indagato un ex dirigente dell’intelligence in rapporti con l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino attraverso un intermediario.

Ecco perché è inquietante quel riferimento alla Falange Armata nella lettera inviata a Riina. Viene letto come un messaggio per il boss di Corleone, diventato fin troppo loquace con il suo compagno d’ora d’aria tanto da accusarsi delle stragi, ma anche come un’ulteriore minaccia ai pm di Palermo, impegnati in un nuovo versante delicatissimo di indagini.

Lucia Riina dipinge pesci e li vende su internet… vena artistica?

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Lei è la figlia più piccola del boss di Cosa nostra Salvatore Riina. Lo dice sin dalle prime righe della sua presentazione sul sito che ha allestito per vendere i suoi “quadri”. Una vera “galleria d’arte” dominata dai pesci multicolore che sembrano quasi ossessionare “l’artista”. Ma visti tutti insieme si scopre che forse qualcosa di inanimato questi pesci la contengono… nonostante i colori allegri appaiono tutti morti. La sua attività è anche sponsorizzata su Facebook e anche qui non nasconde la sua identità, ma anzi grida a gran voce le sue origini ‘Mi chiamo Lucia Riina – scrive – sono la figlia piu’ piccola di Salvatore Riina e Antonina Bagarella…”.

Sonia Alfano a nome dell’Associazione nazionale dei familiari delle vittime della mafia, in occasione del matrimonio di Lucia Riina con Vincenzo Bellomo, aveva scritto: «Ci auguriamo che Lucia Riina e il marito Vincenzo Bellomo, segnalato nei pizzini ritrovati nel covo di Provenzano, siano consapevoli che la loro nuova famiglia si fonda sul dolore inferto a centinaia di altre famiglie di familiari delle vittime della mafia. I due sposi – dice ancora l’Alfano – non solo non si sono mai dissociati dalla barbarie mafiosa e dalla scia di sangue operata dai propri parenti ma ringraziano anche, in spregio al dolore delle vittime della ferocia di Riina, il boss padre della sposa. Noi non ci auguriamo certo che le loro coscienze vengano in qualche modo mosse da queste nostre parole, sarebbe ingenuo augurarselo. Siamo però certi che una famiglia fondata sul dolore delle famiglie degli eroi morti in nome della lotta alla mafia non potrà mai trovare pace».

E invece pace la trova! I disegnini di Lucia Riina appaiono quanto di più banale e copiato dai fumetti addomesticati alla Walt Disney anni ’40 e dimostrano, inoltre un infantilismo e una povertà d’idee che francamente sembrano escludere ogni vena artistica. E’ lecito supporre che il fatto che li venda derivi dalla malsana curiosità per un cognome tristemente famoso.

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