Sarà perchè la crisi accentua la paura di subire una truffa, sarà perchè si è sempre più preoccupati per la propria salute, fatto sta che s’inizia a far sempre più attenzione a quanto riporta l’etichetta dei generi alimentari, per conoscere la provenienza di quello che si sta per portare in tavola. E proprio per questa trasparenza si sta combattendo in Italia, affinchè venga adottato il Regolamento Europeo 1169/2011 che ha l’obiettivo di armonizzare le normative europee in fatto di etichettatura alimentare. L’avvocato Valeria Graziussi, responsabile del settore agroalimentare del Codacons, ha spiegato all’Huffington Post: “Gli operatori del settore si dovranno adeguare entro e non oltre il 13 dicembre 2014 perché è indispensabile controllare in maniera più stringente l’intera filiera produttiva, modificando l’etichetta e introducendo non solo il luogo di ultima trasformazione del prodotto, ma quello di produzione dell’ingrediente primario”. E sottolinea quindi: “Una grossa battaglia innanzitutto a difesa del Made in Italy e contro la contraffazione alimentare”. Del resto che questo sia un problema con cui già si stanno fancedo i conti è risaputo: i dati provenienti dal Nucleo Agroalimentare e Forestale del Corpo Forestale, forniti dal commissario capo Lando Desiati, parlano infatti di 1180 sanzioni amministrative per un valore di circa 3 milioni di euro e della scoperta di oltre 105 reati su un totale di oltre 6.400 controlli effettuati solo nel 2012. E se il concumatore ne esce disorientato, almeno sa di poter fare affidamento sui controlli qualità che iniziano quando i prodotti arrivano alla frontiera. Sempre Desiati rende noto: “Alla dogana vengono verificate le condizioni igienico sanitarie e la “carta d’identità”. Bidogna inoltre ricordare che sul territorio nazionale operano anche gli organi di sorveglianza, quali Nas, Ministero della Salute, Ministero delle Politiche Agricole, Corpo Forestale e altri ancora. Tutti questi effettuano controlli periodici. E se al consumatore non è dato conoscere la provenienza dei prodotti, gli organi di polizia non soffrono di questo handicap: “A meno che non si tratti di un prodotto Igp o Doc è praticamente impossibile per l’utente finale capire da dove proviene con esattezza quel che consuma. Per i prodotti non certificati, infatti, in etichetta viene indicato solo il territorio nazionale di provenienza, non l’area o la regione geografica”. Ma le forze dell’ordine possono far riferimento al codice di lotto, indicato obbligatoriamente sui preconfezionati della grande distribuzione, e da qui accedere ai registri delle aziende riuscendo a risalire addirittura al terreno da cui proviene l’ingrediente primario utilizzato. Senza contare che controlli a campione permettono di analizzare tutti gli ingredienti primari. Poi ci sono le segnalazioni che provengono direttamente dal consumatore finale: “Ne riceviamo” conferma Desiati, “prodotti scaduti, non buoni, mal conservati o con etichetta dubbia e poco trasparente. In tal caso ci muoviamo subito per condurre tutte le indagini necessarie a garantire la sicurezza alimentare”. Ma per il consumatore che non vuole attendere controlli a campione e saperne di più, ora ci pensa la Coop, con un portale dedicato, www.cooporigini.it, che permette di conoscere il paese di provenienza di almeno due ingredienti principali dei prodotti del marchio. Come spiega l’Huffington Post:
Il procedimento è semplice: basta scrivere il codice a barre o il nome del prodotto e compariranno subito le informazioni relative alle principali materie prime impiegate nelle produzioni. Per offrire un’informazione ancora più completa, oltre alla provenienza degli ingredienti, sarà indicato anche il Paese dov’è situato lo stabilimento di produzione. Realizzata anche un’App (disponibile su piattaforma iOS ed Android) che consente, semplicemente fotografando il codice a barre, di ottenere le stesse informazioni offerte dal sito. Infine, per i 4 italiani su 10 che non usano Internet (secondo dati Confindustria) ci saranno punti di accoglienza negli oltre 1400 punti vendita Coop, dove saranno messi a disposizione depliant, cartellonistica e, in alcuni, pc per una consultazione “in loco”. “Massimo sforzo di trasparenza e correttezza per dichiarare e far capire ai nostri soci e consumatori che cosa arriva dall’Italia e cosa non può arrivare per i motivi più vari a partire dalla scarsità di alcune materie prime del nostro Paese. Un progetto apripista che ci auguriamo altri seguano” dichiarano dalla Coop. “Questo dell’origine delle materie prime è un progetto a cui lavoriamo da tempo, con rigore e determinazione – spiega Marco Pedroni presidente di Coop Italia– ma essendo la materia complessa, non basta limitarsi a dire se il latte o i legumi in scatola sono italiani o vengono dall’estero. Il problema è anche cercare di fare in modo che si capisca il perché. Il 60% dei nostri prodotti alimentari oggi sono fatti con materie prime di origine italiana. Ma l’informazione che spesso manca a tante persone è che, per tanti altri prodotti, che pure sarebbe possibile coltivare o produrre nel nostro paese, non siamo autosufficienti”.