Che succede con FI all’opposizione? Arriva il “Vietnam” istituzionale?

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Che succede con Forza Italia all’opposizione? E’ iniziato il Vietnam in Italia? La situazione per il governo Letta si complica. Non tanto per i numeri che sicuramente, nonostante l’uscita di Forza Italia, il governo avrà sicuramente, ma piuttosto per la situazione che ora si pone a livello internazionale e soprattutto per le riforme che sembrerebbero in bilico.  Quale è l’iter quindi che si prospetta all’esecutivo sulle riforme?

Come afferma l’Huffigton Post:

Il ddl per l’istituzione del comitato riforme arriva in aula alla Camera intorno all’11 dicembre, per quello che sarà l’esame definitivo in quarta lettura. Ma se il testo sarà approvato con una maggioranza semplice e non con i due terzi dei componenti di Montecitorio, si aprirà quello che qualche fonte governativa descrive già come un possibile “Vietnam” per l’esecutivo Letta. In quanto, da Costituzione, ci saranno tre mesi di tempo per chiedere un referendum costituzionale. E c’è chi non sta aspettando altro, come il Movimento Cinque Stelle e l’area di sinistra che sta tra Stefano Rodotà e Maurizio Landini della Fiom, protagonisti anche di una manifestazione di piazza a metà ottobre contro la modifica dell’articolo 138 della Costituzione. Insomma, se il comitato non avrà i due terzi del Parlamento non potrà cominciare a lavorare sulle riforme. Nei tre mesi successivi – da gennaio a marzo cioè – ci sarà la possibilità di raccogliere 500mila firme tra gli elettori oppure il consenso di cinque consigli regionali o ancora le firme di un quinto dei membri della Camera per chiedere il referendum.

E’ un rischio che il governo non può correre. Il punto non è il referendum in sé. Ma l’attesa del referendum, che produrrebbe automaticamente uno stallo di mesi e mesi. L’attività legislativa sulle riforme ne risulterebbe paralizzata e non sarebbe una bella notizia per un esecutivo nato con il compito di approvare le riforme istituzionali. Il governo sarebbe immediatamente esposto agli attacchi di chi lo aspetta al varco, orologio alla mano, sui provvedimenti concreti. E su questo c’è la fila, tra renziani, grillini, per non parlare dei berlusconiani (quelli che resteranno tali dopo la decadenza del Cavaliere). Per dire: in attesa delle primarie dell’8 dicembre che dovrebbero eleggere Renzi segretario del Pd, i suoi fedelissimi lo dicono già che “per un governo nato per le riforme, qualsiasi cosa rallenti tale processo non sarebbe un bene. La mission del governo risulterebbe azzoppata…”. A quel punto, la richiesta dei renziani sarebbe quella di procedere subito alla riforma della legge elettorale e parallelamente all’abolizione del Senato con il tradizionale procedimento di modifica della Costituzione, cioè senza l’accelerazione cercata finora con la modifica dell’articolo 138, che oltre a istituire il comitato delle riforme (40 tra deputati e senatori) accorcia anche i tempi delle riforme stesse.

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“Costituzione di piazza”, a Roma si sfila per difenderla

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Il Paese che soffre e le regole che si vogliono cambiare dopo che mai neppure per un giorno siano state davvero attuate. In Italia non abbiamo mai potuto tastare con mano, e soprattutto negli ultimi decenni, se la nostra Carta fosse davvero da rinnovare.

Si sfila a Roma per difendere quella Costituzione che oggi è stata affissa su un camion, tra le bandiere rosse della Fiom  Cgil di Maurizio Landini e lo striscione  «la via maestra» di Antonio Di Pietro. Cori e applausi per Stefano Rodotà, acclamato al suo arrivo.

«Usciamo da questi continui battibecchi per avere una visione politica complessiva, la Costituzione è stata messa da parte, noi vogliamo riprendere il filo della politica costituzionale. Non è una manifestazione contro Napolitano, io ho opinione negativa larghe intese. Spero che il Pd in qualche modo di ravveda, di fronte al movimento di popolo, i partitini si guardino in casa», ha detto Rodotà.

Fra i partiti politici presenti Sel, guidata dal segretario Nichi Vendola, Rivoluzione Civile, Italia dei Valori, Rifondazione Comunista.

