“Desta orrore il solo pensiero che vi siano bambini che non potranno mai vedere la luce, vittime dell’aborto, o che vengono utilizzati come soldati, violentati o uccisi nei conflitti armati, o fatti oggetti di mercato in quella tremenda forma di schiavitù moderna che è la tratta degli esseri umani, la quale è un delitto contro l’umanità”, queste le parole di Papa Francesco durante l’udienza, nella sala regia del palazzo apostolico, con i membri del corpo diplomatico accreditato presso la santa sede. Un delitto contro l’umanità che però spesso viene dettato dall’impossibilità di dare un giusto futuro e una speranza di una sussistenza dignitosa al figlio. Perché quindi mettere al mondo l’ennesimo schiavo di un sistema che non dà possibilità di riscatto? Perché mettere al mondo il figlio di una violenza subita? Perché far nascere un diversamente abile se, in Italia e in altri Paesi, sono insufficienti le strutture capaci di occuparsi di queste persone dopo la morte dei genitori o solo per alleviare il compito a quest’ultimi?
Ma dopo la sua personale visione sull’aborto Bergoglio ha voluto anche fare un appello alla politica e le ripercussioni che un azione legislativa può avere sulla famiglia: “Si rendono necessarie politiche appropriate che sostengano, favoriscano e consolidino la famiglia – sottolinea Bergoglio – La fraternità si comincia ad imparare solitamente in seno alla famiglia e il lessico familiare è un lessico di pace. Ma, purtroppo, spesso ciò non accade, perché aumenta il numero delle famiglie divise e lacerate, non solo per la fragile coscienza del senso di appartenenza che contraddistingue il mondo attuale, ma anche per le condizioni difficili in cui molte di esse sono costrette a vivere, fino al punto di mancare degli stessi mezzi di sussistenza”. Per il Papa tutto deve iniziare dai giovani, dal futuro: “Biusogna investire sui giovani, con iniziative adeguate che li aiutino a trovare lavoro e a fondare un focolare domestico – afferma – Non bisogna spengere il loro entusiasmo”; ricordando la recente esperienza della Giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro, un vero e proprio bagno di folla per Bergoglio: “Quanti ragazzi contenti ho potuto incontrare. Quanta speranza e attesa nei loro occhi e nelle loro preghiere. Quanta sete di vita e desiderio di aprirsi agli altri. La chiusura e l’isolamento creano sempre un’atmosfera asfittica e pesante, che prima o poi finisce per intristire e soffocare”. Ma la voce del Papa non si è fermata entro i confini italiani ma è arrivata anche a toccare il dramma siriano e la crescente tensione fra le due Coree: “Non cesso – ha detto Papa Francesco – di sperare che abbia finalmente termine il conflitto in Siria. La sollecitudine per quella cara popolazione e il desiderio di scongiurare l’aggravarsi della violenza mi hanno portato, nel settembre scorso, a indire una giornata di digiuno e di preghiera. Attraverso di voi ringrazio di vero cuore quanti nei vostri paesi, autorità pubbliche e persone di buona volontà, si sono associati a tale iniziativa. In tale prospettiva, auspico che la conferenza ‘Ginevra 2’ segni l’inizio del desiderio di pacificazione” e poi ha aggiunto “Non si può accettare – dice Bergoglio – che venga colpita la popolazione civile inerme, soprattutto i bambini. Incoraggio, inoltre, tutti a favorire e a garantire, in ogni modo possibile, la necessaria e urgente assistenza di gran parte della popolazione, senza dimenticare l’encomiabile sforzo di quei Paesi, soprattutto il Libano e la Giordania, che con generosità hanno accolto nel proprio territorio i numerosi profughi siriani”. Quanto alla questione coreana, invece, la Santa Sede “implorando da Dio il dono della riconciliazione nella penisola, con l’auspicio che, per il bene di tutto il popolo, le parti interessate non si stanchino di cercare punti d’incontro e possibili soluzioni”.
Nel suo discorso ha anche toccato il problema dei profughi e la solidarietà che se sono concetti sicuramente condivisibili, resta ancora difficile capire con quale risorse lo Stato italiano può fare fronte a un’emergenza umanitaria di tale portata. Forse, se la Chiesa, si mettesse al fianco dello Stato, anche solo pagando parte del contributo Imu quelle risorse potrebbero andare davvero a sostegno di una corretta integrazione e di un accoglimento di queste persone che non meritano certo di essere considerate numeri, ma persone e di conseguenza aver un trattamento dignitoso che ora gli viene negato, non per indifferenza o disumanità ma solo e unicamente per mancanza dei mezzi.