 

Ingroia lascia la magistratura e lancia le accuse al Csm

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Ingroia lascia e lancia le sue accuse contro il Consiglio superiore della magistratura: “Il provvedimento del Csm è stato politico, non c’è spazio per me e il mio modo di fare magistratura. Chi tocca certi fili muore. Non potevo aspettare le decisioni di merito della giustizia amministrativa che si sarebbe pronunciata a febbraio del 2014. Non potevo aspettare così tanto tempo. Lascio con un sentimento misto: amarezza perché abbandono la magistratura dopo 25 anni; entusiasmo per questa nuova avventura politica”. Ingroia aggiunge: “Firmerò le mie dimissioni il 18 ad Aosta dove restituirò le chiavi del mio ufficio al mio capo, Marilinda Mineccia”.

Poi rilancia a Grillo: “Chiedo al Movimento 5 Stelle di cessare di essere autoreferenziale perché è lo stesso errore che ha portato la sinistra alla sconfitta. Ci si impegni per evitare l’assalto alla Costituzione che si profila”.

Ora l’ex magistrato sarà solo il leader di Azione Civile e si occuperà esclusivamente di politica. Nel frattempo auspica che oltre a lui altri magistrati e alcuni dissidenti del Pd scendano in campo affianco a lui e alla nuova forza politica: “Ho invitato Zagrebelsky, Rodotà, Pace, Sottis, Cofferati, Civati, Barca e Puppato, sono stati inviti formali. Adesso saranno più stringenti e personali”.

Grillo e il botta e risposta con l’ottuagenario Rodotà… ma poi ne ha per tutti!

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In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, l’ex garante della privacy Rodotà striglia Grillo. Riguardo le scorse amministrative, afferma: “Ha perso per due ragione la prima è politica: hanno inciso sul voto i conflitti e le difficoltà e le polemiche di queste settimane. La seconda è che avevo detto che la parlamentarizzazione dei 5 stelle non sarebbe stata indolore. E cosi è stato”. Continua, lui che dai grillini era stato candidato alla presidenza della Repubblica, parlando del rapporto con la Rete: “La rete  da sola non basta. Non è mai bastata. Guardiamo l’ultima campagna elettorale: Grillo è partito dalla rete, poi ha riempito le piazze reali con lo tsunami tour” Tenta anche un paragone “illustre”: “Anche Obama – dice – è stato lo stesso. Si parte dalla rete ma poi si va oltre”. Ma si spinge anche oltre: “Non voglio fare quello con la matita rossa però certo non bastano più le indicazioni di Grillo e Casaleggio. Un movimento nato dalla rete, che ha svegliato una cultura politica pigra, una volta entrato in Parlamento deve cambiare tutto. E non può dire ai parlamentari: non dovete elaborare strategie”. Insomma, il consiglio è che i parlamentari grillini “devono avere la libertà di lavorare”.

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Ma la risposta di Grillo non si fa attendere, e sul suo blog scrive: “In prima fila persino, con mio sincero stupore, un ottuagenario miracolato dalla Rete, sbrinato di fresco dal mausoleo dove era stato confinato dai suoi a cui auguriamo una grande carriera e di rifondare la sinistra”. Un salto non da poco: da candidato ideale per il Colle a “ottantenne miracolato”. L’Huffington Post ha provato a farsi rilasciare un commento da Rodotà, ma la sua è stata una risposta laconica: “Non ne voglio parlare, non so a chi si riferisca Grillo”. Ma l’ex comico non si limita a questo, eccolo allora passare all’attacco di tutti i “maestrini dalla penna rossa”. Per, presumibilmente, Nichi Vendola c’è un: “È tornato in grande spolvero il supercazzolaro che non sa nulla né di Ilva, né degli inceneritori concessi alla Marcecaglia, è come le vecchie di “Bocca di Rosa” “Si sa che la gente dà buoni consigli/ se non può più dare cattivo esempio”. Bersani, tornato recentemente sulla cresta dell’onda a seguito delle amministrative, non poteva mancare all’appello: “C’è poi lo smacchiatore di Bettola in grande forma che spiega, con convinzione, che la colpa del governo delle Larghe Intese è del M5S quando il pdmenoelle ha fatto l’impossibile per fottere prima Marini e poi Prodi e non ha neppure preso in considerazione Rodotà”. E come dimenticarsi del rottamatore? “Renzie, lo statista gonfiato, imperversa con le sue ricette e le critiche al M5S su tutti i canali televisivi preda di compiacenti cortigiane come la Gruber. Renzie non è più sindaco di Firenze da tempo, è diventato un venditore a tempo pieno di sé stesso. Vende in giro un sindaco mai usato, come nuovo”. Proseguendo si trova anche Veltroni: “Persino Topo Gigio Veltroni è stato riesumato per discettare delle elezioni, forte della sua esperienza di averle perse tutte, ma proprio tutte”. E conclude con Pippo Civati: “Che non ha fatto i nomi dei 101 che hanno affossato Prodi, che vive in un partito che succhia da anni centinaia di milioni di finanziamenti pubblici, ma però è tanto buonino. Lo vorresti adottare o, in alternativa, lanciargli un bastone da riporto”.

 

Il futuro è ora: al via Wired Next Fest

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Wired Next Fest è una festa pluristratificata e multidisciplinare. Un “immaginifico luna park temporaneo” che celebra l’innovazione in tutte le sue sfaccettature e con un linguaggio comprensibile al pubblico più vasto. Mi piace definire l’innovazione come il salto che fa l’immaginazione quando incontra la realtà e in questi tre giorni realizzeremo questo sogno proprio a Milano.” Spiega così lo spirito della manifestazione, che inizia oggi e avrà durata di tre giorni, Carlo Antonelli, direttore creativo di Wired Next Fest e direttore di Wired. Il festival nasce dalla preziosa collaborazione tra Wired, il mensile Condé Nast, e il Comune di Milano – Assessorato alla Cultura – e intende celebrare il capoluogo lombardo come “culla dell’innovazione italiana” da almeno sei secoli. L’’obiettivo che ci si pone, con questo festival che s’ispira a quello dell’edizione americana di Wired, è quello di coinvolgere soprattutto coloro che generalmente non sono ossessionati dalle nuove tecnologie, cercando di trasmetterne una visione più semplice e naturale, facendo comprendere quanto le nuove scienze facciano in realtà già parte del nostro vivere quotidiano. E per farlo ci si avvalerà anche della presenza di grandi nomi. Per fare solo alcuni esempi: il critico della Rete Evgeny Morozov, il politico e giurista Stefano Rodotà, il pilota Alex Zanardi, lo scrittore Niccolò Ammaniti, il fumettista Zerocalcare, il comico Maccio Capatonda. E ancora il tecnologo David Weinberger, il matematico Cedric Villani, l’astrofisica Lisa Randall, il giornalista Steve Berlin Johnson. Appuntamento quindi ai Giardini Indro Montanelli in via Palestro a Milano. L’appuntamento, è uno di quelli destinati a lanciarci direttamente nel futuro.

Rodotà è pronto a mettersi al fianco di Vendola.

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“Ho partecipato a molti cantieri in questi anni e parteciperò anche a questa discussione che si sta aprendo”. Lo ha detto Stefano Rodotà a ‘Che tempo che fa?’ rispondendo alla domanda se volesse partecipare al cantiere della sinistra che vuole aprire Vendola.

Non è un Paese per i cittadini: la manifestazione a Montecitorio

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Napolitano raggiunge il quorum e dalla piazza di Montecitorio iniziano tutti ad urlare: “Buffoni! Buffoni! Vergogna! Vergogna”. I “tutti” sono persone che sono arrivate prima ancora che Beppe Grillo lanciasse l’appello alla manifestazione, ci sono elettori Pd, Popolo Viola, elettori di Ingroia, Movimento 5 Stelle e anche alcuni rappresentanti di Rifondazione Comunista che, nonostante un primo screzio perchè “non si volevano bandiere”, si sono uniti all’appello “Rodotà Presidente!” Perchè tante sono le facce dell’Italia, c’è la studentessa che afferma di essere fortunata perchè “ho dietro i miei che mi sostentano gli studi. Io non voglio che se ne fuggano dalla porta secondaria del palazzo. Voglio che mi spieghino perché”. Ancora aspettano una risposta,  alle otto e mezzo di sera, nonostante Beppe Grillo abbia detto che non si sarebbe presentato, la gente è leggermente diminuita ma riesce comunque a bloccare via del Corso e gli ingressi laterali. Il passaggio i grandi elettori non riescono a crearselo, scelgono di uscire per via della Missione, ancora una volta il rifiuto netto di confrontarsi con gli elettori. La senatrice PD Rosa Maria Di Giorgi ci prova e viene accolta dalla constatazione che “Adesso l’elettorato non lo prendete più”. Però la domanda resta ancora nell’aria: perchè no Rodotà? La risposta rasenta l’assurdità, farebbe ridere se non fosse tragica la lotta di potere che determina, una posizione per partito preso: “Io con Rodotà – spiega la senatrice – ci ho lavorato insieme, purtroppo… l’ha bruciato Grillo”. Confermata allora la tesi dei deputati grillini: Rodotà no solo perchè il nome è stato fatto dalle loro fila? Forse i cittadini di Taranto potrebbero dire: “Napolitano no, perchè ha firmato il Salva Ilva”… e avrebbero più ragione! Anche Carlo Giovanrdi ha scelto l’entrata principale per fare la sua apparizione: per il parlamentare Pdl lancio di monetine e l’urlo: “mafioso!”. Ma lui non esita a rispondere che sia manifestanti che Grillo sono dei fasicsti a parlare di golpe di Stato. I politici non possono mostrarsi: “Hanno tradito il Paese”, ben accetti solo i pentastellati e i rappresentanti del Sel. Gli stessi che avranno il ruolo dell’opposizione nel governo che s’inizierà presto ad intravedere e che, al momento, è una confusa massa informe, con il Pd che si sgretola, perde pezzi per strada e, di certo, ha perso non solo elettori ma anche la faccia, e forse dovrebbe perdere anche il nome, che di democrazia non se n’è vista molta… Vendola ha allora in mente una nuova idea di “centrosinistra”: la lancerà l’8 maggio e, probabilemtne, vedrà nel gruppo il ministro della Coesione territoriale Fabrizio Barca e il suo sostegno via tweet, Maurizio Landini (segretario della Fiom) e Sergio Cofferati (ex segretario della Cgil). Il Movimento viene visto “come un possibile alleato”, su cui “convergere per alcuni punti del loro programma”. Nel frattempo il Pd non esiste in più e in molti si spostano attorno all’area Renzi. Nessuna piega per Berlusconi, si è ancora una volta aggiudicato un Presidente generoso per quel che riguarda i problemi con la giustizia e il suo partito esce ancora un volta compatto e sereno. Intanto sopraggiunge la sera, alle nove qualcuno ancora spera che Grillo riesca ad arrivare, che la sua presenza non si faccia ttendere fino all’indomani, ma la speranza è fugata: “No, no non possiamo. L’abbiamo scongiurato. E’ una questione di ordine pubblico. Basta davvero poco e può scatenarsi il disastro” spiega un parlamentare 5 stelle. Chi dorme tranquillo, poche ore dopo, è quella parte di elettorato che ancora una volta ha votato Berlusconi e l’ha visto trionfare, a tutti gli altri non resta che manifestare, ancora e ancora!

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Keep calm and vote Rodotà… i militanti non ci stanno e protestano Bersani

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Protesta davanti al teatro Capranica di Roma dove era in corso l’assemblea dei grandi elettori del centrosinistra. “Keep calm and vote Rodotà”, si legge sui cartelli issati dai militanti del Pd: “Noi non voglismo l’inciucio con Berlusconi, ci vuole il cambiamento”, hanno spiegato. L’appello alla manifestazione era girato nel pomeriggio su Facebook, appena circolata la voce della candidatura di Franco Marini.

Fassina ha poi affermato ”Franco Marini è in grado di ricostruire una connessione sentimentale con il paese”. E qui la terapia di gruppo non basta più!!!

Buonanotte e buona dittatura a tutte/i!

Gino Strada fa un passo indietro! La rosa dei grillini perde petali.

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“Non so nulla della mia candidatura. Mi fa piacere, ma spero che il prossimo presidente sia Zagrebelsky o Rodotà”. Sembra proprio che uno a uno la rosa dei candidati del M5S stia perdendo i petali, l’ultimo a fare un passo indietro è stato Gino Strada che con queste parole ha fatto un passo indietro nella candidatura a Presidente.  Strada ha sottolineato, anche, come serva una nuovo modello di Sanità pubblica, dato che Emergency ha iniziato ad “intervenire in Italia perché aumenta il numero di chi non può permettersi di pagare nemmeno il ticket”.

Rosy Bindi attacca Bersani!

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Il Pd è ostaggio del suo segretario. Tutti contro Pierluigi e la sua lotta persona, personalissima contro Berlusconi, Grillo e chiunque voglia avere parola o idea su come gestire la crisi italiana. Lui ha la strada e la vuole intraprendere… ma non ha i numeri! E così la Rosì Bindi attacca.

«È così purtroppo, Bersani non sa più che fare e il partito è fermo, senza prospettiva. Se avessimo proposto un nome autorevole e non strettamente partitico – aggiunge Bindi sul prossimo presidente della Repubblica, – come poteva essere Rodotà, ma ce n’erano molti altri, avremmo forse potuto contare su un atteggiamento più morbido da parte dei grillini. Non dico sull’appoggio, questo no, ma su un certo malessere interno, questo sì». Perchè non è stato fatto? La Bindi lo spiega così: «semplice, perchè Bersani non ha rinunciato, non ha voluto rinunciare, ha addirittura fatto un comunicato in cui lo ribadiva con convinzione».

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